Non è un Paese per giovani

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Non è un Paese per giovani

Dal 2008 al 2018 un esercito di circa 348mila cittadini croati ha varcato i confini nazionali per trasferirsi all’estero, di cui 250mila solamente dall’ingresso della Croazia nell’Unione europea nel 2013. Questo il quadro tracciato dall’Eurostat che non lascia spazio a interpretazioni e che mostra un Paese che si svuota delle sue risorse ed energie, una voragine che assume sempre di più i contorni di una vera e propria emorragia incapace di arrestarsi. Alla radice dei problemi c’è un’economia stagnante, unita a una situazione d’incertezza individuale e collettiva dovuta a elevati livelli di disoccupazione, nonché a lavori precari e sottopagati. E poi il contesto generale. Un Paese in cui la meritocrazia è spesso un optional, un Paese in cui se non sei raccomandato non puoi pretendere di fare carriera, un Paese in cui la corruzione è la normalità, un Paese ancorato al passato e inquinato da frivole dispute ideologiche che ne frenano il progresso. E le prime vittime di tutto ciò chi sono? I giovani, naturalmente. Giovani che studiano, che si laureano, che fanno stage, master, corsi di specializzazione, ma che alla fine si ritrovano fermi al palo. Senza sbocchi e senza la possibilità di realizzarsi. Per fortuna, la scelta di chiudere la propria vita in valigia e di partire non è dettata esclusivamente da motivi economici (e dalla maggiore possibilità di trovare un lavoro nel settore in cui si è conseguita la laurea), ma piuttosto dal desiderio di vedere e conoscere il mondo, imparare una nuova lingua, allargare i propri orizzonti, fare nuove esperienze. Insomma, di mettersi in gioco. Ed è giusto così. Il problema, semmai, è di chi vorrebbe rientrare, ma a malincuore non lo fa. Ne sanno qualcosa Kim Matrljan e Luka Reščić, due giovani fiumani brillanti e talentuosi che vivono e lavorano rispettivamente a Londra e a Monaco di Baviera. Una scelta che rifarebbero altre mille volte. E sebbene la nostalgia di casa sia forte, di tornare non ci pensano proprio.

Ragazzi, partiamo brevemente dal vostro percorso universitario.

Kim: “Terminato il Ginnasio di Sušak, mi sono iscritta alla Facoltà di Scienze della Comunicazione a Trieste. Nel corso dell’ultimo anno mi sono avvicinata al marketing, in particolare a quello digitale, che di fatto mi ha convinto a proseguire gli studi a Londra dove ho conseguito il Master in International Marketing presso la Regent’s University. Una scelta che ha superato tutte le mie aspettative: il 90% delle lezioni era imperniato su progetti concreti e a stretto contatto con diverse aziende e clienti da tutta l’Inghilterra. Durante questo periodo ho svolto anche un tirocinio che mi ha permesso di imparare il mestiere dai migliori professionisti di settore, oltre ad appassionarmi a questo mondo nel quale lavoro da ormai cinque anni.”
Luka: “Fin dai tempi della SMSI ero interessato al mondo dell’informatica e avevo anche frequentato alcuni corsi di web design e di programmazione, pertanto è stato naturale iscrivermi a Ingegneria informatica, sempre a Fiume. Anche se devo ammettere che all’epoca ero piuttosto indeciso tra informatica e medicina, ma pensandoci oggi credo proprio di avere fatto la scelta giusta. Dopo la laurea triennale volevo proseguire gli studi all’estero per cui nel corso dell’ultimo anno avevo iniziato a ‘sondare il terreno’ alla ricerca di un Master che mi offrisse ciò che volevo veramente fare. Alla fine la scelta è caduta su Scienze e Tecnologie informatiche a Bolzano”.

Che cosa vi ha convinti a scegliere Londra e Bolzano?

Kim: “Londra offre innumerevoli possibilità di studio e di lavoro. Scegliendo un’Università prestigiosa come la Regent’s sapevo che mi si sarebbero aperte diverse opportunità occupazionali”.
Luka: “Quello di Bolzano è un Ateneo piccolo, ma che offre molto di più rispetto ad altri più grandi. Non a caso è da anni al primo posto in Italia tra le cosiddette piccole Università, e in più di un’occasione è entrato anche nella top 10 delle migliori piccole Università del mondo. Il focus è incentrato soprattutto sulle startup, ha un forte carattere internazionale con i corsi che vengono tenuti da autorevoli docenti provenienti da tutta Europa e con studenti che arrivano da tutto il mondo. A indirizzare la mia scelta è stata inoltre la vicinanza e la lingua, per cui anche in questo caso si è trattato di una decisione naturale”.

Di che cosa ti occupi?

Kim: “Da due anni lavoro nell’Ufficio marketing della società di orologi Rolex. Faccio la coordinatrice di marketing tradizionale e digitale per tutto il Regno Unito. Mi occupo in sostanza di pubblicità su stampa, su dispositivi digitali e su Google. In precedenza avevo lavorato tre anni per la linea di moda Vivienne Westwood”.
Luka: “Faccio l’ingegnere informatico. In passato ho lavorato presso alcune società italiane e tedesche, mentre oggi invece mi occupo di programmazione e web security per un’azienda statunitense a Monaco di Baviera”.

Che cosa non offre la Croazia che invece Inghilterra e Germania offrono?

