L’impresa del secolo del Museo archeologico istriano

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L’impresa del secolo del Museo archeologico istriano

Per il Museo archeologico è in corso l’impresa del secolo. L’edificio dell’istituzione che sovrasta l’antica cinta muraria ed è accessibile da Porta Gemina aveva chiuso i battenti ancora nel lontano 2013 e da allora non ha ancora riaperto. Il regime di chiusura è lunghissimo e ha una sua spiegazione logica e più che giustificata. Chi è del mestiere sa che si stanno compiendo miracoli agendo in simultanea verso più direzioni di manovra. Recuperare di sana pianta l’architettura, classe 1890, è già uno sforzo immane e a questo si aggiungono le ricerche archeologiche che si conducono nell’area del Piccolo teatro romano, feconda di storia altrettanto quanto lo spazio antistante il palazzo, che ha dato alla luce strutture non previste e insperate. Anni or sono era risultato più facile avviare un’indagine archeologica sotto le intemperie, sprofondati nelle viscere di un terreno impervio, che far traslocare decine di migliaia di delicati reperti da un edificio che da quasi un secolo ha continuato a fagocitare storia senza sosta. Una storia dalle proporzioni giganti rispetto alla limitata disponibilità dello stabile che prima fu liceo austriaco, poi Regio Museo dell’Istria, quindi spazio eletto dall’archeologia. E l’indigestione era stata pagata con una maxi manovra di trasloco durata ben tre anni con l’imperativo dell’adozione di trattamenti di estremo riguardo nei confronti di ogni statua, mosaico, recipiente, frammento di tegola, pettine cavernicolo o semplice pezzettino di argilla romana che sia. Tutto, ma proprio tutto era dovuto uscire incolume, guai a distrarsi nel traslare e maneggiare, andare di fretta o smarrire l’evidenza del catalogo e dell’inventariazione.

La complessità dell’opera

Era bastato estrapolare i mosaici incastonati nella pavimentazione museale per trattenere il respiro, per non dire dello svuotamento del lapidario e l’incetta fatta di tutte le preziosità in pietra distribuite lungo corridoi, gradinate e piani superiori. Ben 2000 pietre monumentali erano state trasferite in custodia a Fort Bourguignon e nei magazzini di Vallelunga. “Allora – ricorda il direttore dell’ente museale Darko Komšo – si era ancora al preludio di quanto di grosso sarebbe dovuto avvenire dopo: il restauro totale dello storico caseggiato. I lavori di ricostruzione vera e propria affidati all’appaltatore zagabrese INGRAD, secondo progetto esecutivo della Kapital, erano stati inaugurati il 29 marzo 2017, un’impresa che aveva visto l’anteprima ancora nella primavera del 2013, partendo dal tetto che era stato completamente ricostruito dalla Montmontaža. Ora, attenendosi agli impegni contrattuali, questo grande investimento, verrà portato a totale compimento nel 2020, mettendo a frutto 100 milioni di kune, di cui 24 rappresentano il contributo museale, altri 45 quello del ministero della Cultura e i rimanenti 30 derivanti da credito. Finora sono stati spesi 42 milioni.”

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Un museo all’avanguardia

In ogni caso il pubblico amante del repertorio storico resterà con un palmo di naso nel vedere avanti chiusa questa grande sede. La prospettiva rimane ancora dura da digerire: il lavoro da compiersi è infinito, data la necessità di rinnovo, crescita, sviluppo, ampliamento, ammodernamento per sfoggiare un giorno un museo veramente all’avanguardia con allestimenti riveduti e resi multimediali, come compete alle istituzioni omologhe del XXI secolo. Roba da impiegare un esercito di addetti ai lavori anche in seguito, per riportare in sede il bagagliaio storico e ridargli adeguata sistemazione e pubblica presentazione. Qui comprese le campane di bronzo, tra cui quella di San Tommaso, scoperte proprio nel sottosuolo dell’edificio. Si spera di poter riaprire negli anni 2021-2022. Ma nessuno può dare garanzie. Per comprendere che finora si è già riusciti a compiere l’impossibile, basta curiosare dentro il cantiere, accompagnati dagli addetti ai lavori e vedere i vani museali che stanno riacquistando fisionomia e già rivelano che il futuro museo offrirà una magnifica visione, irriconoscibile rispetto a quella precedente e decisamente attraente.

