Marin Blažević: «Per ora ho chiuso con le cariche dirigenziali»

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Marin Blažević: «Per ora ho chiuso con le cariche dirigenziali»
Foto: RONI BRMALJ

Il 31 dicembre 2024 si è concluso il mandato di sovrintendente in seno al Teatro Nazionale Croato “Ivan de Zajc” di Fiume del drammaturgo, teatrologo, regista d’opera, scrittore e studioso nel campo delle arti performative Marin Blažević, che per dieci anni (due in veste di direttore dell’Opera e otto da sovrintendente) ha modellato l’attività della maggiore istituzione culturale di Fiume. Nel fare ciò, con la sua personalità forte, sempre pronta al confronto e seguendo senza compromessi la propria visione artistica, si è guadagnato negli anni una schiera di detrattori sia tra le fila dei dipendenti dell’ente che in alcuni media, ma anche di estimatori, i quali hanno apprezzato la sua determinazione nel proporre programmi innovativi e che fanno discutere.

Con questa intervista all’ex sovrintendente, abbiamo voluto ricapitolare i dieci anni trascorsi all’interno del Teatro fiumano dal suo punto di vista, affrontando diversi argomenti.

Il suo mandato al Teatro fiumano si è concluso, per cui è logico chiedere quali siano i suoi piani per il futuro?
“Per il momento, ma forse anche per sempre, mi sono liberato da una carica. Non si tratta soltanto di un periodo di riposo, o forse di rinuncia, a un ruolo dirigenziale e di responsabilità per tutto ciò che concerne l’attività di un ente culturale, bensì anche di liberazione da un’enorme mole di lavoro d’amministrazione non creativo e intellettualmente poco stimolante, che con il tempo inizia a irritare se non volete permettere che vi instupidisca. Inoltre, non vedevo l’ora di liberarmi dall’altra faccia della medaglia nella gestione di un collettivo, ovvero dal dovermi occupare di un numero eccessivo di persone che non vi vedono affatto come una persona, bensì come un ‘poltronista’ ridotto all’obbligo di lavorare per loro e soddisfare i loro desideri, quindi ridotto alla… carica.
La fine del mandato vuol dire per me anche liberarsi dai malintesi con un numero eccessivo di persone che non possono rassegnarsi a un semplice e crudele fatto teatrale. I teatri, infatti, non esistono e non operano per i propri dipendenti, ma per il pubblico e con ciò anche per la società che esso rappresenta. In questo senso, la ragione dell’esistenza del teatro non è insita nel teatro stesso, bensì nella comunità che lo riconosce come un’attività sociale e culturale necessaria, come un’attività mediata dall’esecuzione di opere teatrali.
Il teatro deve produrre ed eseguire senza sosta per non perdere il motivo della sua esistenza. C’è chi trova in questa dinamica una sfida e un appagamento creativo, ma nelle istituzioni teatrali lavora anche gente alla quale importa poco di questo aspetto e che lavora soltanto per sé stessa. Dopo otto anni amo allo stesso modo i primi, ma non ho più voglia di occuparmi di questi ultimi.
Naturalmente, a scanso di equivoci, sia i lavori d’amministrazione che la gestione del collettivo, e soprattutto i tentativi di trovare anche in questo campo uno stimolo creativo, un percorso e un obiettivo, sono indispensabili per realizzare anche il più sofisticato programma artistico. Nonostante ciò, per un certo periodo – più breve, più esteso, o forse per sempre – ho chiuso con tutto ciò che compone il teatro, a eccezione del pensiero critico, delle idee artistiche, della regia, della produzione creativa e dell’educazione. Negli anni a venire mi attendono uno dopo l’altro progetti teatrali sempre più interessanti, in prevalenza all’estero, e non vedo l’ora di dedicarmici”.

