
Una storia straordinaria, frutto della generosità e della determinazione di persone dal cuore grande. Un’idea che inizialmente sembrava utopica, ma che, con la giusta dose di impegno, potrebbe trasformarsi in una realtà concreta, una vera e propria impresa. Ma come iniziare? Un colloquio con le signore Katarina Matak Radoš, Dijana Superina e Irena Kukurin Barić, ha fatto emergere numerose informazioni, tante da rendere necessario un racconto ordinato e fluido per i nostri lettori. Ma andiamo per ordine. Durante un incontro da noi voluto e cercato, a prendere la parola per prima è stata Katarina, economista e professionista nel settore privato, che ci ha spiegato come tutto è iniziato. “Irena e io ci conosciamo da alcuni anni, siamo diventate buone amiche e condividiamo molto – ha esordito –. Stavo organizzando la festa per il mio 50º compleanno, a cui avrei invitato oltre 100 persone”.
“Katarina continuava a ripetere che volevo lasciare un segno”, si è aggregata subito al discorso Irena, sorridendo.
“Così, invece di ricevere regali, ho deciso di chiedere agli ospiti di fare una donazione per il Rifugio per i senzatetto ‘Rose di San Francesco’, che opera nell’ambito della chiesa di San Romualdo e Ognissanti di Cosala a Fiume. All’inizio era un’idea generica, ma poi, parlando con Irena, che collabora con Dijana, e che in seno alla struttura si occupa di terapia occupazionale, ho ricevuto ulteriori dettagli. In particolare, mi ha parlato dell’esistenza di un terreno edificabile in zona Pulac, che sovrasta i rioni di Brašćine e Cosala, sul quale ipoteticamente costruire un nuovo edificio volto a ovviare l’attuale insufficienza di posti in quello già esistente”.
“Dovete sapere che il Rifugio nel quale ci troviamo a operare attualmente a Cosala è del tutto inadeguato in rapporto al numero di assititi che lo occupano in questo momento e di coloro che ne hanno bisogno e sono in attesa di poterci entrare”, si è unita anche Dijana al nostro colloquio.
Nel giro di qualche giorno da questo pensiero iniziale, Irena ha collegato Katarina e Dijana grazie a una comune conoscenza, e successivamente ha suggerito a Katarina di chiedere proprio a Dijana, se ci fosse qualcosa di cui avessero bisogno. “Inizialmente, Dijana mi ha detto che avevano già tutto, ma che avrebbero comunque accolto una donazione”, ha raccontato Katarina.
“Con tutto, intendevo che avevamo a disposizione tutti gli apparecchi e suppellettili di prima necessità, ma che gli spazi sono troppo succinti per accogliere eventualmente una nuova lavatrice o qualche altro apparecchio in caso di guasto di quelli esistenti. Inoltre, è diventato ormai cosa normale che nella seconda metà dell’anno rimaniamo senza soldi a sufficienza per coprire le spese per il cibo e per i prodotti d’igiene personale, per cui ogni versamento sul nostro conto ci verrebbe più che bene”, ha spiegato Dijana la problematica dell’insufficienza di mezzi finanziari con cui la struttura combatte di mese in mese.
La svolta è arrivata presto, quando Irena ha ricevuto un messaggio notturno da Dijana. “Non riuscivo a dormire e mi è venuta un’idea: quella di utilizzare i soldi raccolti per la stesura di un progetto di massima per l’edificazione di una nuova struttura, appunto a Pulac. Qualcosa di concreto, insomma: i fondi raccolti non dovevano andare a coprire un’esigenza temporanea, ma costituire una base solida per un progetto più ampio, finalizzato alla costruzione di un nuovo rifugio. Alla festa di compleanno di Katarina, tra parenti e amici, sono stati raccolti ben 1.610 euro. Cifra sicuramente significativa per poter dare il via alla cosa”.
“Il mio sogno è realizzare un nuovo Rifugio, perché quello di Cosala è davvero in condizioni precarie e si regge solo sulla buona volontà di chi ha a cuore questa causa”, ci ha spiegato ancora Dijana.
“Abbiamo fatto un primo passo, ma ora è il momento di continuare a raccogliere fondi, con la speranza che altre persone sensibili alla causa si uniscano a noi. Quando i miei amici hanno realizzato una scatola per la raccolta fondi, l’hanno fatto con l’intenzione di dare un segno di speranza, un buon auspicio per questo progetto. Vedere come un piccolo gesto possa toccare così profondamente le persone, dimostrando che c’è ancora tanto cuore e generosità intorno a noi, è stato emozionante. Questo è soltanto l’inizio di qualcosa che potrebbe cambiare davvero le cose per molte persone”, ha dichiarato Katarina.
