Le mie prime paure sono legate a un’immagine cupa che occupava mezza pagina di un giornale italiano. Credo che si trattasse della pubblicità di qualche capo di abbigliamento, ma non ricordo più quale. Ogni volta che mio padre apriva quella pagina, mi sentiva pronunciare la famosa frase: “Che paura l’uomo coi baffi”. E provavo veramente paura, scappando da quella visione e rifugiandomi in un angolo, lontano da quella sagoma terrificante che possedeva un paio di baffi, ma mica tanto grandi. Una paura irrazionale, che di solito provano tutti i bambini: c’è chi ha terrore del buio, chi dei ragni, chi delle lucertole, chi di alcuni oggetti come l’aspirapolvere. Paure inspiegabili, incredibili e incomprensibili, che cessano con l’acquisizione della conoscenza, con la crescita e la maturità.
Da allora sono passati anni, decenni, secoli, per così dire. Quella paura irrazionale e infantile è scomparsa, lasciando tuttavia in me una certa antipatia quando vedo passare dei baffi, baffetti o baffoni. Ma rimane tutto lì. Una paura innocente, archiviata nei miei ricordi.
Eppure, dalle paure inspiegabili e irrazionali, se non spiegate e smantellate, possono nascere e svilupparsi tanti mali, riconoscibili anche e ancora nel mondo di oggi. In particolare, se le paure vengono alimentate dall’ignoranza verso i fatti, gli eventi e i processi. Un campo ideale in cui la manipolazione prende iniziativa e regna sovrana, diffondendosi inesorabilmente in tutte le aree dell’attività umana. La manipolazione delle informazioni ha pervaso le nostre vite a tal punto che talvolta non riusciamo più a riconoscere la verità. Ed è un fatto molto grave, perché la menzogna spesso e volentieri indossa gli abiti della verità con spudorata arroganza, penetrando nella mente della gente in maniera più che convincente. Una manipolazione tira l’altra, cosicché l’esistenza umana viene spesso trascinata in queste trappole fatte da false convinzioni ed ecco che ne scaturiscono degli stereotipi apparentemente ingenui, che si sviluppano poi in intolleranze e si manifestano alla fin fine con l’odio. Dalla paura all’odio, il percorso è breve. Il mondo è saturo di paure, manipolazioni, intolleranze e odio di tutti i tipi, ma quello che fa più paura è l’odio verso il prossimo dovuto ai vari tipi di diversità, assieme all’indifferenza verso la sofferenza altrui, perché sia le differenze che le sofferenze disturbano la quotidianità già pregna di troppe disinformazioni che fuoriescono dal sacco delle menzogne.
Sofferenze
Le sofferenze non mancano nel secondo più grande continente del mondo, l’Africa, di cui non posso non menzionare lo Stato della Nigeria. La sua storia, lunga e complessa, è contrassegnata dal colonialismo iniziato ancora nel lontano ‘400 con i primi mercantili portoghesi che si sono avventurati verso le coste dell’Africa occidentale, seguiti dagli olandesi e terminati con la presenza britannica. Sappiamo che tutte le storie note sino ad ora sono state scritte dai vincitori e il caso della Nigeria non è un’eccezione. Il nome stesso è stato imposto dal Governo britannico, come anche l’organizzazione del Paese, e se li portano avanti gli abitanti della Nigeria, a volte con orgoglio e pazienza e a volte con profonda disperazione. Ma chi sono in realtà gli abitanti di questo Paese dell’Africa nera? Chi sono veramente i nigeriani? Le risposte sono molteplici. Dipende dai punti di vista. Innazitutto, i nigeriani sono abitanti di un Paese noto per essere il Paese più popoloso dell’Africa. L’ultimo censimento parla di circa 240 milioni di anime, la cui età media è di 18 anni. Un Paese giovane, con tanti giovani. A loro vengono attribuiti tanti stereotipi di connotazione negativa, la cui esistenza non si può né si vuole negare, un esercito di persone trascinate nei meandri criminali delle società mondiali. Giovani che vanno alla ricerca di “green pastures” in altri ambienti, in terre promesse, molti non ritornando più. Esiste un altro volto di questa terra martoriata e che fatica a farsi notare: a partire dagli scienziati apprezzati a livello mondiale, scrittori e scrittrici del passato, ma anche contemporanei, che nelle loro opere descrivono la storia, la cultura, la tradizione e la tragedia dei paradossi passati e odierni, i musicisti noti non solo nel Paese nativo. Le due facce della medesima medaglia: la realtà nigeriana. Sono più di 500 i popoli presenti in Nigeria, riconosciuti come gruppi etnici con le loro diverse lingue e tradizioni, tra cui i maggiori appartengono ai popoli Hausa, Igbo e Yoruba, non dimenticando altri gruppi etnici, meno numerosi ma importanti per la storia nigeriana grazie alla loro cultura e arte. La Nigeria fatica a superare i suoi paradossi e a sanare vecchie ferite ancora aperte, come ad esempio quella sorta nella storia recente, a partire dalla guerra del Biafra e alla divisione del Paese, attraverso la presenza decennale dell’organizzazione terrorista Boko Haram fino ai numerosi piccoli gruppi di criminali e vari fuorilegge che terrorizzano alcuni territori del Paese. La terra sanguina ancora per la crescente povertà, per la pessima organizzazione della vita, che non può essere considerata civile per gran parte dei suoi abitanti. Il continuo scarseggiare delle materie prime e dei servizi essenziali quali l’elettricità, l’acqua potabile nelle case, strade trafficabili e sicure, scuole di qualità e tanto altro, nonostante il Paese vanti risorse naturali enormi, che vengono sfruttate in primo luogo da coloro che possiedono la