L’Istria raccontata attraverso Radio Trieste

Caterina Conti, professoressa e studiosa di lettere di origine istriana, analizza il suo lavoro di ricerca culminato in diverse pubblicazioni legate all’emittente triestina e ai suoi rapporti con la nostra penisola

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L’Istria raccontata attraverso Radio Trieste
La copertina del libro. Foto: NICOLE MISON

Professoressa di lettere, saggista, attiva socialmente e politicamente, amante della cultura, Caterina Conti è tutto ciò e molto altro ancora; persona infaticabile con una grandissima grinta, ma allo stesso tempo sensibile e attenta a quello che la circonda. Nel suo curriculum vanta diverse pubblicazioni, tra le quali la sua tesi di dottorato che è diventata il libro “Cultura al microfono. Vita, programmi e protagonisti di Rai Radio Trieste tra 1954 e 1976”, studio fondamentale per comprendere il ruolo ricoperto dalla radiofonia triestina in seguito al secondo dopoguerra.

Nata e cresciuta a Trieste, con qualche sosta a Roma, Conti è profondamente legata all’Istria, alle sue vicende, considerandola parte della sua identità. “La famiglia di mia madre è istriana, esule da Berda (nel Momianese) e Umago. Mio nonno paterno era di Vetta di Pinguente – spiega la professoressa –. Ho sempre sentito molto vicine queste mie radici, sia per l’affetto che mi lega ai miei nonni materni sia per i tanti racconti, le storie di vita, le tradizioni. I luoghi in cui i miei nonni sono nati e cresciuti sono luoghi del mio cuore. C’è un legame profondo con la terra istriana, che ho frequentato fin da piccola e dove mi piace stare anche oggi”.

Ultimamente sempre più spesso esuli di seconda o anche terza generazione si interessano alla storia dei loro avi e si mettono alla ricerca delle proprie origini. Per Caterina questa curiosità è nata fin da subito, definendo la sua identità, ma anche portandola a fare ricerche e compiere studi approfonditi, permettendole di osservare l’attualità da un punto di vista differente. “Ho respirato la cultura istriana: la concezione del lavoro, l’importanza dei legami familiari, la convivialità, una certa sobrietà, il rapporto con la natura. Non è solo che ci tengo alle mie radici, è che l’Istria è una parte di me, perché ci insegna che gli esseri umani hanno molto più in comune di quanto pensino – spiega –. Se guardo alle guerre di oggi, mi si stringe il cuore: quante ingiustizie, quanta distruzione… e quante generazioni dovranno passare per pacificare popoli e terre”.

Caterina Conti assieme alla famiglia materna a Berda
Foto gentilmente concessa da Caterina Conti

La passione per la letteratura
Oltre all’amore nei confronti della piccola penisola, un’altra grande passione di Caterina è la letteratura. Passione che si è trasformata nel suo lavoro. Conti si è prima laureata in Filologia moderna presso l’Università degli Studi di Trieste, per poi conseguire il dottorato di ricerca in Italianistica. “I libri parlano e a ognuno confidano un segreto. E, come una fonte zampillante, non smettono mai di regalare nutrimento – afferma la letterata –. Raccontano una storia nella quale ti ritrovi, che ti coinvolge e alla fine i libri diventano amici intimi. Per questo è importante insegnare alle nuove generazioni l’amore per la lettura. Nessun video su Instagram ti resta impresso quanto un bel libro che leggi, sottolinei, gusti pagina a pagina e magari rileggi. Regalare un libro significa regalare qualcosa di sé, ed è inevitabile cercare nel libro qualcosa di chi lo ha donato”.

Anche in questo aspetto della vita la sua famiglia ha avuto un ruolo fondamentale: “Devo dire che a casa mia c’erano sempre tanti libri, non ero una divoratrice come mia sorella o mio fratello, ma mi piaceva avere i miei autori e autrici vicini. È una forma di relazione che supera il tempo e lo spazio – confessa Caterina, rivolgendo un pensiero anche a chi le ha regalato gli strumenti per approcciarsi alla letteratura con senso critico –. Ho avuto bravi insegnanti che mi hanno fatto leggere a scuola libri di livello. In terza media leggemmo ‘Siddharta’ di Hermann Hesse… non proprio un romanzetto. Penso spesso alla professoressa Chiara Colautti; al liceo lei mi ha insegnato a leggere tra le righe e a pensare criticamente”.

