Ana Rušin Bulić. «Nel restauro è essenziale rispettare l’originalità dell’opera d’arte»

La restauratrice e conservatrice superiore del Dipartimento fiumano dell'Istituto nazionale di restauro (HRZ) commenta i risultati dell'intervento di recupero della celebre «Natività» di Piero della Francesca svolto dalla National Gallery di Londra, che ha suscitato numerose polemiche

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Ana Rušin Bulić. «Nel restauro è essenziale rispettare l’originalità dell’opera d’arte»
Foto: IVOR HRELJANOVIĆ

Sono serviti 15 mesi per portare a termine il restauro della “Natività” di uno dei massimi artisti del primo Rinascimento italiano, Piero della Francesca. Il dipinto, datato 1475, custodito dalla National Gallery di Londra, è stato presentato al pubblico lo scorso dicembre, ma il risultato finale dell’intervento, guidato dalla restauratrice senior del museo, Jill Dunkerton, ha causato una vera e propria bufera. Molti hanno sentenziato che i lavori sono stati svolti in maniera troppo invasiva, con ritocchi “incerti, grossolani e rozzi”, come ha commentato l’esperto d’arte Jonathan Jones sul “Guardian”, il quale ha aggiunto che “la National Gallery ha rovinato il Natale o, per essere più precisi, ha provato a distruggere uno dei più grandi dipinti della Natività del mondo”. Le critiche più pesanti hanno riguardato una macchia bianca sul muro della stalla e i volti dei due pastori sul lato destro del dipinto, i quali avrebbero ora “un’espressione idiota”. L’intento della restauratrice era quello di “allontanare” le due figure dei pastori (che prima, con i loro volti troppo chiari, apparivano in primo piano) per farli retrocedere visivamente nel secondo piano del dipinto.

Recuperati preziosi dettagli
A prescindere dalle critiche, è importante notare che il dipinto era stato danneggiato nel corso del tempo e ha così perso alcuni preziosi dettagli. È stato questo il motivo che aveva spinto il curatore italiano Gabriele Finaldi, da qualche anno direttore della National Gallery, a sottoporre l’opera a un minuzioso intervento di restauro. Il dipinto fu per anni creduto incompiuto, ma quest’ultimo intervento ha svelato il mistero: il dipinto non è affatto incompiuto, bensì rappresenta una versione “profonda e commovente”, come scrive InsideArt, “della nascita di Cristo, vista attraverso gli occhi della santa e mistica del XIV secolo Brigida di Svezia”.
Il quadro vanta una lunga storia. I documenti del 1500 testimoniano che la “Natività” fosse appesa nella camera da letto del palazzo di famiglia di Piero della Francesca come opera devozionale destinata alla contemplazione privata, scrive ancora InsideArt. Il dipinto rimase in famiglia fino al 1825, quando “fu inviato a un parente fiorentino, già in cattivo stato e reduce da qualche ridipintura”. Venne acquistato dalla National Gallery nel 1874: all’epoca il pannello di legno era rotto, il dipinto macchiato, mentre le immagini dei pastori erano state consumate fino al disegno sottostante avendo subito una pulizia troppo abrasiva. Nonostante ciò, il museo pagò all’epoca una cifra esorbitante per il quadro, il quale venne sottoposto a un intervento di restauro nel 1884 e successivamente nel 1950, il quale si rivelò troppo pesante.

