La cultura del vino, «Anche il Quarnero ha qualcosa da offrire»

Curiosità e riflessioni con il sommelier Mate Negulić, vincitore del Campionato regionale a fine marzo a Sanvincenti, capace di trasformare un hobby in professione

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La cultura del vino, «Anche il Quarnero ha qualcosa da offrire»
Foto: Lucio Vidotto

“Infinocchiare” nel dizionario è uno dei tanti sinonimi per dire imbrogliare, confondere, fregare… Il suo significato deriva da una pratica, da un’astuzia, una furberia a cui ricorrevano gli osti nelle antiche osterie romane. Il trucco consisteva nell’offrire gratis, prima di servire il vino, del finocchio fresco. Le sostanze aromatiche che sono contenute nell’ortaggio anestetizzano le mucose della lingua e non consentono di percepire i difetti del vino. In altre parole, non si percepisce che il vino è ormai a metà strada nella trasformazione in aceto. A volte ci infinocchiamo da soli, inconsapevolmente. Per esempio, non è la migliore delle scelte iniziare una cena o un pranzo con un grappino. Dalle nostre parti fa parte della tradizione, ma non si tratta di un aperitivo. Se poi scegliamo la grappa al finocchio…

Esistono delle regole per rendere più piacevole il mangiare e il bere. La gastronomia e il vino fanno parte della cultura di un territorio e quello in cui viviamo ne ha da vendere, senza dover ricorrere al finocchio fresco. Per aiutarci nelle scelte può bastare qualche semplice consiglio, ma se si vuole approfondire la materia, vale la pena affidarsi alla sapienza del sommelier, una figura professionale che si sta affermando, bruciando le tappe in molti dei nostri ristoranti. Cresce anche la produzione vinicola, soprattutto se si parla di qualità, con l’Istria “trascinata” da suoi vitigni locali Terrano e Malvasia, e il Quarnero che ne vuole seguire le orme e che in parte vi sta riuscendo. L’intera Regione non produce quantità tali da potersi basare sull’esportazione, per cui il suo vino può offrirlo sul proprio territorio, abbinandolo alla cucina locale.

Foto: ŽELJKO JERNEIĆ

Hobby prima, professione poi
A fine marzo a Sanvincenti si è aggiudicato il titolo di campione dell’Istria e del Quarnero tra gli otto finalisti, dopo aver superato la fase eliminatoria a Cittanova tra 19 concorrenti. Mate Negulić, fiumano di adozione, in servizio presso un albergo abbaziano, ha chiuso la competizione al primo posto. È un buon pretesto per conoscere meglio il suo mestiere e la scena locale per ciò che riguarda le cantine del Quarnero, senza soffermarci sull’Istria che ha da tempo raggiunto dei livelli considerevoli nel suo percorso evolutivo.
Negulić, 36 anni, fa parte di una cerchia ristretta che in Croazia conta una cinquantina di sommelier quotati e che partecipano alle rassegne nazionali e internazionali. Per arrivarci non basta la passione e il talento, che servono a poco se non sono seguiti da un percorso formativo. Il percorso di Mate, giunto dall’isola di Pago per studiare a Fiume, è partito da un’esigenza, quella di sostenere le spese che uno studente deve affrontare quando si trova lontano da casa: “Sono nato e cresciuto a Pago, cominciando a lavorare come cameriere. Giunto a Fiume c’era la necessità di guadagnare qualcosa e qui ho scoperto la mia passione, imparando il mestiere presso vari ristoranti e bar. Il destino mi ha indicato una via completamente diversa da quella per la quale ero venuto a Fiume. Ho avuto modo di conoscere una scena, quella del vino, un po’ trascurata. Ero tornato sull’isola di Pago, a Novalja (Novaglia), durante l’alta stagione e lì ho scoperto una carta dei vini di un certo livello e ho cominciato a considerare con più serietà la materia. Era una specie di sfida capire cosa desidera il cliente, assecondarlo per proporgli qualcosa che sia di suo gradimento. Mi sono appassionato nel cercare e scoprire gli abbinamenti giusti. Ho cominciato a lavorare in un albergo abbaziano e qui la faccenda si è fatta seria. Dopo anni di lavoro appassionato, dal 2017 c’è stato il salto di qualità. Assieme ad alcuni colleghi ho iniziato a studiare in modo sistematico, acquistando dei libri, per poi affrontare i corsi dell’HSO (Club croato dei sommelier). Superato il secondo livello, il cammino è proseguito in modo naturale. Sono arrivati altri corsi e altri esami. C’è tanta teoria e tanto sapere da assimilare. Devi conoscere, praticamente, tutto il mondo. Impari a conoscere tutte le regioni vitivinicole europee, delle Americhe, dell’Australia, della Nuova Zelanda, del Sudafrica… È necessario sapere quali sono le condizioni climatiche in cui nasce un vino, le temperature, la composizione del terreno. È una storia che non ha fine. C’è sempre qualcosa di nuovo da imparare. Soltanto in questo modo può svilupparsi anche il talento. Prima devi sapere se e perché un vitigno non è adatto a questo o quel clima. Quindi, arrivi al punto di poter capire, attraverso un’analisi organolettica, da dove arriva un determinato prodotto. Qualche volta azzecchi la località esatta, altre volte ci vai vicino, ma al primo assaggio ti fai già un’idea sufficientemente chiara”.

