In mostra il lascito librario di Giuseppina Martinuzzi

Esposti per la prima volta in loco i documenti che negli anni '40 dello scorso secolo, a causa delle inadeguate condizioni di conservazione, furono trasferiti nell'odierna Biblioteca universitaria di Fiume, per poi essere restituiti ad Albona nel novembre 2019

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In mostra il lascito librario di Giuseppina Martinuzzi
Il Museo popolare di Albona. Foto: TANJA ŠKOPAC

Gesù Cristo e Carlo Marx. Fu anche questo uno dei temi scelti per le Lezioni popolari di socialismo organizzate nel 1909 dal Circolo femminile socialista di Trieste e tenute dalla grande albonese Giuseppina Martinuzzi, nata ad Albona il 14 febbraio 1844 e scomparsa nella sua città natale il 25 novembre 1925. Una copia del programma degli stessi appuntamenti con la Martinuzzi è in questi giorni esposta presso il Museo popolare di Albona, nell’ambito di una mostra dedicata all’illustre insegnante, letterata e socialista albonese.

Il busto della Martinuzzi realizzato da Mate Čvrljak. In primo piano il catalogo della mostra.
Foto: TANJA ŠKOPAC

Intitolata “Giuseppina Martinuzzi (1844 – 1925)” e visitabile previo appuntamento fino alla fine del mese in corso, l’esposizione è stata organizzata innanzitutto per presentare al pubblico alcuni dei materiali appartenenti alla Biblioteca alla quale la Martinuzzi diede il nome dei suoi genitori, Antonia Lius e Giovanni Martinuzzi, denominandola “Biblioteca Giovanni Antonia Martinuzzi”, che lasciò ad Albona. Con la mostra si è voluta dare la possibilità al pubblico di vedere esposti, per la prima volta, i documenti che negli anni ‘40 dello scorso secolo, a causa delle inadeguate condizioni di conservazione ad Albona, furono trasferiti a Fiume, nell’odierna Biblioteca universitaria, per poi essere restituiti ad Albona nel novembre del 2019, grazie all’iniziativa del professor Tullio Vorano, già dirigente del Museo, istituzione operante nell’ambito dell’Università popolare aperta di Albona. Vorano si è impegnato per diversi anni sulla restituzione dei materiali, molto importante per il Museo, anche perché ora tutto il lascito librario della Martinuzzi è consultabile ad Albona.

Tullio Vorano.
Foto: TANJA ŠKOPAC

Lezioni di… felicità
Purtroppo, durante le nostre visite all’esposizione non siamo riusciti a scoprire che cosa la grande albonese abbia esattamente detto durante le lezioni riguardo al tema citato, ma, sempre in base al documento scelto per la mostra, è noto che nell’ambito di detti incontri parlò pure dei doveri del socialista in famiglia, nella società e nell’ambito del partito. “All’uomo diceva di accettare la donna come sua pari e di partecipare agli obblighi familiari nella stessa misura come la moglie, mentre alle donne erano destinati gli scritti in cui le invitava a lottare per avere accesso al mercato del lavoro e per essere retribuite come gli uomini, sottolineando che una donna infelice non può essere una moglie o una madre felice”, ci ha confermato Olja Višković, curatrice del Museo popolare di Albona e autrice della mostra sulla Martinuzzi. Quindi, parole, messaggi e consigli che sembrano pronunciati oggi, a quasi cent’anni dalla scomparsa della grande intellettuale, la quale dedicò la sua vita e opera alla promozione dell’emancipazione femminile, ovvero alla lotta per l’uguaglianza tra uomini e donne, ma anche a quella tra i popoli e alla lotta per i diritti degli oppressi.