L’approccio al restauro
Curiosi di conoscere il parere di un esperto in riguardo a un restauro che ha suscitato così tanti commenti negativi, abbiamo interpellato Ana Rušin Bulić, conservatrice e restauratrice superiore in seno al Dipartimento fiumano dell’Istituto nazionale di restauro (Hrvatski restauratorski zavod – HRZ), la quale ci ha parlato anche del mestiere di restauratore e dell’approccio adottato negli interventi di conservazione e restauro delle opere d’arte in Croazia.
“Quando si tratta di restauri di capolavori della storia dell’arte mondiale, questi vengono di regola scrutati con attenzione e spesso alcune soluzioni degli esperti suscitano delle polemiche – ha osservato Ana Rušin Bulić –. L’esperta che ha guidato il restauro della ‘Natività’ di Piero della Francesca, Jill Dunkerton, ha una grande esperienza in questo campo. Il dipinto era molto danneggiato, anche in seguito a degli interventi di restauro eseguiti male. La ‘Natività’ è un dipinto su tavola lignea, la quale presentava una profonda fenditura. Questa spaccatura non è visibile al pubblico, ma è importante risanarla al fine di conservare il dipinto. Da ciò che ho potuto vedere, i restauratori della National Gallery hanno fatto un ottimo lavoro in questo contesto e anche i ritocchi della spaccatura sono stati fatti a regola d’arte. Per quanto riguarda i due pastori sul lato destro del dipinto, che sono l’elemento più ‘controverso’ dell’intervento di restauro, la restauratrice ha spiegato che questi sono stati ritoccati perché erano troppo danneggiati e quindi lo sfondo bianco del dipinto risultava pronunciato in primo piano e confondeva la percezione dell’opera. Con il ritocco, le due figure sono state fatte retrocedere in secondo piano, dov’è la loro posizione naturale.
Qui sorge il problema, in quanto un restauratore deve decidere fino a che punto ritoccare il dipinto, ovvero quando sia opportuno fermarsi. Questa decisione non viene presa da una persona, bensì da un team di esperti. Si tratta di una pratica consolidata in Croazia, per cui credo che la medesima modalità venga adottata anche in Inghilterra. Jill Dunkerton ha sottolineato, inoltre, che sui pastori sono stati applicati dei colori nuovi e che nel lavoro si è tenuto conto del disegno sottostante fatto da Piero della Francesca. Si tratta, inoltre, di un intervento reversibile, il che vuol dire che è possibile, se in un futuro si decidesse di farlo, rimuovere facilmente i ritocchi effettuati sul dipinto”.

Fermare il processo di deterioramento
“Ritengo che sia un bene che si parli pubblicamente di un restauro e che questo venga valorizzato in maniera critica, in quanto si tratta di interventi che riguardano tutti. Infatti, stiamo parlando di capolavori che appartengono a tutta l’umanità. Per un restauratore, la cosa più importante è fermare il processo di deterioramento di un’opera d’arte – un processo che riguarda ogni cosa al mondo e anche noi – e di conservare il suo carattere. Per questo motivo, durante un restauro cerchiamo di mantenere al minimo gli interventi, anche se è necessario prendere in considerazione pure la posizione in cui l’opera d’arte verrà collocata. Se un dipinto si trova sull’altare principale di una chiesa, l’opera verrà ritoccata e si procederà con una ricostruzione degli elementi mancanti – un intervento che deve essere sostenuto da prove concrete e ben documentate e viene deciso da una commissione di esperti. Se invece questa viene collocata in un museo, allora è accettabile che sulla sua superficie rimangano visibili delle screpolature.
Tornando alla ‘Natività’ – anche se è difficile dare un giudizio definitivo senza averla vista dal vivo –, ho notato che prima dell’intervento il dipinto presentava numerose lacune ed era stato sottoposto a diversi interventi in passato, per cui la situazione sulla sua superficie era piuttosto caotica. Di conseguenza, credo che per gli esperti sia stata una sfida decidere in quale direzione procedere con il restauro”.

Immagino che ogni restauratore responsabile dell’intervento su un celebre capolavoro si trovi sotto pressione…
“Questa situazione si può paragonare al lavoro di un medico, in quanto ogni opera è importante, anche se non tutte vantano la stessa qualità e il medesimo valore. Il fatto che a un restauratore sia stata affidata un’opera d’arte di valore inestimabile non dovrebbe influire più di tanto sulla qualità del suo lavoro. Come un medico deve dedicarsi con la massima serietà e professionalità a ciascuno dei suoi pazienti, offrendo loro la migliore cura possibile, così anche un restauratore deve impegnarsi a dare il suo meglio nel restauro di ogni opera che gli viene affidata. Tuttavia, è vero che lavorando su capolavori di questo rango un restauratore percepirà maggiore pressione e anche maggiore interesse da parte degli esperti della sua professione e del pubblico.
In poche parole, direi che il restauro della ‘Natività’ di Piero della Francesca sia stato svolto in maniera ottimale. Personalmente, preferisco intervenire il meno possibile sui dipinti, rispettando al massimo le intenzioni dell’autore. Sono sempre alla ricerca di un compromesso che soddisfi tutti”.

Riportare il dipinto a uno stato ottimale
Ci sono delle differenze nell’approccio al restauro e alla conservazione delle opere d’arte nell’Europa occidentale rispetto a quella meridionale, ovvero all’Italia, dove l’arte del restauro vanta un livello altissimo? Dove si colloca la Croazia in questo contesto?
“Le differenze erano maggiormente percepibili in passato: queste riguardavano, ad esempio, la pulitura dei dipinti. C’era una differenza tra coloro che preferivano togliere tutti gli strati aggiunti al dipinto nel corso dei secoli (ritocchi e ricostruzioni) e coloro che decidevano di mantenere in alcuni casi gli strati aggiunti successivamente”.

