“Abbiamo di certo delle grandi potenzialità per esprimerci artisticamente, ed è notevole l’interesse delle persone interessate a far parte nel nostro gruppo. Però abbiamo un problema di fondamentale importanza, che è rappresentato da un vano che ci consentirebbe di prepararci, svolgere laboratori e altre attività legate per promuovere il nostro Paese”. A puntualizzarlo sono Svitlana e la figlia Olesia Rusinova di Odessa, rifugiate dell’Ucraina con residenza temporanea a Pola, rispettivamente fondatrice e direttrice, nonché coordinatore dello Studio teatrale ucraino dei bambini a Pola, costituito nell’inverno del 2023, che recentemente nel club “Kotač” situato nel Centro sociale Rojc ha proposto lo spettacolo di famiglia intitolato “Najljepši poklon (Il dono più bello)”. Si tratta della quinta première a Pola della compagnia, dopo le rappresentazioni “Praznik Maslyana (La festa Maslyana)” svoltasi il 26 febbraio del ‘23, “Gospodin Kotski (Il signor Kotski)” il 15 luglio del ‘23, “Novogodišnji detektiv (L’ispettore di Capodanno)” il 19 dicembre dello stesso anno, e “Kotygoroško” il 13 luglio dell’anno in corso (lo stesso, che é una fiaba popolare ucraina, é stato riproposto nel settembre scorso a Fiume), tutte scritte e dirette da Svitlana Rusinova, in base a storie, canti e danze popolari ucraine. Dopo l’ultimo spettacolo, riuscitissimo e sul quale ci soffermeremo in seguito, abbiamo incontrato Svitlana e Olesia Rusinova, per fare il punto sulla loro situazione attuale, in special modo sullo Studio teatrale ucraino dei bambini a Pola, sulle altre numerose attività svolte sinora da entrambe e legate a altre manifestazioni alle quali hanno preso parte, ai progetti futuri della compagnia ucraina e in primo luogo sulla mancanza del vano, essenziale per un normale funzionamento del gruppo ucraino che tende ad allargarsi (magari aprendo altre sezioni), ma che per ora non ha la possibilità di farlo.
A Pola per puro caso
La 50enne Svitlana è pedagogista di cultura artistica e ha guidato lo Studio teatrale in un istituto scolastico a Odessa (va detto in merito che l’obbligo scolastico in Ucraina dura 11 anni, prossimamente dovrebbe aumentare a 12, e va dall’asilo sino al termine della scuola media), mentre la 24enne Olesia è un’attrice professionista e Master di recitazione, nonché cantante. A Pola, come spiegato dalle gentili e disponibili interlocutrici, sono giunte per puro caso. Come da tradizione ogni anno il 3 gennaio la famiglia si recava sulla neve in Romania, e quindi voleva farlo pure nel 2022. Olesia però ha contratto il morbillo, per cui il viaggio è stato rimandato al 21 febbraio, e appena tre giorni più tardi, il 24 febbraio, è scoppiata la Grande guerra, come la chiamano gli ucraini. Lo scontro bellico con la Russia infatti è iniziato ancora nel febbraio del 2014, con l’annessione della Crimea alla Russia. “Non potevamo più far ritorno a casa – ha detto Olesia -, per cui abbiano deciso di trovare sistemazione in Croazia, dove non eravamo mai state, e possibilmente sul mare. Infine la scelta è caduta su Pola, dove assieme alla sorella Nadiia, ora 15enne, siamo giunte alla fine di maggio del ‘22”. “All’inizio della Grande guerra – ha continuato Svitlana – per un periodo da Pola insegnavo online agli alunni di Odessa, che era una pratica stabile sino alla costruzione dei rifugi nelle scuole in Ucraina dove ora si svolgono le lezioni. Odessa è una delle città più grandi in Ucraina e contava circa un milione di abitanti, e i residenti con vanto la definiscono come ‘il maggior centro artistico e culturale in Ucraina’. La città viene bombardata quotidianamente giorno e notte, per cui diverse architetture storiche sono state danneggiate. Fortunatamente l’edificio in cui vivevamo e nel quale abbiamo intenzione di ritornare assolutamente, sinora non è stato colpito. D’altra parte diverse città ucraine sono state distrutte completamente. La fornitura di corrente elettrica viene effettuata esclusivamente dai generatori, che da una parte sono molto rumorosi però consentono alla popolazione di vivere ‘normalmente’, tanto che lavora tutto, sono aperti negozi e bar e via dicendo. La gente oramai si è abituata a queste condizioni di vita”.
