
Il Croatia Open spesso e volentieri rappresenta un trampolino di lancio per le future stelle del tennis. Un esempio? Il grandissimo Rafael Nadal, che ha giocato a Umago quando aveva solo diciassette anni (era il 2003…), perdendo in semifinale contro l’amico Carlos Moya – il “colpevole” per il suo arrivo –, che poi conquisterà il torneo superando in tre set Filippo Volandri, l’attuale capitano dell’Italia di Coppa Davis. Il mancino di Manacor comunque ricorderà a lungo la sua “prima volta istriana”, e purtroppo anche l’ultima, in quanto proprio a Umago vincerà il primo titolo in assoluto a livello ATP, il doppio con Alex Lopez Moron. Colui che poi scriverà pagine memorabili del tennis – uno dei più forti giocatori di tutti i tempi, si è ritirato l’anno scorso a 38 anni dopo aver vinto 22 tornei del Grand Slam, di cui 14 Roland Garros, e 92 in totale – a onor del vero si presenterà a Umago nel 2005 da numero 2 al mondo. A questo punto è necessario riavvolgere il nastro e per farlo ci affidiamo a Slavko Rasberger, il direttore per antonomasia del Croatia Open, che sarà a capo dell’apparato organizzativo per vent’anni, ovvero dalla prima edizione. “La tavola era stata apparecchiata a festa, Rafa stava giocando da Dio, aveva una striscia di 34 vittorie sul rosso ed era reduce dal successo a Stoccarda. Era praticamente imbattibile sulla terra, ma anche stanco e un pochino acciaccato – ricorda Rasberger con un pizzico, anzi tanta nostalgia –. E inevitabilmente arrivò il forfait, ma c’è sempre un ma… Nadal dimostrò grande rispetto per Umago e per il sottoscritto e si rese autore di un grandissimo gesto. Dopo la vittoria in Germania si precipitò immediatamente a Umago, perché voleva spiegare in prima persona i motivi del suo ritiro. Quindi scese sul Centrale e si scusò con il numeroso pubblico per la sua assenza”.
Chi va piano…
Chiacchierare di tennis con Slavko Rasberger è sempre un piacere e un privilegio: c’è una gran novero di storie, aneddoti e racconti impossibili da ripercorrere tutti nel dettaglio. Quindi è necessario scegliere, selezionare, mettendoci magari anche un po’ di ordine cronologico. Le prime due edizioni sono state per così dire di apprendistato, all’insegna di chi va piano va sano e va lontano: nel 1990 Goran Prpić vinse il suo unico titolo in carriera battendo un certo Goran Ivanišević, all’epoca 19enne, mentre l’anno dopo il qualificato ucraino Dimitri Poliakov stupì tutti superando lo spagnolo Sanchez, non il famoso Emilio, bensì Javier. Curiosità: sono i fratelli di Arantxa Sanchez Vicario, vincitrice di quattro tornei Slam.

Foto: Jurica Galoic/PIXSELL”n”n”n”n”n”n
Musterminator, un signore
La svolta arriva nel 1992 e ha un preciso nome e cognome: Thomas Muster. Giocare a tennis in un Paese in guerra, anche se in Istria la situazione è tranquilla, non è per nulla facile. Il torneo rischia di scomparire dalla mappa del tennis mondiale e la presenza di Musterminator è una garanzia per tutti, anche per i turisti che arrivano dall’Austria. E ovviamente vince contro Franco Davin, con l’argentino che strada facendo sconfisse Alex Corretja e Andrei Medvedev. “Thomas ha giocato tre volte durante la guerra e ha fatto… tris. Avevamo concordato la sua prima partecipazione durante un incontro a Vienna e in quell’occasione decise di donare il montepremi che avrebbe guadagnato a favore della Croazia tramite un apposito fondo austriaco denominato ‘Il vicino in difficoltà’ – ricorda Rasberger –. Un anno arrivò a Umago con i genitori che mi colsero di sorpresa. ‘Signor Slavko, ma non ci conosciamo già’, mi dissero. Erano stati a Umago con Thomas da bambino per alcuni appuntamenti giovanili di tennis, che all’epoca dirigevo”. Il secondo titolo arrivò nel 1993 (battuto Alberto Berasategui, che si rifarà l’anno dopo) e il terzo nel 1995 al termine di una finale epica contro Carlos Costa, quando salvò tre match point nel secondo set. “Muster arrivò a Umago da numero 1 al mondo e come vincitore del Roland Garros. Fu una finale indimenticabile e quanto Thomas ci tenesse a vincere lo dimostrò durante la premiazione. Prese la coppa per mostrarla al pubblico, si fermò e la posò a terra. Quindi mi sollevò di forza davanti a uno Stella Maris in visibilio. Nessuno lo aveva mai fatto e quando gli chiesero il motivo rispose: è perché no? Slavko non è per nulla pesante. Ecco, questo era Thomas, un grande uomo e un grande tennista”.
Charlie, il re di Umago
La vittoria del 1995 di Thomas Muster è stata carica di significati per diversi motivi, il più importante sicuramente per l’ideale passaggio di consegne con Carlos Moya, lo spagnolo che diventerà il marchio di riconoscimento del Croatia Open. Cinque vittorie e 14 partecipazioni per il tennista di Palma de Mallorca, ma umaghese d’adozione, non sono noccioline. “Charlie, perché così lo chiamano gli amici e io lo considero tale, raggiunse il tabellone principale dalle qualificazioni ma venne eliminato al primo turno da Alberto Berasategui, basco di Bilbao, all’epoca numero 7 del mondo – racconta Slavko Rasberger –. Aveva gli occhi lucidi, stava trattenendo a stento le lacrime. Poi a un certo punto si presentò distrutto nel mio ufficio e cercai di consolarlo dicendogli che ero convintissimo che sarebbe ritornato a Umago e che avrebbe vinto. L’anno dopo non era ancora all’altezza di un torneo ATP, ma mi chiamò chiedendomi se avessi una wild-card per lui. Gli dissi ‘Vieni, che ti aspettiamo’. E lui venne e ovviamente vinse. Sono cose che si ricordano tutta la vita”. Il direttore, permetteteci di chiamarlo ancora così, ricorda che non era troppo “amato” dal manager di Moya, che una volta gli disse che avrebbe giocato per la cifra che io avrei potuto garantirgli. Non ho mai abusato di questo fatto, però alle volte i soldi non c’erano proprio e Moya si presentava regolarmente a Umago. Ricordo che un anno eravamo proprio al verde, era difficilissimo assicurare la presenza di un qualsiasi giocatore. Chiamai Moya e gli dissi: ‘Charlie, non ho né i soldi né i giocatori e lui rispose: ma dai, ci sono io…’. Venne a Umago e vinse ancora il torneo. Ecco questa era Carlos Moya”. Allo spagnolo è legato anche un simpatico aneddoto. “Una volta durante l’intervista di rito dopo la vittoria gli venne chiesto che cosa lo legasse al sottoscritto e lui rispose tutto serio ‘sono che convinto che se uno di noi due fosse donna oggi saremmo sposati’”.