Olja Višković.
Foto: TANJA ŠKOPAC

Giuseppina insegnante, Giuseppina poetessa, Giuseppina rivoluzionaria. Come confermato dalla Višković, questi sono gli aspetti principali della complessa personalità della Martinuzzi, che il Museo ha voluto (ri)presentare con l’esposizione in parola, accompagnando ciascuna di queste “aree tematiche” con documenti della stessa Biblioteca, per la quale la Martinuzzi diceva che fosse la cosa più preziosa che possedesse. Il contenuto di tutti i pannelli è stato tradotto in inglese e in italiano e le traduzioni sono disponibili tramite i codici QR che accompagnano i testi originali, preparati dalla Višković in croato. Il testo del pannello dedicato alla storia del lascito librario della Martinuzzi informa i visitatori che l’intellettuale albonese decise di lasciare la Biblioteca alla sua città natale all’età di 53 anni: risale, infatti, al 15 agosto 1897 il suo testamento in cui espresse questa sua volontà, specificando che si tratta di un piccolo regalo e di un risultato dei suoi risparmi e del suo lavoro.
“Nel testamento definì le condizioni per la conservazione della sua Biblioteca, tra cui la più importante era quella secondo la quale tutti i cittadini di Albona, uomini e donne in egual misura, avrebbero dovuto avere il diritto di leggere i materiali”, si dice nelle righe successive, in cui si sottolinea pure la speranza di Giuseppina che Albona “riuscirà a riconoscere il valore del dono, regalato con amore e affetto e con il desiderio che la cultura letteraria della città progredisse”. Alcuni anni prima della sua morte, avvenuta il 25 novembre del 1925, Giuseppina organizzò, a proprie spese, il trasporto della Biblioteca da Trieste ad Albona. Dopo la sua scomparsa il suo desiderio di conservare la Biblioteca ad Albona fu esaudito, ma negli anni ‘40 dello scorso secolo, a causa delle inadeguate condizioni della conservazione dei materiali, una parte del lascito fu trasferita nell’odierna Biblioteca universitaria di Fiume. Il resto rimase ad Albona, dove fu custodito negli ambienti dell’allora Circolo italiano di cultura.

Alcuni dei materiali “fiumani” con le copie del “Lavoratore” di Trieste, giornale del proletariato rivoluzionario, che Giuseppina volle “conservare per la storia”.
Foto: TANJA ŠKOPAC

Il lavoro pedagogico
La parte “fiumana” del lascito è costituita da fascicoli di cui fanno parte diversi scritti, tra cui documenti legati all’attività pedagogica, letteraria e politica della Martinuzzi, come pure la sua corrispondenza epistolare con il generale Oreste Baratieri, le cui truppe nel 1896 subirono una pesante sconfitta ad Adua in Eritrea e il quale per questo dovette far fronte a una serie di accuse. La Martinuzzi fu la prima o tra le prime persone a difenderlo. Vi sono pure 121 lettere della corrispondenza con l’albonese Tomaso Luciani (1818 – 1894), conosciuto per le sue posizioni irredentistiche, dalle quali la Martinuzzi si distanziò gradualmente. Secondo quanto aveva confermato negli anni scorsi il professor Vorano, molto preziosi sono i documenti legati all’attività di Giuseppina nelle scuole popolari, dal 1873 fino al suo pensionamento nel 1905. A Fiume erano finiti pure certificati di diploma, statuti e regolamenti di organizzazioni e cooperative, guide delle città, ritagli di giornali, brochure, poesie, ma anche degli scritti appartenenti al Gruppo femminile comunista. Nel 1961 la parte albonese del lascito librario fu spostata nel Museo popolare di Albona (fondato nel 1960) dov’è rimasta fino ai giorni nostri. Vi si trovano pure i mobili del suo appartamento albonese, il suo busto realizzato dallo scultore albonese Mate Čvrljak e il suo ritratto di M. Tedeschi (come confermato dalla Višković, non è noto il nome completo dell’autore). Entrambe le opere fanno parte dell’esposizione in parola.

