
Il nostro collaboratore e appassionato birdwatcher parentino, Vanja Puškarić, dedica sempre un’attenzione particolare all’Istria e ai suoi angoli più reconditi nella sua attività di osservazione e studio degli uccelli nel loro ambiente naturale. È un’attività che richiede pazienza, attenzione ai dettagli e una buona conoscenza dei comportamenti, dei canti e delle caratteristiche degli uccelli. Per molti, il birdwatching è anche un’occasione per entrare in contatto con la natura e contribuire alla conservazione dell’avifauna tramite segnalazioni e raccolta di dati utili per la ricerca scientifica.
Vanja ama trascorrere il suo tempo all’aria aperta, immergendosi nella tranquillità di ambienti naturali come foreste, zone umide e coste che spesso vengono ignorati sia dalle persone che vivono nelle vicinanze, a non troppi chilometri di distanza, sia dai turisti, la maggior parte dei quali, se parliamo dell’Istria, attratta dalle bellezze del nostro mare. Inoltre, trovare specie rare o elusive è una missione speciale per ogni birdwatcher, una missione che può richiedere lunghe attese e spostamenti, ma la determinazione è ripagata dalla soddisfazione di un avvistamento.
Le cave di Santo Stefano
In questo caso, Vanja Puškarić ci fa conoscere un’altra specie, avvistata in una delle aree meno frequentate della penisola istriana. “Recentemente, in queste fredde giornate di gennaio – ci racconta –, ho trascorso una giornata intera vagando tra le cave e gli speroni delle Terme di Santo Stefano. Stavo cercando una delle specie più sfuggenti, anche se non timide, del birdwatching: il Picchio muraiolo (Tichodroma muraria). Con tanta pazienza e parecchia fortuna, alla fine mi è apparso proprio sopra i fori delle impressionanti cave sotterranee di Santo Stefano”.
“Si tratta di una specie diffusa, ma difficile da osservare perché dalle nostre parti sverna sulle pareti verticali che in pochi frequentiamo d’inverno. D’estate, invece, è sulle verticali alpine, a migliaia di metri d’altitudine e vederlo con calma e serenità diventa un’impresa praticamente impossibile. Una specie che potrebbe venir osservata dagli alpinisti scalatori piuttosto che da ornitologi e birdwatcher, che sono per lo più ‘pigri’ e stazionari”.
Le «Orecchie dell’Istria»
“Questo è il terzo anno consecutivo che lo vedo alle Terme istriane, mai prima al primo tentativo. L’ho vista ancora sui Monti della Vena, sulle famose ‘Orecchie dell’Istria’, le imponenti rocce che sovrastano il villaggio di San Quirico (Sočerga), una meraviglia naturalistica dell’Istria slovena. Caratterizzate da sporgenze colorate e da un microclima unico, ospitano molti uccelli in via di estinzione. Li ho avvistati anche vicino al traforo di Monte Maggiore, in località Vela Draga e sulle pareti mozzafiato dell’abisso di Mamet, sul Velebit meridionale”.
“La prima volta che l’ho visto, però, è stata sulle bellissime pareti rocciose di Draga di Laurana in prossimità di Oraj in seguito a una comunicazione ricevuta da amici scalatori di Laurana e Moschiena. Nino e Mario sono delle autentiche ‘scimmie’ e io mi sento un immobile lombrico quando li vedo arrampicarsi con agilità su quelle impossibili verticali”.
Dal Durmitor a Verudella
“La prima osservazione di questa specie per un birdwatcher è un momento di emozione particolare. Considerato che questa specie predilige le località non adatte all’uomo che non sia sfrontato e bene addestrato, tanti appassionati di questo hobby si sono ormai rassegnati a non vederlo mai. Le mie osservazioni sono state tutte durante la stagione invernale, quando questa specie porta un piumaggio meno appariscente e quando scende a quote più basse. Però nell’agosto del 2024 ho avuto la fortuna di vederlo anch’io con la sua livrea nuziale e osservarlo sulle pareti maestose del Bobotov kuk, la montagna più alta del massiccio del Durmitor nelle Alpi Dinariche. Recentemente un mio amico, Dean, fotografo e giornalista di Pola, l’ha notato sulle scogliere di Verudella. Mi manca ancora di vederlo vicino al mare. Senz’altro farò un tentativo di provare a vederlo a Pola. Sto preparando zaino e sacco a pelo per questa missione…”.
“Come dicevo, non si tratta di una specie timida, e con un po’ di fortuna la si può trovare a svernare sulle pareti dei grattacieli nelle città. Quando rientrate o uscite di casa, date un’occhiata ai palazzi del quartiere. Se vi sembra di vedere una grande falena con le ali di color rosso scarlatto e un becco da colibrì… avrete visto qualcosa che ogni birdwatcher sogna di vedere…”.