Kim: “È molto difficile paragonare i due Paesi”.
Luka: “La Germania, ma anche Austria e Alto Adige, zone che ho avuto la fortuna di poter conoscere bene, offrono innanzitutto un ambiente sano e stimolante, in particolare nell’industria informatica, dove peraltro nelle posizioni di vertice troviamo persone estremamente competenti che sono lì per merito e non perché raccomandate. Nelle Università i docenti sono molto abili nel tirare fuori il meglio da ogni studente. Spesso vengono organizzati workshop e startup weekend dove professori e studenti lavorano assieme su vari progetti, creando così un rapporto molto più diretto che esorta lo studente a proporre idee. Da questo punto di vista gli Atenei croati sono molto indietro e sono perlopiù focalizzati sulla teoria anziché sulla pratica.

Che cosa ami e che cosa non ami di Londra e Monaco?

Kim: “Di Londra amo il suo aspetto multiculturale, moderno, cosmopolita e aperto al futuro che dà a tutti la possibilità di realizzarsi. Qui non si giudicano le persone in base alla loro provenienza, religione oppure orientamento sessuale. Quello che invece non amo non è tanto il clima come uno potrebbe pensare, bensì una sorta d’insofferenza che deriva dal vivere in una megalopoli dato che è tutto molto lontano. Se ad esempio vuoi andare a prenderti un caffè in centro devi cambiare due treni. Non è un caso che a un certo punto la gente decida di trasferirsi in città più piccole”.
Luka: “Di Monaco amo tutto: dal clima allo stile di vita, che tra l’altro è molto simile a quello di Bolzano, quindi è stato facile integrarmi. E poi è tutto ottimamente organizzato, a partire dal servizio di trasporto pubblico che è super efficiente. La città è inoltre collegata con tutte le principali città europee e mondiali, e un altro aspetto molto importante riguarda la bassa disoccupazione che ti permette di trovare facilmente un lavoro. Tra i contro ci sono invece i costi. Si guadagna bene, è vero, ma ciò non deve trarre in inganno perché i costi di vita sono relativamente alti, specialmente se abiti in centro o da solo. Chiaramente la cultura e lo stile di vita sono molto diversi da quelli croati. Io però ho imparato ad apprezzarli fin dal primo momento”.

Inglesi e tedeschi come guardano agli stranieri? Hanno dei pregiudizi?

Kim: “Nel caso di Londra assolutamente no. Anzi, qui la diversità è vista come un vantaggio. Nel resto del Paese il discorso però cambia”.
Luka: “Pochi, ma indirizzati soprattutto nei confronti dei rifugiati, in particolare alla luce dei vari attentati compiuti in giro per l’Europa. Questo spiega anche il calo di popolarità della Cancelliera Merkel. Se non parli il tedesco vieni guardato con un po’ di soggezione: è importante quindi integrarsi bene. In questo caso vale il detto ‘quando sei a Roma, fai come i romani’”.

Che cosa ti manca di Fiume?

Kim: “Gli affetti, quindi la famiglia e gli amici. E naturalmente il mare”.
Luka: “Idem. Mi manca poter prendere un caffè in riva al mare”.

I tuoi progetti futuri. Dove ti vedi tra 10 anni?

Kim: “Non amo guardare troppo in avanti. Però un giorno mi piacerebbe avere un progetto online tutto mio in modo da essere geograficamente più flessibile e non legata a stretti orari di lavoro”.
Luka: “Preferisco navigare a vista. Attualmente sto lavorando su alcuni progetti che mi auguro un giorno possano venire lanciati sul mercato. Ora sono concentrato su questo, poi vedremo”.

Vorresti tornare un giorno? Che cosa dovrebbe cambiare in Croazia per spingerti a farlo?

Kim: “Ora come ora no. L’ho capito di recente quando ho ricevuto una proposta molto allettante da un’importante azienda internazionale per un lavoro di consulente per la Croazia e l’Europa centrale a Zagabria. Alla fine ho rifiutato perché qui a Londra sto benissimo e sono maturata molto sia sotto l’aspetto professionale che umano. Che cosa dovrebbe cambiare in Croazia? Troppe cose, prima fra tutte la mentalità delle persone”.
Luka: “Al momento non ci penso. Come già detto, la mia priorità è ora riuscire a realizzare i progetti sui quali sto lavorando. Kim ha perfettamente ragione, troppe cose dovrebbero cambiare. Parliamoci chiaro, la Croazia è un Paese corrotto dove le leggi non ci sono, e se ci sono non vengono rispettate, oltre a non valere per alcune figure ‘intoccabili’. Quel che è peggio è che non vedo la volontà di voler cambiare le cose, con le persone ancora ancorate al passato. Sarò anche pessimista, ma io onestamente la luce in fondo al tunnel non riesco proprio a vederla. Chi governa questo Paese dovrebbe iniziare una buona volta a chiedersi come mai masse di giovani stiano fuggendo all’estero. Certamente non lo fanno perché qui stanno bene…”

Che cosa consiglieresti ai giovani? Di restare o di andarsene?

Kim: “Anche a costo di farmi dei nemici, a chi è ambizioso consiglio caldamente di trasferirsi all’estero”.
Luka: “Bella domanda. Dipende molto dalla persona. Io non rimpiango la mia scelta perché andandomene mi si sono spalancate molte porte che difficilmente si sarebbero aperte se fossi rimasto a Fiume”.

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