Ritmi di vita diversi
“Anzi – ha fatto notare Olesia che parla benissimo la lingua croata –, il ritmo è molto elevato, e mi sono stupita assai quando ho visto quanto è tranquilla Pola. Tanto che la prima parola che ho imparato è stata ‘polako (con calma)’. In Ucraina tutto scorre molto veloce, per cui è stato interessante osservare un cambiamento così evidente nello stile di vita quotidiano tra le due popolazioni. Devo dire che il popolo ucraino si trova bene in Croazia ed è ben accettato, in quanto pure la stessa Croazia ha vissuto un conflitto bellico, per cui la gente locale è più comprensiva nei nostri confronti. Però ciò che mi ha colpito maggiormente è la vostra natura, che é stupenda. Gli ucraini, e in Istria attualmente ce ne sono circa un migliaio, sono in contatto e comunicano tra loro tramite le applicazioni, sopratutto grazie a Viber”, così Olesia, che il 29 gennaio di quest’anno a Bruxelles ha ricevuto il Premio europeo per la leadership femminile (European Womans International Leadership Awards – EWILA).
Va detto tra l’altro che la compagnia Ucraina in due anni ha preso parte e/o organizzato una quindicina di avvenimenti, tra cui quello per ricordare il primo anniversario dell’invasione della Russia in Ucraina (il 22 febbraio del ‘23), la “Giornata Vyshyvanke in Europa” (il 20 maggio ‘23), la “Giornata dell’Indipendenza dell’Ucraina a Pola (24 agosto ‘23 e nella stessa data nell’anno in corso, quando è stato presentato l’album “What Is Ethno?” di Olesia Rusinova, che comprende canzoni tradizionali ucraine in versione elettronica). A quest’ultimo evento ha preso parte pure il coro “Carillon”, della Comunità degli Italiani di Pola diretto da Irena Vladisavljević, che nell’occasione, svoltasi in piazza Foro, ha intonato la canzone tradizionale ucraina “Hej, Sokoly!”, quale simbolo d’amicizia tra le due comunità nazionali. Per di più, la compagnia ucraina ha preso parte a due Festival internazionali: al Festival del teatro non verbale “PUF” nel settembre scorso ai Giardini come ospite alla performance “Gli spiriti della natura colpiscono ancora” dell’artista Branko Gulin, nonché il primo dicembre allo “Ščedryk”, organizzato dalla SAC “Dnjipro” di Fiume.
In cerca di spazio
Ma ritorniamo al nocciolo della questione legata al vano. All’inizio la compagnia teatrale ucraina aveva una sistemazione provvisoria nella sede del Teatro “Dr. Inat”, sempre al Centro sociale Rojc, dove ha ‘soggiornato’ per circa un anno e mezzo, e dove tra l’altro Olesia ha preparato, diretto e preso parte (assieme agli attori del “Dr. Inat”) a tre performance non verbali, intitolate “Ukrajinska godišnja doba (Le stagioni ucraine)”, “How are you?” e “(Un)plugged”. Poi, di punto in bianco e senza un apparente motivo, hanno dovuto (nel vero senso della parola) restituire le chiavi, e arrangiarsi in qualunque modo per svolgere le prove con i ragazzini. “Siamo rimaste stupite, però non portiamo rancore, e ad ogni modo siamo riconoscenti per l’ospitalità”, hanno puntualizzato le Rusinova.
