Liste d’attesa. Queste sconosciute

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Liste d’attesa. Queste sconosciute

FIUME | Carenza di personale e condizioni di lavoro ben diverse da quelle dettate dai cosiddetti standard UE. È questa la realtà con la quale si confronta il Centro per l’assistenza sociale (CZSS) di Fiume. Ne abbiamo parlato con il direttore Karlo Balenović, che pone l’accento sul numero insufficiente di assistenti sociali e sulle conseguenze che ne derivano: “Ciascuno di loro si occupa di circa 200 famiglie”. Nel dettaglio precisa che attualmente il Centro impiega “46 assistenti sociali mentre, ai sensi del Regolamento sulla sistematizzazione dei posti di lavoro, ne dovremmo avere 8 di più. Inoltre – aggiunge –, mancano ancora 4 psicologi e 2 legali. Nell’UE ogni assistente sociale si prende cura di 30 famiglie. Ci vorranno anni e anni per raggiungere tale standard”.

Norme contrastanti

Quanto al turn-over, Balenović chiarisce che negli ultimi 6 anni sono stati assunti 30 giovani assistenti sociali, a fronte di altrettanti che hanno lasciato il posto di lavoro o perché sono andati in pensione o perché hanno trovato un altro impiego. “Il numero insufficiente è sicuramente un problema, ma la questione chiave sta nell’esperienza, ovvero nella sua mancanza. Attualmente ci sono pochissimi assistenti sociali, con più di 5 o 6 anni di anzianità di servizio alle spalle, la maggior parte espleta questo lavoro da uno o due anni. Perciò hanno più difficoltà a barcamenarsi tra le varie Leggi e norme, spesso in conflitto tra loro”, chiarisce il direttore.

Registra-esegui-risolvi

L’operato del Centro è di ingerenza del Ministero per la Demografia, la Famiglia, i Giovani e le Politiche sociali e i suoi dipendenti devono attenersi a numerose Leggi. “Le due più importanti sono quella sulla Famiglia e quella sulla Tutela sociale, ma sottostiamo anche alla Legge sulla procedura amministrativa, a quella sui Tribunali e sui Giovani (per i minori con disturbi del comportamento), alla Legge sul lavoro… A causa della mole di norme inerenti a vari campi – fa notare Balenović –, solamente gli assistenti sociali con anni di esperienza sanno trovare una soluzione soddisfacente”.
Il direttore sottolinea comunque che “solamente al Centro per l’assistenza sociale non ci sono liste d’attesa. Qui tutto funziona con il sistema registra-esegui-risolvi. ‘Con che cosa’ e ‘con chi’ sono domande che nessuno si pone, ma alle quali noi dobbiamo dare una risposta. Visto il numero esiguo di personale, cosa succederebbe se introducessimo anche noi le liste d’attesa? Se a una persona veramente allo stremo dicessimo ‘torna tra uno o due mesi’? Personalmente non potrei farlo e nemmeno i dipendenti del Centro, ma se le cose non cambieranno non so quanto a lungo potremo resistere”.

Auspicabile il decentramento

Una sorta di grido d’allarme dovuto anche al fatto che, stando a quanto dichiara Balenović, “dal 1999 le cose stanno precipitando. Non abbiamo ancora toccato il fondo, ma ci siamo vicini. Secondo me, l’assistenza sociale va decentrata, ogni Regione dovrebbe prendersi cura dei propri abitanti, stabilire di quali istituzioni abbia bisogno e sviluppare quelle che servono”. In altre parole, andrebbe stilato un piano di sviluppo e bisognerebbe operare determinate scelte riguardo all’assegnazione dei finanziamenti. “Non basta assumere, bisogna pensare anche a come trattenere le persone”, fa presente il direttore del Centro, che sottolinea: “Quello che conta non sono le isitituzioni in sé, ma le persone che vi lavorano. Finora tutti i piani di sviluppo dell’UE, come quelli nazionali o i progetti sociali, si sono rivelati dei buchi nell’acqua, non hanno prodotto nulla di nuovo, nessun miglioramento. Perciò, l’intero sistema continua ad affondare. Se ne accorgono quotidianamente i fruitori, ma anche i dipendenti del Centro. L’opinione pubblica? Viene coinvolta soltantoquando scoppia uno scandalo”.

