Matteo Jugovac. Un umaghese al Sincrotrone di Basovizza

Chiacchierata con lo studioso per parlare degli interessi, delle sfide nel suo campo di lavoro e dell’applicazione dei risultati delle ricerche nella vita quotidiana

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Matteo Jugovac. Un umaghese al Sincrotrone di Basovizza

Nell’immaginario collettivo spesso si pensa agli scienziati come a delle persone irraggiungibili, chiuse in un laboratorio a fare esperimenti. Una cosa però è certa: gli scienziati oltre a essere una costante fonte d’ammirazione, sono coloro che cambiano il mondo. I nostri modi di vivere sono influenzati dal mondo della scienza.

 

Abbiamo incontrato Matteo Jugovac, un umaghese che lavora al Centro di ricerca internazionale Elettra-Sincrotrone di Basovizza (frazione di Trieste), che ci ha spiegato di che cosa si occupa, quali sono le sfide nel suo campo di lavoro e di come il tutto venga applicato alla vita di ogni giorno.

Matteo Jugovac al lavoro

Chi è Matteo Jugovac?

“Un ragazzo ambizioso, curioso e determinato ad affrontare le sfide che gli si pongono davanti. Nella mia quotidianità sono motivato dalla ricerca di soluzioni ai problemi che incontro, dalla voglia di scoprire nuove cose e di poter dare il mio contributo al progresso della vita e della scienza. Inoltre, sono un amante dello sport, pratico il calcio e adoro la pesca. Quest’ultima mi ha portato delle grandi soddisfazioni sia a livello nazionale che internazionale, portandomi a diventare il CT della nazionale croata di pesca”.

Quale percorso di studio ha fatto?

“La mia formazione è iniziata alla scuola elementare italiana di Umago, la ‘Galileo Galilei’. L’interesse verso le materie scientifico-naturali, alimentato soprattutto dal prof. Trento, mi ha portato a iscrivermi al liceo scientifico ‘Leonardo da Vinci’ di Buie. L’ottima preparazione ricevuta lì, in particolare dai docenti di fisica (prof. Nicolini) e matematica (prof. Jović), mi ha permesso d’iscrivermi e portare a conclusione nel minimo tempo possibile il percorso di studi in Fisica all’Università degli Studi di Trieste. Al terzo anno di Università mi sono avvicinato al mondo della fisica della materia e mi sono iscritto alla Laurea magistrale in Fisica della materia. Dopo aver ottenuto il titolo, ho optato per il proseguimento degli studi, iscrivendomi al corso di dottorato presso l’Università tedesca di Duisburg-Essen, dove nel luglio del 2020, in pieno periodo di emergenza sanitaria, ho difeso la mia tesi di dottorato con successo”.

Che cosa l’ha fatta interessare alla fisica della materia?

“Verso la fine del corso di laurea triennale in fisica, ho avuto il piacere di seguirne uno in fisica delle superfici (solide) del prof. Comelli. Il suo coinvolgimento nell’esplicazione dei contenuti mi ha fatto incuriosire nei confronti del mondo dei fenomeni che avvengono quando diversi materiali vengono messi in contatto. Questi fenomeni sono alla base del funzionamento della stragrande maggioranza dei dispositivi di cui ognuno di noi fa uso quotidianamente. Successivamente, questo mio interesse mi ha portato alla scelta della tesi di laurea proprio nel gruppo coordinato dal prof. Comelli, durante la quale mi sono occupato dello studio delle proprietà derivanti dall’accoppiamento di un singolo strato atomico di carbonio con una superficie metallica di nichel”.

E la scelta delle Università frequentate?