Attualmente Conti si trova dall’altra parte della cattedra e cerca di trasmettere il suo sapere, ma anche il suo amore per la prosa e la poesia alle nuove generazioni di allievi. “Alla letteratura mi sono appassionata silenziosamente negli anni del liceo. Oggi è parte anche del mio lavoro di insegnante e devo dire che mi commuovo ancora leggendo in classe ‘L’infinito’ di Leopardi o la morte di Cecilia nei ‘Promessi sposi’ – ammette –. L’insegnamento è una di quelle strade che mi è capitata quasi per caso: in realtà era nell’aria di famiglia, anche mia madre insegna con passione. Quando c’è stata la pandemia da Covid-19, nel 2020, ho sentito il bisogno di tornare a Trieste dopo lunghi anni di lavoro a Roma, dove pensavo di restare. Ma in quel marzo che tutti ricordiamo, rinchiusa anch’io a casa per alcuni mesi, mi sono dedicata a quelle cose che si rimandano sempre: mettere in ordine, scrivere, leggere. Ho scritto qualcosa su Saba, che spero sarà pubblicato quest’anno. E ho anche sentito l’esigenza di rendermi utile: così ho accettato una supplenza a scuola, tutta online. Poi qualche supplenza annuale… e in meno che non si dica ero di ruolo. Sono stata fortunata. Non è un lavoro, è un mestiere bellissimo, ricco. Il rapporto che si crea con gli studenti e le famiglie è prezioso. È come moltiplicare le stanze del cuore. Ai miei alunni cerco di insegnare la nostra terra straordinaria, fatta di identità e di storie che si intrecciano, di vissuti dolorosi e di grandi prospettive. Camminando per Trieste è facile rendersene conto, ma direi che è facile accorgersene girando per qualsiasi località della Venezia Giulia. Tutto parla e riecheggia. Non camminiamo mai da soli qui”.

Un lavoro infaticabile
Oltre a cercare di rendere consapevoli gli allievi della ricchezza e della profondità del loro territorio, Caterina Conti cerca di condividere le gioie della letteratura e della consapevolezza. “La letteratura è anche un rifugio dai problemi e dalla confusione del mondo consumista, dall’obbligo di ‘produrre’ – afferma –. Davanti a un autore o autrice siamo alla pari, e poco importa se ha scritto secoli fa. Si percepisce se è un libro scritto per fare moda o per restare. Dedicarmi allo studio della letteratura è un privilegio al quale non ho rinunciato negli anni, nonostante i tanti impegni. Chi studia di notte valica porte che restano precluse a chi crede solo in quello che vede”.

Le nottate passate sui libri e davanti al computer hanno però dato i loro frutti. Infatti, Caterina Conti ha pubblicato il suo primo libro, frutto della tesi di dottorato, “Cultura al microfono. Vita, programmi e protagonisti di Rai Radio Trieste tra 1954 e 1976”, con prefazione dello studioso Raul Pupo. Un’analisi profonda e attenta sul ruolo dell’emittente giuliana in uno specifico periodo storico. “Devo ringraziare l’Irsrec (Istituto regionale per la storia della resistenza e dell’età contemporanea con sede a Trieste), che ha pubblicato il mio studio a distanza di alcuni anni dalla discussione della tesi. Una soddisfazione, ma soprattutto un lavoro che apre la strada a molti altri. In realtà sono arrivata alla radio quasi per caso. Sono nata a metà degli anni Ottanta, sono una figlia della televisione… ma trovo che la radio sia un mezzo incredibilmente moderno. Volevo capire come la radiofonia avesse intercettato gli autori letterari e le principali opere letterarie: ne è uscita una miniera di informazioni – racconta la studiosa –. Gli anni tra il 1954 e il 1976 sono emblematici per Trieste: da un lato la fine del Governo Militare Alleato, l’ingresso nella famiglia Rai di Radio Trieste; dall’altro Osimo, la Riforma della Rai che apre alle emittenti private, la fine della gestione della Rai triestina di Guido Candussi, il terremoto in Friuli, le contestazioni studentesche sulla scia del ’68. Candussi assunse la guida della Rai triestina nel secondo dopoguerra e con Aldo Giannini, per quanto riguarda la direzione culturale, mise a frutto il grande potenziale della sede, che era già dotata da tempo di dispositivi all’avanguardia e di professionalità straordinarie. La Rai Fvg produsse in autonomia i propri programmi radiofonici e creò prodotti di alta qualità, fu un luogo d’incontro per gli intellettuali, un luogo di riflessione sulla realtà e anche d’intrattenimento. Candussi era un uomo illuminato ed equilibrato, un ingegnere con la mente aperta. La Rai triestina volò in alto in quegli anni incredibilmente densi e vivaci, dove prevalse la voglia di tornare a vivere dopo le mostruosità della guerra”.

