L’eterna dimora degli artisti fiumani​ musei a cielo aperto

Per l'ottavo anno consecutivo, in occasione della Settimana della scoperta dei cimiteri europei, la storica dell'arte Daina Glavočić ha guidato un percorso educativo nei campisanti di Cosala e Tersatto

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L’eterna dimora degli artisti fiumani​ musei a cielo aperto
La tomba di Osvaldo Ramous

Fiume è una città dalla storia ricca e travagliata e per ricordare gli avvenimenti che l’hanno segnata si organizzano spesso convegni e lezioni. A testimoniare tutti i cambiamenti, a volte anche dolorosi, soprattutto se legati alla guerra, ci sono monumenti, edifici, insegne e altri elementi architettonici. Quelli che ormai possono venire considerati dei monumenti veri e propri sono pure le tombe dei cimiteri fiumani, tra cui quelli storicamente più rilevanti sono quelli di Cosala e Tersatto. Le tombe non parlano propriamente di eventi storici, grandi battaglie o altri momenti degni di nota, ma sono un pezzo di memoria che si rivolge al popolo parlando dei cittadini che una volta, decenni o anche secoli fa, vissero a Fiume.

180 cimiteri di 22 Paesi
L’ASCE (Associazione dei Cimiteri significativi d’Europa) celebra quest’anno il ventunesimo anniversario della fondazione e per l’ottavo anno consecutivo anche Fiume ha partecipato alle celebrazioni ricordando ancora una volta, con due visite guidate dei cimiteri, quanto sia ricco il patrimonio culturale e monumentale dei cimiteri cittadini.
Nives Torbarina, direttrice della municipalizzata Kozala, ha spiegato che Fiume e il cimitero Mirogoj di Zagabria, fanno parte dell’ASCE dal 2004. In questo momento l’associazione conta 180 cimiteri di 22 Paesi europei e ha come scopo principale la promozione dei cimiteri in quanto monumenti inscindibili dai nuclei urbani. Torbarina ha annunciato anche che i cimiteri fiumani, ma anche quelli di Ragusa, Zagabria, Varaždin, Karlovac e altre città croate, sono stati inseriti quest’anno per la prima volta nel Percorso dei cimiteri europei (The European Cemeteries route) e sono stati presentati anche alle Fiere turistiche nel corso del mese di aprile.
“Quest’anno la Settimana della scoperta dei cimiteri europei (Week of discovering European Cemeteries, nda) – ha dichiarato Torbarina – è stata celebrata dal 23 al 29 maggio e anche noi abbiamo deciso di continuare con la tradizione delle visite guidate organizzate dalla storica dell’arte Daina Glavočić. Se l’anno scorso abbiamo parlato dei medici e farmacisti famosi, quest’anno abbiamo optato per gli artisti. Paradossalmente sono proprio gli artisti, pittori, scrittori e musicisti, ad avere le tombe più modeste ai cimiteri di Cosala e Tersatto, ma in compenso ci hanno lasciato i loro lavori a mantenerne viva la memoria”.

