Furio Radin: «Coalizioni. Già a suo tempo ho assunto le mie responsabilità»

A colloquio con il vicepresidente del Sabor e deputato della Comunità Nazionale Italiana, Furio Radin, sulla situazione politica, con particolare riferimento alla posizione e al ruolo delle minoranze in questo contesto

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Furio Radin: «Coalizioni. Già a suo tempo ho assunto le mie responsabilità»

Per l’On. Furio Radin l’anno che sta per concludersi è stato molto impegnativo, ma anche ricco di soddisfazioni. Dapprima come candidato unico è stato rieletto al Sabor nella circoscrizione specifica riservata agli elettori della Comunità Nazionale Italiana. Dopo le elezioni politiche è stata la volta dei negoziati con il premier Andrej Plenković per la stipulazione del nuovo accordo di programma indirizzato a risolvere le questioni della CNI. Si è trattato in pratica della continuazione degli sforzi profusi nella scorsa legislatura nell’ambito del Piano operativo concordato con il governo. La differenza è che stavolta il voto dei deputati delle minoranze nazionali è ancora più determinante che nel mandato precedente per tenere in piedi la maggioranza: la nuova coalizione può contare sulla carta su 76 voti, ovvero il minimo indispensabile per andare avanti e di questi otto sono quelli dei parlamentari minoritari. Ed essi il loro peso hanno saputo farlo valere. A partire dal Bilancio per il prossimo anno che non soltanto conferma, ma anche aumenta lievemente i finanziamenti finalizzati all’autonomia culturale delle Comunità nazionali. Un risultato non indifferente in un periodo di crisi che impone rinunce in molti settori della vita sociale. E nel caso della CNI come non mettere sul piatto della bilancia il fatto che si sia riusciti a garantire i fondi per la ricostruzione della SMSi “Leonardo da Vinci” di Buie. Sul finire dell’anno un’altra sfida importante è stata rappresentata dalla riforma delle autonomie locali e regionali. Si è trattato in questo caso di salvare i vicesindaci e i vicepresidenti di Regione eletti dagli appartenenti alle minoranze in un frangente in cui la scure dell’Esecutivo si è abbattuta sui funzionari locali per ridurne il numero e in particolare sui sostituti dei primi cittadini e dei presidenti delle Contee. Ebbene il risultato portato a casa è tutt’altro che disprezzabile: l’intesa raggiunta fa sì che i vicesindaci minoritari perlomeno possano essere scelti quali sostituti dei sindaci, evitando così una penalizzazione del loro ruolo. La battaglia per i vicesindaci naturalmente dovrà poi proseguire sul campo per integrare gli Statuti delle autonomie locali, là dove ciò è necessario. Ma tornando ai deputati delle minoranze, anche da un punto di vista simbolico hanno conseguito due risultati importanti. Da un lato Furio Radin è stato riconfermato vicepresidente del Sabor, dall’altro un esponente della Comunità serba, Boris Milošević, è diventato vicepresidente del governo. Le sfide però non mancheranno nemmeno in futuro. A fine anno pertanto è doveroso fare il punto con il vicepresidente del Parlamento e deputato della Comunità Nazionale Italiana sul 2020 che sta per concludersi e su quanto possiamo attenderci nei prossimi dodici mesi, alla luce anche del fatto che i parlamentari delle minoranze hanno saputo ormai da tempo imporsi come elemento di stabilità sulla scena politica nazionale, acquisendo grande credibilità.

 

Un riconoscimento per la CNI
Per la seconda legislatura consecutiva lei è vicepresidente del Sabor. La pandemia è iniziata già alla fine dello scorso mandato, quando c’è stato anche il terremoto a Zagabria. Come sono cambiati la vita e il lavoro al Sabor in questo periodo?
È stata una gradita sorpresa e un riconoscimento per la nostra Comunità, mantenere un incarico che è prerogativa dei partiti, e mai dei deputati indipendenti. Per quanto riguarda la pandemia, i cambiamenti sono stati, ovviamente, tanti, funzionali e di contenuto. Abbiamo mantenuto praticamente immutata la nostra agenda, ma per quanto riguarda l’organizzazione dei lavori, abbiamo dovuto accelerare di molto l’informatizzazione, e sostanzialmente ci siamo riusciti. Molte tematiche, molto spesso imposte dalla situazione d’emergenza, sono state affrontate senza tutti gli strumenti essenziali per portare decisioni sicure.

Che differenza particolare nota tra la composizione di questo mandato e di quello precedente? L’impressione è che stavolta manchino i “veri” populisti, quelli capaci di performance in grado di catturare l’attenzione dei media e che invece ci sia una destra e una sinistra tradizionali più forti…
La destra croata è il populismo demagogico allo stato più puro. Il Most, il Movimento patriottico e i Sovranisti propriamente detti non sono pagliacci, come la Barriera Umana della scorsa legislatura, ma una componente politica di minoranza con una retorica demagogica roboante e sempre sopra le righe. Il centrosinistra, l’SDP, per inciso, è in conflitto con sé stesso, diviso internamente e pieno di rancori personali. Il partito dei Verdi di sinistra, secondo me, per ora ha puntato tutto sulle elezioni di Zagabria e il suo futuro dipenderà dalle sorti di queste. Gli altri sono piccoli satelliti. Infine, l’HDZ ha tante anime, di centro, di centrodestra e di destra, tenute insieme da Andrej Plenković e da altri del suo governo. Per ora, non ci sono state defezioni.

