San Policarpo-Sisplaz, un’area urbana dalla forte impronta austriaca

Delle 16 circoscrizioni in cui è divisa Pola, questa è tra le meno estese, la più densamente popolata, la più verde e probabilmente anche la più enigmatica

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San Policarpo-Sisplaz, un’area urbana dalla forte impronta austriaca
La Chiesa della Madonna con scalinata in dissesto

Delle 16 circoscrizioni in cui è divisa Pola, quella di San Policarpo-Sisplaz è tra le meno estese, la più densamente popolata, la più “austriaca”, la più verde e probabilmente anche la più enigmatica. Mentre per tutte le altre i polesi sono pronti a citare immediatamente i confini, con scarsissimo margine di errore, nel caso di San Policarpo-Sisplaz l’incertezza è quasi totale. I motivi si sprecano, ma sono di ordine storico e toponomastico tanto quanto geografico e politico. La confusione deriva probabilmente dal fatto che Borgo San Policarpo è stato raso al suolo, bombardato anche durante la Grande guerra, ma soprattutto, a tappeto, durante la Seconda guerra mondiale. Infatti tutta l’odierna via Jeretov, all’epoca Lissa Strasse, che corre dalla Chiesa della Marina alle Baracche, è stata ricostruita di punto in bianco dagli architetti jugoslavi nei decenni successivi all’esodo in massa degli italiani.

Uno scorcio caratteristico di San Policarpo

L’oblio e la memoria
Quando una popolazione subentra a un altra, i toponimi e gli odonimi antichi fanno una brutta fine. L’antico e latineggiante termine di Signole era già stato soppiantato da Stoia agli inizi del Novecento. Di origini ben più recenti e di derivazione chiaramente croata, Stoia ha guadagnato terreno man mano che San Policarpo è sprofondato nell’oblio. A un certo punto i nati e i cresciuti tra gli anni Sessanta e Ottanta non sono stati più in grado di distinguere altre denominazioni di quartiere che Stoia e Veruda col taglio netto di mezzo dello stadio dell’Uljanik. Gli anni Novanta e la rivincita della memoria hanno riesumato la toponomastica storica e riunito i due quartieri urbani di austriaca memoria per farne l’attuale Comitato di quartiere con l’Ospedale della Marina nel ruolo di anello di congiunzione. Ai suoi palazzi e ai suoi personaggi storici più celebri, l’architetto polese Anton Percan e la Società istriana di storia hanno dedicato una conferenza che ci ha fornito alcuni spunti e qualche momento di riflessione per questo reportage tra i tanti che dedichiamo alla riscoperta di Pola e dei suoi rioni.

Origine e confini
Il Borgo San Policarpo nasce nella seconda metà dell’Ottocento per le necessità abitative degli ufficiali e degli operai dell’Arsenale su disposizione dell’autorità imperiale che fece di Pola il massimo porto militare dell’Impero asburgico. L’odierna circoscrizione parte dal bivio di via dell’Arsenale, si diparte a destra verso la fabbrica cementi lungo via San Policarpo, sale lungo via Agnana (lasciandosi alla destra le Baracche) fino al Cimitero della Marina, prende via Veruda per raggiungere la pineta del Lungomare (ma esclude Valcane, che appartiene a Stoia) fino a Valsaline, risale la china per sfociare nuovamente in via Veruda e imboccare via Veli Jože, lasciandosi alla destra lo stadio, le piscine, il palasport e il bocciodromo, che appartengono alla circoscrizione di Veruda.
Il confine occidentale comprende ancora via Negri con l’Osepedale della Marina, oggi uno dei due Campus dell’Università di Pola, la parte bassa di via Tomasini, le vie Kamenjak, Keršovani e Besenghi, che abbracciano le Palazzine e il Parco della Marina completando il circuito nel punto di partenza, ossia al bivio di via dell’Arsenale.
Il confine che separa i due rioni di San Policarpo e Siplaz è arbitrario, ma riconducibile essenzialmente a via Veruda, che unisce idealmente Valcane e Valsaline. Per estensione (794.822 m²) San Policarpo-Sispalz è solo 10º su 16 Comitati di quartiere, ma per numero di abitanti (7.776) è il primo.

