Alle falde del Lovćen

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Alle falde del Lovćen

Ho sempre preferito le ore mattutine per andare alla scoperta dei luoghi, mentre i più ancora dormono o sono in tutt’altre faccende affaccendati. Anche adesso mi sto godendo l’immenso lido di Bečići presso Budua/Budva, perla del litorale Montenegrino, assolutamente deserto e silenzioso. Quella che nel 1935 fu proclamata al Gran Prix di Parigi la più bella spiaggia d’Europa, ospita oggi un gigantesco complesso arberghiero che ha inghiottito la gran parte dell’antico e prosperoso oliveto disteso sulle falde alle sue spalle. I raggi del sole nascente fanno brillare la sabbia e gli splendidi ciottoli di diaspro verde e rosso, creando riflessi dorati; lo stesso dicasi della vegetazione mediterranea che circonda gli edifici, rilucente per la miriade di goccioline dovute alla traspirazione notturna. Due passeri, già sazi per aver banchettato con i datteri di una palma, se ne stanno sui rami della pianta a godersi il crescente tepore.

L’ex capitale

Tra un po’ si partirà alla scoperta di quella che fu la capitale del Paese fino all’inizio della Prima guerra mondiale, ma che tuttora resta il centro culturale e l’attuale residenza del presidente montenegrino. Una comoda strada sale a Cettigne/Cetinje proprio da Bečići, attraversando un’area carsica popolata soltanto da una sporadica vegetazione. Il vasto polje che ospita la città, visto dall’alto, non fa assolutamente presagire tutte le interessanti peculiarità di quest’ultima. Fondata nel 1482 dal sovrano medievale Ivan Crnojević, venne rasa al suolo per ben due volte dagli ottomani; ricostruita completamente, continuò a rappresentare il centro politico e spirituale dell’ultimo paese libero nei Balcani ottomani, riconosciuto come stato sovrano solo nel 1878, al Congresso di Berlino.

Il «suocero d’Europa»

Dopo questa data Cettigne iniziò ad ospitare parecchie sedi diplomatiche straniere, nei cui edifici, peraltro molto rappresentativi, oggi si trovano interessanti musei e biblioteche. Il Palazzo del re Nicola, ultimo monarca del regno, è attualmente Museo nazionale del Montenegro. Quest’interessante e fiero personaggio, considerato dagli storici un despota benevolo, veniva definito all’epoca il “suocero d’Europa”, avendo maritato, con teste coronate o nobili, ben cinque delle sue figliole. Tra esse, la principessa Elena/Jelena, che sposò il re d’Italia Vittorio Emanuele III di Savoia; un’unione, narrano le cronache, molto affiatata e felice, nonostante la notevole differenza di statura, che nel popolo montenegrino ha creato un forte legame affettivo con l’Italia.

La residenza di Njegoš…

La giornata soleggiata, cosa abbastanza rara per la piovosissima regione, ci permette di passeggiare piacevolmente; visitiamo così, non lontano dal palazzo reale, l’edificio della Biljarda, in cui visse un altro grande dell’ultima dinastia, ossia Petar II Petrović Njegoš, principe e vescovo, autore del Serto della montagna (Gorski vijenac), l’opera storica ed epica che rappresenta una pietra miliare nella letteratura montenegrina. Un po’ più in là, al bordo della conca, sotto un costone carsico, si trova il monastero ortodosso, ricostruito dopo la distruzione provocata da una potente esplosione innescata dai montenegrini per impedire che l’edificio cadesse in mano turca (e che fece numerose vittime da entrambe le parti).

… e il suo Mausoleo

Dal polje di Cettigne la strada s’inerpica fino al passo di Čekanje a 1006 metri, da cui si prosegue sino a Njeguši, paese natale della dinastia dei Njegoš. Già salendo s’intravvede la gigantesca sagoma del Lovćen, talmente spettacolare e interessante dal punto di vista naturalistico da venir proclamato, già nel 1952, parco nazionale. Delle sue due vette, lo Štirovnik (1748 m) e lo Jezerski vrh (1604 m), l’ultima ospita il Mausoleo di Petar II Petrović Njegoš. Il massiccio rappresenta il confine tra l’ambiente marittimo e quello continentale, limitando a strapiombo la parte orientale delle Bocche di Cattaro ed è quindi popolato da una fauna particolare e da una flora ricchissima, con endemi e numerose piante relitte, lasciate in eredità dalle glaciazioni, molte delle quali prosperano anche nella parte del massiccio appenninico che si trova esattamente dall’altra sponda di questo tratto dell’Adriatico. Costituito da sedimenti carbonatici, il Lovćen presenta tutte le forme carsiche possibili. In un ambiente simile non è strano che nidifichino ben 200 specie di uccelli e non è raro incontrare, tra i vari rettili, anche le testuggini di Hermann. Tra i vegetali spiccano il pino loricato, una specie rustica e molto resistente e la campanula, il lamio, il viburno e il verbasco del Lovćen, che in quest’ultimi secoli hanno destato l’interesse di parecchi botanici di fama europea.