L’angolo con i materiali “fiumani”.
Foto: TANJA ŠKOPAC

Nel Museo si trovano pure due armadi con 731 titoli, quaderni, giornali e manoscritti con i suoi discorsi e relazioni. Vi è anche il “Manuale mnemonico”, che la Martinuzzi diede alle stampe, a proprie spese, nel 1886 perché, come specificato nel testo del pannello incentrato sulla carriera dell’insegnante, “nessuna tipografia volle stamparlo”. Lo scrisse mentre studiava per l’esame per conseguire la licenza per lavorare nelle scuole e che volle in seguito condividere con gli altri insegnanti e con gli alunni, ai quali volle facilitare così l’insegnamento e l’apprendimento. L’opera, esposta nell’ambito della mostra, comprende 29 tavole sinottiche legate, dal punto di vista dei temi, alle materie delle scuole elementari, dalla grammatica e dalle lingue alla zoologia, all’Europa e alla “Divina Commedia” di Dante Alighieri.

Il “Manuale mnemonico”.
Foto: TANJA ŠKOPAC

Oltre a questo e alla collaborazione con diverse riviste pedagogiche, la Martinuzzi contribuì al campo pedagogico pure con l’opera nota come “Libro di lettura per le scuole popolari” per le prime cinque classi delle scuole elementari, la cui pubblicazione e il cui utilizzo nell’insegnamento non furono approvati dall’allora governo austriaco, che riteneva l’opera “poco austriaca e poco religiosa”. Tuttavia, il “Libro” venne pubblicato nel 1905, ma l’autrice e i suoi collaboratori non vi furono nominati. La pubblicazione venne utilizzata per l’insegnamento nelle scuole istriane. Per il suo lavoro pedagogico la Martinuzzi ricevette dei riconoscimenti: nel 1875 le fu conferito il diploma di “membro corrispondente” dell’istituzione nota all’epoca come Scuola di Giovanni Pico della Mirandola – Accademia scientifico-umanitaria e nel 1878 divenne socio onorario della “Società operaja dignanese”. I due riconoscimenti si trovano tra i documenti esposti in questi giorni al Museo popolare di Albona.

I materiali “fiumani”: guide di Trieste, Fiume… e “alcuni stampati sulle opere storico-militari del generale Oreste Baratieri e sulla sua azione in Africa”.
Foto: TANJA ŠKOPAC

Dalla scuola alla politica
Il lavoro dell’insegnante, a contatto con le classi umili, la indusse a diventare attiva anche politicamente. Come diceva lei stessa, le fu possibile divenire socialista proprio perché aveva avuto l’opportunità di lavorare come insegnante. Iniziò a ricoprire il primo incarico nel mondo della scuola nel 1873, dopo il conseguimento del necessario titolo di studio, quando fu assunta come maestra supplente nella scuola elementare femminile nell’odierno centro storico di Albona, prima di continuare la sua carriera a Gallesano. Nel 1875 conseguì il diploma per l’insegnamento nelle scuole popolari e andò a lavorare a Muggia. Nel 1877 si trasferì a Trieste, dove il suo primo impiego fu presso la scuola popolare del cantiere navale del “Lloyd”, frequentata dai figli degli operai dello stesso cantiere navale.
Negli anni successivi ebbe diversi posti di lavoro. Nel 1881 iniziò a lavorare nella scuola popolare nel rione operaio triestino Lazzaretto Vecchio, dal 1889 insegnò nella scuola del rione Barriera Vecchia e l’ultimo decennio della sua vita lavorativa lo trascorse nella scuola elementare della Cittavecchia, nella parte di Trieste in cui vivevano i ceti più poveri. Nei suoi 32 anni di lavoro nelle scuole popolari, con i bambini delle classi più umili, Giuseppina, nata e cresciuta in una famiglia benestante, arrivata ad Albona dal Friuli, divenne nota come “maestra dei poveri”, ma anche come “maestra della Cittavecchia”.
Il pannello dedicato alla sua attività politica ricorda gli inizi in questo campo, che risalgono ai primi anni del 20.esimo secolo: dapprima Giuseppina, il cui padre Giovanni ricoprì a suo tempo pure l’incarico di sindaco di Albona, fu attiva come irredentista, per diventare in seguito socialista, tra le prime in Istria. Lottò, dunque, anche attraverso le attività politiche per i concittadini meno abbienti, per gli operai e i contadini, in particolar modo per i minatori della propria città natale. Promosse il diritto degli oppressi all’educazione, uguali diritti per tutti i cittadini, la collaborazione tra il popolo italiano e quello slavo, come pure il diritto di voto per le donne. “Nei manoscritti e nei suoi discorsi continuava a sottolineare l’importanza di conferire il diritto di voto alle donne innanzitutto perché quest’ultime potessero avere l’opportunità di partecipare alla definizione e all’approvazione delle leggi che interessano le donne”, conferma l’autrice della mostra.