Un rebus nel sottosuolo

Prima di entrare in sede va oltrepassato l’ostacolo rappresentato dall’impervia antistante zona archeologica, vigilata dalla sovrintendente Silvana Petešić. La situazione nel sottosuolo? Un rebus. A sindacare si va dalla preistoria histrica fino ai tempi moderni con preponderanza di reperti romani e paleocristiani, ivi comprese le strutture dell’antico bastione cittadino e reperti minuti (lampada africana, monetine, 15 anfore…). Volendo ricostruire la canalizzazione ecco che ci si imbatte in una remota, solida struttura che continua fino a sotto l’edificio per poi uscire dal retro, in direzione del teatro. Che cos’è? L’interpretazione definitiva di questa panoramica storica arriverà in seguito, a ricerche ultimate. Colpa dei rinvenimenti se il progetto di recupero dell’area è stato modificato. Invece di costruire le previste 9 nicchie che con piedistallo avrebbero dovuto sorreggere i monumenti litici, bisognerà trasformare in parco archeologico tutto quello che è stato trovato sottocasa. Museo archeologico dalle mille risorse. Mentre cerca di diventare più moderno, non riesce proprio a scrollarsi di dosso il nobile fardello del passato. Una volta entrati, tutto attorno alla gradinata, ecco che ti ritrovi davanti una recinzione in ferro battuto mai vista prima. Eredità lasciata dall’epoca austroungarica. Il bello è che demolendo la recinzione in pietra e cemento è saltata fuori questa bellezza finora nascosta dall’imbottitura. Non mostrarla ai futuri visitatori sarebbe un delitto.

Rivoluzione interna ed esterna

Dopo decenni di visione di mostre permanenti dagli allestimenti praticamente immutati e invecchiati come modalità di presentazione, il museo vivrà una vera rivoluzione interna ed esterna. “Gli uffici – mostra Komšo – saliranno all’ultimo piano, da raggiungere con l’ascensore, che verrà collocato al centro dello stabile, a livello della portineria. Lo scantinato, una volta magazzino, sta rinascendo in altra veste e sarà pronto ad aprirsi al pubblico. Imitando gli aspetti interessanti dell’organizzazione dei più moderni spazi museali, vi troverà posto un caffè bar con accesso dall’interno dell’edificio e sbocco in terrazza, più i servizi igienici, il vano caldaia, gli spazi per il personale addetto alla manutenzione, i ripostigli e altro. Al pianoterra: la portineria, il negozio di souvenir, il laboratorio, la biblioteca e l’ambiente per il servizio didattico. Da sistemare al primo piano la documentazione e il materiale espositivo, mentre il secondo sarà completamente adibito all’esposizione. La ricostruzione di sana pianta del tetto con supporto di strutture in acciaio, nel frattempo ha permesso di lasciare liberi e vuoti i vani del sottotetto tali da poter essere sfruttati in funzione delle attività museali. Qui troveranno sistemazione gli uffici della direzione, segreteria e amministrazione e una parte di archivio museale, il che non è poco”.

Un teatro da duemila posti

La metamorfosi più rivoluzionaria dell’edificio sta avvenendo all’esterno, nella sua parte retrostante, dove sono stati costruiti ben 6 terrazzi che verranno chiusi da una struttura gigante in vetro tale da coprire per 3/5 la superficie muraria posteriore del Museo. Spazio a sufficienza per organizzarvi sale espositive polivalenti e applicare anche un enorme video wall. La riproduzione virtuale, mostrata da Komšo lascia ammirare un’area che vede creare un tutt’uno tra Museo, spazi circostanti con lapidario e il Piccolo teatro romano. Con il sostegno dei fondi strutturali del meccanismo ITU (10 milioni di kune da aggiungersi ai 5 del Museo), il medesimo conoscerà una ricostruzione tale da poter venire riutilizzato con 2mila posti a sedere in salita fino all’altezza dell’antico castrum dei Castropola. Non resta che pazientare e attendere.

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