Pregarc e Gašparović
Il primo incontro ha avuto luogo nei giorni scorsi all’entrata del cimitero di Cosala e in quell’occasione Daina Glavočić ha parlato di numerosi artisti fiumani, tra cui pure personaggi importanti della CNI. La prima tappa di questo percorso è stata una tomba molto suggestiva con una grande roccia naturale in cima alla quale è collocata una maschera di pietra. Si tratta della tomba di Rade Pregarc (1894-1952), regista teatrale, attore e traduttore. Pregarc frequentò la Scuola di formazione e il Conservatorio di Trieste e di Firenze, ma ha studiato anche a Berlino e in Russia. La maschera sulla sua tomba, ha spiegato Glavočić, è un simbolo tipico dell’arte teatrale, ma è da notare anche il colore molto chiaro della roccia, recentemente ripulita dal muschio e dagli strati di impurità che la ricoprivano. Purtroppo, però, non è chiaramente visibile un verso sulla lapide che parla della bora quarnerina.
Continuando la passeggiata la comitiva si è fermata prima davanti alla tomba dello scrittore, drammaturgo e critico teatrale Darko Gašparović e successivamente pure di fronte a quella del Maestro Krunoslav Kajdi, scomparso nel 2004. A differenza di tanti artisti e intellettuali che sono famosi anche dopo la morte, Glavočić ha spiegato che Kajdi è stato ingiustamente dimenticato, ma che ci sono ancora tanti cittadini che lo ricordano o che hanno cantato nei cori da lui diretti. Kajdi è stato pure solista teatrale e ha portato in scena numerose operette e musical come ad esempio “Mala Floramye” (La piccola Floramye), “Jalta, Jalta”, “Karolina Riječka” (Carolina la Fiumana), “Kiss me, Kate” e altri.
Un altro personaggio importante, che è stato ricordato è pure lo storico e musicologo Vladimir Fajdetić, la cui tomba è un esempio lampante dell’incuria dei posteri, ma anche della municipalizzata che gestisce il camposanto.

Essenziale la produzione della CNI
La storia fiumana non potrebbe vantare la ricchezza di culture che ha se non fosse per l’apporto degli artisti e intellettuali fiumani di nazionalità italiana. Daina Glavočić si è soffermata su numerose tombe di scrittori, pittori, storici e attori della CNI e ha invitato tutti i presenti non solo a ricordarli e a studiarli, ma anche a leggere le loro opere. Il primo a essere stato menzionato è il pittore Giovanni Fumi, nato a Venezia e vissuto nel XIX secolo. Glavočić ha spiegato che Fumi è stato non solo un pittore accademico, ma anche un decoratore di interni e ha realizzato moltissime opere che ci restano tuttora. Amico di Ivan (Giovanni) Rendić, Fumi è morto relativamente giovane cadendo da un’impalcatura a Orehovica mentre stava realizzando un affresco. La tomba di Fumi è particolarmente bella perché Rendić ha realizzato la sua statua, la quale viene sovrastata dal ritratto della moglie, fatto con la tecnica del mosaico. Purtroppo anche questa tomba è in cattivo stato e a causa degli strati di impurità sulla superficie la scritta della lapide è illeggibile.
Glavočić ha ricordato anche l’esule Anita Antoniazzo Bocchino, la quale ha scritto alcuni libri sul cimitero di Cosala e ha documentato le sue ricerche con numerose fotografie, le quali testimoniano l’aspetto delle tombe in passato. Se non fosse per la sua curiosità e l’infinita energia, ha dichiarato la storica dell’arte, ora non sapremmo qual era l’aspetto del cimitero mezzo secolo fa. Antoniazzo è stata una pittrice, docente, psicologa, orefice, grafica e artigiana del vetro. L’eclettica artista fiumana ha curato il design della propria tomba in stile minimalista e dandole la forma di un grande portale o propileo per il quale si passa nell’altro mondo.

La tomba di Giovanni Fumi

Due personaggi di spicco della CNI le cui tombe si possono visitare a Cosala sono Romolo Venucci e Lucifero Martini. Le tombe di questi personaggi, collocate nella parte del cimitero sopra la quale passa la sopraelevata, sono state un’occasione per parlare anche di problemi di statica e progettazione urbanistica.
Glavočić ha dichiarato che Romolo Venucci (Wnoucsek), nato nel 1903 e morto nel 1976, è stato uno dei pittori, scultori e pedagogisti più importanti di Fiume, nonché l’essenza della multiculturalità fiumana. Nato a Fiume, ha frequentato l’Accademia di Belle Arti a Budapest e poi ha lavorato come insegnante di musica nelle scuole della CNI e ha coordinato i gruppi artistici in seno alla Comunità degli Italiani. La storica dell’arte ha spiegato che la madre di Venucci era slovena, mentre il padre era un ufficiale austroungarico. Venucci ha lasciato tantissime opere, tra cui pure l’affresco di quattro angeli all’entrata della Chiesa dei cappuccini (Chiesa della Madonna di Lourdes). Dopo la Seconda guerra mondiale si è adeguato allo stile socialista, mantenendo, però, una forte individualità. Importanti sono pure le sue litografie della città distrutta dai bombardamenti e le raffigurazioni delle calli della Cittavecchia, ormai perdute per sempre. Glavočić ha colto l’occasione ancora una volta per lanciare un appello alle autorità cittadine e esporre tutte le opere di Venucci in un unico posto, in modo da dare ai visitatori un’idea della sua complessità di autore e del suo sviluppo stilistico.