Anche Irena si occupa, da qualche anno, di attività sociale prestando servizio presso l’Associazione per disabili di Abbazia, e non è nuova a iniziative umanitarie di questo tipo, ovvero volte a raccogliere fondi per una buona causa. Ha voluto condividere con i nostro lettori un’esperienza che dimostra come, quando c’è volontà, i risultati arrivano: “In un’occasione, in un mese e mezzo, abbiamo raccolto oltre 30.000 euro per una famiglia colpita da due casi di malattie gravi”.
L’esempio della festa di compleanno di Katarina, è un’altra dimostrazione eclatante che, quando c’è tenacia, si può arrivare lontano. “Solo nella mia cerchia ristretta siamo riusciti a raccogliere 1.610 euro in poco tempo. Se si vuole, si può fare tutto”. E così, da un’idea semplice, ma alimentata dalla passione e dal desiderio di fare la differenza, è nato un progetto che speriamo possa dare frutti concreti per la comunità. Il nuovo Rifugio per i senzatetto verrebbe finanziato dai fondi dell’Unione europea e da quelli nazionali, in collaborazione con le unità d’autogoverno locale, l’Arcidiocesi di Fiume e forse qualche altro partner. Mediante le donazioni volontarie si intende assicurare il pagamento delle spese di stesura del Progetto di massima, da cui appunto si deve iniziare”.

Ipotetica location in zona Pulac
L’incontro e le testimonianze delle nostre interlocutrici, relative alla possibilità di poter avviare, un giorno, la costruzione di una nuova struttura in zona Pulac, sono iniziati a svilupparsi. Dijana ha proseguito: “Abbiamo un’architetta con idee meravigliose. Sta cercando di ottimizzare al massimo la superficie disponibile, in modo che ognuno abbia il proprio spazio. Per ora, si sta pensando di assicurare 40 posti, naturalmente nel pieno rispetto degli standard previsti dalla legge e ovviamente dipendentemente da quelle che saranno le capacità del lotto che potrebbe venir messo a disposizione e alla grandezza di una ipotetica futura struttura. A breve, è previsto un incontro con l’arcivescovo di Fiume, monsignor Mate Uzinić, per capire se è nei piani la costruzione di una chiesa su quel lotto e quanto spazio potrebbe esserci concesso. L’area complessiva è di circa 2.800 metri quadrati. Dal 2009, in quell’area viene gestito un orto nell’ambito del Centro per la riabilitazione per persone con necessità particolari e con disabilità, e il nuovo Rifugio per i senzatetto, che prevederebbe un pianoterra, un primo piano e un sottotetto, avrebbe come obiettivo rendere autonomi gli assistiti. Questo è un mio grande desiderio”.
“Un giorno stavo parlando con il parroco Sanjin Francetić della Chiesa dell’Assunzione della Beata Vergine Maria (Duomo). Mi ha chiesto che cosa aspettavamo di partire con il progetto, avendo a disposizione il lotto, e ha aggiunto che qualcosa si sarebbe potuto di certo fare. Mi ha motivata molto. Non voglio dire che l’attuale il Rifugio di Cosala non svolga la sua funzione: è basato su azioni nobili e sulle preghiere di cuori puri, ma un posto nuovo andrebbe assolutamente costruito”, ha sottolineato Dijana, aggiungendo che “siamo un’organizzazione religiosa della Chiesa Cattolica, appartenente all’Ordine francescano secolare (O.F.S.)”.
Dal volontariato al riconoscimento legale
“Quando abbiamo avviato quest’iniziativa, 18 anni fa, il termine ‘senzatetto’ non esisteva nemmeno nella legislazione, quindi non potevamo ottenere finanziamenti dalla comunità locale, motivo per cui ci affidavamo esclusivamente a donazioni volontarie e al supporto dei volontari, tra cui c’ero anch’io. Ora, da sei anni a questa parte, lavoro in seno alla struttura come responsabile della terapia occupazionale e sono la coordinatrice dei volontari, ma ho iniziato come volontaria sin dall’inizio. Successivamente, è stata istituita l’HMB, ovvero la ‘Rete nazionale per i senzatetto’, e grazie alla nostra iniziativa, assieme all’Associazione MOST di Spalato e ad altre associazioni di Zagabria, queste persone sono finalmente state riconosciute come una categoria giuridica. Prima di allora, chi viveva in strada non poteva esercitare i propri diritti perché non aveva documenti, mancava di una residenza registrata. Per ottenerla, avrebbero dovuto almeno essere in affitto e il proprietario avrebbe dovuto registrarli, cosa che molti non erano disposti a fare. Questo ha danneggiato tante persone”, ha proseguito il suo discorso Dijana, la quale conosce persone che non hanno potuto percepire una pensione, nonostante abbiano lavorato, perché non avevano un indirizzo di residenza registrato.
