Operazione Prosecco

Ultimi mesi del 1944. Un sommergibile «modificato» parte da Venezia con il suo carico di 10.000 bottiglie di vino frizzante. La missione segreta è affidata al Comandante Van Mumm. A un certo punto, si sente soltanto il rumore devastante di un’esplosione

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Operazione Prosecco

Il treno sferragliava lento, trascinato da una sbuffante locomotiva a vapore rappezzata, che pareva uscita da un disegno di fantasia di quel nuovo cartellonista ebreo che spopolava negli Stati Uniti dopo la sua fuga dalla Germania di Hitler. Tra bombardamenti e allarmi continui, la linea ferroviaria che da Francoforte conduceva al Brennero, non era molto sicura in quegli ultimi mesi del 1944. Eppure per Wolfgang Van Mumm quello era l’unico mezzo per raggiungere Verona. Wolfgang Van Mumm era un giovane Tenente di Vascello della Marina da Guerra che prima di assumere il comando di uno dei pochi sottomarini tedeschi ancora in grado di navigare, era stato richiamato a Berlino per una comunicazione in merito ad una missione segretissima che gli era stata affidata. Van Mumm conosceva bene i dettami di “patria” e di fedeltà, ma conosceva altrettanto bene il giuramento di obbedienza e perciò non riusciva a capire la contorta missione segreta alla quale era stato comandato. A Verona lo avrebbe atteso una macchina della Marina per condurlo segretamente a Venezia. Li, presso l’Arsenale lo attendeva un sottomarino del quale doveva assumere il comando. Soprattutto doveva mantenere segreta la missione affidatagli. Gli altri ordini relativi al piano di navigazione, gli sarebbero stati illustrati dettagliatamente nel corso del viaggio in macchina verso Venezia.

 

 

Ricordando il passato

Mentre il treno percorreva la Valle dell’Adige, Wolfgang Van Mumm ripercorreva i momenti della sua vita tranquilla passata nella grande tenuta di famiglia in Alsazia: una tenuta che apparteneva da tre generazioni alla famiglia che aveva dato i natali al capostipite dei Van Mumm, emigrato in Francia alla fine del 1800. Ricordava anche gli anni della prima giovinezza, quando si era iscritto all’Accademia Navale ed era diventato un apprezzato Ufficiale della Marina da Guerra Germanica. Aveva trascorso gli anni del Secondo conflitto mondiale imbarcato sui sottomarini e si era conquistato i galloni di primo ufficiale nel corso di molte missioni in Mediterraneo e in Atlantico: missioni fortunate che gli erano valse riconoscimenti e una gran dose di fortuna, dato che era sempre riuscito a tornare vivo. Non aveva mai avuto paura. Ora però era inquieto perché la missione aveva delle connotazioni politiche. Verona lo accolse con una fitta nebbia e gli scarsi viaggiatori che sciamavano dalla stazione parevano nascondersi come ombre infreddolite in quella caligine umida e triste. Van Mumm li riconobbe subito i suoi interlocutori. Erano in due, vestiti con un lungo pastrano nero di pelle che lo attendevano appena fuori del grande portale della stazione, vicino a una Mercedes anch’essa nera, posteggiata lungo il marciapiedi. Come se lo conoscessero da sempre, lo salutarono militarmente e mentre la portiera della macchina si apriva, lo invitarono a salire. L’autista mise subito in moto e i due si qualificarono come ufficiali delle SS del Kommandantur di Venezia.

Una missione segreta

Van Mumm non si sarebbe meravigliato più di tanto se gli avessero notificato un mandato di arresto, vista la situazione in cui si trovava: seduto in mezzo ai due ufficiali delle SS, dentro a quella macchinona nera che filava per le strade vuote di una città semideserta. Mentre uno dei due ufficiali lo osservava, l’altro iniziò a spiegare lentamente, quasi con ritrosia, la missione che attendeva Van Mumm. Dopo un preambolo che sottolineava, ancora una volta, l’estrema segretezza di ciò che gli veniva comandato e l’assoluta fedeltà al partito e alla Germania, l’interlocutore gli assicurò che l’ordine proveniva direttamente dal quartiere generale dell’ammiraglio Denitz. A Venezia lo attendeva il comando di un sommergibile che attualmente si trovava presso l’Arsenale, affidato ad una squadra speciale di tecnici specializzati i quali lo stavano trasformando, mettendo a punto i motori e verificandone la funzionalità per il viaggio. Si trattava esattamente di questo: la guerra era agli sgoccioli e in previsione del crollo con conseguente arresto da parte degli Alleati di molte personalità politiche, di tecnici e di scienziati legati al partito nazista, le SS avevano da tempo intessuto una rete che aveva gettato le basi per trovare a questi un sicuro rifugio al termine del conflitto in Paesi accomodanti. Naturalmente, accollarsi l’ospitalità di personaggi scomodi e ricercati e celarne l’esistenza, aveva un costo…