Mate Negulić.
Foto: GORAN ŽIKOVIĆ

Il talento non basta
Le competizioni, spesso, sono uno spettacolo per il pubblico, oltre ad assegnare titoli e medaglie. Saper riconoscere i vini, ma non solo quelli, è una delle discipline più spettacolari. Delle volte è difficile credere che uno riesca, in breve tempo, a definire la varietà o le varietà, la regione di provenienza, la località esatta, l’annata e, alla fine, anche la cantina. “Questa è indubbiamente una delle sfide più appassionanti. Per arrivarci – spiega Mate –, c’è tanto, tantissimo da studiare. Per qualcuno la figura del sommelier è quella di uno che ti racconta delle storielle, parlando di pere, mele, pesche e altro. Invece, l’intento è quello di avvicinare il vino al cliente”. Oltre al vino ci sono i distillati. Il sommelier deve conoscere anche i gin, i whisky, i cognac. Nel corso delle gare affrontano altre prove, come la decantazione del vino, cioè il passaggio del vino dalla bottiglia al decanter. È un’operazione richiesta per i vini più strutturati per esaltarne le qualità. Tra i momenti più delicati c’è la scelta del vino da abbinare a una determinata pietanza, con le dovute argomentazioni. Nelle finali, anche alle competizioni nazionali, i sommelier usano esclusivamente l’inglese. Alla fine, dopo queste e altre discipline, il verdetto della giuria premia il sapere, l’abilità e, non per ultime, le doti comunicative.

Mestiere con prospettive
Mate Negulić ha completato i corsi, i tre livelli dell’HSK e del WSET e superato con l’oro l’esame dell’ASI (Associazione internazionale dei sommelier). In Croazia sono sei i sommelier con l’oro ASI e complessivamente undici quelli che hanno superato questo esame.
Quello del sommelier è un profilo professionale sempre più richiesto. “Ai corsi di primo e secondo livello c’è ultimamente un gran numero di partecipanti. È interessante che tra loro non ci sono soltanto i professionisti, quelli che per esigenze di lavoro vogliono aggiornarsi. Vi troviamo tanta gente che vuole semplicemente imparare per potersi godere al meglio il piacere del vino, trovandosi nelle condizioni di sapere cosa ordinare a cena. Anche tra di loro, qualcuno si appassiona e vuole approfondire il proprio sapere. Io stesso ho iniziato a imparare considerandolo un hobby e adesso ho tra le mani una carta dei vini invidiabile in cui cercare qualcosa da proporre ai clienti”.

