Castello di Momiano. Un lungo percorso verso il recupero

Costruito all’inizio del XIII secolo dai Duinati, ne furono proprietari i Raunicher e i Rota. Dopo un lungo abbandono, dieci anni fa è iniziata una lunga opera di restauro con i fondi della Città di Buie, del Ministero della Cultura e del Media e della Regione istriana

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Castello di Momiano. Un lungo percorso verso il recupero

La storia di Momiano e del suo castello ha sempre ispirato numerosi studiosi. Fortunato Olmo, nel suo “Descrittione dell’Histria” pubblicato nel 1885 per conto degli Atti e memorie della Società istriana di archeologia e storia patria, ricorda il Castello di Momiano sottolineando la salubrità dell’aria momianese; Nicolò Manzuoli nella “Nova descrittione della Provincia dell’Istria con licenza de’ superiori et con privilegio” del 1640, accenna alla distanza da Buie, mentre Giacomo Filippo Tommasini nei “Commentari storico-geografici della Provincia dell’Istria”, scritti intorno alla metà del XVII secolo ma pubblicati nel 1837 nell’Archeografo triestino, fornisce un’accurata descrizione storica, culturale, artistica, demografica, etnografica, economica e geografica del territorio. Così pure Prospero Petronio, nelle sue “Memorie sacre e profane dell’Istria”.

Tracce dell’organizzazione interna dell’antico maniero

Una storia millenaria
Anche se il territorio fu abitato fin dalla preistoria, la storia di Momiano, o Mimiliano, inizia con la sua citazione nel Diploma con cui l’imperatore Corrado II il Salico, concede ai capodistriani alcune ville “per latere Mimiliani”, ossia a fianco di Momiano. Per Simone Rota, la cosa va posticipata al Diploma con cui Enrico IV (regnò tra il 1050 e il 1106) investì del marchesato d’Istria Sigeardo. Nel 1102 Momiano viene citata nella donazione eseguita dal marchese Voldarico a favore del Patriarcato d’Aquileia. I patriarchi lo affidarono in gestione ai Duinati, loro fedeli vassalli. Il castello fu poi dei Pramperg e quindi dei Raunicher.

Originari della Toscana per il Kandler, di Ravenna secondo Simone Rota, i Raunicher (Raunicar, Raunacar), possedevano beni feudali sull’Altipiano carsico e nell’Istria austriaca. Il loro arrivo a Momiano è incerto: Stefano Rota fa riferimento al 1313, altri al 1338 o addirittura al XV secolo.
Con la guerra austro-veneziana del 1508, i piranesi, approfittando dell’assenza dei Raunicher, occuparono militarmente Momiano, con l’approvazione, giunta due anni dopo, del Senato veneziano. Nel 1535, in seguito alla Sentenza tridentina, i Raunicher ne ripresero possesso e il 27 gennaio 1548 cedettero il castello di Momiano ai conti Rota bergamaschi per 5.555 ducati, che lo ebbero in possesso fino alla fine del feudalesimo. A siglare l’atto furono Bernardino Raunicher e Simone I Rota.

Il percorso che porta al castello; a sinistra il basamento del ponte levatoio

La società contadina
Il territorio del castello confinava con le aree di Capodistria, Pirano, Buie e Grisignana ed era caratterizzato dalla presenza di diverse comunità di villaggio che, con le rispettive strutture rappresentative e le giurisdizioni, costituivano la struttura fondamentale della società contadina, interferendo sui rapporti sociali e influenzando i comportamenti collettivi, le scelte e le strategie produttive. Dette comunità gestivano il territorio a loro soggetto in conformità a precise norme consuetudinarie e alle disposizioni che disciplinavano i diritti e gli obblighi degli abitanti e il funzionamento dell’apparato di governo locale. Questi abitati erano gestiti dal capovilla o zupano, affiancati dal vicezupano e dal consiglio comunitario. Stando alle fonti storiche, il castello momianese possedeva edifici, terre arative, prati e boschi. Nelle sue proprietà si producevano grano, avena, vino, olio d’oliva e si raccoglievano i frutti di 24 noci e 247 castagni.