Un accordo fantasioso

Di un fantasioso accordo si trattava anche questa volta. Quattro alti funzionari del Partito Nazista dovevano essere trasportati segretamente fino al luogo dove avrebbero trovato rifugio. Lo sconvolgimento in tutta Europa era stato disastroso e il piccolo paese in riva al Mediterraneo, sarebbe divenuto un’oasi spensierata per gran parte di coloro che ancora potevano permetterselo. Alberghi, locali, casinò e ritrovi vari si stavano attrezzando. Difficile però era trovare le materie prime, specialmente lo champagne che la Francia sconvolta non poteva fornire a sufficienza. L’interlocutore, aveva chiesto oltre ad un certo pagamento in oro, che era già stato versato, la fornitura di almeno 10.000 bottiglie di prosecco. Era rimasto estasiato da questo spumante veneto assaggiato durante un breve soggiorno d’affari a Venezia e voleva farlo assaggiare ai clienti nei suoi locali. Ai tedeschi non era stato difficile reperire le 10.000 bottiglie di prosecco. Le avevano semplicemente sequestrate razziandole nel Veneto e sarebbero giunte a Venezia pochi giorni prima della partenza del sommergibile. Il trasporto via mare con il mezzo subacqueo avrebbe creato qualche difficoltà, soprattutto per lo spazio e il peso di carico. Per questo motivo l’armamento del sommergibile era stato completamente modificato. Non potendo variare la struttura dello scafo, i tecnici avevano alleggerito il suo dislocamento.

L’autore del racconto in un’immagine che lo ritrae durante un’immersione

Le modifiche al sommergibile

Era stato tolto il cannone di prua e la mitragliatrice contraerea a poppa. Erano stati sbarcati i siluri dalle camere di lancio di prua e poppa per ricavare degli spazi. Sigillate le bocche dei tubi di lancio e sbarcate tutte le munizioni del cannone e della mitragliatrice. Eliminate tutte le strutture riguardanti la difesa e l’attacco e le suppellettili interne non necessarie all’efficienza della navigazione e alla sicurezza in immersione. Insomma, il sommergibile, temuta arma di guerra, era divenuto un’inerme barca da diporto. Perfino l’equipaggio era stato ridotto all’essenziale. Eliminata anche la cucina. Il personale era quello addetto alle manovre, due ufficiali per la rotta e la guardia, due sottocapi addetti alle macchine e il comandante Van Mumm. Le cabine e gli spazi dove dormiva e soggiornava l’equipaggio erano stati vuotati per fare posto alle bottiglie. Era stata mantenuta la cabina del comandante e due cabine riservate ai quattro “ospiti” da trasportare. Particolare riguardo era invece stato riservato alla manutenzione dei motori sia quelli diesel che quelli elettrici; cambiate le grosse batterie e verificato l’impianto dell’ossigeno. La rotta, contrariamente a quanto accadeva nei sommergibili in missione che veniva conosciuta solamente dopo essere salpati, era stata comunicata al comandante con le solite raccomandazioni di segretezza. Doveva tenere una rotta accostata il più possibile, sempre in dipendenza della profondità del fondale, alla costa dalmata, passando attraverso gli stretti delle Isole Incoronate, per doppiare l’Isola di Lissa e quella di Curzola e attendere l’appuntamento al largo dell’isola albanese di Fano a sud del Canale d’Otranto con una nave che l’avrebbe rifornito della nafta per proseguire il viaggio. Doveva emergere di notte ed emettere dei segnali convenuti per farsi accostare da due pescherecci d’alto mare che avrebbero trasbordato i quattro “ospiti” e scaricato le 10.000 bottiglie di prosecco. A quel punto, e soltanto a quel punto poteva collegarsi per radio frequenza con il comando per conoscere l’ultima destinazione.