“La scelta dell’Università di Trieste è stata motivata da diversi fattori. Il primo era la qualità dell’insegnamento che colloca la Facoltà di Fisica sul podio degli Atenei italiani del settore. Inoltre, avendo frequentato la scuola elementare e il liceo in lingua italiana, la lingua d’insegnamento non rappresentava una barriera. A supporto di tutto ciò, la vicinanza di Trieste alla mia città natale, Umago, non ha fatto altro che convergere la mia scelta. La decisione di proseguire i miei studi all’Università di Duisburg-Essen, invece, è stata guidata dal fatto che, avendo la suddetta Università un laboratorio periferico al Sincrotrone Elettra di Trieste, mi permetteva di passare parte del tempo a effettuare misurazioni proprio in questa città”.

Com’è finito al Sincrotrone?

“Come già detto, durante il periodo di dottorato ho effettuato svariate misure al Sincrotrone di Trieste. Il mio interesse verso nuove tecniche e tematiche mi ha permesso di conoscere numerosi colleghi che lavorano presso altri laboratori dello stesso Istituto. Il particolare interesse verso i fenomeni microscopici sulle superfici dei materiali mi ha portato al posto di lavoro in cui mi trovo ora, dove grazie a un microscopio elettronico studio i processi elettronici e magnetici caratteristici delle interfacce metalliche e semiconduttrici”.

Come si svolge una sua tipica giornata all’Istituto?

“La maggior parte dei giorni di lavoro viene spesa in esperimenti di caratterizzazione di materiali. Nel frattempo, data l’alta complessità degli strumenti che utilizziamo a questo scopo, la manutenzione degli stessi richiede molto lavoro per permettere di svolgere gli esperimenti in maniera ottimale. Siccome il Sincrotrone è un Istituto internazionale, spesso ospitiamo scienziati provenienti da tutte le parti del mondo, dagli Stati Uniti all’Australia e alla Nuova Zelanda e a tutta la zona europea. Questo servizio offerto ci porta ad adattare il nostro laboratorio per l’esecuzione di misurazioni particolari e quindi porta ulteriore lavoro sia meccanico che gestionale”.

I lati positivi e quelli negativi del suo lavoro.

“Una delle cose migliori di questo lavoro è l’opportunità di usare ogni giorno strumenti e materiali d’avanguardia e quindi di poter svolgere esperimenti che portano a nuove conoscenze sullo stato della materia. Inoltre, essendo il Sincrotrone un Istituto con collaborazioni internazionali, permette di conoscere scienziati provenienti da tutto il mondo. Riguardo gli svantaggi, l’unica cosa che mi sento di segnalare è la necessità di presenza nella sede di lavoro in orari che talvolta fuoriescono dallo standard. Ciò è dovuto al fatto che gli esperimenti iniziati spesso richiedono dedizione senza limiti temporali”.

Può condividere un punto di svolta o un momento determinante nel suo lavoro di ricercatore?

“Il punto di svolta è sicuramente l’ottenimento del titolo di dottore di ricerca, una specie di timbro sulla carriera di scienziato. Durante il dottorato si è spesso esposti a diverse sfide, sia dal punto di vista scientifico che gestionale. Ed è proprio grazie al superamento di queste diverse situazioni in cui il ricercatore si trova, a farci crescere scientificamente e spesso ci si innamora sempre di più del lavoro che si fa”.

Di che cosa si occupa in questo momento?

“Nella mia carriera da post-dottorato continuo a occuparmi delle tematiche che ho trattato durante la mia tesi di dottorato. Nello specifico, sulla falsariga degli esperimenti svolti durante le tesi triennale e magistrale, sto studiando l’accoppiamento e il disaccoppiamento di uno singolo strato di atomi di carbonio, detto grafene, con dei metalli che presentano proprietà magnetiche. L’interesse di queste interfacce è motivato dal fatto che questi materiali sono i mattoncini fondamentali per la realizzazione dei dispositivi di memoria, implementati nei computer e nei cellulari moderni.

