
Correva l’estate del 1924. Fiume faceva da poco parte del Regno d’Italia. Finita la Grande guerra e dopo i tanti sconvolgimenti politici e cambiamenti di confine, Fiume guardava avanti, pensava allo sviluppo, che era stato bruscamente interrotto dalla Prima guerra mondiale. Tra i tanti problemi, ce n’era uno piuttosto serio, quello legato ai bambini e alla loro salute.
Durante i mese di novembre e dicembre del 1923, Margherita Giardino, moglie del generale Gaetano Giardino, governatore della città di Fiume (dal 16 settembre 1923 al 27 aprile 1924) fece una serie di visite alle scuole cittadine. Rimase molto colpita dal numero di bimbi gracili, anemici, rachitici e per di più malnutriti e malvestiti. Fece così appello al proprio consorte affinché facesse il possibile per fondare una Colonia marina, un rifugio stabile per questi bambini di Fiume. Ma non si fermò lì. Infatti, si mise alla ricerca del posto più adatto e lo trovò in piena periferia, in quello che all’epoca era il parco della ex Villa Arciducale.

La Fondazione Città di Fiume
All’inizio del 1924 il generale Giardino decise così di cedere l’ex villa Arciducale alla “Fondazione Città di Fiume” per le Colonie Marine e Montane. Si arrivò così nel luglio del 1924 e all’apertura della Colonia Marina di Villa Italia. Il posto da subito sembrò ideale, con una vegetazione ricca e rigogliosa, composta anzitutto da lauri, abeti e querce, vasti ripiani erbosi a due passi dal mare, con tanto di grande spiaggia. Per la sua apertura a luglio, dal Comitato Centrale della Croce Rossa Italiana arrivarono quattordici ampie tende con i relativi arredi di letti e biancherie. Inoltre, venne installato un impianto di docce. Questo nuovo complesso poteva accogliere ben 260 bambini. All’epoca esisteva un rustico caseggiato all’ingresso della Villa, che negli ultimi anni era stato la casetta del custode, sede della scuola e altro, attaccato al muro di cinta che delimitava il complesso sul versante della strada. Da casa del custode, all’epoca fu trasformato in cucina. Un padiglione Döcker fu adibito per la direzione e le infermiere. Infine, fu costruita anche una lavanderia. Insomma, il minimo per far funzionare la Colonia marina nei mesi estivi.

Improvvisato e inadeguato
Con l’arrivo dell’autunno, però, ci si rese conto di quanto tutto fosse improvvisato e inadeguato per le altre stagioni e dopo pochi mesi le porte della Colonia marina vennero chiuse. Il progetto continuò e dalla Direzione di Sanità si ottennero dei padiglioni Döcker che con alcuni adattamenti risolsero il problema e la Colonia da estiva divenne permanente. Naturalmente si fece pure il possibile per finanziarla. Grazie al grande interesse dalla capitale, vennero subito erogati i fondi necessari.
Grazie a tutto questo si passò alla realizzazione di un complesso ampio e ben organizzato, con la costruzione dei vari edifici e villette, lasciando i padiglioni Döcker. Quello che magari oggi affascina, a un secolo dalla sua apertura, è che tutto è rimasto praticamente immutato. Sì, è vero, è stato costruito il grande palazzo “bianco” che è diventato la sede centrale dell’Ospedale pediatrico, operativo dagli anni ‘60, e sono state aggiunte poche altre costruzioni di supporto.

Un balzo temporale…
Facciamo un balzo temporale da quella prima estate del 1924 ai giorni nostri e vediamo come si presenta il complesso dopo il trasloco dell’Ospedale pediatrico nel nuovo Ospedale per la mamma e il bambino a Sušak. Iniziamo la nostra passeggiata… dall’ingresso: a sinistra per le macchine, a destra per i pedoni. La prima cosa che possiamo notare sulla destra è il grande muro di cinta. La parte più alta dà l’impressione di essere per un lungo tratto sporchissima… da sempre. Però non è sporca! Si tratta di vernice. Un secolo fa, infatti, c’era la scritta che indicava proprio la sede della Colonia marina.
Sulla destra troviamo subito la costruzione più vecchia. Prima che venisse aperta la Colonia marina, questa era la casa del custode del complesso. Col passare degli anni, soltanto la prima parte rimase per il portinaio, mentre il resto venne trasformato in spogliatoio, scuola e altro. Poco avanti c’è un bivio e noi scegliamo la strada di destra, dove ci imbattiamo subito in una costruzione improvvisata che ospitava un negozio di alimentari e generi di prima necessità. Poco dopo alla sinistra sorge uno dei primi edifici costruiti proprio per la Colonia marina negli anni ‘20. Questo edificio, a due piani, ha avuto svariati ruoli nel tempo e negli ultimi anni è stato sede dei reparti di cardiologia, pneumologia e allergologia pediatrica al primo piano, mentre al pianterreno c’era il day hospital.