tecnologia, i mezzi e i fondi necessari per ricavare i propri interessi, porta molti a decisioni estreme. La gente comune non trae vantaggi dalle ricchezze, ma soltanto coloro che hanno il potere nelle proprie mani. La gente comune ricorre all’agricoltura, quella tradizionale della zappa e della coltivazione di culture con cui sopravvivere. E la terra continua a soffrire, insieme alle sue scuole, ai suoi bambini e ragazzi, agli insegnanti che insegnano in due o tre classi contemporraneamente, ricevendo un misero stipendio e costretti a svolgere altri lavori per sopravvivere e/o far sopravvivere le proprie famiglie. Non è una novità il fatto che i bambini, nelle famiglie numerose, vengono responsabilizzati molto presto e si prendono spesso cura dei fratelli minori e delle faccende domestiche mentre i genitori cerano in tutti i modi – onesti – di portare i soldi a casa. Lo si può notare nelle scuole frequentate da fratelli e sorelle che in ogni momento controllano e si prendono cura dei minori nelle loro necessità quotidiane quali i pasti, l’acqua da bere, le matite e i quaderni su cui scrivere e alla fine, li portano sulle spalle a casa, al termine delle lezioni. I figli sono la più grande ricchezza della Nigeria. Insieme agli immensi mercati ai bordi delle strade in cui si vende di tutto e di più. Chi ha visitato i mercati in Nigeria, conosce la loro abbondanza e varietà. Potete trovare molti tipici prodotti agricoli in ogni stagione, insieme alle spezie locali e alla carne macellata e venduta al banco. Si sente però la presenza globale del mercato cinese e indiano, assieme all’onnipresente legame degli ex colonizzatori col mercato. Quello che manca nel campo dell’agricoltura è la conservazione dei prodotti, a causa della mancanza di regolare fornitura di energia elettrica. Esistono alternative riscontrabili in generatori, che devono però essere sempre alimentati da carburante, il quale a sua volta scarseggia. Un altro paradosso dello Stato, che dal petrolio ricava i suoi maggiori guadagni.
Famiglia
Tornando al discorso famiglie, i genitori mandano volentieri i loro figli a scuola perché vogliono vederli raggiungere livelli civili, sociali ed economici più alti di quelli in cui si trovano ora. Nelle zone rurali la situazione cambia a causa della scarsità di scuole funzionanti e del fatto che le famiglie vivono esclusivamente di frutti della terra, coltivati da adulti, ragazzi e bambini.
La scuola è l’unica garanzia che porta la giovane persona a costrursi una vita migliore. Sì, proprio così. In Nigeria, le opportunità di lavoro non sono offerte come nel resto del mondo, si costruiscono con difficoltà. Il suo popolo è noto per il fatto di riuscire a creare qualcosa di buono dal nulla. Gran parte della gente si arrangia in maniera onesta. Fatica, svolge diversi lavori manuali e al contempo studia riuscendo persino ad aiutare i propri genitori che vivono nei villaggi. In Nigeria, i giovani che hanno dei genitori bisognosi di aiuto, si prendono cura di loro. Almeno così impone la tradizione e molti di loro la rispettano ancora, per amore verso i loro genitori e per rispetto verso le persone anziane.
E mentre il mondo corre verso un futuro sempre più preoccupante, visti i numerosi conflitti, le pericolose competizioni tra Paesi che difendono i loro influssi e poteri e la crisi economica globale, la Nigeria nonostante tutto, vuole credere nel riscatto e continua con il suo lento recupero. Il percorso rimane faticoloso, d’altronde i nigeriani sono abituati alla fatica e riescono sempre a produrre qualcosa, malgrado la scarsità di tutti i generi di prima necessità, la svalutazione continua della moneta locale, la perdita di capitali al livello nazionale, l’inflazione galoppante che non vuole arrestarsi e che ultimamente rischia di risvegliare grandi manifestazioni di protesta, come in altri Paesi africani, per le difficoltà diventate ormai insostenibili.
Verità nascoste
In queste condizioni, le scuole rimangono un punto fermo, una luce di speranza che splende nella vita dei figli e del futuro del Paese. Le scuole hanno un personale capace non solo di trasmettere le conoscenze ma, prima di tutto, di insegnare come superare gli ostacoli della vita in modo abile e competente. Sono scuole da cui molto presto usciranno delle persone responsabili, che sapranno affrontare tutte le sfide della vita, insieme. La proverbiale unità africana, presente tra tutti i popoli e così anche quelli nigeriani, vive tra le persone, sta alla base del successo dei giovani che un giorno saranno capaci di guidare il loro Paese in modo coerente, armonioso e dignitoso.
Finisco con una domanda, che a questo punto sorge spontanea: ma che cosa c’entra l’uomo con i baffi con la Nigeria? C’entra, eccome.
L’uomo coi baffi non lo incontrerete in Nigeria. Non vi abita. La gente lì non parla di paure, semplicemente perché non ha tempo per pensarci. Ha paura però dell’incomprensione, dell’indifferenza e del silenzio del resto mondo. Di un mondo che, invece, abbonda di paure. Si tratta di quelle paura incomprensibili, causate dalla presenza dell’ignoto e dall’ignoranza, che limita la percezione della realtà, divisa tra primo, secondo e terzo mondo. Limita la percezione della verità. Perché il mondo in cui viviamo tutti insieme, è uno e unico. Non dimentichiamocelo. Con i baffi e senza. La verità si nasconde spesso e volentieri sotto i baffi.
*docente del Dipartimento di Studi Italiani dell’Università di Zara
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