Salvore e i suoi gioielli

In giro per il territorio alla scoperta delle sue singolari bellezze, spesso nascoste e fragili

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Salvore e i suoi gioielli

Sono sei le località di Salvore e dintorni iscritte nel Registro dei beni culturali del Ministero della Cultura della Repubblica di Croazia. Come ricordano la prof. Biljana Bojić e la mag. Anika Mijanović, del Museo civico di Umago nel volume “Il promontorio dell’Adriatico, Salvore e il suo territorio nell’età della Serenissima“, si tratta della residenza rurale di Stanzia Grande, dei resti del porto antico, delle aree sottomarine, del faro di Salvore, della chiesa di San Lorenzo di Valfontane (compreso il suo sito archeologico) e dei moli con le gru in acacia per salvare dalle mareggiate le famose batane.
“Seppure la tutela e la conservazione del patrimonio culturale nella Repubblica di Croazia vengano gestite tramite la Direzione per la tutela del patrimonio culturale del Ministero della Cultura – così Biljana Bojić nel volume – ogni comunità ha l’obbligo e la responsabilità di tutelare e conservare i beni culturali per tramandarli alle generazioni future“.

Le gru di Salvore

Quello che oggi ci si chiede è se sia stato fatto veramente tutto quello che si poteva e doveva fare per salvaguardare questo patrimonio. La risposta potrebbe essere sì, ma anche no. In teoria va tutto bene, a livello storico, archeologico e culturale; a questi beni culturali, sia in mare che sulla terraferma, è stata data la giusta importanza. C’è stato anche, nel 2018, un convegno internazionale di studi per parlare della storia di Salvore, ma in pratica le cose stanno diversamente, e vedremo anche perché.

La chiesetta di Valfontane

Stanzia grande cade a pezzi
Oggi come oggi, Stanzia Grande cade a pezzi: qualsiasi progetto o tentativo di recuperarla non è andato a buon fine. Le gru in acacia dei pescatori salvorini dove vengono issate le barche in caso di maltempo, continuano a logorarsi, nonostante gli studi teorici per salvaguardarle. La sorgente di Valfontane è stata qualche tempo fa quasi prosciugata dalle pompe del vicino impianto turistico che aveva bucato la falda idrica e assorbito l’acqua, suscitando la rivolta degli allevatori locali, perché da sempre in quella sorgente abbeveravano i buoi. Bene invece con il porto antico, con i siti subacquei e con il faro, che sono sotto l’occhio attento degli archeologi e degli esperti.

Stanzia Grande sotto tutela dei Beni culturali

Del recupero di Stanzia Grande si parla da anni, perché si voleva trasformarla in residence di lusso con 200 posti letto. Negli ultimi anni si era parlato di continui progetti e di spendere, in zona, 100 milioni di euro, ma ancora oggi non se n’è fatto nulla.

Stanzia Grande in stato di degrado

Un tempo Villa Cesare era la più bella del circondario; davanti alla torre centrale (oggi ci si arrampica a stento perché pericolante) aveva una torre più bassa sulla quale era sistemata una cisterna che veniva riempita d’acqua, per assicurare alla casa l’acqua corrente. Nel 1936 a Salvore c’era già la corrente elettrica, ma Villa Cesare, appartenuta alla fine dell’‘800 ai conti Fabris, aveva un proprio gruppo elettrogeno grazie al quale si poteva anche ascoltare la radio. La famiglia Cesare, come narra l’editore umaghese Niki Fakin nel suo libro “Umago – Salvore”, aveva un porto, un piccolo e modesto stabilimento balneare, dove si poteva usufruire di una specie di canoa simile alla gondola di Venezia. I Cesare possedevano una carrozza e in seguito pure una macchina (la prima della zona) per uso personale, ma anche per portare a destinazione i turisti che arrivavano con il piroscafo.

Il sito di Zambrattia
La barca antica di Zambrattia è stata scoperta nel 2008, casualmente, a una profondità tra i 2,5 e i 3,2 metri, dov’è poi riemerso anche un intero insediamento preistorico su palafitte, piloni di quercia, su una superficie di circa 10mila metri quadrati. L’analisi dei resti ben conservati dei piloni nei fondali marini fangosi ha permesso di stabilire che si tratta di un insediamento sommerso databile tra il tardo neolitico e la prima età del rame (tra il 4230 e il 3980 a. C.). Questo sito preistorico di palafitte è un esempio unico lungo il litorale, poiché fino a oggi si disponeva di evidenze attestanti la presenza di palafitte soltanto sulla terraferma, nei fiumi, nei laghi e nelle paludi.

Sommozzatori sul sito di Zambrattia

Oltre all’insediamento preistorico, nella parte nordoccidentale della baia di Zambrattia, sotto un sottile strato di sabbia, a una profondità di 2,20 metri, sono stati riportati alla luce i resti di una costruzione navale databile tra il XII e il X secolo a. C. Una scoperta di grande rilevanza, dal momento che si tratta del più antico esempio di barca cucita a mano mai trovata nel Mediterraneo.

Anfore sul fondale a Salvore

I resti dello scafo hanno una lunghezza di 6,7 e una larghezza di 1,6 metri. La struttura architettonica della barca, la tecnica di cucitura e il fissaggio dello scafo, così come il suo sistema di impermeabilizzazione non sono al momento comparabili con alcun altro esempio nell’ampio bacino del Mediterraneo.

