Storia dei trasporti, storia cittadina

Il porto di Fiume alla vigilia del Secondo conflitto mondiale. I dati riportati in una pubblicazione del 1939

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Storia dei trasporti, storia cittadina

Una panoramica sulle attività del porto di Fiume nel 1939 si deve alla ristampa, a cura di Fiume, rivista di Studi Fiumani, diretta all’epoca da Amleto Ballarini, di un fascicolo stampato nel 1939 nella tipografia del quotidiano fiumano La Vedetta d’Italia a cura del Comitato per l’incremento dei traffici portuali e dell’Azienda dei Magazzini Generali di Fiume, intitolato semplicemente Il porto di Fiume. La sua lettura rivela come i traffici della città adriatica, provvista di ottimi collegamenti ferroviari e stradali per l’entroterra, fossero importanti non tanto verso l’Italia, vista la concorrenza del vicino scalo triestino, ma principalmente verso la Jugoslavia, l’Ungheria, la Germania. Una grande pianta del complesso portuale conclude il volume e consente di comprendere l’estensione degli spazi destinati alle attività marittime.

Il tessuto industriale e il confine

Lo scalo portuale fiumano valeva circa la decima parte di quello di Genova, il primo porto d’Italia. Fiume aveva una popolazione che si aggirava sui 55mila abitanti, un tessuto industriale che poggiava sui cantieri, sul silurificio, sulla grande raffineria, su un cementificio, su due fabbriche di legnami compensati, su una manifattura di tabacchi e su un porto protetto da una diga che sfiorava i due km con una serie di moli che si protendevano nel mare e garantivano un’ottima accoglienza alle navi e alle merci da loro trasportate. Esaminando la pianta del porto di Fiume, anno 1939, risulta evidente quella che a prima vista può sembrare un’anomalia, ma che in realtà fu un portato delle Convenzioni annesse al Trattato del 1924 con cui Fiume venne assegnata al Regno d’Italia. Si stabilì che il nuovo confine con la vicina Jugoslavia avrebbe dovuto correre lungo il punto mediano del fiume Ričina, fino a pochi passi a sud del ponte che lo scavalcava e consentiva i collegamenti fra due rive che appartenevano a due Stati diversi. Invece di proseguire fino al mare, seguendo il corso del fiume, come sarebbe stato logico, il confine veniva spostato verso Ovest, lungo il canale della Fiumara, un antico porto-canale che penetra profondamente nel tessuto cittadino. Rimanevano in Jugoslavia la città di Sušak, Tersatto con il santuario dedicato alla Madonna sempre caro alle popolazioni locali e l’area di Porto Baross, molto più piccola dello scalo fiumano e con esso comunicante con un breve canale sormontato da un ponte, alla radice della diga che proteggeva il porto di Fiume. Alle spalle di Porto Baross c’era una piccola area a terra ritagliata in terra italiana, la metà che guardava all’esterno del piazzale alla radice della diga portuale fiumana. Una situazione contorta, come tutti i confini che corrono all’interno di un territorio urbanizzato, frutto di un Trattato che consegnava Fiume all’Italia, con una quota dell’area portuale destinata allo Stato vicino e con le limitazioni reciproche.

Bacini, moli, dighe, banchine…

L’area dello specchio portuale fiumano che abbiamo descritto era, nel 1939, di 52,1 ettari suddivisi fra il bacino interno, il bacino Abruzzi, il bacino de Revel, il bacino Rizzo, il porto petroli. I moli portavano i nomi di Palermo, Napoli, Genova, Ancona, San Marco, Adamich, Stocco. Il più ampio era il molo Genova con una superficie di 14 mila mq, il minore era molo Stocco con 675 mq. Altri 21mila mq erano sulla diga esterna che portava il nome dell’ammiraglio Cagni. Le banchine si sviluppavano su circa 4.000 metri. Al di fuori della protezione della diga principale del porto fiumano, a loro volta protetti da apposite dighe di alcune centinaia di metri di lunghezza ciascuna, si trovavano il porto petroli che serviva la grande raffineria dell’allora Romsa, quello riservato al silurificio e infine lo scalo dei Cantieri Navali del Carnaro, tutte installazioni che si affacciavano sul mare, occupando all’incirca due chilometri della linea costiera.