Caterina Conti e Patrick Karlsen alla presentazione di “Cultura al microfono”
Foto gentilmente concessa da Caterina Conti

Trasmissioni su una terra di confine
Il volume non è l’unico suo lavoro legato a questo mezzo di comunicazione. Sulla rivista “Tempi e cultura” edita dall’IRCI è stato pubblicato l’articolo “L’Istria a Radio Trieste”, dove Conti analizza il nesso tra la nostra penisola e l’emittente triestina. “Il rapporto tra Istria e radio è evidente già a partire dall’esperienza di Radio Venezia Giulia, che è precursore in qualche misura (ma con altri fini) di Radio Trieste (cioè Rai Radio Friuli Venezia Giulia). La presenza di esuli istriano-dalmati arrivati a Trieste e di istriani di lingua italiana rimasti nella zona B fece sì che il palinsesto dell’emittente si arricchisse di trasmissioni dedicate all’Istria – spiega l’autrice –. Fu un modo per far conoscere un territorio da sempre legato al capoluogo giuliano parlando della sua civiltà millenaria, della sua gente, degli usi e costumi di un popolo abituato a vivere con identità multiple, come scrive Guido Miglia, ‘di una popolazione fiera, semplice, di una cordiale umanità resa più profonda dall’incalzare di tante vicende di una terra di confine’. D’altra parte, gli ascoltatori istriani trovarono in Radio Trieste un mezzo per restare agganciati alla propria identità italiana, alla cultura natia. Senza mai parlare direttamente di esodo istriano, le voci più autorevoli dell’Istria si fanno sentire vicine”.

Quello preso in esame nel lavoro di Conti è un periodo molto delicato, in cui Radio Trieste riuscì comunque a veicolare messaggi e tematiche fondamentali parlando anche ai rimasti. Non sempre però tali trasmissioni radiofoniche riuscirono a evitare la censura. “Il periodo era estremamente delicato, le nuove generazioni faticano oggi a figurarsi la tensione che c’era… Tutti i contenuti radiofonici dovevano passare al vaglio dei superiori responsabili della sede triestina e, soprattutto in certi anni, anche della sede nazionale a Roma. Gli interventi venivano scritti meticolosamente, preparati, cesellati finché ritenuti riproducibili. Non era ammesso nessun accenno politico o critico, nessun riferimento diretto alla tragedia dell’esodo, delle foibe, né tanto meno dei rimasti – ribadisce la professoressa –. Un silenzio non casuale. Un silenzio che però non leggerei come ‘abbandono’: vi era un uso implicito delle parole che sottendevano il vissuto di migliaia di persone, vi erano rimandi allusivi. E poi i nomi degli istriani che intervenivano a Radio Trieste erano di per sé evocativi di una vicenda storica, di un’identità culturale: Oliviero Honoré Bianchi, Lina Galli, Bruno Maier, Guido Miglia, Pier Antonio Quarantotti Gambini, Fulvio Tomizza non dicono già di per sé qualcosa?”

Personalità illustri, legate inscindibilmente all’Istria, che potevano essere ascoltate e sentite da un pubblico vastissimo. “Possedere un mezzo radiofonico negli anni Sessanta o Settanta non era un lusso, molte famiglie potevano permetterselo. Ce n’era per tutti: le trasmissioni erano suddivise per fasce orarie e si rivolgevano ora agli adulti, ora alle donne, ora ai ragazzi, ora ai bambini. Quante persone oggi settantenni o più hanno ricordi vivi di Radio Trieste! In molti me lo confermano quando presento il mio libro. Era una compagnia, una presenza abituale nelle case. Poi la televisione ha stravolto le abitudini… come ha in parte fatto Internet”.