Come mai ha deciso di concludere il suo mandato a metà stagione?
“Effettivamente, non si è trattato di una decisione, bensì di un insieme di circostanze. In seguito a un’antica battaglia giudiziaria con l’ex ministro della Cultura Zlatko Hasanbegović, che nell’estate del 2016 aveva rifiutato di confermare la mia nomina a nuovo sovrintendente dopo che Oliver Frljić aveva lasciato l’incarico, l’inizio del primo mandato era stato spostato al 1mo gennaio 2017. Dal mese di luglio al dicembre 2016 ero facente funzione di sovrintendente, mentre presso il tribunale amministrativo era in corso una controversia giudiziaria tra la Città di Fiume e il Ministero della Cultura. Hasanbegović, nella sua incompetenza, aveva spedito troppo tardi il suo ‘rifiuto’, ossia dopo che l’allora governo era già caduto ed egli era ormai soltanto un ministro ‘tecnico’ nell’attesa delle nuove elezioni. Stando alla Costituzione, un governo tecnico non può decidere sulle nomine, di conseguenza nemmeno i suoi ministri. Il tribunale amministrativo aveva quindi annullato la ‘vendetta’ di Hasanbegović, mentre egli stesso era entrato nella storia come il ministro con un mandato da record per la sua brevità. Con l’arrivo di Nina Obuljen Koržinek a capo del Ministero della Cultura e dei Media nel tardo autunno del 2016, gli intoppi legali sono stati risolti in poco tempo. È davvero interessante che i miei mandati di sovrintendente siano stati segnati da cause giuridiche: all’inizio il tribunale amministrativo aveva annullato il ‘rifiuto’ di Hasanbegović, mentre alla fine lo stesso tribunale aveva annullato la decisione del Consiglio cittadino di Fiume di destituirmi dalla mia carica. Ad ogni modo, con due mandati completi di quattro anni e ancora sei mesi come facente funzione di sovrintendente, mi trovo al terzo posto per la lunghezza del mandato nella storia del TNC di Fiume. Dal 1946 a oggi soltanto un certo Vlado Olujić (gennaio 1958 – agosto 1967) e il leggendario Dorian Sokolić (gennaio 1969 – maggio 1980) erano riusciti a ‘sopravvivere’ in quel ruolo più a lungo di me”.

Un anno fa aveva dichiarato che intendeva aumentare gli stipendi, risanare al massimo l’ammanco ereditato dai sovrintendenti precedenti e impedire l’emorragia di artisti dal Balletto. È riuscito nell’intento?
“In parte. Gli stipendi sono stati aumentati a seconda delle possibilità e della volontà della Città di Fiume. Non posso dire se finora sia stato fatto il possibile, ma sono convinto che si possa fare di più. Per ora si è riusciti ad arginare l’emorragia di dipendenti dal Teatro dopo che molti erano andati altrove per svolgere lavori meglio retribuiti. In diversi momenti della stagione 23/24 ci eravamo trovati in situazioni critiche al punto che non sapevamo se sarebbe stato possibile mettere in scena determinati spettacoli e realizzare alcune uscite per mancanza di personale tecnico e di musicisti nell’orchestra.
Non sono riuscito a fermare la ‘fuga’ di ballerini e ballerine, ma in questo caso i meno responsabili siamo Maša Kolar e io. Dal giorno in cui è stata scelta la nuova sovrintendente, abbiamo avvertito in più occasioni sia lei che i responsabili della Città della necessità di annunciare urgentemente la nuova direzione del Balletto e il programma per almeno due stagioni successive al fine di trattenere i migliori ballerini e ballerine a Fiume. La carriera di questi artisti e artiste è eccezionalmente breve ed essi non possono attendere un anno nell’incertezza.
Sotto la direzione di Maša Kolar, il Balletto fiumano ha conseguito alcuni dei maggiori successi nella sua storia, con tournée europee (Italia, Svizzera, Germania, Grecia, Polonia, Ungheria, Slovenia…) e coproduzioni con altri Teatri Nazionali Croati a Zagabria (‘Čajkovskij’), Spalato (‘Grand finale’) e Varaždin (‘Ora e mai più’, ‘Pinocchio’). Nel mese di maggio del 2023, il Balletto fiumano ha presentato ‘La sagra della primavera’ di Stravinskij per due serate consecutive al ‘Lisinski’ assieme a più di cento musicisti dell’Orchestra sinfonica dell’HRT. Invece adesso, un anno e mezzo più tardi, a causa della mancanza di una visione artistica e di un programma, il Balletto è rimasto senza mezzo ensemble, mentre recentemente se ne sono andati anche tre primi ballerini del Teatro – Maria Matarranz de las Heras, Michele Pastorini e Valentin Chou. Immaginate se in un solo giorno dal Dramma Italiano se ne andassero Leonora Surian, Aleksandar Cvjetković e Giuseppe Nicodemo, o dall’Opera Kristina Kolar, Anamarija Knego e Luka Ortar… Tutti questi eccellenti ballerini e ballerine, ex membri del Balletto fiumano, sono entrati a far parte di ensemble e compagnie ad Augusta, Anversa, Karlsruhe, Mannheim, Wiesbaden. A Fiume sono rimasti per lo più principianti e veterani.
Trovo triste e tragico il fatto che il Balletto si presenti oggi in condizioni tali come se negli ultimi otto anni non fosse stato fatto nulla: con l’organico ridotto all’osso. Sono tutti depressi, imbronciati… Se la nuova direzione non reagirà tempestivamente, la nuova provincializzazione del Balletto fiumano diventerà una delle maggiori sconfitte della politica culturale di Fiume negli ultimi decenni. Invece di garantire al Balletto, nei limiti del possibile, sostegno finanziario e infrastrutturale, consentendogli di svilupparsi e di promuovere Fiume in tutta Europa, a giudicare dal programma della nuova direzione, si rischia di farlo diventare una brutta copia del Balletto zagabrese e spalatino, una Cenerentola nella cui vita il Principe ha rinunciato a entrare”.