Un carico prezioso

Terminato l’allestimento del sommergibile, trainate da un rimorchiatore, arrivarono in Arsenale due chiatte che arrancavano con il bordo a pelo d’acqua della Laguna. Trasportavano le 10.000 bottiglie di prosecco. Furono fatte accostare alla parte opposta del molo al quale era ormeggiato il sommergibile e un gruppo di marinai iniziarono subito il trasbordo del prezioso carico. Le bottiglie radunate a gruppi di dodici in sottili ceste di rete metallica, passando rapidamente di mano, venivano ingoiate dai due boccaporti di prua e poppa. All’interno, altri marinai stivavano accuratamente le ceste, saturando gli ambienti dapprima riempiendo le camere di lancio di prua e poppa e poi tutti gli spazi che erano stati ricavati a seguito delle modifiche apportate al sottomarino. Durò due giorni il carico. La sera seguente, giunsero i quattro “ospiti” che furono presentati al comandante unicamente con dei nomi che a Von Mumm parvero sicuramente inventati. Dopo i necessari convenevoli il comandante in plancia dette l’ordine di salpare. Il sole tramontato da poco, tingeva di nero la Laguna oscurata appena segnata nei suoi confini dal bianco dei marmi delle basiliche che sorgevano nelle sue innumerevoli isole. Subito fuori dall’entrata di Punta Sabbioni, l’Adriatico si estendeva appena mosso da un’onda lunga. Il buio permetteva la navigazione in superficie, dove i due motori diesel potevano spingere il sommergibile a una velocità attorno ai diciotto nodi e caricare nel contempo le batterie nonché arieggiare i locali. Van Mumm voleva raggiungere al più presto possibile il ridosso della costa dalmata, dove tra le isole, poteva meglio nascondersi all’eventuale presenza dei sommergibili inglesi o dei guardiacoste armati delle micidiali bombe di profondità. Oltretutto aveva l’ordine tassativo di evitare qualsiasi incontro, anche perché non essendo armato non poteva difendersi nell’eventualità di una caccia da parte di chicchessia. Prima dell’alba dette ordine di allagare i doppi fondi e posizionati i timoni per l’immersione, mentre l’acqua di zavorra irrompeva in avanti, la prora del sommergibile s’inchinò docile verso il basso, inghiottendo la nave nelle verdi e scure acque dell’Adriatico.

I timori del Comandante

Mentre il sommergibile procedeva con i silenziosi motori elettrici a una velocità ridotta di circa sei nodi a pochi metri al di sopra del fondo, l’addetto al sonar rimaneva in ascolto per captare eventuali rumori provenienti dalla superficie. Van Mumm si era accorto che il sonar a scandaglio lineare non funzionava perfettamente. Era preoccupato perché anche se non erano frequenti, gli attacchi fra un sommergibile e l’altro non erano una novità e lui non desiderava certo farsi sorprendere trasformato in una facile preda. Le bottiglie di prosecco, stivate all’inverosimile, avevano murato completamente lo spazio delle camere di lancio, sino al ridosso delle porte di chiusura ermetica. Lo spazio per governare e muoversi era ridottissimo e facilmente ci si incontrava durante le lunghe ore delle immersioni. Van Mumm però era riuscito solamente a scambiare pochissime parole con i quattro “ospiti”: giusto l’offerta di un caffè o di un tè, che erano le uniche cose calde possibili da ottenere in quel viaggio. Aveva fatto distribuire le razioni di “guerra” e ognuno mangiava quando voleva. La terza notte navigava in superficie e mentre si trovava di guardia in torretta al traverso dell’isola di Curzola, con un mare calmo come l’olio e un pallido chiarore di una Luna nascosta da un velo di nubi, fece salire i quattro “ospiti” per permettere loro di prendere una boccata d’aria. Visto che tra loro non c’era una conversazione, Van Mumm continuò a perlustrare l’orizzonte con il binocolo, come faceva sempre. Ad un tratto la vide: in lontananza la sagoma scura che si stagliava appena sulla superficie del mare, con due piccoli baffi bianchi di spuma, che puntava diritta su di loro. Spinse gli “ospiti”, quasi a scaraventarli dabbasso e gridò l’ordine dell’immersione rapida. Chiuse alle sue spalle il portello del boccaporto, comandando motori al massimo con rotta verso la costa. Il microfonista al sonar seguiva l’aumento del rumore provocato dalle eliche della nave che ovviamente li aveva scoperti con il radar e che ora puntava su di loro.