“Senza documenti, inoltre, non potevano nemmeno cercare un lavoro”, ha detto, spiegandoci poi che “l’Arcidiocesi di Fiume ci ha concesso gratuitamente gli spazi attuali e copre anche le spese. Ora, dopo 18 anni – come dopo avere raggiunto la maturità – vogliamo fare un passo avanti. Attualmente, disponiamo di due stanze per uomini: una con 8 letti e una con 4 letti. Abbiamo anche una stanza per donne con 2 letti, per un totale di 14 posti disponibili. Ma le necessità dono molto più grandi”.
Le attività portate avanti da quasi due decenni
”Ho organizzato diversi laboratori per gli ospiti del centro di Cosala – ha affermato ancora Dijana –. Li incoraggio a svolgere varie attività lavorative. Ad esempio, abbiamo uno stand durante i pellegrinaggi al Santuario mariano di Tersatto, dove vendiamo magneti e altri souvenir da noi realizzati. Inoltre, molti dei nostri utenti scrivono per la rivista ‘Lampioni di strada’ (Ulične svjetiljke)’, mentre altri la vendono ai passanti, potendo trattenere metà del ricavato dalla vendita mentre l’altra metà viene spesa per la realizzazione del successivo numero della rivista. Molti assistiti nutrono un atteggiamento di rifiuto verso il lavoro, ma io non permetto che si sentano in quel modo. Inoltre, il lavoro agricolo che ogni tanto facciamo, ha un effetto terapeutico, e chi ci si aggrega, finisce con l’apprezzare i nostri laboratori. Dopo aver partecipato a uno di essi, le persone si sentono entusiaste, soprattutto quando vedono che il loro impegno ha creato qualcosa e viene apprezzato da chi decide di acquistare i prodotto da loro creati. Non permetto a nessuno di sottovalutare loro o il loro lavoro”, ha puntualizzato la nostra interlocutrice.
Dijana insegna agli utenti a riconoscere e a utilizzare le erbe medicinali, ha esperienza nella preparazione di sciroppi e cibi a partire dagli avanzi, e tutto viene fatto in modo ecologico, con il supporto di generosi donatori dell’associazione “Verde Castua” (“Zeleni Kastav”), di cui è presidente appunto Irena, la quale organizza regolarmente, negli ultimi nove anni, a base volontaria, dei mercatini in zona Fortica, a Castua, e a volte come ospiti a Grobnico, Icici, Fiume, Buccari e Kostrena. Finora si sono svolti 202 mercatini, a cui mediamente hanno partecipato sui 30 espositori di prodotti certificati, ma anche senza certificato.
“Una delle cooperative che espone nell’ambito di Castua verde, e alle cui attività è inclusa parte degli ex, ma anche degli attuali utenti del Rifugio di Cosala, si chiama PUT, ed è la prima cooperativa sociale in Croazia, i cui attivisti sono andati in Italia a cercare esempi per fare un passo avanti, imparando tanto. Questo modello è già consolidato in altri Paesi, ma da noi la legge non prevede ancora molte di queste possibilità. Siamo abbastanza indietro…”. “Il lavoro è la più grande terapia”, ha affermato Dijana.
“I senzatetto hanno sensi molto sviluppati e sono estremamente sensibili e sempre sull’attenti – ha proseguito Dijana –, bisogna essere estremamente delicati con loro. Ognuno di noi può diventare un senzatetto”, ha precisato. “Chiunque abbia un mutuo, in pratica, è già in una situazione precaria. Basta una piccola disgrazia, per finire in strada. Ci sono problemi nel sistema dei centri per i senzatetto. È positivo che esistano, ma il meccanismo a volte rende il tutto meno umano. Ad esempio, se qualcuno arriva da noi il venerdì, ma per regolamento deve prima passare dal centro per i senzatetto, deve aspettare il primo giorno lavorativo disponibile, ovvero il lunedì, per poterci contattare e chiedere ospitalità. Funziona così: i senzatetto vengono registrati dal centro, che poi ci chiede se abbiamo posti disponibili. Se ne abbiamo, allora possono venire da noi. Il soggiorno nel nostro Rifugio dura da sei mesi a un anno, ma ci sono casi complessi in cui le persone restano più a lungo, specialmente gli anziani e i malati. Dei complessivi 700 utenti passati attraverso la nostra struttura a Cosala, il 70% è riuscito a reintegrarsi nella società. Questo dimostra il valore del lavoro che facciamo per ristabilire un collegamento tra queste persone e il mondo esterno. Abbiamo un grande bisogno di operatori sanitari e psicologi per il nostro lavoro, ma questa è una difficoltà diffusa in tutto il Paese. Abbiamo avuto persone con disabilità, e si creano grossi problemi quando non c’è nessuno ad assisterle, visto che noi lavoriamo solo nel turno mattutino. Dove possono andare queste persone nel resto della giornata? Ambulanza e polizia, a volte, ci portavano persone non autosufficienti, ma noi non avevamo le condizioni per accoglierle. Questi sono stati i casi più difficili per me. Se ne viene a capo solo trovando una soluzione di lungo termine, come un prolungamento del ricovero ospedaliero finché non si individua un affido o una sistemazione adeguata. Fortunatamente, riceviamo donazioni da parte dei cittadini, e questo ci aiuta a proseguire su questa strada”, ha concluso il suo racconto Dijana.
