Pola. La storia di un secolo fa

Sanela Pliško e David Orlović autori del volume «Cinema e società dal 1919 al 1943» raccontano la vita di una città dopo lo sfacelo della monarchia austro-ungarica e durante l’amministrazione italiana

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Pola. La storia di un secolo fa

Cinema e società dal 1919 al 1943. Ne scrivono Sanela Pliško e David Orlović nell’ultimo numero (il quarto) del periodico della rassegna cinematografica polese “La macchina del tempo”. Il volume è diviso in due sezioni completamente diverse per argomento e metodo. La prima (di Sanela Pliško) è un elenco tassativo e rigoroso delle notizie sulle sale, le proiezioni e la produzione cinematografica in città dal 1919 al 1943, notizie apparse nei giornali dell’epoca, come “L’azione” (che nel 1929 ha cambiato nome in “Corriere istriano”), ma solo nella misura in cui gli archivi sono stati digitalizzati, per cui la ricerca sembra essere ancora molto lontana dalla fine. Diversamente dalla prima parte, che interesserà soprattutto gli appassionati della storia della cinematografia, la seconda è molto più fluida, narrativa e descrittiva del periodo, e cioè gli anni dell’amministrazione italiana dell’Istria, con particolare riferimento al Ventennio fascista. Il giovane ricercatore polese David Orlović ne ha fatto il suo campo d’indagine preferito, e bisogna dire che i primi studi hanno sortito buoni risultati e interessanti pubblicazioni.

David Orlović

La «redenzione» di Pola
Pola “sotto l’Italia” agli occhi dei contemporanei sgravati dal peso delle ingiurie del Novecento? Ecco, c’è questa “immagine leggiadra” di una città che è vissuta anche per divertirsi, per andare al cinema, in taverna, al ristorante, al ballo, all’opera, al bagno, che ha cercato di condurre una vita privata alle spalle dell’ideologia dominante, totalitaria. Personaggi e vicende s’affollano nelle cronache di Orlović che per prima cosa offre una cornice al quadro, il contesto politico, militare, storico: lo sfacelo della monarchia austro-ungarica, l’ingresso delle truppe italiane in città il 5 novembre 1918, la “redenzione di Pola” (come venne chiamata, benché la definizione dei confini fosse ancora materia di disputa in attesa del Trattato di Rapallo), l’ascesa del fascismo, l’arrivo dello stesso Mussolini a Pola nel settembre 1920, le modifiche all’ordinamento e all’organizzazione amministrativa con l’istituzione della provincia, della prefettura e dei comuni nel 1923. Nel periodo in esame Pola sarà governata dai podestà Lodovico Rizzi (1923-26), Antonio Merizzi (1926-28), Luigi Bilucaglia (1928-34), Giovanni d’Alessandro (1934-35), Luigi Draghicchio (1935-42) ed Egidio Iaci (1942-43).

Palazzo Heininger, Largo Oberdan (Giardini): l’insegna OND indica la sede del Dopolavoro. Dietro al filare di alberi la gelateria e il cinema “Impero” (S. Zuccoli)

Tra la vita e la morte
Non bastavano la guerra e le deportazioni al lager di Wagna, ora la città è nella morsa dell’influenza “spagnola”, che non si placherà se non nel 1920. Ma la gran parte dei decessi è dovuta alla tubercolosi, mentre le classi sociali più svantaggiate subiscono in aggiunta l’infestazione della scabbia, indice, si capisce, di gravi dissesti economici e sociali. Nel 1919 l’ospedale di Pola ha avuto in cura 700 malati di scabbia, ma, come in tutte le epidemie conosciute dacché mondo è mondo, i casi effettivi erano di varie volte superiori a quelli ufficialmente conclamati. Anche in questo caso l’epidemia si placherà solo nel giro di due anni, ma intanto i morti possono contare sempre su due ultime dimore distinte: il cimitero della Marina e il cimitero civile di Monte Ghiro. Un poco alla volta la vita ritroverà il sopravvento sulla morte. La ripresa demografica della città è lenta ma sensibile: nel 1921 gli abitanti di Pola sono 37.000, nel 1931 sono già 41.600. Con tutta probabilità la popolazione è andata aumentando allo stesso tasso di crescita anche nel decennio successivo, soltanto che nel 1941 non c’era più verso di condurre un censimento: la nuova guerra mondiale provocata dal nazifascismo è esplosa più brutale che mai e a quel punto la morte ha ritrovato il sopravvento sulla vita. E sul buon senso.

