Red Land (Rosso Istria) Un film per non dimenticare

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Red Land (Rosso Istria) Un film per non dimenticare

L’attesa pellicola “Red Land (Rosso Istria)” che racconta la tragedia delle foibe e in particolare l’orribile sorte della giovane istriana Norma Cossetto, stuprata da un gruppo di partigiani, seviziata e poi gettata nella foiba di Surani, è dallo scorso 15 novembre in visione in alcune selezionate sale italiane.

Il film che è stato presentato in anteprima all’ultimo Festival di Venezia, segna la prima regia dell’attore, modello e scrittore italiano nato a Buenos Aires, Maximiliano Hernando Bruno. Una sfida non da poco che il regista ci ha raccontato nel corso di un’intervista proprio in occasione dell’uscita dell’opera.
“Come uno dei produttori della pellicola, avevo il desiderio di raccontare la tragica storia di Norma Cossetto da dieci anni – esordisce Maximiliano Hernando Bruno –. La sceneggiatura è stata proposta a diversi registi, nessuno dei quali però si è assunto l’incarico di dirigere il film. Avendo l’intera struttura produttiva pronta per l’inizio delle riprese del film, i miei soci mi hanno chiesto di lanciarmi nell’avventura di un’opera prima quale regista della pellicola. Avere quindi la possibilità di raccontare per la prima volta al cinema la vicenda drammatica di Norma Cossetto, per troppo tempo dimenticata da tutti, era una sfida troppo importante per rifiutarla”.

Come si è trovato a curare la sua prima regia?

“All’inizio ero piuttosto riluttante ad assumermi l’incarico. Poi ho scoperto un lavoro che mi ha appassionato. Mi sono trovato benissimo a farlo. Ho scoperto di possedere delle capacità che mai avrei sognato di avere. In definitiva non sono stato io a scegliere la storia, ma è stata la storia che ha scelto me”.

Come si è avvicinato al drammatico caso di Norma Cossetto?

“Conoscevo già da prima la tragica vicenda della studentessa istriana violentata, uccisa e scaraventata in una foiba dai partigiani di Tito nel 1943. La conobbi, parecchio tempo fa, come interprete di due docufilm, in cui il mio personaggio si recava in Istria alla ricerca delle origini dei nonni che, dopo la Seconda guerra mondiale, furono costretti ad abbandonarla con l’esodo della popolazione giuliano dalmata. Grazie al progetto documentaristico sono venuto a conoscenza della storia degli italiani dell’Alto Adriatico orientale. Vicende che da subito mi hanno coinvolto, tanto da immedesimarmi profondamente in tutto quello che il personaggio viveva sul grande schermo”.

Con quali intenti ha scelto di affrontare la storia della giovane istriana?

“Grazie alla buona infarinatura attorno alle vicende istriane, ho voluto affrontare la storia di Norma Cossetto con la giusta sensibilità. Ho cercato di realizzarla attraverso un attento lavoro sui personaggi della storia, ma anche sulla recitazione degli attori, e di ricreare l’atmosfera in Istria nel ’43, molto caotica a causa dell’Armistizio. Una condizione in cui non era ben chiaro chi fosse il nemico e chi l’amico. Per fare un esempio, il comando partigiano era composto sia da combattenti italiani sia da jugoslavi. Allo stesso modo ho cercato anche di non censurarmi. Di raccontare la realtà di una storia drammatica, senza il timore di essere troppo duro e diretto”.

Come viene presentata la storia del film?

“Norma Cossetto è la protagonista, ma in realtà è un film corale con una moltitudine di personaggi che fanno capire le tante sfumature della storia. C’erano partigiani jugoslavi ma anche soldati italiani disertori che entrarono nelle file partigiane con il proposito di sconfiggere il fascismo. Poi da partigiani italiani diventarono loro stessi oggetto di persecuzione da parte degli jugoslavi”.

Lei firma la sceneggiatura assieme ad Antonello Belluco, figlio di esuli fiumani e già autore di “Il segreto d’Italia”?

“Antonello Belluco scrisse la sceneggiatura pensando che sarebbe stato lui il regista del film, ma poi abbandonò il progetto e io subentrai a dirigere la pellicola. La sceneggiatura di Belluco era impostata secondo un suo personale linguaggio cinematografico e, ovviamente, un suo punto di vista sugli eventi. Prendendola in mano ho scelto di stravolgere tutto perché avevo la mia interpretazione circa lo svolgersi degli episodi in Istria subito dopo il ‘43. E poi, cosa non da meno, potendo contare sulla partecipazione di star del calibro di Geraldine Chaplin e Franco Nero, non potevo non sviluppare maggiormente i loro personaggi”.

Oltre a essere produttore, regista e autore assieme ad Antonello Belluco della sceneggiatura, lei è anche interprete nella pellicola?

“Sì. Interpreto il ruolo di Giorgio Staniscia, un giovane di Visinada che diserta l’esercito italiano per unirsi ai partigiani di Tito e quindi partecipare all’assalto alla caserma dove ci sono i fascisti. Ma poi, quando vede l’accanimento ingiustificato e gratuito verso la componente italiana, a quel punto si tira indietro e agisce per tentare di cambiare la situazione”.

La gestazione prolungata del progetto a che cosa è stata dovuta?

“Il periodo complessivo che ha interessato le sole riprese può essere circoscritto a quattro anni di lavorazione. Un intervallo che ha compreso non solo il processo di ripresa, ma anche la stesura finale della sceneggiatura assieme alla scelta e sopralluogo delle location per le riprese. Inoltre l’intera fase si è prolungata più del dovuto anche a causa dell’infortunio di una delle attrici, senza dimenticare poi certi cavilli burocratici legati ai finanziamenti che hanno imposto diversi ‘Stop&go’. Sono comunque tutti periodi di gestazione ordinari per l’arte cinematografica, soprattutto per produzioni indipendenti come la nostra”.

Avete avuto altre difficoltà?

“A parte quelle legate ad aspetti finanziari ed economici, non abbiamo subìto grossi inghippi. Anche durante le riprese in Istria abbiamo avuto disponibilità e aiuti praticamente da tutti. Sia dalle persone del posto, sia dalle istituzioni”.

Dove avete svolto le riprese?

“Abbiamo girato in diverse località dell’Istria, nei luoghi dove si svolse la vicenda di Norma Cossetto e l’eccidio ai danni della popolazione italiana nell’immediato secondo dopoguerra. Abbiamo girato anche al Magazzino 18 del Porto Vecchio di Trieste, dove sono ubicate le masserizie degli esuli. Nella pellicola c’è, infatti, un rimando al presente, dove uno dei personaggi, visitando il magazzino, si ricorda gli eventi tragici vissuti da bambina in Istria”.

Quali sono le sue aspettative per questa pellicola?

“Spero che il film ottenga il giusto riscontro. Che serva dopo quasi 80 anni a far conoscere questa tragedia fino in fondo e che apra la strada al racconto di tante altre storie identiche che finora nessuno ha raccontato. La pellicola è per me un messaggio di coscienza, un modo di fare memoria, di raccontare, perché queste cose non accadano più”.

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