La vetrina con il programma delle Lezioni popolari di socialismo.
Foto: TANJA ŠKOPAC

Giornalismo e poesia
Portò avanti la sua lotta pure collaborando a diverse testate, tra cui la rivista “La Donna” di Bologna, la prima rivista italiana impegnata nella lotta per l’educazione delle donne e per il miglioramento della condizione femminile. “Insoddisfatta delle collaborazioni con i giornali, nel 1888 avviò a Trieste la sua rivista, ‘Pro Patria’, censurata dal governo austriaco fino al divieto della sua pubblicazione nell’aprile 1889. Giuseppina cambiò il nome del giornale in ‘Pro Patria Nostra’ e continuò a pubblicarlo fino all’aprile 1890, quando la rivista vide la definitiva chiusura perché, come Giuseppina disse, la lotta divenne impossibile”, sono alcune delle informazioni scelte per il pannello dedicato all’attività politica, dove si leggono pure alcuni particolari legati all’adesione della Martinuzzi al Partito comunista italiano nel 1921. Fu una delle prime donne ad aderirvi.
Come noto, Giuseppina lottava per i suoi ideali socialisti anche tramite la poesia. Tra i componimenti di carattere sociale, è noto il suo poema “Ingiustizia”, pubblicato nel 1907 a Trieste. Visitando l’esposizione è possibile apprendere che l’illustre albonese iniziò a interessarsi alla poesia già in età molto giovane, inizialmente copiando i versi dei grandi poeti italiani, tra cui Dante Alighieri, Torquato Tasso, Vincenzo Monti, Giovanni Prati, Arnaldo Fusinato. A dodici anni scrisse le sue prime poesie. In occasione dell’inaugurazione della scuola nel rione operaio Borgo San Martino di Pola nel 1886 scrisse un inno in cui esprime la propria gioia per il fatto che ai bambini degli operai fosse data l’opportunità di frequentare la scuola. Menzionato nel contenuto scelto per l’esposizione pure il suo “Inno del XXV anniversario della Società Albonese”, scritto per la Società di Mutuo Soccorso fra gli Operai Albonesi, su richiesta della stessa organizzazione e in occasione della ricorrenza menzionata.

Il ritratto di Giuseppina del 1898, di M. Tedeschi.
Foto: TANJA ŠKOPAC

L’esposizione dovrebbe essere un’introduzione a un’esposizione più grande che si intende realizzare per il centenario della morte della Martinuzzi, che ricorrerà il 25 novembre 2025. Lo vorrebbe pure il professor Tullio Vorano, che in una dichiarazione rilasciataci dopo l’inaugurazione della mostra, ha ricordato pure la sua idea di creare una pagina web dedicata alla Martinuzzi, su cui sarebbe consultabile, in forma digitalizzata, pure la Biblioteca in parola. Nel frattempo, come confermato da Renata Kiršić, direttrice dell’Upa, l’esposizione dovrebbe essere presentata in alcune realtà istriane. Oltre che dalla Città e dall’Upa, la realizzazione della mostra è stata sostenuta pure dal Ministero della Cultura e dei Media della Croazia.

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