Un fattore di stabilità
La sua riconferma alla carica di vicepresidente del Sabor e il fatto che il gruppo parlamentare delle minoranze sia parte integrante anche dell’attuale maggioranza, assieme alla nomina di Boris Milošević a vicepremier, possono essere interpretati come un segnale che i rappresentanti delle comunità nazionali sono visti realmente come un elemento di stabilità, oppure si nota ancora dell’idiosincrasia strisciante, con tentativi velati di rivedere in futuro lo status dei parlamentari minoritari?
L’idiosincrasia è evidente nella destra populista, che non la nasconde. Nell’HDZ sono sicuro che esistano delle enclavi di destra, che però seguono con disciplina la politica attuale del partito, che è quella del mutuo rispetto, o almeno della tolleranza. Rappresentiamo un fattore di stabilità? Certamente sì e questo è visto con favore dalla coalizione al potere e con sfavore, per usare un eufemismo, dai nazionalisti. Poi, anche tra loro ci sono diverse tipologie, ma a tutta l’opposizione dà fastidio che il governo si regga su di noi e questo non ci stupisce. Accettare che l’Esecutivo si regga su di noi significa soprattutto non essere diversi dagli altri. E poi, siamo coscienti dell’alternativa a questo governo, che sarebbe sicuramente di destra. O anche, un’HDZ con una leadership diversa da quella attuale, coalizzata con una parte della destra, che sosterrebbe un governo diverso da quello di Plenković.

La maggioranza di governo sulla carta appare risicata, con un ruolo decisivo dei deputati delle minoranze per assicurare la stessa. Vede dei pericoli in questi numeri che all’apparenza magari non garantiscono la massima stabilità alla maggioranza? Si arriverà alla fine della legislatura?
Credo di sì. In ogni caso, guardo alle maggioranze, come dice lei, risicate, perché incrementano la motivazione al dialogo, all’interno della coalizione di governo. Ti stimolano ad andare più d’accordo.

Finita l’epoca delle ideologie
La mozione sul caso dello scandalo delle centrali eoliche ha visto unite l’opposizione di sinistra e quella di destra. Si è defilata unicamente la Dieta democratica istriana. Come valuta il fatto che gli schieramenti “opposti” si ritrovino così spesso uniti, mentre i regionalisti vanno per la loro strada. Vede la possibilità non soltanto di un’opposizione costruttiva, ma anche magari di una futura collaborazione della Dieta con le maggioranza di centro?
Le politiche di questo SDP e di questo HDZ, per quanto riguarda non soltanto le minoranze, ma la stragrande maggioranza dei temi, non sono diverse. L’epoca delle ideologie, oggi, non esiste più. Domani, vedremo. Per quanto riguarda possibili coalizioni, a suo tempo, ho fatto le mie scelte, ho preso le mie responsabilità, ma non ho nessuna ricetta da proporre a nessuno. Sono amico dell’IDS-DDI e membro di questo gruppo parlamentare, ma quest’amicizia si basa su un’idea, non su coalizioni politiche, che hanno un valore pragmatico.

Panchina non prioritaria
La scorsa legislatura è stata caratterizzata dal fenomeno dei cosiddetti “gettoni”, ovvero dei deputati in libera uscita dalle formazioni e dalle coalizioni in cui erano stati eletti, che di fatto avevano finito per assicurare il loro sostegno esterno al governo? Di “gettoni” ce ne potrebbero essere anche nell’attuale legislatura, magari tra le file della destra o di un centrosinistra che sembra ancora alla ricerca di una sua coesione interna?
Andrej Plenković non sarebbe un buon allenatore, se non avesse una panchina a disposizione. Sono convinto, però di due cose, che per il primo ministro la panchina non sia prioritaria, e che, in ogni caso, se esiste è corta. Forse volutamente.

Coabitazione nell’Adriatico
La Comunità Nazionale Italiana vive in due Paesi, Croazia e Slovenia, ed è ovviamente vivamente interessata ai rapporti degli stessi con l’Italia e anche alle relazioni tra Zagabria e Lubiana. Dal suo punto d’osservazione si può dire che vi siano importanti segnali di disgelo sulla direttrice croato-slovena proprio ora che ci sono coalizione di centrodestra al potere in entrambe le capitali? E anche i rapporti con l’Italia sembrano idilliaci…
Credo che ci sia coabitazione. L’importante è che i tre Paesi, Italia, Croazia e Slovenia vadano d’accordo sui grandi temi e nessuno mi convincerà che il Golfo di Pirano sia un problema di difficile soluzione, con un po’ di buona volontà. I soldi della Banca di Lubiana vanno resi, perché appartengono ai risparmiatori, e i governi sloveni dovrebbero farsene una ragione. Adesso c’è il problema della Zona Economica Esclusiva adriatica, sul quale paradossalmente sembra vadano tutti d’accordo, anche perché i dettagli non sono ancora all’ordine del giorno. Per quanto mi riguarda, l’Adriatico dovrebbe essere prima tutelato e poi usufrutto della gente semplice e laboriosa che abita da tempi immemorabili le sue sponde, senza tanti confini. Gli Stati però, nessuno escluso, hanno un’altra logica. Per il resto, non vedo gelo, e dunque neanche grandi necessità di disgelo.