La roccia sulla quale poggia la torre del Castello di Momiano

Simone e figli…
All’epoca di Simone I, all’interno del maniero, a fianco della torre, si trovava la chiesa di famiglia, dedicata a Santo Stefano Protomartire, rimasta in funzione fino al 1721. Vi si celebravano i battesimi e i matrimoni dei membri della famiglia. Il palazzo residenziale disponeva di due vaste sale, di cui una al piano inferiore e l’altra a quello superiore.

Dalla “Descrizione di Momiano e il suo territorio”, veniamo a sapere che il castello era “assai forte per ogni batteria di mano, e scorrerie, per la bella Torre, baloardi, e meraviglie, è fabricato sopra una grotta viva, che in una valle sorge fra due monticelli… Nel Castello vi sono poi due degni Palazzi, l’uno a fronte dell’altro con tutti i suoi comodi per ogni rispetto e per ogni gran signorile alloggio abitati da due discorsi fratelli: Orazio e Giovanni Paolo Rota Conti, con il cortile nel mezzo e Chiesola dedicata al Protomartire Santo Stefano, rimanendo quasi indivisi, ed in comune col ponte già detto di pietra, ponte levatore, pezzi d’artiglieria nella detta corte, e sopra la Torre, come anco la porta grande di detto Castello sopra la quale vi è l’arma Rota intagliata in pietra con queste parole: Simon Co: Rota Eques decori.et comodo”. Il documento è custodito nella cassaforte dell’Archivio di Stato di Pisino e il prof. Jakov Jelinčić l’ha attribuito al vescovo Tommasini, data l’enorme similitudine con il testo comparso nei “Commentari storico-geografici della Provincia dell’Istria”.

L’interno della torre

Padroni negligenti
Nonostante l’obbligo assunto verso le autorità veneziane, i Rota non s’occuparono molto della manutenzione del castello. Lo fece Simone I poco dopo la sua venuta a Momiano, ma intorno alla metà del XVIII secolo la famiglia lo abbandonò per trasferirsi in una nuova dimora, sita nella parte inferiore di Momiano, nota come Villa di Sotto, distrutta in un incendio agli inizi degli anni 50 del XX secolo. Le autorità veneziane denunciarono lo stato di degrado del castello, che nel 1637 versava in condizioni critiche, particolarmente il tetto e i ponti. Nel 1698 venivano segnalate pure le pessime condizioni in cui versava il portale, mentre agli inizi del XVIII secolo il degrado era tale che le autorità marciane imposero ai Rota d’intervenire. Simili imposizioni, purtroppo senza esito, seguirono anche più avanti. Le riparazioni erano rese difficili anche dall’istituto dell’ereditarietà. In precedenza, il castello passava in mano al primogenito e ciò garantiva l’indissolubilità della proprietà e l’interesse alla sua conservazione. Venendo poi trasmesso con la suddivisione ereditaria a tutti gli eredi in parti uguali, tra questi dilagò il disinteresse per la sua conservazione.

Verso la fine del XIX, secolo, Simone Rota, nelle “Notizie sui tre casati di Momiano”, lo descriveva così: ”L’orlo del monte è circondato da una muraglia che rinserra un orto vasto, tagliato a scaglioni, il quale era congiunto un tempo al ponte, su cui passando i signori del castello entravano nell’orto e salendo giungevano alla chiesa di San Martino. La saracinesca stava in quell’estremità del ponte che toccava l’ingresso del castello. Di certo nell’ortaglia, dove passavano i signori ultimi, i Raunicher e forse anche i primi, vi saranno stati dei gradini o scalinate, giacché per salire alla chiesa l’erta sarebbe stata incomoda. Egregiamente conservato è il torrione del castello. La grotta su cui sorge tutta la mole, indubbiamente fu consumata agli orli dal martello dei secoli. È certo che intorno al castello vi sarà stato un sentiero a precipizio sì da potervi camminare, ciò che oggi non è. L’arco superiore del portone esiste. Dietro la torre, ove stava attaccata la chiesetta della famiglia, le fondamenta scoscendevano sì da non lasciarvi più traccia”.