L’incontro a Cosala
Oltre a parlare con le nostre tre interlocutrici, abbiamo deciso di effettuare un sopralluogo anche nel Rifugio per i senzatetto “Rose di San Francesco”, di cui, comunque, il nostro quotidiano ha spesso scritto. Ad attenderci in loco è stata appunto Dijana, che con la sua energia positiva ci ha fatto volentieri da Cicerone. Nella struttura abbiamo avuto modo di conoscere Dolores Turkalj Jurčević e Pjer Orlić, il responsabile dell’istituto.
“Il problema dei senzatetto è strettamente collegato al fatto che a livello nazionale non esiste un registro ufficiale degli indigenti senza indirizzo – ci hanno spiegato all’unisono –, e noi ci basiamo sulle stime dell’HMB, che raccoglie più o meno tutte le associazioni che si occupano dei senzatetto. La cifra stimata è di circa 2.000 senza dimora assoluti, ovvero quelli che vivono h24 in strada. Il Ministero parla, invece, di sole 400 persone in tutta la Croazia. Dubito che siano così pochi, ma non abbiamo un censimento per definira la cifra esatta. A Fiume, il numero dei senzatetto assoluti varia tra i 200 e i 300. Qui sono inclusi anche coloro che vengono da fuori città, perché il capoluogo quarnerino ha un buon programma sociale. Abbiamo un elenco delle persone che sono state qui e attualmente sono registrate al nostro indirizzo 200 persone. D’altra parte, ogni storia di vita è unica e particolare. Non c’è una regola fissa, e l’unica cosa che spesso accomuna queste persone, è la loro tragica sorte. Ma abbiamo avuto anche persone che erano datori di lavoro, direttori, a cui qualcosa è andato storto e sono finiti in strada”.
A fine visita, Dijana ci ha mostrato e gentilmente donato delle delizie culinarie preparate dagli utenti del Rifugio, tutte ecologiche e basate su ingredienti che vengono utilizzati, invece di essere sprecati, oppure ottenuti grazie a donazioni. “Siamo particolarmente fieri del nostro ‘parmigiano dei poveri’, preparato secondo una vecchia ricetta italiana, dei poveri appunto, che prevede il pane grattugiato arrostito nell’olio d’oliva e con spezie dalmate. Ci hanno omaggiato con un ajvar preparato con carote e dei cubetti di pane tostato e speziato stile bruschette”.
Dopo avere ascoltato il racconto di una realtà così difficile e che si cerca in tutti i modi di alleviare, grazie anche alla buona volontà di noi cittadini comuni, una considerazione finale da parte nostra è doverosa: riflettere sulla fortuna di avere un tetto sopra la testa è un esercizio che spesso dimentichiamo nella frenesia della vita quotidiana. Eppure, è fondamentale ricordare che il nostro benessere non è mai scontato e che la precarietà è sempre dietro l’angolo, pronta a colpire chi meno se lo aspetta. In un mondo dove possediamo molto, spesso diamo per scontato il nostro rifugio (leggi un tetto sopra la testa), senza pensare che per altri, quella sicurezza può essere un sogno lontano. Sta a tutti noi impegnarci con atti di solidarietà o almeno di comprensione sia per alleggerire la vita a queste persone sia a fare in modo di creare, con i nostri piccoli gesti, un mondo migliore per la comunità in cui viviamo. A livello locale, possiamo partire, ad esempio, dalla possibile costruzione, grazie anche alle nostre eventuali donazioni, di una nuova, più ampia, struttura per i senzatetto in zona Pulac, il cui seme è stato gettato, ma la cui realizzazione in questo momento sembra ancora lontana.



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