Le collezioni d’armi

A Njeguši sono d’obbligo una sosta per l’assaggio dell’ottimo prosciutto locale e una visita alla casa natale del poeta Petar II. A questo punto, è da citare quanto riportato a proposito delle abitazioni dei montenegrini, dallo scrittore di viaggi de Somier, che descrisse nel contempo anche la natura di questa stirpe fiera e indomita: “Vanitosi, come tutti i popoli guerrieri, trovano la soddisfazione più autentica nel possesso delle armi, specie se belle e finemente decorate. È un segno di ricchezza nazionale; per esse sacrificano tutto, per cui la collezione d’armi è nelle case l’arredamento più significativo, il più vistoso e, nella maggior parte delle abitazioni, anche l’unico”.

I venticinque tornanti

Da questo abitato, che in lingua montenegrina si definisce katunsko, ossia stanziale estivo, si diramano due viabili molto particolari: l’antica mulattiera che per secoli costituì il collegamento con Cattaro/Kotor e che si cala zigzagando lungo il canalone del fiume Scorda/Škurda e quella più moderna, ultimata nel 1884, voluta da re Nicola per le necessità di una viabilità migliore dopo il riconoscimento della sovranità del Montenegro. Per realizzare il progetto venne ingaggiato l’ingegnere Josip Šilović Slade di Traù, che trascorse ben vent’anni della sua esistenza in questo paese, dedicandosi a varie opere civili. La più interessante è proprio la strada con ben venticinque tornanti che dal passo di Krstac a 965 m, scende fino in riva al mare. Per percorrerla al volante (specie se si guida un autobus) ci vuole una buona dose di perizia e soprattutto di coraggio (per non parlare delle urla emesse dai passeggeri che vi transitano per la prima volta).

Dopo Magellano… Visin

Dal belvedere posto sulla cima del versante rivolto al mare, dove ci fermiamo per una sosta, il panorama è a dir poco mozzafiato (ossia di quel poco che è rimasto dopo il primo tratto di strada): oltre a Cattaro si riescono a vedere parecchi altri abitati delle Bocche, tra cui Perzagno/Prčanj, paese natale di Ivan Visin, il sesto marittimo dopo Magellano ad aver circumnavigato il globo; quest’intrepido capitano, il cui pronipote è nato e vive attualmente a Fiume, compì l’impresa viaggiando per ben sette anni a bordo del bricco “Splendido”. Dall’alto si può ammirare anche la penisola di Vrmac che culmina col monte Sv. Ilija (766m), che in passato ebbe grande importanza strategica sia per gli ottomani che per i veneziani, i quali eressero alcuni forti nelle zone più idonee. Per un naturalista sono invece molto particolari i boschi di lauri e castagni autoctoni e quelli di lauri e oleandri che ne ricoprono fittamente le falde; l’intera area, per le sue caratteristiche, rappresenta quindi un ottimo sito di svernamento per gli uccelli continentali. La strada si conclude con tre stretti tornanti che formano una lettera “M” maiuscola e che rappresentano, come vuole una facezia popolare, l’iniziale del nome della principessina Milena, le cui grazie avrebbero affascinato l’ingegner Slade (e, meno male, viene aggiunto nella storiella, che non si chiamava Olga!).

I tempi della Serenissima

L’occhio si posa infine sulla cittadina di Perasto/Perast, dove nel 1797 il conte Giuseppe Viscovich, capitano delle Guardie, pronunciò il famoso giuramento intitolato “Ti s nami a mi s Tobom/Ti con nu e nu con Ti”. Alla caduta della Repubblica di Venezia, dopo ben 377 anni di fede alla Serenissima, chiudendo le insegne e il gonfalone in una cassettina che venne sepolta nel Duomo, espresse, assieme ai suoi concittadini, l’omaggio a un governo dal quale non si speravano più né onori, né premi, né ricompensa; il fatto denota la grande rettitudine di una nazione, che pone tuttavia la propria libertà al primo posto, ma che considera anche attualmente il periodo veneziano come quello più prospero.
Lasciando alle spalle Castel Nuovo/Herceg Novi e lungo tutto il lungo viaggio di ritorno, ripenso alle intense giornate appena trascorse. Le eccezionali bellezze naturali, l’interessante eredità storica e il suo popolo fiero e particolarmente incline all’ospitalità, fanno davvero del Montenegro un paese assolutamente unico. Tornarci, per esplorarlo ancora, sarà uno dei miei prossimi obiettivi.

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