Daina Glavočić indica la nicchia di Romolo Venucci

Lucifero Martini (1916-2001) è stato uno degli scrittori più prolifici della città di Fiume e grazie anche all’impegno del Dipartimento di Italianistica di Fiume, continua a venire studiato attivamente. Martini ha trascorso gli anni della giovinezza tra Pola e Gorizia e si è diplomato e poi laureato in economia a Trieste. Ha aderito al movimento partigiano collaborando con le pubblicazioni partigiane dell’epoca. È stato caporedattore del nostro quotidiano, di “Panorama” e della “Battana” e nel corso della sua carriera ha scritto poesie, prosa, drammi e critiche. Glavočić ha spiegato quanto sia importante ancor oggi leggere le sue opere per conoscere la realtà fiumana del XX secolo.

La tomba di Lucifero Martini

Cosala ricorda Osvaldo Ramous
Un intellettuale importantissimo del secolo scorso è stato pure il letterato, giornalista, regista e traduttore Osvaldo Ramous (1905-1981), la cui tomba è stata realizzata dall’artista fiumano Ladislao de Gauss. Glavočić ha raccontato che a causa del suo cognome Osvaldo Ramous è stato spesso considerato di origini francesi. Il cimitero di Cosala, con le sue tombe dai nomi più disparati, è un museo a cielo aperto che testimonia la complessità etnica di Fiume e lasciare che le tombe decadano e che le scritte diventino illeggibili, rappresenta, ha dichiarato Glavočić, un vero e proprio culturicidio. Ramous rimase orfano di padre a soli due anni d’età e visto che era di salute cagionevole, venne indirizzato verso gli studi amministrativi. A Milano lavorò in una compagnia assicurativa, per passare poi al giornalismo e curare la rivista “Delta”. La sua istruzione musicale gli ha permesso di scrivere articolate critiche musicali. Ramous ha lavorato per le riviste “La vedetta d’Italia” e “Termini” e per un periodo è stato direttore del Dramma Italiano e come regista, mise in scena 46 lavori. Nel corso della sua carriera ha scritto numerose raccolte poetiche e tre romanzi, “I gabbiani sul tetto”, “Serenata alla morte” e “Il cavallo di cartapesta”. Glavočić ha condiviso una curiosità riguardo a Ramous, ovvero il fatto che in un’occasione disse che in cinquant’anni ha cambiato ben cinque nazionalità senza mai essersi spostato da Fiume. Un altro membro della CNI ad essere stato ricordato è Marino Sfiligoi, cantante d’opera e uomo di teatro. Nato a Cormons, in Friuli, Sfiligoi è stato membro del Coro teatrale, ma ha cantato anche da solista e nella “Fratellanza”. Nel corso della sua carriera ha avuto più di 250 concerti e 50 ruoli nelle opere classiche e moderne per un totale di più di 600 esibizioni sia in Croazia, che all’estero.