Foto: Petar Glebov/PIXSELL
Davydenko e Đoković
La 20esima edizione del torneo, l’ultima di Rasberger da direttore, è stata vinta da Nikolay Davydenko, che ha travolto in finale Juan Carlos Ferrero perdendo soltanto tre giochi. Il russo si era trovato a meraviglia allo Stella Maris, potendo anche coltivare la sua grande passione, la pesca. “Sapevamo bene di questo suo hobby – ricorda Rasberger –. E quindi gli avevamo organizzato una battuta di pesca, che lo ha sorpreso. Lo attendeva un pescatore professionista di Umago e i due sono usciti in barca muniti di canna. Al ritorno aveva gli occhi pieni di gioia e il sorriso stampato sulle labbra, si era divertito un mondo”. A Umago c’era anche Novak Đoković, che con il fratello Marko disputò il torneo di doppio. Nole non era alla prima partecipazione, in quanto nel 2006 perse l’atto conclusivo contro lo svizzero Stan Wawrinka, che ha 21 anni conquistò il primo titolo in assoluto. Đoković dovette ritirarsi sul 6-6 del primo set per disidratazione. “Con Đoković ho avuto sempre un ottimo rapporto, lui è particolarmente legato al Croatia Open”. Infatti, Nole disputò il primo torneo ATP in assuluto proprio a Umago nel 2004, perdendo al primo turno con Filippo Volandri.

Foto: Sanjin Strukic/24sata
Parata di stelle
Nell’era Rasberger sono stati tantissimi i giocatori di assoluto valore mondiale che hanno mangiato polvere allo Stella Maris. Come il brasiliano Gustavo Kuerten, che prima di trionfare al Roland Garros nel 1997 (poi ne vincerà altri due…) – come sottolinea Rasberger – vantava come migliore piazzamento i quarti di finale a Umago. Oppure l’istrionico cileno Marcelo Rios, che sollevò la coppa nel 2000. “Rios era straordinario come giocatore, ma anche come persona. All’apparenza era poco disponibile e ruvido con i media, ma soltanto con quelli che entravano nella sua vita privata. Se si parlava di tennis e di sport, non c’era nessun tipo di problema”. Lo possiamo confermare, perché intervistando Rios a Umago avevamo fatto una chiacchierata senza guardare l’orologio nel corso della quale ci disse tra l’altro che in Cile l’unico sport che veniva considerato era il calcio: “Essere il numero uno del mondo del tennis è molto relativo quando ci sono di mezzo Zamorano o Salas…”. Così a Umago sono scesi in campo ben nove giocatori che a un certo punto della carriera sono diventati numero uno al mondo: Thomas Muster, Rafael Nadal, Marcelo Rios, Carlos Moya, Gustavo Kuerten, Juan Carlos Ferrero, Novak Đoković, Carlos Alcaraz e Jannik Sinner.

Foto: Srecko Niketic/PIXSELL
Federer, nessun rimpianto
Un campionissimo che manca nella collezione di Slavko Rasberger è Roger Federer, un po’ il Pier Luigi Pizzaballa della situazione, cioè il leggendario portiere dell’Atalanta diventato famoso per la sua figurina Panini “introvabile”. “Ero in ottimi rapporti con il suo manager, ma non abbiamo affrontato proprio mai il discorso di Federer e Umago. Sapevo che era una missione impossibile arrivare allo svizzero – spiega Rasberger –. Se Federer è diventato Federer lo deve principalmente alla moglie Mirka, che ha curato nel minimo dettaglio la sua carriera, dalla programmazione dei tornei all’alimentazione fino alla preparazione fisica. E la terra battuta nel periodo di svolgimento del Croatia Open faceva a pugni con i suoi piani. Spiace, ma nessun rimpianto”.
Tutti i diritti riservati. La riproduzione, anche parziale, è possibile soltanto dietro autorizzazione dell’editore.
L’utente, previa registrazione, avrà la possibilità di commentare i contenuti proposti sul sito dell’Editore, ma dovrà farlo usando un linguaggio rispettoso della persona e del diritto alla diversa opinione, evitando espressioni offensive e ingiuriose, affinché la comunicazione sia, in quanto a contenuto e forma, civile.