Serve maggiore sensibilizzazione

FIUME | Di assistenza sociale si parla quando scoppia un “caso” emblematico, come la tragedia vissuta dai bambini di Pago, gettati dal balcone dal padre. Tre di loro (due bambine e il fratellino) sono stati dimessi dall’ospedale di Zara e affidati alle cure domiciliari, mentre la bambina che ha riportato le ferite più gravi e che è ricoverata al CCO di Zagabria dovrebbe tornare a casa in settimana. Oltre al padre, l’opinione pubblica, ma anche il Ministero competente, accusa di negligenza il Centro per la tutela sociale di Zara, in particolare la sua direttrice. Impossibile pronunciarsi in merito senza conoscere tutti i dettagli del caso, ma certo è che la situazione è molto complessa e che se da una parte il Consiglio d’amministrazione del Centro ha deciso (a maggioranza) di rimuovere la direttrice dall’incarico, trasmettendo la proposta al Ministero per l’approvazione, dall’altra i dipendenti del Centro di Zara hanno espresso sostegno alla loro direttrice e azioni volte a sensibilizzare l’opinione pubblica sulle difficoltà che incontrano gli assistenti sociali sono state organizzate in numerose città croate. Così è stato anche a Fiume, dove l’iniziativa è stata coordinata dall’Associazione degli assistenti sociali. “Siamo convinti che l’opinione pubblica non sia a conoscenza dell’organizzazione del lavoro nei Centri, come neppure del fatto che gli assistenti sociali applicano Leggi riferite ai settori più disparati, dalla tutela dei membri più poveri della società, alla tutela dei bambini e dei loro diritti, degli invalidi, delle persone anziane e inermi, dei malati psichici, alla tutela legale e al settore degli affidi – ha spiegato la presidente dell’associazione, Dragica Bojka-Gergorić –. Inoltre, devono partecipare ai procedimenti giuridici (al Tribunale per le trasgressioni o quello penale, oppure per la famiglia), mentre la posizione di tutti i dipendenti dei Centri è molto specifica: da un lato rappresentano lo Stato e devono attenersi strettamente alle Leggi in vigore, mentre contemporaneamente devono operare nell’interesse dei fruitori, rispettando i limiti previsti dalle stesse leggi”. La manifestazione puntava dunque in primo luogo a sensibilizzare, perché gli assistenti sociali sono convinti che è i passi avanti siano fattibili, “ma – così la Bojka-Gergorić – bisogna volerli fare e servono il sostegno del Ministero competente e del governo”. Ma serve anche una collaborazione più ampia, e in questo senso la Bojka-Gergorić ha invitato tutte le istituzioni a operare in rete a favore dei fruitori del Centro. L’Associazione degli assistenti sociali organizza molto spesso azioni per sensibilizzare l’opinione pubblica. Lo farà anche in occasione del 19 marzo, Giornata mondiale del servizio sociale.

«Non abbiamo la bacchetta magica»

“Siamo in pochi, troppo pochi. Indiciamo concorsi spesso, ma a farsi avanti ogni volta ci sono meno candidati. Se poi non provengono dalla Regione litoraneo-montana, la paga mensile riesce a malapena a coprire le spese di vitto e alloggio, per cui sono in tanti a desistere. Questo è un lavoro duro, esigente, stressante, che si può svolgere solamente se si ha un grande amore per il prossimo. Oggi viviamo in un’epoca in cui domina l’alienazione, non ci si occupa gli uni degli altri. Se invece l’intera società fosse un po’ più orientata verso l’essere umano, se si collaborasse un po’ di più, se si interagisse un po’ di più, la vita sarebbe almeno un tantino migliore”. Lo dichiara la presidente dell’Associazione degli assistenti sociali, Dragica Bojka-Gergorić, facendo notare che della categoria si parla soltanto quando accade qualcosa di brutto, mentre non si evidenzia mai il duro lavoro quotidiano che svolgono gli assistenti sociali.
“Quando una persona giunge da noi, solitamente i problemi si sono già accumulati. Però, mentre ce li espone, è certa che saremo noi, a risolverli. Questo è uno dei momenti peggiori, quando la si deve convincere che noi siamo a disposizione solamente per instradarla, per aiutarla, sì, finanziariamente, se ne ha il diritto, per sostenerla nel percorso di autoaiuto. Non abbiamo né la sfera di cristallo, né la bacchetta magica. Siamo a disposizione dei cittadini per ascoltarli, per indirizzarli, ma non possiamo risolvere un problema che dura da anni in un giorno solo”, ha spiegato la Bojka-Gergorić. “Sulle nostre spalle grava un peso troppo grande, da un lato desideriamo veramente porgere aiuto, dall’altro ci troviamo nella situazione in cui una Legge sancisce una cosa, un’altra Legge l’esatto contrario, perciò – conclude –, il rischio che si corre e di sbagliare comunque si faccia… e di finire in pasto ai media, anche se abbiamo fatto del nostro meglio”.

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