Silenzio assoluto

Dopo una decina di minuti il sommergibile toccò il fondo. Il manometro segnava 88 metri. Con i motori elettrici al minimo, lo scafo si posò delicatamente in una gola tra due pareti di roccia e Van Mumm fece fermare i motori ordinando il silenzio assoluto. Poteva solo giocare d’astuzia, o meglio, di fortuna. Il rumore delle eliche aumentava. Sicuramente era un caccia. Lo sentirono passare più spostato dalla verticale della loro posizione. Lo sentirono allontanarsi e poi ritornare sempre con quella rotta spostata. Allora Van Mumm capì che la dose di fortuna che lo aveva assistito era stata massima. Il suo sommergibile si era posato alla base di qualche gruppo di rocce che salivano verticalmente in superficie. Un gruppo di scogli semi affioranti che impedivano la navigazione sicura al caccia. La nave ripassò ancora una volta a lato del banco roccioso gettando una strisciata di bombe di profondità che quelli del sommergibile udirono esplodere abbastanza distante da loro per essere preoccupati. Rimasero ancora per un po’ adagiati sul fondo e, per la prima volta, vide un’ombra di sorriso sui volti dei quattro “ospiti”. Uno dei quattro gli disse addirittura che era un bravo comandante. Restava comunque il fatto che era stata individuata la loro presenza in quel tratto di mare e che sicuramente il caccia aveva segnalato il fatto al suo comando. Van Mumm diede l’ordine di salire a quota periscopio e per quella notte continuarono la navigazione con i motori elettrici. La navigazione più lenta e il tempo perduto a causa dell’attacco del caccia lo facevano preoccupare per il ritardo di marcia. Ma non c’era niente da fare. Quel tratto di Adriatico era evidentemente pattugliato dalla marina inglese che bonificava il mare a difesa del traffico alleato che riforniva i porti del meridione d’Italia occupata. Occorreva dunque stare molto accorti e così preferirono accostare a ridosso dell’isola di Meleda a nord di Ragusa, posarsi sul fondo per quella giornata e confondere così la loro presenza con le asperità del fondo roccioso.

Sperando nella fortuna

Al tramonto salirono in superficie e finalmente poterono ventilare i locali dall’aria viziata e ricaricare le batterie riprendendo la navigazione verso sud con i motori diesel. L’appuntamento con la nave che doveva rifornirli di nafta pareva saltato. Erano arrivati sul posto in ritardo e avevano avuto il divieto assoluto di collegarsi via radio. Rimasero in attesa posati sul fondo per tutta la giornata, con le orecchie sempre tese ai possibili rumori che potevano essere captati dal sonar. Niente, nessun rumore di rilevanza pericolosa. Verso sera decisero di proseguire lentamente con i motori elettrici per risparmiare la nafta. Facendo dei calcoli sulla quantità di carburante rimasto, sulla possibilità di navigare con i motori elettrici, con il gioco delle correnti e con una buona dose di fortuna, forse potevano ancora farcela. Ci sarebbe però voluta una buona e grande dose di fortuna. Il giorno appresso, verso l’imbrunire, quando si apprestavano a salire a quota periscopio il sonar iniziò a captare rumore di eliche a ponente e a sud-est: in avvicinamento. Van Mumm non poteva fare altro che tentare un altro accosto ordinando motori al minimo e timoni in profondità. Aveva intenzione di portare sottocosta le due navi che evidentemente lo avevano inquadrato. Fece fare al suo sottomarino un ampio accostamento per quindici gradi a velocità lentissima e silenzio assoluto a bordo. Udì lo scandaglio sonoro della nave che lo aveva individuato e subito dopo il classico rumore dei tonfi delle bombe di profondità sganciate dalla seconda nave. Scoppiarono a poppavia, un po’ lontane.

Un campo minato…

Il fondale era scarso e Van Mumm non poteva fare altro che proseguire per la rotta che aveva scelto. Un’altra serie di bombe di profondità scoppiò a poppa del sottomarino. Sembrava che fossero lanciate apposta per farlo continuare nella sua rotta. Come mai le navi non venivano sulla sua verticale. È possibile, pensò, che potesse godere ancora di quella fortuna sfacciata che lo aveva sempre protetto nelle sue missioni di guerra. Capì all’improvviso il perché di quella spinta a continuare per la sua rotta. Uno stridio metallico lungo la fiancata destra del sommergibile fece impallidire gli uomini dell’equipaggio e mancare il fiato a Van Mumm. Era entrato in un campo minato e lo stridio metallico era dovuto allo sfregamento della catena di ancoraggio di una mina. Ecco perché le navi a caccia lo sospingevano in quella direzione. Fece fermare le macchine per un estremo tentativo di evitare il prossimo sbarramento. Il sommergibile avanzava lentamente per inerzia con i timoni tutti a sinistra. Il timone di dritta incocciò la catena. Non sentirono altro che il rumore di una devastante esplosione.

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