Immersi nel verde
Andiamo avanti, sempre più immensi nel verde e nel silenzio, e arriviamo al più grande palazzo, quello costruito alla destra negli anni ‘60 proprio per poter assolvere al nuovo ruolo del complesso, quello di Ospedale pediatrico. Si tratta di un edificio a tre livelli, con pianterreno e due piani, sede del policlinico. Subito accanto, sulla destra, c’è l’ex Villa Arciducale, il più grande edificio dell’epoca della Colonia. Costruita, infatti, proprio come Villa Arciducale, con la Colonia è stata ampliata da entrambi i lati e ha ricevuto il suo aspetto attuale. Di fronte c’è un’ampia terrazza, che in realtà è il tetto di una delle più vecchie costruzioni. Il tutto è sorto sul prato dove all’inizio c’erano le tende, subito sopra la grande spiaggia. Negli anni tutto è stato poi ampliato. Alla fine fungeva prevalentemente da cucina e magazzino. Bellissimo il panorama che si può scorgere sia dalla terrazza-tetto, sia da sotto, con vista su tutta la spiaggia.

La piscina in spiaggia
In spiaggia possiamo notare subito uno scorcio originale di un secolo fa: la piscina accanto al mare, naturalmente con acqua di mare e che oggi viene riempita soltanto dalle onde e dalla pioggia. Proseguiamo lungo il nostro percorso verso ovest e dopo una parte di solo verde arriviamo agli ultimi due edifici, un po’ isolati, costruiti alla fine degli anni ‘30. Da una parte c’erano i malati più gravi, dall’altra – l’edificio in fondo – venivano date possibilità di svago ai bambini, visto che era adibito in parte a una specie di teatro e dall’altro lato, grazie alla sue ampie finestre, all’elioterapia. Poi negli anni è cambiata la destinazione d’uso. Visto il ruolo pure educativo, l’ultimo edificio è stata trasformato in un’ampia sala per le lezioni, con ben 120 posti, con tanto di biblioteca. Negli ultimi anni, in questi edifici sono stati allestiti gli appartamenti per i genitori dei bambini ricoverati.

La scalinata nascosta
Ci riempie un po’ di tristezza dover constatare il cedimento del tetto di quest’ultimo edificio, proprio quello costruito nel 1939 e del tutto originale, con ampie finestre da tutte le parti. Sotto questi edifici c’è un parco. Fino a qualche anno fa era ben curato, con diversi sentieri e panchine di pietra. Lì accanto doveva esserci una cappella, di cui negli anni però si è persa ogni traccia. Accanto all’ultimo edificio, oggi quasi del tutto nascosta, inizia una scalinata che porta fino al muro di cinta sulla strada principale. Ma non è lì per caso. Una volta, infatti, qui c’era una porta e faceva da collegamento con Villa Maria, la casa di fronte. Fino al restauro, qualche anno fa, si poteva ancora leggere il nome della villa. Anche questo complesso ha avuto un suo ruolo nel periodo della Colonia marina.