Bambine in città

Le opere civili
Il monumentalismo o “neoclassicismo semplificato”, che media tra le tendenze razionaliste d’avanguardia e il conservatorismo dell’accademia, diventando linguaggio architettonico di regime per trasmettere l’idea della sua imponente grandezza, prende piede anche nel piccolo mondo antico polese che gradualmente muta immagine. “La liberazione della città nel 1918 – scrive Orlović – ha avuto il suo immancabile riscontro simbolico nella ​liberazione dei monumenti romani”, in questo caso il Tempio d’Augusto e l’anfiteatro. Per “liberare” il tempio d’Augusto dall’ingombrante presenza di costruzioni minori storicamente insignificanti, le autorità hanno avviato una serie di demolizioni a catena, sgombrando il Foro che nel 1926 ritrova lo spazio necessario per accogliere il nuovo Palazzo del Municipio dell’architetto Guido Brass. Razionalismo e modernismo si fanno largo in piazza Alighieri con la costruzione dell’imponente edificio postale (Palazzo delle Regie Poste e Telegrafi, 1935, di Angiolo Mazzoni). Largo Oberdan e piazza Carli riacquistano la centralità smarrita grazie al nuovo Palazzo Heininger con la sala “Impero” e al nuovo edificio del Cinema Nazionale. In clivo Grion, che dall’Arco dei Sergi sale al Castello, nel 1937 venne costruito l’asilo denominato “Casa della madre e del bambino”. Per fare posto alla futura Banca d’Italia di Vincenzo Munari in via Carducci è stato abbattuto il vecchio edificio del cinema “Ideal”. Ma la costruzione della Banca d’Italia venne completata solo verso la fine del Ventennio: nel 1940 i lavori sono ancora in corso. Il “Corriere istriano” titola l’articolo in merito: “Pola si rinnova e potenzia le sue istituzioni”. L’opera ebbe termine soltanto l’anno successivo e fu inaugurata nel luglio del 1941. Nel frattempo furono costruite la stazione degli autobus di Bernardino Fabro, la sede dell’Istituto nazionale per le case degli impiegati dello Stato INCIS in Viale Emanuele Filiberto Duca d’Aosta (oggi via della Stazione ferroviaria), mentre l’Istituto magistrale e la Casa delle corporazioni non videro mai la luce.

Il “Cine Impero” e la Banca d’Italia, Largo Oberdan (Giardini)

Occupazione, industria, trasporti
Dal censimento del 1931 risulta che nel Comune di Pola risiedettero e operarono 4.483 agricoltori, 351 pescatori, 1.924 edili, 2.097 metallurgici, 978 carpentieri, 504 meccanici, 461 conciatori, 1.937 dipendenti dei trasporti, 1.076 sarti, 2.516 commessi, 1.064 impiegati amministrativi, 998 liberi professionisti, 160 insegnanti e 114 infermieri, ma anche 640 donne delle pulizie. Le donne tuttavia non sono ancora entrate nel mondo del lavoro a pieno titolo: lo stesso censimento del 1931 dichiara infatti l’esistenza di 14.259 casalinghe. Tra le righe compare anche una classe di “industriali e ricchi”: solo 123 degli abitanti dell’epoca. Chissà i criteri, però…

Il Porto mercantile tra le due guerre

Il disastro dell’economia dell’epoca si deve principalmente allo sfacelo dell’Arsenale: Pola non è più un porto militare, e tanto meno è il primo porto militare di un impero. Fino alla fine degli anni Venti, la città ha perso alcune migliaia di posti di lavoro nell’industria navalmeccanica: a Scogli Olivi si contano appena 250 operai. Come suona noto questo calcolo ai giorni nostri. Tuttavia la costruzione delle navi prosegue. Nel 1924 sono state varate “Carmen” e “Quarnaro”, l’anno successivo “Spiro Xidias” e nel 1927 “Palestina”. C’è un picco di occupati nel 1930, con circa 800 operai in cantiere e il motivo è presto detto: in quell’anno Scoglio Olivi divenne il bacino di manutenzione dei sommergibili per la Marina da guerra. Ma già nel 1926, sull’isolotto di San Pietro era in funzione il primo cementifico di Pola: la fabbrica trasformava polveri di pietra calcarea istriana, bauxite e argilla in 200 tonnellate di cemento l’anno. Prima ancora (dal 1923) c’era già la fabbrica tabacchi, sistemata nella vecchia caserma di fanteria in Riva (oggi via San Giovanni, angolo via Kandler). Ma Pola aveva anche una fabbrica di bandiere a Fisella, uno stabilimento per la produzione di scatolette di pesce a Veruda, una fabbrica lucchetti, un impianto di produzione del gas illuminante e una “Centrale del latte”. Nel 1942 è stato aperto il “Mulino elettrico Sansa” nell’odierna via Trieste (Oggi Brionka).