«L’anima buona del popolo nostro»
Tappa obbligata del percorso di Cosala è la tomba di Mario Schittar o Zuane de la Marsecia, uno dei primi se non il primo poeta in vernacolo fiumano. Dal 1880 al 1884 ha studiato pittura alla Reale Accademia di Belle Arti di Venezia grazie anche a una borsa di studio della Città di Fiume e, una volta tornato in città, ha lavorato come pittore accademico e letterato. Tra le sue opere troviamo “El trionfo de S. Michiel”, “La vergine liburna” e “I sfoghi del cor”. Schittar è morto a soli 27 anni a causa di un ictus, forse dovuto alla vita sregolata da scapestrato. La sua tomba è stata realizzata dallo scultore secessionista Giacomo Albertini. Nel corso del discorso sulla vita e la produzione di Schittar, Daina Glavočić ha raccontato pure com’era la Fiume a cavallo del XIX e XX secolo, com’era la Cittavecchia e dove si trovava la casa natale dell’autore. Da sottolineare il fatto che la tomba di Schittar, a forma di monolito, è stata eretta grazie ai contributi dei suoi concittadini, i quali vi hanno apposto un epitaffio nel quale lo definiscono “l’anima buona del popolo nostro”, a testimoniare il favore che godeva tra quanti lo conoscevano.

La tomba di Mario Schittar (Zuane de la Marsecia)

Forti legami con la CNI
Nel corso della visita di Cosala si è parlato pure di personaggi che non facevano parte della CNI, ma ne erano legati in un modo o nell’altro come ad esempio il pittore Antun Haller, insegnante di cultura artistica alla SEI Dolac e padre del musicista e Maestro Roberto Haller; oppure il fotografo Viktor Hreljanović, molto attivo a Fiume dopo la Seconda guerra mondiale e nonno di Ivor Hreljanović, uno dei fotoreporter del nostro quotidiano.
Da non dimenticare l’accademico e letterato Nedjeljko Fabrio, il quale ha raccontato le sfumature etniche fiumane nel capolavoro “Esercitazione alla vita”, oppure Giovanni Kobler, il più importante storico dell’epoca moderna della città di Fiume e autore delle “Memorie per la storia della liburnica città di Fiume”.

Tersatto racconta una Fiume diversa
La seconda visita in seno alla Settimana dei cimiteri europei è stata quella al cimitero di Tersatto. Anche in quest’occasione sono stati numerosi i cittadini che si sono radunati per scoprire i segreti dei sepolcri cittadini, di cui moltissimi portano epigrafi e scritte ormai illeggibili. Se a Cosala sono veramente numerosi gli artisti di nazionalità italiana, a Tersatto sono predominanti quelli di nazionalità croata, ma non per questo è esente il legame con la cultura italiana. Il compositore, poeta, traduttore, giornalista e conduttore radio Mario Kinel (1921-1995) ne è l’esempio. Anche se si è diplomato al Ginnasio di Sušak e ha studiato Lingua e letteratura croata a Zagabria, Kinel ha sempre nutrito un grande amore per le canzoni italiane e il suo sapere musicale è stato costruito interamente da autodidatta. Kinel è autore del testo delle canzoni “Samo jednom se ljubi”, “Srce laku noć” e “Ne plači” di Ivo Robić. Dal 1951 lavorò per l’emittente Radio Fiume per la quale curò numerose trasmissioni. Nel corso della sua carriera scrisse circa 800 canzoni e tradusse o riscrisse più di 3mila canzoni italiane, il tutto da autodidatta. Grazie a Kinel la musica italiana ha fatto breccia nei cuori degli ascoltatori di Radio Fiume che non conoscevano la lingua italiana. Per un periodo fu pure redattore del nostro quotidiano.
Sempre nel campo musicale un personaggio da ricordare è pure il baritono Aleksandar Kolacio, fratello dell’architetto Zdenko Kolacio, il quale iniziò la sua carriera nel 1934, dopo aver studiato a Zagabria e a Milano. Negli anni Trenta fece parte dell’Opera di Lubiana e poi di quella di Belgrado. Dal 1945 cantò a Vienna, Praga, Zurigo e Buenos Aires. Morì in Argentina nel 1948.