Il rifugio antiaereo
Sul lato sud degli edifici, oltre al parco ci sono anche diverse piccole spiagge. A nord vediamo soltanto un ampio parcheggio e tanto verde. Quel verde, però, non è stato un vero parco. Infatti, qui era stato costruito l’inceneritore dei farmaci, la zona dello scarico del carbone e altro. Tutto era collegato al muro di cinta sulle strada principale, dove oggi possiamo vedere delle porticine. Si capisce subito che non sono lì per caso, ma con un ruolo ben preciso e che ce ne sono diverse fino alla porta che conduceva alla Villa Arciducale.
Torniamo proprio qui per dare un’occhiata a una zona di qui si è persa la memoria negli anni. Infatti, da entrambi i lati della Villa ci sono due entrate, quasi nascoste e ben protette. Entrambe hanno un lungo tunnel che porta a un’ampia stanza. Si tratta di un grande rifugio antiaereo, costruito proprio in vista della guerra. Per farsi un’idea di quanto fosse grande, basti dire che venne costruito per poter accogliere 200 persone. Il rifugio si trova nel bel mezzo del “Parco degli allori”, ben lontano dalla strada. Un occhio attento vi potrà ancor oggi scorgere qualche piccolo foro per l’aerazione.

La «firma» della Fonderia Skull
Torniamo al sole e andiamo a perlustrare il resto del complesso. Dopo l’ampia terrazza-tetto scendiamo e prendiamo subito la destra per andare dritti dritti alla spiaggia, dove ancora l’anno scorso c’era chi vi faceva il bagno. L’ingresso in mare è tutt’altro che facile, considerati i grandi sassi. Andiamo però a vedere da vicino la vecchia e originale piscina. Nelle immediate vicinanze troviamo uno dei due lampioni centenari e subito accanto una piccola costruzione, magari usata in passato dai pescatori per portare pesce fresco alla colonia, visto che sopra c’era la cucina. Dall’altro lato della spiaggia c’è l’altro lampione superstite, perché sicuramente in passato ce n’erano diversi altri.
Lasciamo la spiaggia e torniamo sopra per raggiungere l’ultimo dei grandi edifici, uno dei primi a essere costruiti, dove ultimamente c’era la clinica pediatrica. Dalle ampie finestre al pianterreno e al primo piano, oggi vediamo dentro ancora diversi letti, giocattoli e altro. Tanti i dettagli, ben conservati, presenti delle costruzione originale. Subito davanti c’era la zona della grande bandiera. Oggi sembra un pezzo di cemento senza senso, ma è uno dei piccoli testimoni muti del primo giorno della Colonia, dove fu issata la bandiera. Poco avanti, immersa nella vegetazione, si trova una costruzione verde con una strana forma e con ai lati dei tubi neri. Avvicinandosi, si può notare con sorpresa che sono stati fatti dalla Fonderia Skull! Visto che è difficile datare questo capanno, forse questi tubi non sono altro che i resti dei vari lampioni che si trovavano in riva al mare o lungo i sentieri, gemelli di quelli superstiti vicino al mare. All’inizio era una zona giochi, ma negli ultimi anni è diventato un capanno per gli attrezzi dei giardinieri.

Il bunker e il filo spinato
Andiamo avanti e troviamo un sentiero che porta al mare. A differenza di tanti altri percorsi che porta proprio al mare, questo ci conduce all’unico bunker, ben conservato, presente nel complesso, dal quale si schiude un bellissimo panorama verso la zona della spiaggia e della piscina. Per chi guarda dall’altro lato, non si accorge nemmeno che qui c’è un bunker, quanto è ben mimetizzato tra le rocce.
Non ci rimane altro che salire fino al portone d’ingresso e fare ancora una passeggiata lungo il lato esterno. Subito di fronte alla fermata degli autobus c’era la grande lavanderia, oggi “scomparsa”, mentre sopra sono sopravvissute ancora le vecchie baracche. Camminando verso ovest guardiamo il muro di cinta. È un muro di antica data, ma che ancora oggi sorprende con il filo spinato(?!?) e nei punti in cui aveva ceduto, il muro è stato “rafforzato” con cocci di vetro, quasi si trattasse di un carcere e non di un complesso dedicato alla cura dei bambini.
Con questo triste testimone del passato finisce la nostra passeggiata nel complesso prima dell’ex Colonia marina e poi dell’Ospedale pediatrico, che ha chiuso le sue porte tre mesi fa. Oggi sono ancora in corso il trasloco e la pulizia dell’intero complesso, dopo di che tutto passerà nelle mani della Città di Fiume. Quale futuro aspetta questa zona ricca di storia, non lo sappiamo ancora. Speriamo che la storia e la ricca vegetazione possano resistere all’impeto della modernizzazione.





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