La zona delle palazzine

Da Policarpo al Bersaglio
Il rione deve il nome all’antica Chiesa di San Policarpo, vescovo di Smirne e martire a 86 anni sotto l’imperatore Antonino Pio. Gli atti del suo martirio narrano che “portato davanti al proconsole, questi (…) cercò di persuaderlo a rinnegare dicendo: ‘Pensa alla tua età (…) cambia pensiero (…) giura e io ti libero. Maledici il Cristo’. Policarpo rispose: ‘Da ottantasei anni lo servo, e non mi ha fatto alcun male. Come potrei bestemmiare il mio re che mi ha salvato? … Io sono Cristiano”. Sulla chiesa eretta sul bivio di via dell’Arsenale si sa ben poco perché non ne rimangono tracce scritte. Ad ogni modo, quando gli ingegneri del Genio militare si misero a costruire a tappeto a meridione dalla cittavecchia, non ne rimaneva traccia alcuna. Sisplaz o Sisplac è una derivazione di Schiessplatz, in tedesco poligono di tiro, detto anche Bersaglio all’italiana e Streljana in croato. Ciò che contraddistingue il rione e la città nel suo insieme, è il muro di cinta dell’Arsenale. Dopo l’Arena, è l’opera urbana più estesa e più caratteristica di Pola, lunga 1.350 metri in muratura più altri 400 metri di recinzione in ferro battuto scandita da pilastri in pietra grezza verso la parte centrale del porto di Pola. A titolo di paragone, la diga foranea è lunga 1.210 metri. Ebbene questa “muraglia polese” ha condizionato lo sviluppo urbanistico della città che ne emerse sdoppiandola nel corpo e nell’anima. Secondo Percan, i quasi due chilometri di recinzione dell’arsenale, poi trasformato in cantiere navale civile, hanno diviso Pola irreparabilmente in due città distinte, ricomposte solo nel 2018 con l’uscita degli operai per lo sciopero premonitore del fallimento e della liquidazione. Ma questo è un argomento che in questa sede non è possibile sviluppare oltre.

Il bivio di via dell’Arsenale dove inizia la circoscrizione
La “muraglia polese” che chiude a semicerchio l’Arsenale

Il K.u.K. Marinespital in Pola
Ricco di storia e architettura tra Otto e Novecento, il Comintato di quartiere conserva nella sua parte centrale un’altra tra le massime costruzioni del periodo asburgico: il K.u.k. Marinespital in Pola, edificato nel 1861 su progetto dell’architetto Carl Moering elaborato da Viktor Damaševski nello stile allora dominante dello storicismo. Inizialmente la struttura ebbe 500 letti sufficienti ad assistere tra le cinque e le diecimila unità d’esercito tra soldati e ufficiali, che viste le scarse conoscenze dell’epoca in materia di malaria, presero ad ammalarsi di malaria con un tasso di contagio eccezionale. Infatti la Malaria e altre malattie infettive dell’epoca hanno colpito in soli tre anni, tra il 1863 e il 1866, 300 dei quattromila militari, per cui le autorità sanitarie fecero elevare il numero dei posti di degenza a 730. Un dettaglio degno di nota è la posizione delle camere, tutte rivolte verso la città abitata, e non nella direzione opposta, verso il mare, perché ogni attacco era sempre atteso dal mare e non viceversa. Per l’evacuazione dei pazienti e del personale è stato realizzato anche un rifugio sotterraneo con sbocco nell’attuale via San Policarpo. Non bastassero le fortificazioni che cingono Pola ad ogni grado della rosa dei venti, anche questa è una prova del fatto che la Pola austriaca è nata solo in funzione della guerra. D’altronde, sembra che i potenti dei decenni tra Otto e Novecento non avessero altro per la mente.

Il K.u.k. Marinefriedhof o Cimitero della Marina

La casa natale di Noordung
La storia recente del Marinespital è nota. Chiusa dopo l’apertura del nuovo ospedale in via Santorio, per un paio d’anni la struttura di via Negri è servita come reparto di rianimazione e degenza per i casi gravi di Covid, una specie di moderno lazzaretto che nessuno si sarebbe mai sognato possibile negli anni Duemila. Ristrutturato a fondo, oggi è parte integrante dell’Università degli studi. Vi stanno traslocando la Facoltà di Lettere, di Scienze naturali e altre, mentre quella che è stata l’ala della direzione accoglie provvisoriamente la scuola per i ragazzi con difficoltà intellettive fino all’ampliamento della sua sede a Monte Zaro. Meno noto è il fatto che il primo chirurgo nel nuovo ospedale fu Jozef Potočnik, sloveno, padre del più celebre Hermann Potočnik Noordung, teorico dell’astronautica, tra i primi ad aver ipotizzato una stazione spaziale in orbita intorno alla Terra. Disgraziatamente la famiglia visse a Pola solo due anni (nel palazzo signorile che si affaccia sul Parco della Marina) perché in seguito al decesso prematuro del padre, che riposa al cimitero civico, la madre e i cinque figli rientrarono in terra slovena. Per onorare Potočnik una delle aule del nuovo Campus universitario porterà il suo nome, mentre il Museo storico e navale al Castello veneziano gli ha già intitolato la nuova sala espositiva sotterranea che in passato era stata un serbatoio d’acqua potabile per la cittavecchia.