Anche quest’anno un grande numero
di cittadini ha aderito all’iniziativa

Il trionfo del dialetto ciacavo
Al cimitero di Tersatto sono sepolti molti intellettuali che si sono impegnati a produrre e preservare il dialetto ciacavo, tra cui pure Zoran Kompanjet (1919-2003). Kompanjet terminò gli studi di giurisprudenza in Italia, a Camerino. Lavorò alle Facoltà di Giurisprudenza ed Economia, di cui fu pure preside, nonché rettore dell’Università fiumana dal 1976 al 1978. Scrisse numerose poesie e racconti in dialetto ciacavo, ma anche piccoli brani umoristici come “Kvadri”, “Sakakoveh nas je”, “Zibrane pesni”, “Takvi smo, pa što?”, “Svet bi bil lep” e “Stare i nove besedi”. Al TNC “Ivan de Zajc” era stato presentato il suo unico pezzo teatrale, la commedia “Šete bandjere”. Tradusse la commedia di Ruzzante “Moscheta”, dall’italiano al ciacavo con il titolo di “Muškardin”.
Un altro autore dedito alla produzione in dialetto ciacavo fu pure Ljubo Pavešić-Jumbo, il quale lavorò come giornalista per il “Primorski vjesnik” di Sušak e poi per il “Riječki list” e per Radio Fiume. Una volta pensionato iniziò a scrivere copioni per trasmissioni in dialetto di carattere umoristico, come ad esempio “Jurina i Franina”, “Mantinjada bez mužike”, “Mantinjada z mužikun” e “Primorska poneštrica”. Scrisse 18 canzoni per il Festival MIQ, delle quali la più popolare è “Nebuloza”.

Tra pittura e scultura
Glavočić ha menzionato lo scultore accademico Vinko Matković, figlio dello scalpellino Rudolf, il quale ha realizzato molte tombe sul territorio di Tersatto, ma anche di località limitrofe, come Buccari. Matković ha avuto moltissime commissioni dopo la Seconda guerra mondiale perché nel socialismo veniva apprezzato in particolar modo il suo stile realista. È autore del monumento ai caduti sul Delta (1955), ovvero delle tre statue in cima al grande obelisco e dei rilievi alla sua base. Sulla tomba di Matković una volta si trovava il suo busto, con un cappello alla francese, che ora è scomparso. Una delle rare donne menzionate nei due percorsi artistici nei cimiteri fiumani è la pittrice Božena Vilhar (1906-1991). Vilhar espose le sue opere prima a Fiume e Zagabria e successivamente anche a Ragusa, in Romania e Cecoslovacchia, ma anche a Londra e in Egitto. Aveva aderito alla lotta partigiana documentando con i suoi disegni la vita difficile dei soldati. Fu attiva nella Società degli Artisti italiani e croati a Fiume (dalla quale è poi nata l’odierna Associazione degli Artisti visivi di cui fu la prima presidente). Nel 1974 aprì la prima galleria d’arte privata a Fiume.

Note famiglie fiumane
Gli ultimi due personaggi menzionati da Glavočić sono stati Đuro Rošić e Nikola Polić. Il primo è stato un celebre attore, critico e sovrintendente teatrale. Conseguì il dottorato alla Facoltà di Giurisprudenza di Zagabria e in seguito a un corso triennale di recitazione decise di intraprendere questa strada, guidato da Branko Gavella. Dopo aver lavorato come giudice a Ogulin, Sušak e a Castua, iniziò a occuparsi di regia. Fu il primo sovrintendente dello “Zajc” (dal 1944), nonché docente alla Facoltà di Marineria di Fiume. Pubblicò una raccolta di critiche teatrali intitolata “Iz gledališta” (Dall’auditorium) nelle quali raccontò l’esperienza teatrale dello spettatore medio, con un linguaggio chiaro, semplice e conciso.
La passeggiata si è conclusa con una sosta alla tomba del giornalista e scrittore Nikola Polić, fratello di Janko Polić Kamov. Glavočić non si è limitata a raccontare soltanto i dettagli legati alla vita del letterato, ma ha spiegato come è decaduta la famiglia e cosa ha spinto i numerosi fratelli e sorelle a lasciare Fiume in cerca di fortuna o, purtroppo, della morte, come nel caso di Janko Polić a Barcellona.

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