Staffan De Mistura, una lotta senza quartiere a tutte  le guerre

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Staffan De Mistura, una lotta senza quartiere a tutte  le guerre

Un dalmata tra i grandi personaggi della vita politica italiana dell’ultimo decennio? È mai possibile? Sì. Si tratta di una realtà di cui la componente italiana dell’Adriatico orientale può andare giustamente orgogliosa. Di chi potremmo parlare se non di Staffan De Mistura, inviato speciale dell’ONU in Siria dal 2014 al 2018, al quale è stato consegnato di recente il premio annuale per il 2018 dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale. Un riconoscimento andato in precedenza a nomi del calibro di Giorgio Napolitano, Emma Bonino, Paolo Gentiloni… Un segno ulteriore dell’importanza del premio sta nel fatto che alla cerimonia di consegna a a Palazzo Giustiniani è intervenuta anche la presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati.

Impegno per la pace

Il Premio dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale per il 2018 è stato assegnato a Staffan de Mistura, già inviato dell’ONU in Iraq, in Afghanistan, in Libano e, da ultimo, in Siria (2014-2018), per il suo lungo impegno al servizio della pace presso le Nazioni Unite. Il Premio, destinato a personalità che hanno contribuito a rafforzare l’immagine dell’Italia nel mondo, è stato istituito in ricordo dell’Ambasciatore Boris Biancheri (presidente dell’ISPI 1997 – 2011) ed è stato consegnato presso la Sala Zuccari del Senato della Repubblica. In occasione della consegna del premio è intervenuta, come rilevato, la presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, mentre Staffan de Mistura ha tenuto la Lectio Magistralis introdotta da Giampiero Massolo, presidente dell’ISPI. Nel suo intervento Maria Elisabetta Alberti Casellati ha definito Staffan De Mistura ”una risorsa preziosa per la comunità internazionale”, “un protagonista di missioni internazionali che lo hanno visto ricoprire ruoli di vertice in tutte le aree più controverse del pianeta”, un uomo che ”ha speso la sua vita perseguendo il dialogo tra i popoli e dando lustro all’Italia nel mondo” e ha sottolineato infine il suo lungo e continuativo impegno al servizio della pace.
Nelle precedenti edizioni il premio ISPI era stato conferito all’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (2013), all’Onorevole Enrico Letta (2014), all’Alto Rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza Federica Mogherini (2015), all’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati Filippo Grandi (2016), a Emma Bonino (2017) e a Paolo Gentiloni (2018).

Un Premio dedicato alle donne

”Quella della Siria è stata una delle crisi più complesse della storia recente che ha coinvolto Usa e Russia ma, in alcuni momenti, fino ad oltre 11 Paesi. Oggi il conflitto è quasi terminato ma sarà necessario che il Governo siriano sia capace di inclusione, di dare al Paese una Costituzione ed elezioni che possano far girare la pace”, ha rilevato nel suo discorso alla cerimonia a Palazzo Giustiniani l’ex inviato ONU. Nella lectio magistralis, de Mistura ha ricordato un episodio del suo lavoro di mediazione come inviato in Siria, quando nel settembre 2016 si stava per raggiungere un accordo tra Usa e Russia ”che – ha detto – avrebbe potuto risparmiare molte vite umane”. C’erano le condizioni migliori perché la Russia si impegnasse affinchè le forze aeree siriane rimanessero a terra – ha spiegato – mentre gli americani si sarebbero spesi per isolare Al Qaida dalle forze più moderate. “Per motivi inspiegabili la firma dell’accordo slittò di sette giorni. Nel frattempo l’aviazione americana per errore bombardò una caserma siriana uccidendo 70 militari e dopo poco un convoglio delle Nazioni Unite con aiuti umanitari fu colpito e distrutto. Era finita la magia e quel momento propizio all’avvio della pace sfumò inesorabilmente”. Staffan de Mistura ha dedicato il premio “alle donne afghane e siriane e a tutte quelle che resistono nei Paesi in conflitto” e “ai giornalisti che rischiano la vita per raccontare la realtà della guerra.

Numerosi i riconoscimenti

L’ex Segretario Generale aggiunto dell’ONU, Staffan de Mistura, non è nuovo a riconoscimenti importanti. È già stato insignito motu proprio dal Presidente della Repubblica dell’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce, dopo essere stato insignito di quelle di Grande Ufficiale e Commendatore della Repubblica. La sua è stata una lunga carriera dedicata, per 48 anni, principalmente al servizio delle Nazioni Unite, con incarichi che lo hanno portato a confrontarsi con 22 teatri di crisi, anche nei luoghi più problematici ed instabili del mondo, tra cui Siria, Afghanistan, Iraq, Libano, Ruanda, Somalia, Sudan ed ex Jugoslavia (nel Kosovo è stato consigliere dell’Alto commissariato ONU per i rifugiati e amministratore regionale delle Nazioni Unite di Kosovska Mitrovica), ma con un’esperienza anche alla Farnesina, dove ha coperto l’incarico di sottosegretario agli Affari Esteri. Ed è proprio quando ha ricoperto questa funzione che la Comunità nazionale italiana in Croazia e Slovenia ha avuto l’occasione di conoscerlo da vicino.

Originario di Sebenico

Staffan de Mistura nasce a Stoccolma nel 1947 da madre svedese e padre italiano originario di una famiglia nobile di Sebenico. Trascorre l’infanzia a Capri e l’adolescenza a Roma, dove frequenta il liceo classico presso l’Istituto Massimo dei padri gesuiti. È cittadino italiano dal 1999 per decisione del Consiglio dei ministri: “Per essersi distinto per la determinazione, l’impegno e l’elevata professionalità”.Nell’ultima biografia ufficiale delle Nazioni Unite viene riportato che l’alto diplomatico parla sette lingue: svedese, francese, inglese, italiano, spagnolo, tedesco e arabo.