Come giudica lo status del Teatro fiumano oggi rispetto al periodo precedente il suo arrivo nel 2014? Ritiene che esso si trovi oggi in una situazione finanziaria e artistica migliore rispetto a un decennio fa?
“Non ho nessun dubbio o dilemma in questo contesto. Dal punto di vista delle finanze, il TNC di Fiume negli ultimi 15 anni non si è trovato mai in una situazione migliore, soprattutto se si prendono in considerazione anche gli ultimi anni del mandato di Nada Matošević Orešković. Sono venuto a capo del Teatro dopo Oliver Frljić, il quale aveva già avuto a che fare con i debiti ereditati dal mandato dell’ex sovrintendente. Come riportato nel resoconto, accessibile sul sito dello ‘Zajc’, siamo riusciti a ridurre in gran parte l’ammanco di circa 700mila euro del 2016, per cui alla fine del 2024 contavamo di chiudere l’anno con un ammanco accumulato di circa 270mila euro. È importante segnalare anche il fatto che il bilancio complessivo del Teatro dal 2017 al 2024 aveva subito un incremento da 6,6 milioni di euro a quasi 11 milioni di euro, il che riduce ulteriormente l’ammanco iniziale.
Credo che la nuova sovrintendente potrà concludere tra un anno o due, in base al piano già messo in atto, il processo di risanamento dell’ammanco senza soverchie difficoltà.
Nei primi anni del mio primo mandato ci sono state settimane in cui sul conto del Teatro c’erano a malapena 50mila kune. Per fare un paragone, la collega Vrgoč ha iniziato il suo mandato disponendo di ben 130mila euro di entrate proprie del Teatro, mentre dal bilancio cittadino sono stati erogati ulteriori 150mila euro per il programma regolare nel 2025. In altre parole, la nuova sovrintendente dispone dal primo giorno alla guida del Teatro – stando ai dati del 31 dicembre 2024 – di 280mila euro per il programma, ovvero più di 2 milioni di kune. Provate a immaginare una tale differenza nelle risorse disponibili fin dall’inizio! Per non parlare del drastico aumento dei fondi per il programma stanziati dal Ministero della Cultura e dei Media: da poco più di 300mila euro nel 2017 si è passati a quasi 800mila euro nel 2024.
Questi sono invece, brevemente, i miei risultati artistici.
Fino all’insediamento di Iva Hraste Sočo al TNC di Zagabria nel 2022 e di Marko Hribernik a Lubiana nel 2020, l’Opera di Fiume ha senza dubbio prodotto un programma artisticamente più rilevante rispetto a ciò che facevano questi due teatri più vicini a noi, ma molto più forti dello ‘Zajc’ dal punto di vista della produzione e delle finanze. Il Teatro lirico di Trieste porta invece avanti un modello di repertorio e di produzione diverso da quello fiumano. L’Opera e l’Orchestra hanno inciso durante i miei due mandati sei CD per case discografiche internazionali, di cui quattro opere complete (tra cui il ‘Faust’ di Gounod, ‘Nikola Šubić Zrinjski’ e ‘Nozze istriane’). Si tratta di risultati che nessun altro teatro e orchestra in Croazia è riuscito a realizzare.
Sotto la guida di Maša Kolar, il Balletto fiumano si è emancipato artisticamente e dal punto di vista organizzativo dalle estetiche, dai metodi e dai modelli dominanti a Zagabria, Lubiana e Spalato, trasformandosi in una troupe contemporanea con la quale collaborano i migliori coreografi del nostro tempo quali Andonis Foniadakis, Nadav Zelner, Jeroen Verbruggen… Otto anni fa, il Balletto fiumano aveva detto addio a Leo Mujić e al suo patetico sfruttamento dei classici letterari. Ed ecco che, nella stagione attuale, il Balletto zagabrese rinnova la sua collaborazione con Edward Clug e Maša Kolar. La scorsa stagione hanno eseguito Wayne McGregor, mentre il Balletto fiumano – già in fase di regressione – ritorna a Mujić.
Dopo che con il Dramma Croato abbiamo tentato davvero tutto il possibile per liberarlo dall’immagine di ‘anello più debole’, come si era espressa a suo tempo una giornalista del ‘Novi list’, e dopo averlo aiutato a riconoscere, accettare e continuare a delineare la sua distinta identità, devo constatare che, purtroppo, non siamo riusciti a ottenere del tutto il risultato sperato, mentre c’è pure chi ritiene che abbiamo completamente fallito. Anche con il Dramma Croato in otto anni abbiamo collaborato con una serie di rinomati registi e registe di questi territori (Oliver Frljić, Igor Vuk Torbica, Anica Tomić, Selma Spahić, Matjaž Pograjc, Matija Ferlin, Sebastijan Horvat, Olja Lozica, Franka Perković, Ivan Penović, Ivan Plazibat, Vito Taufer, Eduard Miler, Senka Bulić); pur essendoci cimentati in opere teatrali canoniche, con romanzi drammatizzati e con cosiddetti progetti d’autore; anche se abbiamo portato avanti in maniera continuativa il rinnovamento dell’ensemble, soprattutto con attrici e attori giovani usciti dallo Studio di recitazione di Fiume e nonostante avessimo ingaggiato come ospiti alcuni dei più importanti attori e attrici croate (Katarina Bistrović Darvaš, Ozren Grabarić, Rakan Rushaidat, Judita Franković, Luka Dragić, Fabijan Pavao Medvešek, Janko Popović Volarić), mancava sempre qualcosa. Ho una mia spiegazione delle cause di tutto ciò, ma per essere pronto a esprimerla pubblicamente devo attendere e vedere che cosa faranno Dubravka Vrgoč e Ivica Buljan con il Dramma Croato. Spero, infatti, che presto mi convincano di essere stato e di essere rimasto nel torto”.

