Arrivati alla conclusione di un anno che viene aggiunto alla storia dell’umanità, molti custodiranno nel cuore i bei momenti, quelli indimenticabili che si stanno trasformando in cari ricordi. Purtroppo, i bei momenti arrivano improvvisamente, sono degli attimi e durano così poco, ma hanno un significato e una forza incredibili perché ci possono tenere in vita per tutto il resto del tempo, fino ai prossimi momenti belli, con lo spirito forte e lo sguardo fiducioso.
Oltre a tutti gli episodi cupi, tragici, disperati, oltre a tutti i conflitti e guerre che si protraggono da anni sul nostro pianeta, esistono quegli istanti, quegli eventi, quelle persone che hanno inciso i loro nomi nel libro della vita, con lettere d’oro.
Gli eroi invisibili
Alla fine di questo anno, vorrei mettere il punto sulle storie vincenti di questo mondo, spesso e molto velocemente dimenticate e ignorate. Esse potrebbero narrarci le sfide affrontate, le battaglie superate, le difficoltà che sembravano insormontabili, dissoltesi in un attimo. Quanti incontri, quante conoscenze, quante coincidenze, quante casualità, quanti NO e quanti SÌ! Che si sono trasformati in vittorie, alla fine delle quali i veri eroi rimangono invisibili. Immensi, ma impercettibili.
Sono storie di gente semplice e modesta, di persone ordinarie che incontriamo per strada senza renderci conto che quelle presenze silenziose hanno combattuto nelle più terribili tempeste e le hanno superate, hanno compiuto atti eroici, spinti dall’inconfondibile spirito impavido. Il mondo non le riconosce, non le esalta e loro non pretendono di essere riconosciute perché i loro valori sono superiori a quelli glorificati dal resto del pianeta.
Modelli di vita
Poche righe sono dedicate a persone singolari, seppure il loro esempio dovrebbe servire da modello di vita ai giovani che oggi, più che mai, hanno bisogno di sapere, leggere e seguire tali modelli. Quali modelli scegliere? Di chi cosa parlare e scrivere? Ho fatto un ragionamento semplice e ho deciso di partire dai più piccoli, per finire nella comunità, una in particolare.
Senza troppe introduzioni e senza nomi perché, ancora dai tempi dei Romani, “nomina sunt odiosa”, vorrei presentare un elenco di episodi e i loro protagonisti che sono apparsi e scomparsi come i messaggi dai nostri telefonini, come le nostre memorie corte in cui si sovrappongono informazioni in modo talmente rapido che cancellano tutto quanto sia stato memorizzato in precedenza. L’importanza non conta.
Partiamo da atti semplici, ma fondamentali perché con le loro ferme reazioni, con i loro piccoli gesti, con i loro coraggiosi atti, con la loro enorme tenacia, hanno salvato vite.
I primi sono i bambini. Fanno delle imprese coraggiose senza rendersene conto, perché reagiscono naturalmente, d’istinto, per difendere sé stessi e difendere la vita.
Un bambino coraggioso di soli otto anni che vede il compagno in difficoltà: sta annengando. Lui si tuffa per raggiungerlo, sorreggerlo e portarlo fuori dall’acqua. Con l’aiuto degli adulti, il compagno è stato salvato. Senza l’intervento del suo piccolo angelo, sarebbe diventato un’ombra e forse in questi giorni un regalo di Natale sarebbe rimasto intatto.
Una bambina risoluta, anche lei della stessa età, nel momento in cui sta per essere rubata la macchina del loro papà e dentro c’è la sorellina, entra e le si butta accanto, costringendo il rapinatore, con la sua presenza, ad abbandonare il veicolo dopo qualche chilometro. Abbandonata la macchina, la bimba trova il cellulare del padre e chiama i soccorsi. Audace e preparata, ha difeso la vita della sorellina.
Gli adulti affrontano le difficoltà in modo diverso, sono consapevoli dei loro atti e delle conseguenze che potrebbero minacciare la loro stesse vite: calcolano, valutano, considerano i rischi, esaminano i pro e i contro, e poi decidono. A volte troppo tardi. Ma esistono persone eccezionali, fuori dal comune. Eccone alcune.
Il padre. Un padre con il cuore a pezzi, annientato dalla notizia con cui gli comunicano che il male del suo unico figlio è tornato e si è diffuso in tutto il corpo. Non si arrende perché il figlio, il suo unico figlio, l’essere più prezioso che esista al mondo, deve vivere. Non esiste ricaduta che non possa essere combattuta e vinta. E mentre i medici ci rinunciano, lui fa le sue ricerche, bussa a tante porte e alla fine, una si apre. Una soluzione c’è. Una, forse l’unica. È stata approvata. Lui parla, implora, convince con la disperazione nel profondo del cuore e con la speranza che non lo ha mai abbandonato. Avrebbe dato la propria vita per il figlio, come avrebbe fatto ogni vero padre al posto suo. Passano giorni, settimane, cure, terapie, incertezze, crisi, sviluppi, interventi, esami. La sua tenacia viene premiata. Il figlio sente l’ardore, la forza dell’animo, l’amore e lotta. Affrontano in due la stessa battaglia fino all’ultimo esame, uno da una parte del vetro e l’altro dall’altra. Il risultato è la vittoria sulla malattia, sulla vita.