Dunque, possiamo dire che lo scopo di un restauro non è quello di riportare il dipinto al suo stato originale?
“Un’opera d’arte non può mai essere riportata al suo stato originale, in quanto su di essa si notano le tracce dello scorrere del tempo. Lo scopo è quello di riportarla a uno stato ottimale. Il tempo lascia le sue tracce anche su un essere umano attraverso le rughe e altri cambiamenti fisici e lo stesso vale anche per un dipinto. Anche le imperfezioni causate dal tempo fanno parte del dipinto che abbiamo davanti. Esso, oltre a possedere un valore artistico ha anche un valore documentale e a volte determinati interventi e ritocchi applicati a un quadro sono giustificati e motivati, per cui rappresentano un valore anche questi. Insomma, non esiste una formula in base alla quale approcciarsi al restauro di un’opera d’arte: ciascun dipinto è un caso a sé stante”.

Gli interventi di restauro vengono oggigiorno svolti utilizzando materiali che si possono facilmente rimuovere in futuro. Qual è l’idea che sta dietro a questa scelta?
“L’idea di base è che in questo momento non sappiamo in che direzione si svilupperà la tecnologia. Tutti i materiali che vengono utilizzati nel restauro e nella conservazione sono stabili e mantengono le loro proprietà nel tempo, ma non si sa mai in che direzione si evolverà questa professione, per cui è importante che ogni intervento sia reversibile e che si possa annullare senza danneggiare l’opera d’arte. Nelle epoche passate non era diffusa l’idea dell’importanza della conservazione dell’idea originale di un’opera d’arte e spesso i ritocchi a un dipinto venivano svolti in maniera pesante. Tuttavia, esistevano degli individui che rispettavano l’originalità dell’opera. La coscienza dell’importanza dell’intenzione originale dell’artista si è evoluta in maggior misura nel XIX e nel XX secolo. In Italia, un grande stimolo allo sviluppo di questa professione lo ha dato, purtroppo, la grande alluvione a Firenze nel 1966, che provocò gravi danni al patrimonio artistico-culturale. Ho avuto modo di conoscere la pratica italiana in questo campo dopo la laurea, quando ho trascorso un anno a Firenze”.

La fase iniziale del rinnovo
Ha lavorato al restauro dei dipinti murali nel Palazzo dello Zucchero a Fiume?
“Ho lavorato soltanto alle indagini iniziali, ovvero alla campagna di saggi stratigrafici nelle varie stanze del Palazzo mentre questo era ancora in stato di abbandono, con la quale abbiamo voluto ottenere informazioni sui vari strati storici dell’edificio. Non mi sono occupata del successivo intervento di restauro dei dipinti murali, che è stato portato avanti dai miei colleghi. Ho visitato il Palazzo osservandolo nel suo insieme e credo che siano favolosi sia l’ambiente che l’allestimento permanente. Sono felice che questo edificio, come pure l’intero complesso Benčić, sia stato messo in funzione”.

Di che cosa si occupa in questo momento in seno all’Istituto?
“Sto lavorando a un dipinto dell’altare laterale della chiesa di San Girolamo a Fiume. Si tratta di un’opera del Settecento che ha bisogno di un intervento di pulitura, ma non è particolarmente danneggiata. Una volta risistemata al suo posto, l’opera abbellirà gli interni della chiesa rendendoli più chiari e freschi”.

I dipinti allo «Zajc»
Ha lavorato anche ai dipinti di Gustav ed Ernst Klimt e Franz Matsch che decorano il soffitto del Teatro Nazionale Croato “Ivan de Zajc” di Fiume. In che stato si trovavano queste preziose opere?
“Tutte le opere erano ricoperte da uno spesso strato di polvere che ‘soffocava’ i colori dei dipinti. La ‘Santa Cecilia’ di Gustav Klimt aveva subito notevoli danni, tanto che la sua superficie si sgretolava e si staccava dal supporto. Queste opere sono ora in buono stato e possono resistere ancora per decenni. Un restauratore deve avere molta pazienza e sensibilità per i dettagli. È una bella sensazione recuperare un’opera che sembrava persa e darle una nuova vita, rispettando sempre le intenzioni dell’autore”.

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