Com’è la situazione nel Dramma Italiano? Ritiene che oggi si trovi in condizioni migliori rispetto a otto anni fa e che ha avuto una buona collaborazione con l’ex direttore del DI, Giulio Settimo?
“Otto anni fa, il Dramma Italiano era un ensemble alla svolta: gli attori della vecchia guardia erano prossimi al pensionamento e guardavano con nostalgia ai tempi passati, la nuova generazione di attrici e attori stava appena arrivando e riuscendo a conquistare i ruoli principali, mentre i ritardi nell’arrivo dei finanziamenti dall’Italia destinati al programma minacciavano di fermare la produzione di spettacoli. Giulio Settimo ha giocato un ruolo essenziale in questo contesto, garantendo la continuità e la stabilità dei finanziamenti del DI provenienti dall’Italia, nonostante il Teatro fiumano continui a ‘fare credito’ all’Unione Italiana e così anche al governo, producendo regolarmente il programma del DI con i propri mezzi fino al mese di novembre, quando arriva il primo versamento della rata dall’Italia. Mi spiego: i mezzi della Città sono disponibili già da gennaio, quelli del Ministero della Cultura e dei Media e della Regione litoraneo-montana da febbraio.
A causa di questo rapporto irrispettoso verso il Teatro, come pure verso il Dramma Italiano, molto presto durante il mio primo mandato ero entrato in conflitto con i vertici dell’UI, per cui Giulio era spesso costretto ad allentare le tensioni, cosa non certamente facile per lui. Al contempo, una conseguenza diretta dell’ottima collaborazione con Giulio, e qui un ruolo molto importante lo ha avuto anche l’eccellente produttrice del DI, Noemi Dessardo, è stato non soltanto il rinnovo dell’ensemble, bensì anche la collaborazione continua tra il DI e il Dramma Croato in vari programmi, cosa che non è stato vista di buon occhio dall’UI. Nonostante tutto, mi permetto di dire che l’ensemble del DI è oggi più forte del DC dal punto di vista artistico, la sua identità è chiaramente definita e ogni suo membro si dedica completamente alla sua vocazione”.