I primi a giungere in soccorso, almeno temporaneo, e che vengono particolarmente ringraziati, sono stati l’Unione delle associazioni del Rojc (SURojc) che ha dato in uso il Soggiorno diurno, l’Associazione degli antifascisti della Città di Pola, l’Associazione degli studenti di Pola (SUP), l’associazione “MI” (tutti a mettere a disposizione i propri vani), l’UNHCR (l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati), il club “Kotač” e il Teatro “Naranča” che ha prestato i costumi (fermo restando che quelli tradizionali ucraini sono stati creati dalle stesse Rusinova). In merito è stata eloquente la frase di Olesia: “Talvolta hai la sensazione che la produttività creativa disturbi…”.
Una storia a lieto fine
A ogni modo le cose dovrebbero cambiare, a partire dal fatto che di recente è stata costituita la Società artistico-culturale degli ucraini in Istria “Vatra”, con presidente Olesia, vicepresidente Svitlana Rusinova e segretaria Marina Yahodina. Ora verrà inoltrata la richiesta per l’inclusione nel Registro delle associazioni della Repubblica di Croazia, e il passo successivo sarà quello di aderire nel prossimo febbraio al bando di concorso per l’assegnazione dei vani da parte della Città di Pola, che sinora non era in grado di concederne uno alla compagnia. Adesso però, in seguito alla fondazione ufficiale della SAC “Vatra” la vicenda, si spera, dovrebbe essere positivamente risolta. Come la storia a lieto fine “Najljepši poklon (Il dono più bello)”, di cui sopra, proposta dallo Studio teatrale ucraino dei bambini a Pola, che conta 13 bambini dai 6 ai 15 anni d’età, fermo restando che è elevato l’interesse per aderire a quest’ultimo, tanto che sono ancora una ventina i ragazzini in… lista d’attesa (ossia iscritti, però per i noti motivi tecnici impossibilitati a far parte del gruppo). Lo spettacolo di famiglia è stato seguito nel seppur piccolo spazio (l’adiacente alla sala maggiore del club) del Kotač da alcune decine di persone, il 90 p.c. rappresentato dalle famiglie di nazionalità ucraina, alle quali in pratica è stato dedicato lo spettacolo natalizio e “che almeno per un momento hanno avuto modo di essere collegate tra loro e ritrovarsi assieme per queste festività”, come puntualizzato dalle Rusinova.
Uno spettacolo interattivo
La rappresentazione, arricchita dal canto e dalla danza che accompagnano la recitazione, inizia con l’incontro tra una coppia di giovani innamorati, Oksana (Dasha Orlenko) e Vakula (Denys Zhuikov), con la giovane che desidera per Natale ricevere tutti i doni del mondo. Volendo assecondare la voglia dell’amata, Vakula contatta per prima la strega Soloha, che è troppo impegnata e non ha tempo per cui consiglia come accompagnatore per il viaggio il piccolo diavolo. Assieme i due attraversano il mondo, arrivando sino alla Regina delle nevi, in Oriente, in Africa e infine a Hollywood. A Vakula nell’insieme vengono offerti il coraggio, la forza, la pazienza e la popolarità, che singolarmente non possono essere i doni più belli. Lo capisce Oksana al ritorno del suo caro, dicendo che per il mondo non esistono tutti i miglior doni perché quelli sono tutti da noi, e quello più importante è l’amore. Lo spettacolo ha avuto pure un carattere interattivo, in quanto Vakula sceso tra il pubblico ha chiesto ai bambini che cosa vorrebbero per Natale, sentendosi rispondere: la pace, la salute, la felicità… La rappresentazione si é conclusa con la celebre canzone natalizia Dolce Natale, ovviamente in lingua ucraina, per poi far “intervenire” sul palco Sankt Nikolai (San Niccolò), con il quale è stata rappresentata la “Koladuvanja”, la tradizione natalizia ucraina con lo scambio di doni tra le famiglie e amici nelle case, accompagnata dalle “koljatke”, canzoni popolari con le quali vengono gratificati Cristo e la pace nelle famiglie. Un’ultima curiosità sulle tradizioni ucraine: San Niccolò, protettore dei bambini, può indossare il suo vestito in qualunque colore (in questa circostanza era in blù), e non viene festeggiato Babbo Natale, che era presente solamente quando l’Ucraina faceva parte dell’ex Unione sovietica.
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