Le compagnie marittime

Il fascicolo che abbiamo esaminato fornisce le direttive pratiche da osservarsi dai clienti del porto fiumano, fino all’imbarco delle merci che potevano contare su una serie di compagnie marittime che lì facevano scalo. Entravano nel porto di Fiume navi delle nuove compagnie di interesse nazionale, la Tirrenia, l’Adriatica, l’Italia, il Lloyd Triestino, la Ramb (specializzata nel trasporto di banane), cui si aggiungevano la Società Fiumana di Navigazione e la Tripcovich. La Società Fiumana di Navigazione era una compagnia sovvenzionata dallo Stato con una convenzione ventennale (a partire dal 1937), che garantiva i trasporti di passeggeri e merci tra i porti del Quarnero, dell’Alto Adriatico e della Dalmazia, con 42 scali d’approdo e 350mila miglia percorse ogni anno. Alcune linee venivano attivate o rinforzate solo durante i mesi estivi, alcune navi venivano destinate all’effettuazione di crociere che arrivavano fino al porto del Pireo, con partenza da Venezia e attracco a Trieste, Pola, Fiume e in vari porti della Dalmazia e dell’Albania. Facevano scalo a Fiume anche società di navigazione germaniche, olandesi, britanniche, jugoslave, per un totale di 19 compagnie che avevano tutte la propria rappresentanza in uffici fiumani. Interessante il servizio delle navi bananiere, le primissime realizzate con l’aria condizionata, che collegavano Fiume con Massaua in sei giorni e con Mogadiscio in 10 e venivano preferite da quanti volevano raggiungere quei porti (al massimo 12-14 passeggeri) in maniera comoda e rapida.

Le operazioni portuali

C’erano nel porto fiumano 23 gru di sollevamento, dalla portata da 10 a 0,5 tons. Due gru poderose erano sistemate nella stazione ferroviaria. I movimenti dei carri lungo i binari portuali venivano svolti con l’ausilio di locomotive a vapore delle FF.SS., da 12 trattori e 14 rimorchi. In porto c’era anche un bacino galleggiante in grado di ospitare navi fino a 5.000 tons. Un servizio di distribuzione dell’energia elettrica e di quella idrica arrivava in ogni punto del porto. Vi erano inoltre 24 vasti magazzini a due e tre piani, serviti da impianti di sollevamento e da nastri trasportatori che consentivano il ricovero delle merci, tanto sulle rive che lungo i principali moli. Esistevano anche aree, definite “magazzini scoperti”, per il ricovero di merci varie, ad es. carbone, un grande silos granario dalla capacità di 8.000 tons. con la possibilità di movimentare 1.200 tons. giornaliere, un’area era riservata allo stoccaggio dei legnami (su una superficie di 69mila mq.) e altri 10mila mq. erano riservati ad attività impreviste. C’erano ancora otto serbatoi da 11.400 m3 per ricoverarvi la melassa e altri sei da 17.890 m3 per i derivati del petrolio. Infine sei grandi stalle coperte di complessivi 8.900 mq. e un’area della medesima ampiezza erano destinate al ricovero del bestiame vivo in transito nell’area portuale fiumana.

La tariffa adriatica

Tutte le operazioni portuali venivano effettuate dall’Azienda dei Magazzini Generali che contava sull’apporto di 250 lavoratori fissi e di qualche centinaia di occasionali. La movimentazione delle merci fuori dall’ambito portuale e con destinazione Italia, Jugoslavia, Germania, Ungheria, Romania avveniva preferibilmente con mezzi ferroviari. Tutta la città era attraversata da grandi fasci di binari cui facevano capo le due linee verso San Pietro del Carso e Trieste, quindi verso l’Italia e quella diretta verso Buccari, cioè verso la Jugoslavia centrale e orientale, l’Ungheria, la Slovacchia, la Polonia e la Romania. Per un accordo risalente al 1925 nel porto di Fiume si praticava, per il trasporto ferroviario, la cd. tariffa adriatica, che in realtà comprendeva quattro differenti tariffe scontate a seconda degli Stati esteri di destinazione e di provenienza delle merci. Il porto di Fiume comprendeva circa 60 km di binari di smistamento e di deposito, di cui 10 km situati lungo le rive, servite da 34 piattaforme girevoli, che consentivano l’inoltro giornaliero di 600 vagoni merci. La stazione ferroviaria contava quattro fasci, per un totale di 32 linee di binari.