In dieci anni, nel repertorio del Teatro sono stati fatti numerosi passi avanti, sono state presentate opere liriche, pièce teatrali, pezzi musicali mai prima eseguiti a Fiume. C’è un’opera, un dramma teatrale o un balletto che avrebbe voluto portare in scena, ma per qualche motivo ciò non è stato possibile?
“Sì, ci sono, soprattutto nel secondo mandato, di cui i primi due anni sono stati segnati dalla pandemia e dalla campagna per la mia destituzione dalla carica di sovrintendente. Questi sono soltanto alcuni dei titoli che mi rincresce non aver potuto allestire per diversi motivi, nonostante certi fossero stati anche annunciati e per altri avessimo già avviato colloqui e trattative: il ‘Gabbiano’ di Čehov, tutti e tre i drammi del ciclo dei Glembaj di Krleža, ‘Žena bomba’ di Ivana Sajko, qualsiasi romanzo di Dostojevski diretto da Oliver Frljić, ‘Pustinja’ di Ranko Marinković, ‘The hours’ di Michael Cunningham, ‘Cent’anni di solitudine’, qualsiasi opera di Janaček, ‘Ero s onoga svijeta’, l’opera-balletto ‘Les Indes galantes’ di Rameau, ‘Peter Grimes’ di Britten, ‘Medea’ di Cherubini, ‘Le comte Ory’ di Rossini, ‘Salomè’ di Strauss… ce ne sono tanti”.

Crede che il programma che ha realizzato allo “Zajc” abbia avuto un rapporto ottimale tra titoli canonici e quelli mai prima eseguiti o raramente eseguiti a Fiume?
“Guardando indietro devo ammettere che, naturalmente, un maggior numero di titoli ‘popolari’ ci avrebbe portato più pubblico e maggiori guadagni e con ciò un percorso più tranquillo. Invece di assecondare il pubblico, riproponendo cose già note, il mio intento era quello di trovare un equilibrio tra i programmi che, almeno a Fiume, sono una novità o una riscoperta, e programmi ben noti e di più facile fruizione. Alcuni esempi: nel programma drammatico abbiamo proposto ‘Gospođa ministarka’, ‘La dodicesima notte’ e ‘Glorija’, ma anche ‘Enrico IV’, ‘Orlando furioso’ e ‘Le relazioni pericolose’; nel programma musicale-scenico abbiamo messo in scena ‘L’oro del Reno’, ‘Nozze istriane’, ‘Arianna a Nasso’, ‘Opera po Kamovu’, ma anche ‘Sunset Boulevard’, ‘Il flauto magico’, ‘Lo Schiaccianoci’, ‘Evita’, ‘Romeo e Giulietta’ (sia il balletto che l’opera).
Nel programma sinfonico abbiamo proposto Bach, Mozart, Beethoven, Brahms, Čajkovskij, Mahler, Sibelius, Rahmanjinov, Šostakovič, Prokofjev e Stravinskij. Nonostante ciò, una parte del pubblico locale, i cosiddetti ‘conoscitori’, esprimeva il proprio disappunto per la presunta esclusività del programma e nostalgicamente chiedeva più commedie, musical, e naturalmente più Verdi e Puccini. Mi stupisce in particolare quest’ultima considerazione. Infatti, in otto anni abbiamo allestito sette opere di Verdi (‘Rigoletto’, ‘La Traviata’, ‘Aida’, ‘Don Carlo’, ‘Macbeth’, ‘Otello’ e ‘Falstaff’) e cinque di Puccini (‘Tosca’, ‘Madama Butterfly’, ‘La bohème’, ‘Gianni Schicchi’ e ‘La fanciulla del West’). In media, ogni anno due delle quattro première erano opere di Verdi o di Puccini, senza dimenticare ‘Norma’, ‘Anna Bolena’, ‘Cavalleria rusticana’, ‘I Pagliacci’, per non parlare di ‘Carmen’, ‘Le nozze di Figaro’ e ‘Nikola Šubić Zrinjski’. Quindi, titoli che appartengono al ‘mainstream’ della lirica. Tuttavia, per due opere di Richard Wagner, due di Richard Strauss, due opere barocche e tre contemporanee in otto anni, è stata costruita la menzogna di una politica programmatica che, presumibilmente, ignora le inclinazioni, i desideri e le speranze tradizionali del nostro pubblico.
A quanto pare, sull’onda della critica tendenziosa e grossolana, cerca di trovare un suo corso anche la nuova sovrintendente per cui ora appaiono titoli che collimano con la ‘storia fiumana’, nonostante avessimo annunciato già tre anni fa ‘Nigdje, niotkuda’ nell’ambito della Trilogia su Fiume, dopo ‘Leica format’ ed ‘Esercitazione alla vita – seconda volta’; Manon Lescaut dovrebbe essere a quanto pare un ritorno all’opera italiana, nonostante avessimo allestito in otto anni ben 16 titoli del repertorio italiano, tra cui le opere più popolari; mentre il balletto ‘Cenerentola’ di Sergej Prokofjev dovrebbe, a quanto pare, segnare una svolta verso il balletto classico, nonostante il titolo più eseguito nel mandato di Maša Kolar, dopo ‘Lo Schiaccianoci’, sia stato ‘Romeo e Giulietta’, sempre di Sergej Prokofjev”.