La storia del traffico e dei trasporti pubblici segnala l’abolizione della linea tranviaria nel 1934 e l’introduzione in sua vece di 16 autobus della società Gattoni. Nel 1940 le linee della tratta urbana sono tre: la storica n.1 San Policarpo – P.za Costanzo Ciano – V.le Emanuele Filiberto (progenitrice dell’odierna Siana-Stoia), la n.3 L.go Oberdan – Verudella e la n.5 (stagionale, estiva) L.go Oberdan – Valcane – Stoia. Non diversamente da oggi, gli autobus della tratta urbana circolano dalle 6.30 alla mezzanotte.

Saccorgiana, anni Quaranta

Echi di società
Impossibile pensare alla Pola tra le due guerre senza pensare alle sue taverne, ai caffè, alle sale da ballo. Sgomberato il Foro dalle costruzioni che “soffocavano” il Tempio d’Augusto, nel 1919 è finito in “esilio” (a Monte Zaro) il “Caffè Municipio”, ma gli è subentrato immediatamente il “Caffè centrale”. In via Sergia c’era il Cinema Garibaldi con l’omonimo Caffè, i piazza Port’Aurea il “Caffè Italia”. Negli anni Trenta in Largo Oberdan compare la pasticceria “Adua” che deve il nome alla decisiva battaglia di Adua in Etiopia combattuta nel 1896 contro le truppe italiane. Da questo locale risale il tavolo da biliardo ancora oggi in funzione alla Comunità degli Italiani di Pola per il gioco delle “boccine”. “Miramare”, “San Marco”, “Napoli” e “San Giusto” sono bar alla moda, proprio come la birreria “Dreher” in piazza Port’Aurea, e un ventaglio di trattorie, una ventina almeno, al fianco dei ristoranti “all’Emiliana” (L.go Oberdan), il “Bologna” dell’omonimo albergo in via Castropola, il “Bonavia” del rispettivo albergo in via Smareglia, il “Duomo” in via Carducci e il “Milano” al Foro. Per ballare ci si reca alla “Sala Apollo” in via Tradonico in città vecchia, in uno degli isolati che in seguito saranno rasi al suolo nei bombardamenti alleati. Naturalmente la società è divisa: chi vive nel lusso e chi campa nella frugalità e nelle ristrettezze quotidiane. I più fortunati costituiscono il pubblico degli spettacoli e dei balli di “Sala Savoia” (ex Casinò Marina), specie in occasione di importanti anniversari e festività di Stato.

I cadetti delle scuole C.R.E.M. (Corpi Reali Equipaggi Marittimi) in Arena

La lirica tra teatro e anfiteatro
Al Politeama “Ciscutti” la crema della società assiste ai concerti di rinomati cantanti lirici e direttori d’orchestra, i tenori Beniamino Gigli e Nino Piccaluga, i soprani Toti Dal Monte e Lina Bruna Rasa, i baritoni Giovanni Inghilleri e Carlo Galeffi, i direttori Antonino Votto ed Edoardo Vitale. Dal teatro la scena lirica si sposta lentamente all’anfiteatro, e nasce così la stagione lirica estiva, progenitrice dei moderni spettacoli operistici che conosciamo oggi. In perfetta sintonia con le manie di grandezza del fascismo, l’Arena di Pola, magnifico retaggio romano, è elevata a simbolo della maestosità stessa del regime. Il 24 maggio del 1919, per esempio, in Arena si festeggia con un Te deum il quarto anniversario dell’entrata in guerra contro l’Austria-Ungheria. Similmente, il 5 novembre dello stesso anno si celebra il primo anniversario della Redenzione. Di norma negli anni Venti l’Arena ospita le cerimonie di giuramento dei cadetti delle scuole C.R.E.M. (Corpi Reali Equipaggi Marittimi). Le foto ricordo dell’epoca mostrano il pendio senza le gradinate in pietra che conosciamo oggi: la cavea verrà edificata solo negli anni Trenta, quando verrà sotterrata anche l’arena di combattimento dei gladiatori per ricavarci la platea. Questo volle e così dispose nel 1932 il podestà Luigi Bilucaglia, che si era messo in testa di organizzare degli spettacoli operistici: una stagione lirica estiva a tutti gli effetti.

Le chiese, i dopolavori, le scuole, le colonie estive, gli stabilimenti balneari, i musei, le biblioteche, i giornali, le società sportive, i cinematografi. Impossibile riassumere su queste (poche) colonne la sorprendente quantità di personaggi, vicende, dati e fatti che costituiscono la storia “minuta” di Pola che corse silenziosa all’ombra dei grandi eventi storici mondiali. Per saperne di più non c’è altra via che documentarsi. Il volume “Cinema e società 1991-1943” di Sanela Pliško e David Orlović è un ottimo strumento per cominciare.

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