Premio Tommaseo 2009

Come sottolineato Staffan de Mistura è dalmata per parte di padre. Non sorprende quindi il fatto che i Dalmati italiani nel mondo gli abbiano conferito nel 2009 il loro riconoscimento più prestigioso, il Premio Tommaseo. Forse l’istante di maggior spessore culturale nella settimana del LVI Raduno dei Dalmati nel mondo, lo si era toccato quando c’era stato il conferimento del Premio Tommaseo a Staffan de Mistura.

Non erano stati di certo pochi allora i problemi che l’Associazione dei dalmati nel mondo aveva dovuto risolvere per poter contattare de Mistura. Essendo personaggio di spicco e con grosse responsabilità, le barriere burocratiche e di sicurezza che si erano dovute abbassare erano state molte. Tuttavia la sua disponibilità si era rivelata eccezionale.
Come tutti i dalmati sparsi nel mondo, anche de’ Mistura sente la sua identità come una patria di cui andare fieri. “Per me è un onore esser presente oggi tra di voi”, aveva esordito il titolare del Premio Tommaseo 2009 alla cerimonia di consegna del riconoscimento nella sala del Consiglio comunale di Trieste, come riporta la stampa dell’epoca: “Un paio di mesi fa, quando ero nel mio bunker a Baghdad, mi arrivò una telefonata dell’amico Renzo de’ Vidovich che mi disse che avevano pensato a me come Premio Tommaseo. Il mio pensiero da subito fu quello di provare grande orgoglio per questo conferimento. Sono le mie radici, quelle che non posso scordare, il dialetto di mio padre e le sue storie dalmate”.

Fierezza e orgoglio

“Quello che vorrei dirvi, il messaggio che mi sento di portare, è che la dalmaticità è un qualcosa di importante, che lo senti e lo percepisci nella fermezza, nella capacità di scegliere con decisione e per il meglio. In Albania parecchi anni fa accoglievamo i profughi – esuli anche loro – in un campo allestito da italiani. C’erano cecchini che sparavano e difficoltà logistiche d’ogni tipo. Quando arrivavano nelle tende li rifocillavamo con del tè, coperte e quant’altro. La mia guardia del corpo, un dalmata anch’egli, mi fece notare che non erano gli alimenti che mancavano bensì l’affetto, l’amore e l’importanza di un abbraccio. Così mi misi ad attendere le colonne di profughi in mezzo alla strada con le braccia aperte. Il primo che mi vedeva e che mi abbracciava faceva da tramite per tutti. Era una dimostrazione d’affetto e nell’insieme una capacità di scegliere il meglio per quella gente. Come solo noi dalmati sappiamo fare”, aveva evidenziato all’epoca Staffan de Mistura, aggiungendo: “Accolgo con molta fierezza e orgoglio il riconoscimento che l’Associazione dei dalmati italiani nel mondo ha voluto assegnarmi; le vicende della famiglia di mio padre, costretto all’esilio da Sebenico, hanno avuto una parte importante nelle motivazioni che mi hanno spinto a impegnarmi in una sorta di guerra alle guerre in ogni parte del mondo”. Staffan de Mistura aveva ribadito: “Sono sempre stato molto legato alle mie origini anche perché ho letto e mi sono documentato tanto su questa terra nel corso degli anni. Io sono nato subito dopo la guerra, quando mio padre lasciò la Dalmazia, ma d’altronde un mio zio è stato tra le vittime delle foibe”.
Ma i collegamenti tra la Dalmazia e il funzionario internazionale, veterano di tante missioni di pace o diplomatiche dell’Onu come la memorabile Operation Lifeline Sudan a cui diede impulso contro la carestia nella nazione africana a fine anni Ottanta, non si esauriscono qui, sono anche più recenti e palpabili. “Durante la guerra in Croazia – ha dichiarato a suo tempo alla stampa – fui chiamato a intervenire a difesa della popolazione di Ragusa/Dubrovnik, con la quale condividetti per molti giorni rischi e pericoli, tanto che alla fine mi attribuirono la cittadinanza onoraria. Che accettai, ovviamente, e di buon grado, consapevole del diritto di ogni gente a decidere del proprio destino e a vivere pacificamente nei suoi territori”.

Cosmopoliti e poliglotti

Ma riguardo a nazionalità e cittadinanze, Staffan de Mistura ha sempre amato evidenziare di essere nato apolide, come lo fu suo padre prima di trasferirsi in Svezia, dove a Stoccolma incontrò durante una cena la futura moglie, appartenente a una famiglia nobile locale, come la sebenzana paterna. Però la concessione della cittadinanza italiana gli fece comunque grande piacere: “Avevo sempre desiderato acquisire anche la cittadinanza italiana e mentre lavoravo a Mitrovica, forse anche per i risultati raggiunti, il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, ‘motu proprio’, me la concesse. Ne fui molto felice”.
Come dichiarato sempre alla stampa, l’essere di origine dalmata ha contribuito in maniera sostanziale non solo a fargli intraprendere la carriera nelle Nazioni Unite, ma anche a ottenere successo e a trovare una soluzione a diverse situazioni difficili che ha dovuto affrontare nella militanza a favore della pace e della convivenza. “Sì, perché i dalmati – come ha spiegato a suo tempo de Mistura – sono molto cosmopoliti e in genere poliglotti. Parlano almeno tre lingue, poiché storicamente la regione ha visto la prevalenza di etnie diverse. Secondariamente, ho sempre avuto scolpito nella mente quanto mio padre ha sofferto per la perdita dell’identità e della sua terra come conseguenza di una guerra, sviluppando una particolare repulsione verso la violenza, compresa ovviamente quella tra nazioni”.

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