Durante il suo mandato ha avuto un rapporto turbolento con i media, ma anche con alcuni ex dipendenti del Teatro. Si è definito a suo tempo arrogante, ma è questa la ragione per la quale è stato inviso da tante persone, o qui entrano in ballo anche altri fattori?
“La citazione completa della mia dichiarazione in un’intervista precedente recita: ‘È vero che sono arrogante, a molti sto antipatico, lo so. Ma tutto ciò che ho conseguito sia prima che durante il mandato di sovrintendente, l’ho conseguito perché sono spietatamente autocritico’.
Non direi di aver avuto un ‘rapporto turbolento con i media’, bensì soltanto con alcuni giornalisti, i quali mi infangavano con menzogne, sotterfugi e fabbricando scandali. Ad avviare questa campagna era stato Davor Mandić del ‘Novi list’, al quale ha fatto seguito Tamara Borić del ‘Nacional’. Di loro e di altre persone che hanno cercato di farmi rimuovere, a prescindere se essi siano dipendenti o ex dipendenti del Teatro, oppure politici locali, o codardi sui social, è stato infine detto tutto con la sentenza giudiziaria definitiva con la quale è stata annullata la decisione del Consiglio cittadino di Fiume di destituirmi. Presumo che alcuni media e politici non siano abituati a sentire, ovvero a leggere risposte argomentate ai loro attacchi, e ancora meno a sopportare contrattacchi. Io semplicemente non ho voluto permere di venire calpestato, o addirittura travolto, anche se molti lo avevano sperato. Sono capace di articolare ciò che penso e combatto per la mia verità. Di solito vinco. Se dovessi non aver ragione o aver sbagliato, posso sopportare la sconfitta e imparare la lezione”.

Un anno fa, in un’intervista aveva dichiarato che non è impossibile che entri in politica, in quanto la politica l’ha sempre interessata. Ha fatto dei passi concreti in questa direzione?
“Non li ho fatti e per qualche tempo non li farò, se mai li farò. Ho concluso che la mia concezione della politica è troppo complessa per la nostra epoca. Nella politica mi interessano le idee, le strategie, i progetti, la tattica, il lavoro infaticabile, la furbizia e la responsabilità, i giochi diplomatici e l’intervento determinato e veloce. Non si tratta qui di ingenuità o di idealismo, bensì di serietà, profondità e lungimiranza del pensiero politico, di perseveranza, efficienza e dignità dell’attività, che sulla scena politica odierna sembrano obsoleti e distorti. Per ora non credo che entrando in politica avrei più possibilità di contribuire alla comunità che occupandomi di arte, ovvero creando cultura, e scienza, cioè sviluppando la conoscenza”.