L’abito nuziale
Il Picchio muraiolo è lungo 15,5-17 cm, con apertura alare di 26-27 cm e pesa fino a 20 grammi. Ha ampie ali arrotondate e coda breve. Il suo colorito è inconfondibile: corpo grigio, coda nera bordata di bianco, ali nere con macchie circolari bianche e ampia zona centrale rosso carminio. Le ali ampie e arrotondate, vistosamente colorate di rosso carminio e nero con chiazze circolari bianche, lo rendono inconfondibile; quando svolazza lungo le pareti rocciose ricorda l’aspetto di una grande farfalla, tanto da essere chiamato anche farfalla delle rocce. Il corpo è grigio con gola nera negli adulti in abito nuziale; la femmina è riconoscibile per avere colori meno vivi con macchia golare meno estesa. Il becco è lungo e sottile.
Questo uccello è strettamente legato alle pareti rocciose, sulle quali nidifica e ricerca il nutrimento. Durante la stagione primaverile ed estiva sono preferite le rupi esposte a nord, fresche e umide, a quote comprese fra 1300-1400 e 3000 metri circa; in inverno vengono al contrario selezionate le pareti soleggiate a quote inferiori ai 1500 metri; manufatti quali castelli, torri, chiese e dighe vengono regolarmente visitati durante lo svernamento e possono talvolta essere utilizzati come siti riproduttivi.
Un’area che merita attenzione
“A parte il Picchio muraiolo – ci ha detto ancora Vanja Puškarić –, la mia intenzione era di dare un po’ di visibilità alla località, a Santo Stefano, con le sue terme e le cave, e questa delizia ornitologica ne era solo una componente vivente. Un pokemon raro che si può trovare lì durante l’inverno. Inoltre, da quelle parti nidificano sia il Falco pellegrino (Falco peregrinus) che il Gufo reale (Bubo bubo), che possiamo sentire nelle ore serali”.
L’ascolto del canto è il più efficace metodo per individuare la presenza della specie. Il maschio emette un cupo “uh-ohh” bitonale, con la seconda sillaba più bassa, udibile soprattutto nelle prime ore di buio ed emesso con maggiore regolarità nei mesi di febbraio, marzo e ottobre. Il canto del gufo comune (Asio otus), udibile solo a breve distanza, è formato invece da una regolare lenta successione di cupi versi monosillabici (“uh…uh…uh”).
Un «palazzo reale»
“Di recente, in una nicchia particolare, si sono trasferiti nientemeno che alcuni esemplari di sua maestà l’Aquila reale (Aquila chrysaetos). Insomma, è un vero e proprio… palazzo reale. Ovviamente, in questo castello naturale prediletto dall’avifauna aristocratica, impera un clan di Corvi imperiali (Corvus corax). Tra i vari “uccelli di corte” si possono ancora notare gli sfarzosi Gruccioni (Merops apiaster), tra gli uccelli più belli d’Europa e di cui avevamo già scritto su queste pagine, nonché il Rondone maggiore (Tachymarptis melba), il più grande d’Europa, pure questo “ospitato” sulle pagine del nostro giornale. Con un po’ di fortuna, da queste parti si può vedere il Passero solitario (Monticola solitarius), con il suo piumaggio atipico. Il maschio d’estate è di colore blu scuro con ali e coda più scure, mentre la femmina è marrone bluastra sulla schiena, petto chiaro che dà sul marrone”.
“Questo luogo – conclude il nostro interlocutore – meriterebbe senz’altro visite più frequenti di scuole e asili. Ci vorrebbe un posto per fermarsi lungo la strada principale, altrimenti nessuno ci si ferma se non ci va intenzionalmente… La società istriana insiste sulla storia del complesso termale. Quando la gente andava a piedi, quel luogo era inevitabile e regalava meraviglia e ristoro. Oggi si viaggia in macchina e tanti posti che per secoli e millenni venivano scelti, sia per riprendersi dalla stanchezza dopo un lungo viaggio a piedi, sia per ammirare le bellezze del luogo. Oggi questi posti vengono ignorati a causa della velocità e del confort dell’automobile. Finché lo stato e i medici mandavano i malati alle terme, l’afflusso degli ospiti era garantito, ma oggi tutte queste infrastrutture alberghiere devono arrangiarsi da sole o far parte di un gruppo finanziario. Se gli istriani non frequentano, non apprezzano e non riconoscono le meraviglie della propria terra, non lo faranno nemmeno gli stranieri, che sciamano attratti ed abbagliati dall’azzurro del nostro mare”.

Foto: IVO VIDOTTO
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