La sorgente e il laghetto di Valfontane

Al termine delle ricerche la barca è stata sepolta in maniera stratificata e sopra di essa è stata posta una rete di ferro a sua protezione. All’inizio del 2015 nell’ambito del Museo archeologico dell’Istria (MAI) è stata fondata la Collezione di archeologia subacquea. Vi vengono trattati e conservati oggetti archeologici legati alle attività marittime e nautiche e reperti che, in seguito a determinate influenze geomorfologiche e idrologiche del passato, sono stati sommersi ovvero sono rimasti sotto il livello del mare o quello delle acque interne nel territorio della Regione istriana. Il fondo della Collezione comprende reperti mobili di ceramica, vetro, ossa, pietra, legno e pelle, datati al periodo che va dalla preistoria all’età moderna e provenienti da siti archeologici situati nell’area della Regione istriana. Risale al 2011 l’inizio della collaborazione internazionale del Museo archeologico dell’Istria con le Università del Salento e di Trieste, nella fattispecie nelle ricerche archeologiche sottomarine nel porto romano di Salvore. Le operazioni in parola si erano svolte dal 2011 al 2014. Al riguardo nel 2013 era stato anche promosso un progetto internazionale di studio sulla barca cucita preistorica di Zambrattia, frutto della collaborazione tra il Dipartimento per le opere di conservazione di Pola – Direzione per la tutela dei beni culturali e il Centro francese Camille Jullian (CNRS, Università Aix-Marseille).

La storia del faro nei reperti messi in mostra dal Museo civico

Dunque stiamo parlando di una barca di grande valore archeologico, che riveste un’enorme importanza per la baia di Zambrattia, zona ittica e archeologica protetta. Va anche detto che a Zambrattia, grazie alla società “Batana salvorina” e al Gruppo d’azione locale per lo sviluppo della pesca sostenibile “Pinna Nobilis”, ora vengono organizzati dei laboratori in mare, molto graditi soprattutto dai giovani studenti di biologia, oltre che da numerose altre persone interessate.

La scala a chiocciola del faro

Faro: oltre 200 anni di storia
La luce del faro è sinonimo di sicurezza e romanticismo. Uno spaccato di storia importante, che risale al 1818. “Dopo il passaggio dell’Istria all’Impero asburgico, il ceto mercantile di Trieste fece costruire presso Salvore, su disegno di Pietro Nobile, il faro che fu il primo a essere illuminato a gas di carbone, allo scopo di prevenire incidenti nella navigazione, provocati dagli eventi atmosferici, dalla presenza di insidiosi banchi di nebbia al largo di Grado e dalle micidiali secche di Umago, Sipar e Zambrattia”, ci aiuta a capirne la storia il libro “Istria romantica”.

L’imponente faro ha più di 200 anni

Purtroppo, l’esperimento non diede i frutti sperati e così si tornò al vecchio sistema di lucignoli ad olio. Il meccanismo di intermittenza fu ideato dall’ingegnere bolognese Giovanni Aldini, che ebbe vasta notorietà in Inghilterra e Francia per gli studi nel campo delle scienze applicate. Dalla sua punta si può scorgere il posto in cui si scontrarono la flotta veneziana (celata dietro al promontorio) e quella dei Barbarossa. A ricordo di quella battaglia di Salvore, Giovanni Bellini dipinse per la sala del Maggior Consiglio del Palazzo Ducale di Venezia una preziosa tela, che andò disgraziatamente distrutta in un incendio nel 1578. Una seconda rappresentazione della battaglia di Salvore venne eseguita da Domenico Tintoretto, sempre per il Palazzo Ducale.

La battaglia navale di Salvore (Tintoretto)

La costruzione del faro di Salvore, iniziata nel marzo del 1817, proseguì speditamente fino all’ultimazione delle opere in muratura. I blocchi per le fondamenta vennero forniti da una cava sita nelle immediate vicinanze del costruendo edificio sul versante nord della punta, mentre le pietre della torre vennero estratte da un’altra cava dislocata sul versante sud della punta sempre ai piedi dell’edificio.

Gru a rischio
Sono due le priorità dell’Associazione “Batana salvorina” e della locale Comunità degli Italiani: la salvaguardia delle gru in acacia e della piccola imbarcazione in legno. Oggi l’Associazione partecipa al progetto con l’organizzazione e la gestione di attività formative e con dimostrazioni per il pubblico che parlano pure dei vecchi mestieri, della costruzione e della progettazione delle batane. Per queste ultime non ci sono i problemi che invece s’incontrano nella salvaguardia delle famose “grue” in legno d’acacia, che si trovano a Salvore e in altre zone della costa e che purtroppo cadono sotto i colpi delle mareggiate. Sotto questo profilo, prima si fa qualcosa, meglio è. Il Gruppo d’azione locale per la pesca (FLAG), diretto da Danilo Latin, ha già fatto richiesta per un finanziamento per il recupero delle gru. A tale proposito il Museo civico di Umago ha già elaborato uno studio finalizzato al loro recupero, ma per realizzarlo, come sempre, servono soldi. Il Gruppo “Pinna Nobilis” ha inoltrato la richiesta e al Ministero dell’Agricoltura e della Pesca, confidando in una risposta positiva per un eventuale finanziamento. Ma non si sa quanto tempo servirà per una risposta.

Valfontane
La sorgente di Valfontane ha una grande storia e ha fatto la vita del piccolo borgo. Nelle sue immediate vicinanze si trova la chiesetta di San Lorenzo. L’acqua nei secoli è servita per dissetare la gente, ma anche gli animali. Purtroppo negli anni passati la sorgente è stata danneggiata dalle trivellazioni per un pozzo, scavato per le esigenze del vicino campo di golf, le cui pompe hanno prosciugato la vena idrica, scatenando le proteste dei residenti e l’ira della Città di Umago. A distanza di qualche tempo si può dire che anche in questo caso le cose potevano andare diversamente. La vicina chiesetta di San Lorenzo di Valfontane, con pianta rettangolare, abside a semicerchio e facciata a campanile, è un altro gioiello che va tutelato, proprio come la sorgente.

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