Fulvio Tomizza, uno dei protagonisti di Radio Trieste.
Foto: CI UMAGO

Nomi illustri
Furono molteplici i protagonisti delle trasmissioni radiofoniche riferite alla nostra penisola e non furono da meno i programmi seguiti e apprezzati dal pubblico. “Molte delle trasmissioni curate da istriani presentavano opere letterarie. Penso a Lina Galli e alla trasmissione dal titolo ‘Itinerari adriatici’, alla riduzione radiofonica dei romanzi di Quarantotti Gambini come ‘La rosa rossa’, trasmessa già nel 1959 in sei puntate a cura di Enza Giammancheri, e ‘Il cavallo di Tripoli’, in quattro puntate – specifica Caterina Conti –. Penso all’incredibile contributo di Guido Miglia, che cura una decina di programmi come ‘Appunti istriani’, ‘Bozzetti di vita istriana’, ‘Dialoghi con i giovani’, o Fulvio Tomizza con i suoi ‘Ballate istriane’, ‘Racconti istriani’, ‘Stròlighi e strighe’, che riprendono anche il dibattito sul suo racconto ‘Materada’, non subito accolto con favore anche da un certo mondo istriano. Ed è sempre Fulvio Tomizza a curare la riduzione radiofonica di alcune opere di Caterina Percoto, la scrittrice friulana dell’Ottocento: una corrispondenza tra identità diverse che si sono poi unite con la nascita della Regione Friuli Venezia Giulia. Suo è anche il fortunatissimo programma d’intrattenimento ‘Cari stornei – Prose in dialetto triestino e istriano’ in onda dal 1957 per oltre sessanta puntate. E poi il grande Bruno Maier, che ha portato alla radio niente di meno della critica letteraria. Straordinario! Non vorrei poi dimenticare Carpinteri e Faraguna: con i loro racconti sceneggiati hanno rappresentato uno stereotipo anche degli istriani che ha fatto sorridere e ridere generazioni”.

Anni di fervore letterario e desiderio di mantenere i contatti tra l’Istria e l’Italia e soprattutto tra gli italiani divisi dal confine, però molti dei materiali e della documentazione legati alle trasmissioni radiofoniche dell’epoca non sono più stati trovati. “A quanto è dato sapere molto materiale è andato perduto o disperso. Ma io credo nell’intelligenza umana… e spero che qualcosa di accantonato e dimenticato possa un giorno riemergere. ‘Se man non prende, cantòn di casa rende’, dice mia mamma. Ho ritrovato alcune tracce importanti dallo spoglio del quotidiano ‘Il Piccolo’, altro sul ‘Radiocorriere Tv’, altro ancora da pubblicazioni sparse o nei lasciti personali. La ricerca non è finita, anzi, come dicevo prima, è appena all’inizio. Sono fiduciosa”.

Presentazione del volume “Cultura al microfono” al Caffè San Marco di Trieste
Foto gentilmente concessa da Caterina Conti

Uno studio intenso e minuzioso a scartabellare tra archivi, biblioteche e carta stampata, che però ha fatto riemergere aspetti alquanto singolari e avvincenti: “Penso sia molto interessante capire il rapporto tra Rai e altri luoghi della conoscenza e del sapere a Trieste e in Istria: l’università, i circoli letterari cittadini, le associazioni, i teatri, le biblioteche, i centri di ricerca. La rete di relazioni era incredibilmente densa: dopo anni di obbligato silenzio, dopo decenni di capovolgimenti politici, gli anni Sessanta sono un’esplosione di libertà e di espressività – commenta la professoressa –. L’Istria trovò un posto privilegiato nei mezzi di comunicazione di massa, perché consentì di ragionare sul superamento del concetto di nazione-nazionalismo-identità (un concetto che ha portato a milioni di morti nel Novecento) e di mostrare il volto più autentico dell’Alto Adriatico: quello di un mare che univa sponde vicine e in cui le identità si contaminavano e in cui i popoli vivevano come fratelli, in pace”.

Un’eredità significativa che sopravvive tuttora mantenendo un legame profondo tra l’Istria e Rai Radio FVG. “Alcuni programmi di questo calibro sono ancora oggi in onda. Penso a trasmissioni come ‘Sconfina-menti’ dell’infaticabile Massimo Gobessi o ‘Fermenti a nord-est’, ma anche a programmi più propriamente letterari come ‘Chi è di scena’ o ‘Racconti sceneggiati’. L’Istria ritorna spesso ed è ormai parte della cultura italiana di queste nostre terre – conclude Conti –. Come scrisse Lina Galli: ‘Quando l’Istria sarà un patrimonio spirituale di tutti i triestini non ci saranno più né divisioni, né incomprensioni, né urti, perché il sentimento sarà identico. Non dimentichiamo che l’amore è conoscenza’. Siamo arrivati qui”.

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