C’è voluta molta diplomazia
S’avvicinano a grandi passi le elezioni amministrative. Vede possibili novità di rilievo in Istria e a Fiume, oppure assisteremo al copione tradizionale, magari con volti nuovi nei partiti che vanno per la maggiore? Qual è il suo auspicio?
Il mio auspicio, come avrebbe detto il grande Nereo Rocco, non è che vinca il migliore, ma che vinciamo noi. Si scherza, naturalmente, ma è nel nostro interesse che alle elezioni prevalgano le forze politiche più vicine a noi. Per il resto, non vedo grandi differenze..

Si fa un gran parlare di riforma delle autonomie locali e regionali. Ora si va nella direzione di un taglio dei funzionari, in particolare vicesindaci. In teoria non dovrebbero essere toccate le funzioni che spettano ora alle Comunità Nazionali. Ci sono dei rischi a proposito? Come potrebbe estrinsecarsi in futuro la rappresentanza minoritaria a livello di autogoverno locale e regionale?
Qui ci vorrebbe un’intervista dedicata a questo tema. A questo punto dello stato delle cose direi quanto segue: abbiamo mantenuto i vicesindaci dove li avevamo finora per Statuto. Faranno parte dell’Esecutivo e potranno sostituire il sindaco in caso di assenza, anche se eletti soltanto da italiani. Dico potranno, perché non è un imperativo, esistendo la possibilità che appartengano a un altro carro politico. Poi, la loro influenza dipenderà da caratteristiche intellettuali e caratteriali. Per quanto riguarda i sindaci, li eleggeranno ovviamente tutti, e noi qualche italiano riusciremo ad averlo, esplicitamente dichiarato o meno. C’è voluta molta diplomazia e molto lavoro per ottenere questi risultati e spero che, finalmente, i politici locali inizino a fare politica comune, almeno per quanto riguarda le tematiche fondamentali per la nostra Comunità Nazionale.

Il fatto che la riforma ora all’esame non incida in profondità sulla suddivisione territoriale del Paese può essere visto come uno scampato pericolo per l’Istria che alcuni volevano e forse vogliono ancora accorpata ad altre realtà regionali in una macroregione dell’Alto Adriatico? Vi sono ancora in questo contesto degli spazi per una riforma che porti alle creazione di regioni storiche? L’impressione è che sia l’HDZ che l’SDP (e in particolare il Presidente della Repubblica Zoran Milanović) in realtà siano appagati dell’attuale situazione, con il Paese diviso in tante Contee, e non intendano assolutamente mettere mano a questo sistema…
Il regionalismo, a Fiume, purtroppo è troppo debole. La fiumanità è un concetto essenzialmente culturale, non politico, e i politici locali parlano di decine di minoranze presenti sul territorio senza fare le dovute differenze, storicamente parlando. Da quali mani callose è stata costruita Fiume? Chi ne ha plasmato l’identità? L’arte, la cultura? Cosa significano queste specificità a livello politico? Bene, se i fiumani riusciranno a risolvere politicamente questo problema, gli ostacoli spariranno e in quel momento le macroregioni non saranno più un problema. Allo stato attuale, la Croazia può avere anche soltanto due Regioni, ma una dev’essere l’Istria.
Buie. Sarà la volta buona

Le minoranze nazionali appaiono soddisfatte della Finanziaria per il 2021. Sarà la volta buona anche per l’importante progetto di ricostruzione della SMSI “Leonardo da Vinci” di Buie?
Sì.

L’Unione Italiana s’avvia lentamente verso la seconda parte della sua legislatura. Come vede l’attuale situazione nell’UI e nella CNI. Andrà avanti, secondo lei, il processo di riforma dell’Unione, magari in sintonia con quelli che erano stati i suoi consigli?
Con il tempo, sì. Quanto tempo? Speriamo non troppo, perché il sistema incomincia a diventare obsoleto.

Infine quali auspici per l’anno che verrà?
A questo punto, la salute. Un sentito ringraziamento a Eliana Balbo e Antun Brunetta, due presidenti di Comunità che ci hanno lasciati nel pieno delle loro forze. Non li dimenticheremo, come persone e come attivisti dediti alla nostra Comunità Nazionale. Lo stesso vale per gli altri, connazionali e non, che ci hanno lasciati in questo infausto periodo. Guardando in avanti, Buon Natale e Ottimo 2001. Viva Noi e teniamoci a distanza fisica, ma vicini con il cuore.

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