I materiali che stiamo studiando sono fondamentali per l’elettronica moderna. Il passo successivo su cui stiamo lavorando intensamente è sfruttare le proprietà intrinseche di questi sistemi che sono state scoperte grazie agli strumenti moderni utilizzati. Lo scopo principale è realizzare i prototipi dei dispositivi di memoria che abbiano un consumo energetico via via minore, in modo da evitare che il progresso tecnologico abbia un impatto ambientale troppo forte”.

Tra i fisici contemporanei, quali reputa i più importanti?

“Il campo della fisica negli ultimi decenni ha subito una rapida espansione, estendendo il bacino di scienziati che si occupano della tematica. Pertanto, è difficile evidenziare una figura che si distingua per il proprio operato. Parlando del mio campo, mi sentirei di dire che la scoperta del grafene da parte dei professori Andre Geim e Kostya Novoselov (Nobel per la fisica 2010) dell’Università di Manchester abbia motivato innumerevoli ricercatori allo studio e allo sviluppo di tecnologie basate proprio sull’uso del grafene. Inoltre, il prof. Albert Fert, che assieme al prof. Peter Gruenberg (Nobel per la fisica 2007), a cui è intitolato l’Istituto presso cui ho svolto il dottorato, hanno dato una svolta decisiva allo sviluppo dei dispositivi di memoria e pertanto mi sento di evidenziare i loro nomi come pietre miliari del campo di cui mi occupo”.

A chi, tra i fisici del passato, vorrebbe rivolgere delle domande e quali?

“I due fisici che mi creano stupore ogniqualvolta studio le loro scoperte e leggo della vita che hanno condotto sono Nikola Tesla e Albert Einstein. Più che porre loro delle domande, sarei estremamente affascinato dalla logica che hanno seguito per creare dei modelli che descrivono perfettamente la natura che ci circonda. È affascinante pensare che le scoperte che hanno fatto risalgono ai tempi in cui mancava la tecnologia che oggi ci aiuta nello svolgimento del lavoro. Loro, avendo a disposizione soltanto l’uso di nozioni di matematica e la genialità di cui erano caratterizzati, sono riusciti a creare dei modelli che sono stati provati essere validi in innumerevoli esperimenti”.

Che cosa pensa invece delle scuole della Comunità Nazionale Italiana? Si dà abbastanza peso e importanza alle materie scientifiche?

“A riguardo posso solamente parlare della mia esperienza, maturata negli anni della formazione in cui ho incontrato docenti molto capaci, che hanno saputo trasmettere la propria conoscenza e passione agli studenti. In generale, vedo difficoltà nel motivare gli studenti a intraprendere un percorso scientifico, derivante dal fatto che il mondo odierno è molto propenso allo sviluppo economico, dando sempre meno peso al progresso scientifico. Pertanto, vedo utili le visite ai Centri scientifici d’avanguardia, dove ai ragazzi possa essere spiegato il lavoro che uno scienziato svolge, magari ispirandoli a intraprendere questo lavoro”.

Ha qualche consiglio per chi vuole accedere al suo campo di studi e di lavoro?

“Un consiglio che mi sento di dare ai possibili futuri scienziati e/o fisici è di ragionare sul mondo che ci circonda, di essere curiosi su come funziona la natura e su quali principi base funzionano gli oggetti d’uso quotidiano. Trovo fantastico il fatto che durante il percorso di studi, con semplici dimostrazioni e leggi, venga spiegato ciò che sta alla base della nostra vita di ogni giorno. Mi sento pertanto di dire: non lasciatevi trasportare dal mondo che vi circonda, come quello dello spettacolo e dei social network, ma ragionate su quello che vi circonda: ciò vi renderà molto più felici e pronti ad affrontare le sfide che vi si pongono davanti. Alla fine vorrei sottolineare che il lavoro dello scienziato è una professione privilegiata, siccome ci è permesso di svolgere degli esperimenti basati sulle idee che quotidianamente ci passano per la mente, stimolando continuamente il cervello alla ricerca di soluzioni innovative per il bene di tutti noi”.

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