La madre. Una maestra che ha dedicato tutta la sua vita ai fanciulli, a quelle personcine che vedono in lei non solo la persona che insegna, ma anche la persona che li ama, che porta la responsabilità della loro sana crescita e li difende sempre e ad ogni costo. Sente il pericolo, gli si oppone e subisce. Ferita gravemente, vede uno dei suoi piccolini cadere e con la forza che solo le persone fuori dal comune possiedono, continua a opporsi e difende la classe, con il proprio corpo: trentun colpi di coltello, uno per ogni suo alunno. La maestra simbolo, la maestra martire… tanti i titoli di giornali (portali), mentre la maestra è soltanto una donna, una mamma e forse anche una nonna, che difende le vite affidatele anche con la propria vita.
La comunità. Esiste un esercito di pace che non porta i caschi blu e non porta nemmeno le armi. La sua unica arma è la difesa della vita umana e dei diritti di coloro le cui vite vengono affidate ai trafficanti dell’orrore. Trasformati in numeri, che vengono pubblicati da organizzazioni umanitarie e di cui si potrebbe discutere, ma discutere non ha senso ora: le vite sono ormai perse. I numeri sono impressionanti: l’anno scorso più di 3.100. Quest’anno i calcoli devono essere ancora fatti; fino ad agosto più di 1.000. Sono vite di persone umane, nella maggioranza bambini e donne i cui corpi giacciono nel buio delle profondità del Mediterraneo, nel buio della disinformazione, nel buio dell’indifferenza e nel buio profondo della coscienza di chi dovrebbe difendere e proteggere le vite. Numeri usati di proposito per mantenere l’informazione senza identità, per non allarmare l’opinione pubblica, per non rivelare la sconfitta dell’umanità. Ma innazitutto, per nascondere le luride coscienze, buie come gli abissi marini. Dietro i numeri si nascondono destini. Dietro ogni numero c’è una famiglia in lutto, oppure non c’è più nessuno perché sterminata. L’esercito di pace che naviga in queste acque turbolente persiste e insiste, non si lascia piegare dalle politiche che difendono soltanto gli interessi personali. Questa invisibile comunità, quotidianamente in allerta, lascia un’impronta indelebile su tanti eventi tragici nel nostro Mar Mediterraneo e su altri in cui hanno portato le vite in salvo. La vera impronta, resiliente e coraggiosa, che testimonia la presenza del bene.
Solitamente, nel mondo le persone che scelgono di stare dalla parte dei valori vengono viste come persone fuori dal comune e per questo motivo non facilmente accettabili dalla comunità. Le si nomina soltanto in occasione di eventi eccezionali, quando non si può rimanere in silenzio o nascondere tragedie immani.
Valori da ricordare
I modelli di vita fanno risaltare le virtù delle persone e i valori fondamentali che vengono difesi con i loro atti. Ne vorrei brevemente ricordare alcuni di cui ho scritto sopra.
Il sacrificio che possiede il valore salvifico ha la forza di trasformare la rinuncia in una rinascita di benessere e di riconsiderazione dei valori della vita.
La responsabilità con la quale si abbracciano le conseguenze delle proprie azioni nella difesa dei forti valori morali. La responsabilità personale e quella comune.
La generosità che si presta al supporto e al servizio dell’altro, facendo nascere e crescere l’empatia, la compassione e la condivisione, creando e ricreando la cultura del servizio.
La solidarietà con la quale si superano le sfide e le ostilità tra persone o gruppi fragili, agendo insieme e promovendo la giustizia e i valori morali, in un mondo sempre più alienato.
La tolleranza che ci autorizza a difendere le differenze nel mondo, a combattere e superare i pregiudizi e a costruire comunità rinnovate nell’armonia condivisa della vita.
Il rispetto con il quale si esprime l’apprezzamento verso l’altro, mostrando la consapevolezza dei propri limiti contrapponendole l’immensità dell’essere umili e della semplicità nell’affrontare le avversità della vita.
La gratitudine che ci apre le porte dell’ottimismo con il riconoscimento e l’apprezzamento dei valori condivisi, dei momenti belli e felici vissuti insieme.
Per finire… il gusto dolce del Paradižot
Il tempo di cui non siamo padroni, ma ne possiamo diventare abili gestori, non dovrebbe condizionare le nostre azioni se guidate dalle virtù e dai valori positivi.
Nel tempo rimangono impresse le azioni di coloro che migliorano la vita e che la avvicinano al concetto della beatitudine del Paradiso. È il desiderio di tutti: di far parte di quel mondo, di quell’essenza perfetta della vita. Ci possiamo consolare con la certezza che esistono ancora persone che sono in grado di farci entrare in quel mondo. Sta a noi la scelta di rimanerci, compiendo atti di generosità, responsabilità, solidarietà, sacrificio, tolleranza, rispetto, gratitudine insieme a tutti gli altri valori a loro connessi.
Spero che la fine di questo articolo abbia il gusto dolce del Paradiso, meglio dire del Paradiso/t (da Paradižot, tipico dolce di origini austriache, ma usato molto nella cucina tradizionale dalmata), un dolce antico, fatto di latte, uova, zucchero e biscotti; semplice, armonioso, eterogeneo e compatto, un conglomerato di antichi sapori, di cari ricordi, con una carica di energia che si trasmette facilmente come qui nel passaggio da un anno vecchio e stanco a un anno nuovo e promettente.
*docente del Dipartimento
di Studi Italiani
dell’Università di Zara
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