Tracce degli edifici interni del castelllo

Le ricerche archeologiche
Tra gli scorsi mesi di agosto e novembre, il Dipartimento di Archeologia terrestre dell’Istituto nazionale di restauro ha condotto delle indagini archeologiche al castello, esplorando quasi tutta la superficie, a eccezione di quella indagata in precedenza. A condurle è stato l’archeologo Josip Višnjić. Gli scavi rientravano nel progetto di recupero statico e costruttivo di quanto rimane dell’antico maniero. L’intervento è stato supportato con 350mila kune dal Ministero della Cultura e dei Media della Repubblica di Croazia. Lo stesso Ministero e l’Istituto nazionale di restauro, nell’ambito del progetto “e-Cultura – Digitalizzazione del patrimonio culturale”, cofinanziato dal Fondo europeo per lo Sviluppo regionale nell’ambito del Programma operativo di competitività e coesione 2014-2020, hanno predisposto la scansione tridimensionale della struttura e l’elaborazione dello studio sul suo stato architettonico, da parte dell’AGG di Pola.

“Le indagini archeologiche sono importanti nella realizzazione dei complessi interventi di restauro delle fortezze medievali – dice Josip Višnjić, che abbiamo interpellato in merito – e sono uno dei presupposti fondamentali per giungere a una corretta pianificazione e compimento dell’opera. Tale necessità si è qui manifestata poiché, viste le condizioni attuali della struttura, la ricerca archeologica è quasi l’unico modo per raccogliere informazioni utili sul suo sviluppo architettonico e sulla vita quotidiana dei suoi abitanti. In questo modo abbiamo raccolto tutte le informazioni necessarie per un adeguato approccio di ristrutturazione e di presentazione della struttura”.

Josip Višnjć

La fortezza dei Duinati
Nel caso del castello momianese, gran parte delle strutture visibili appartiene alle sue prime fasi di sviluppo. Le indagini hanno messo in luce l’organizzazione dello spazio interno, che oltre alla torre e all’edificio residenziale aveva pure dei vani economici. Non è stata individuata la posizione della cappella di Santo Stefano, menzionata nelle fonti storiche. Lo sviluppo architettonico della fortezza è stato molto dinamico e le sue strutture sono state soggette a frequenti alterazioni e modifiche concettuali. I consistenti reperti archeologici testimoniano la cultura materiale promossa dai suoi abitanti nei lunghi secoli di utilizzo, ma anche le influenze culturali esterne. “Tali ritrovamenti – prosegue Višnjić – ci consentono di rilevare alcune delle attività che si svolgevano nel castello, per esempio la forgiatura del ferro. I ritrovamenti sono un’importante fonte di datazione e grazie a questi possiamo confermare con certezza che la sua edificazione è avvenuta all’inizio del XIII secolo, come confermano le analisi al radiocarbonio eseguite su alcuni campioni di carbone rilevati negli strati archeologici più antichi. In questo modo possiamo confermare che i suoi più antichi proprietari noti, la famiglia dei Duinati, poi diventati de Mimiliano, furono in realtà i costruttori di quest’imponente fortezza. La seconda fase più intensa d’uso e costruzione del forte è riconducibile al periodo del passaggio di proprietà alla famiglia Rota nella prima metà del XVI secolo”.

Un disegno del Castello di Momiano del XVIII secolo, custodito nell’Archivio di Stato di Venezia

Punto di forza del territorio
L’importanza dell’indagine svolta è evidente e le nozioni ricavate contribuiranno allo studio dell’edificazione delle fortezze medievali e a comprendere l’uso e lo sviluppo architettonico di simili costruzioni in Istria e oltre. L’intervento di recupero del castello di Momiano è iniziato nel 2010, grazie agli sforzi comuni della Città di Buie, che per anni si è occupata della soluzione delle questioni giuridico-patrimoniali, del Ministero della Cultura e dei Media e della Regione istriana, con la collaborazione della Sovrintendenza ai beni culturali di Pola. Finora sono state spese più di 950mila kune, di cui 600mila stanziate dalla Città, 250mila dal Ministero e 100mila dalla Regione. Questo è soltanto l’inizio d’un lungo percorso, che, si spera, porti quanto prima al recupero del castello, che in quanto tale potrebbe rappresentare uno straordinario volano di promozione turistica e di sviluppo del territorio.

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