Non solo vino… anche il sigaro giusto.
Foto: Lucio Vidotto

Vini del Quarnero
L’Istria è ormai un brand come regione vitivinicola, cresciuta in trent’anni grazie a una serie di iniziative, sostenute finanziariamente dalla Regione, tra cui l’associazione “Vinistra”. Come abbiamo detto, lì c’è il Terrano e la Malvasia, assoluti protagonisti di una scena che offre, parallelamente, prodotti d’eccellenza anche di vitigni internazionali. Da due anni, dopo vari tentativi andati così così, si sono riuniti nell’associazione “Kvarner wines” i produttori dell’altra parte del Monte Maggiore.
Non si nascondono le ambizioni e nemmeno il fatto che si stia cercando di imitare l’esempio istriano, anche se si tratta di due contesti molto diversi tra loro. Comunque, da qualche anno, la produzione è cresciuta, non tanto in quantità quanto in qualità. Qui c’è principalmente una varietà autoctona, la Žlahtina, che dall’isola di Veglia, cioè dalle valle di Verbenico, si sta espandendo sulla terraferma nella valle del Vinodol. Oltre a questo vino bianco di successo si è alla ricerca di altri sbocchi, di qualcos’altro da proporre come prodotto locale.
“L’Istria ha raggiunto in tempi piuttosto brevi un livello eccellente. Qui da noi non avviene lo stesso. Posso dire che qui da noi, per quanto riguarda la produzione di vino, il turismo è allo stesso tempo un bene e un male. Sull’isola di Veglia si tende a vendere lì, in fretta”. Tranne qualche eccezione, come abbiamo inteso, la qualità non è il primo criterio. “Ci sono dei buoni esempi ed è bene che i produttori si siano raccolti nel ‘Kvarner wines’. Una cantina da sola può fare ben poco. C’è il potenziale e i risultati arriveranno. Si stanno curando dei vitigni autoctoni, una quarantina di varietà, alcune dimenticate. Da qualche anno è stato scoperto il Sansigot, vino rosso particolarmente interessante, per le sue caratteristiche adatto anche alla stagione estiva. Da una varietà praticamente scomparsa Ivica Dobrinčić a Verbenico è riuscito a creare una storia straordinaria. Citerei anche la Trojšćina, sempre sull’isola di Veglia. Occorre affiancare altri vini alla Žlahtina che, a sua volta, deve estendersi, ma che per le sue specificità ha bisogno di condizioni particolari. Ha i suoi limiti e non può affrontare certi tipi di lavorazione. Ci sono delle buone notizie anche dal Vinodol da dove arrivano dei prodotti di ottima qualità, compresi gli spumanti, come pure dal Castuano. Qui c’è la Belica che sta diventando una realtà seria, trattata e considerata per quello che dovrebbe essere. La cantina Plovania ha fatto compiere un salto di qualità a questo vino e altri produttori lo stanno seguendo. C’è una differenza enorme da quando l’assaggiai la prima volta, al mio arrivo a Fiume. Amo proporre ai clienti del ristorante in cui lavoro anche dei vini locali, soprattutto quando vengono accettati e apprezzati quelli poco conosciuti. Il Quarnero non può offrire grandi quantità per cui è indispensabile puntare sulla qualità. In ogni caso, i prezzi dei vini croati sono ancora piuttosto alti in rapporto agli altri e non sempre giustificati”.
Abbiamo iniziato con l’aperitivo sbagliato. La grappa, semmai, va presa alla fine. “La gastronomia è al centro della nostra attenzione e il nostro compito è di abbinarvi il resto, dall’aperitivo al vino, dal caffè al sigaro. Si può iniziare con uno spumante, ma può andare bene anche la birra. Un superalcolico come aperitivo produce l’effetto contrario. “Quando cominciai a lavorare era normale offrire la grappa prima del pasto, ma le cose sono cambiate e capita raramente che un cliente chieda di partire con la grappa”. Infine, per il finale va bene il caffè, ma poi basta con il vino, che per due ore non sapremo apprezzare come abbiamo fatto prima.

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