Le case di spedizione

Un quadro d’insieme, inserito nella pubblicazione, forniva la cadenza della partenza delle navi dal porto fiumano per tutti i principali scali mondiali. Erano 21 le case di spedizione attive nel porto fiumano, otto quelle dedicate esclusivamente alla movimentazione dei vini, quattro le principali agenzie di assicurazione, sei le agenzie delle principali banche italiane cui si aggiungevano due ungheresi. Sulla piazza fiumana erano presenti i Consolati dell’Argentina, del Belgio, della Germania, della Grecia, della Danimarca, della Francia (agenzia consolare), della Jugoslavia, della Norvegia, dei Paesi Bassi, del Portogallo, della Spagna, della Svezia, dell’Ungheria (delegazione consolare) e dell’Uruguay.

Il dramma della guerra ha cancellato tutto questo, e solo attorno agli anni 1960 lo scalo fiumano e le sue attività di complemento hanno potuto godere di un notevole rilancio sotto la Jugoslavia dall’economia pianificata prima e leggermente più libera in un secondo momento per continuare a testimoniare come le attività di un porto siano fondamentali e benefiche per la città che ha la fortuna di ospitarle e per i territori che su di esso gravitano.

Nota sull’autore

Alessandro Pellegrini è nato a Fiume nel 1939, nell’agosto del 1946 ha lasciato, da esule, assieme alla famiglia la città natale e da allora è residente a Recco. Laureato in Giurisprudenza, in Scienze Politiche e in Geografia all’Università di Genova. È giornalista pubblicista, iscritto all’Ordine dei Giornalisti liguri dal 1964. Collaboratore per più anni del quotidiano genovese Corriere Mercantile e del settimanale Gazzetta del Lunedì, di Tuttosport di Torino e di riviste culturali. È stato consigliere comunale, assessore con incarico allo Sport, Turismo e Cultura e presidente della Pro Loco di Recco. Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana per l’attività svolta a favore del Comune di Recco, della cultura cittadina, ligure e spagnola. È stato promotore, a fianco dell’Amministrazione comunale, negli anni 1990, delle pratiche che hanno condotto alla concessione della Medaglia d’Oro al Merito Civile al Gonfalone del Comune di Recco da parte del Presidente Francesco Cossiga. Negli anni ’90 è stato membro del direttivo genovese dell’ANVGD ed è tuttora membro della Commissione regionale per la valutazione degli elaborati degli studenti delle Scuole Medie Superiori della Liguria per ricordare il Giorno della Memoria. È socio di numerose associazioni culturali e professionali.

Alessandro Pellegrini

Il suo percorso lavorativo è iniziato presso l’Ente Fiera Internazionale di Genova per proseguire alla Demag Italiana e alla Shell Italiana di Genova. Dopo un breve periodo alla Redazione del Secolo XIX ha lavorato alla Camera di Commercio di Genova per passare poi alla Montubi, allora nel Gruppo Finsider, operante in Nigeria. Rientrato in Italia ha lavorato alla Magneti Marelli (Gruppo Fiat), presso una Società di catering, alla Comsal e alla Mecfil-Fillattice. È stato rappresentante dell’Associazione Industriali di Monza nella trattativa e nella stipula di uno dei Contratti di Lavoro nazionali del settore metalmeccanico degli anni 1980. Ha concluso la carriera lavorativa presso la Data Management di Milano.

A Recco ha sviluppato una notevole attività nel settore culturale cittadino, dedicandosi in particolare di raccogliere documenti che potessero consentire la ricostruzione delle vicende passate. Ha scritto una ventina di volumi di storia cittadina. In anni recenti, su indicazione di un concittadino, ha condotto delle ricerche che hanno consentito di riprendere un contatto con Constance Weil, figlia del prof. Hans Weil, un docente ebreo tedesco il quale aprì a Recco, metà degli anni 1930, la sua Scuola Mediterranea, chiusa in seguito all’adozione delle leggi razziali. Il prof. Weil e la moglie Senta si preoccuparono di accompagnare in Svizzera (e Francia?) molti dei loro alunni, prima di dirigersi verso l’Inghilterra e gli USA. Il Comune di Recco ha concesso a Constance Weil la cittadinanza onoraria.

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