Il palazzo signorile che diede i natali al piccolo Noordung

Parchi, scuola e Telegrafo
A proposito del parco che anche oggi chiamiamo “della Marina”. E stato il primo giardino pubblico di Pola, benché non il maggiore: il più esteso tra i parchi storici è quello di Monte Zaro che cinge ad arco la Specola. Tutti i giardini e i viali alberati storici di Pola vennero eretti a cavallo tra i due secoli e rappresentano una novità assoluta nel paesaggio urbano perché sono l’espressione di un modello di vita fino ad allora estraneo alla popolazione locale, un modello di vita borghese, che a differenza della civiltà contadina ha del tempo libero da investire in attività amene come la lettura, le passeggiate, i concerti, le locande… Il Parco della Marina è stato edificato nel 1863. Il giardino venne decorato col monumento dedicato a Massimiliano I del Messico, che al termine della guerra, nel 1918, si portò via Venezia. Espressione di vita borghese amante dell’ordine costituito è anche la scuola pubblica. Quella di San Policarpo, chiamata Alessandro Manzoni, è stata tra le prime opere pubbliche a finire in macerie: infatti venne bombardata già durante la Prima guerra mondiale. Tra le opere coeve in zona San Policarpo anche quella del Telegrafo, in buono stato di conservazione, situata in prossimità della Chiesa della Marina.

Il palazzo del Telegrafo

Chiesa e cimitero della Marina
La Chiesa della Madonna del Mare (Marinekirche von Pola) in stile neoromanico è frutto dell’ingegno dell’architetto Natale Tommasi, che in città firma anche il progetto dell’attuale Museo archeologico, all’epoca Ginnasio austriaco (1890). Tra le opere finite in macerie, anche l’imponente sede della Direzione del Genio. In sua vece, oggi troviamo i grandi magazzini. Del Cimitero della Marina si è parlato spesso negli ultimi trent’anni ma anche ultimamente, prima per gli sforzi congiunti con la Croce nera austriaca per l’intervento di recupero nei primi anni Novanta, e da poco per il suo ingresso nella prestigiosa famiglia dei Cimiteri significativi d’Europa o Association of Significant Cemeteries in Europe (ASCE), una rete europea di enti pubblici che curano i cimiteri importanti per ragioni storiche, estetiche e pedagogico-morali.

La Chiesa della Madonna del Mare in via Lissa (oggi Jeretov)

Pinne, maschere e… tanti gol
Ma la storia del Borgo san Policarpo, oltre ad assere una storia di ammiragli, ingegneri, architetti, compositori e letterati della Grande guerra, è anche un piccolo frammento della grande storia dell’industria e del calcio italiano. Nel 1898 nella Lissa Strasse nacque Lodovico Mares, figlio di genitori boemi, palombaro della Regia Marina Austriaca e poi, durante la Seconda guerra mondiale, della Regia italiana, appassionato di pattinaggio e di pesca subacquea, inventore e industriale italiano dopo l’esodo. È noto che “si faceva tagliare i vetri dal vetraio Pauletta nell’attuale piazza Port’Aurea, per inserirli nei ritagli di gomma d’avanzo delle motociclette e ricavarci quella che in seguito diventerà la prima maschera da sub al mondo”. Il resto è storia. Figlio del borgo è anche il calciatore italiano Antonio Vojak, detto Tonci, nato in una famiglia operaia di etnia croata in via Lissa, celebre calciatore e allenatore, centrocampista e attaccante con 208 presenze e 106 gol in Serie A (Lazio, Juventus, Napoli). Negli annali del calcio mantiene un posto d’onore. Con 102 gol in sole sei stagioni è stato il massimo cannoniere della storia del Napoli in Serie A (record poi infranto da Dries Mertens nel 2021) e per 78 anni detentore del record di reti in un singolo torneo (22, nel 1932-33), superato solo da Cavani nella stagione 2010-11.

Il cortile interno dell’Ospedale della Marina, oggi Campus universitario
Rose, fiori e file di balconi abusivi

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