Qual è il maggiore successo conseguito dal Teatro fiumano durante il suo mandato?
“Se si riferisce soltanto al programma, i seguenti titoli. Nel Balletto: ‘Acqua di fuoco’ di Andonis Foniadakis, ‘La sagra della primavera’ di Maša Kolar, ‘Grand Finale’ di Nadav Zelner e ‘Per mai/4never’ di Jeroen Verbruggen. Nel DI: ‘Enrico IV’ per la regia di Marco Lorenzi, ‘I giganti della montagna’ (Paolo Magelli), ‘Decamerone’ (Luciano Delprato) e ‘Variazioni enigmatiche’ (Neva Rošić). Nel DC: ‘Il misantropo’ per la regia di Igor Vuk Torbica, ‘Michelangelo’ (Sebastijan Horvat), ‘Leica format’ (Franka Perković), senza dubbio ‘Re Edipo’ (Delprato), ‘Acqua’ (Matija Ferlin) e ‘Glorija’ (Senka Bulić).
Nell’Opera: ‘Tristano e Isotta’ per la regia di Anne Bogart, ‘La fanciulla del West’ (Giorgio Surian), ‘Opera po Kamovu’ di Juranić (Caterina Panti Liberovici), ‘La dama di picche’ come spettacolo di commiato di Dunja Vejzović, ‘Elettra’, il concerto di gala di Karita Mattila, l’esecuzione della Sinfonia n. 2 di Mahler in collaborazione con il coro e l’Orchestra sinfonica dell’HRT; l’esecuzione della Sinfonia n. 11 ‘Anno 1905’ di Šostakovič, sotto la direzione di Ville Matvejeff.
Naturalmente, devo menzionare i due musical di Webber, diretti da Renata Carola Gatica, ‘Sunset Boulevard’ ed ‘Evita’, le tournée europee del Balletto, l’uscita dell’Opera fiumana al Festival di Savonlinna, la fondazione del Consorzio dei TNC, ma sono particolarmente orgoglioso della collaborazione con Mira Furlan, Neva Rošić, la succitata Dunja Vejzović, Dubravka Šeparović, Diana Haller e Maida Hundeling”.

Ritiene di aver attirato un nuovo pubblico a teatro?
“Sì, ci siamo riusciti. Però, attirare un nuovo pubblico non è per niente semplice. Nell’arco di due stagioni, con Oliver Frljić quale sovrintendente, hanno iniziato a frequentare il Teatro fiumano nuovi spettatori e spettatrici, mentre allo stesso tempo ha iniziato ad abbandonarlo parte del ‘vecchio’ pubblico, che fino a quel momento lo frequentava regolarmente. Nei due-tre anni successivi eravamo riusciti a riconquistare il pubblico di prima, ma a perdere una parte di quello ‘nuovo’. La pandemia ha cambiato tutto: da 91.838 spettatori e spettatrici nel 2019 eravamo scesi a 36.552 nel 2020, ma abbiamo anche capito che ci sono migliaia di spettatori fedeli che frequentano il teatro anche in barba alla pandemia.
Il nuovo pubblico è stato senza dubbio attratto dal programma del Balletto, dai musical di Broadway, dai cicli di concerti sinfonici nell’ambito dei quali sono stati eseguiti diversi brani mai prima proposti a Fiume, mentre il medesimo effetto lo ha avuto il repertorio lirico, nel quale abbiamo incluso opere che non erano state mai eseguite a Fiume, o non lo erano state da tantissimo tempo. Così facendo, abbiamo inevitabilmente perso parte del pubblico che non era interessato a sfide del genere. Come ho cercato di spiegare prima, si tratta di un continuo equilibrio. Inoltre, parlando del ‘nuovo pubblico’, dimentichiamo spesso che almeno un terzo del programma del TNC viene prodotto per i bambini e i giovani. In questo contesto, il pubblico dello ‘Zajc’ si rinnova in continuazione”.

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