Croazia. Entrata in vigore la Convenzione di Istanbul

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Croazia. Entrata in vigore la Convenzione di Istanbul

ZAGABRIA | La tanto discussa Convenzione di Istanbul è entrata ufficialmente in vigore ieri. Il 22 marzo scorso, lo ricordiamo, il governo di Zagabria aveva varato all’unanimità il progetto di legge sulla ratifica della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, mentre il Sabor l’aveva ratificata il 13 aprile. Fra i 30 parlamentari che avevano votato contro la ratifica ce n’erano ben 14 dell’HDZ, un segno questo dello scollamento che il dibattito burrascoso sulla Convenzione aveva causato all’interno del centrodestra. Il primo ministro Andrej Plenković, soddisfatto della ratifica, aveva dichiarato che questa non era stata il risultato delle pressioni dell’opposizione e della società civile, ma della volontà politica del suo governo di ratificare un documento basato sul programma elettorale dell’HDZ e sul programma dell’Esecutivo, senza alcun secondo fine. Secondo il premier l’essenza della Convenzione sta nella prevenzione della violenza contro le donne e la violenza domestica. Infatti in base ai dati del Ministero degli Interni, in Croazia tra il 2013 e il 2017 sono stati commessi 195 omicidi. In quest’ambito sono state ben 91 donne le donne uccise, nella gran maggioranza dei casi da persone vicine a loro o da partner intimi. “Qui sta l’essenza del problema: la Convenzione serve per combattere questo fenomeno negativo”, è stata la linea guida a cui si è attenuto il premier a difesa della sua decisione. Resta però il fatto che il via libera alla Convenzione ha provocato profonde spaccature, forse insanabili all’interno della maggioranza di centrodestra, tanto da spingere alcune correnti di desta ad avviare l’iniziativa referendaria per l’abrogazione della legge di ratifica del documento. Le posizioni delle due parti sono praticamente inconciliabili. Secondo il governo e la società civile la Convenzione di Istanbul è uno strumento preziozo per combattere il gravissimo fenomeno sociale del femminicidio; secondo le forze conservatrici si tratta invece di un documento che promuove le ideologie di genere e rivoluziona i tradizionali ruoli sociali. Siamo in presenza quindi di un braccio di ferro politico, destinato a proseguire nel periodo a venire.

Le proteste

L’iter di ratifica della Convenzione è stato subito contrassegnato da vivaci polemiche, tanto da portare alla nascita dell’Iniziativa civica Verità sulla Convenzione di Istanbul, che lo scorso 20 giugno ha consegnato al Sabor una petizione con 377.635 firme con cui si chiede di indire un referendum abrogativo. Ancor oggi l’argomento è oggetto di forti polemiche nell’opinione pubblica.

Principali disposizioni

La Convenzione di Istanbul è “il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante che crea un quadro legislativo completo per proteggere le donne da qualsiasi forma di violenza” ed è incentrata sulla prevenzione della violenza domestica, per proteggere le vittime e perseguire i trasgressori. Il documento caratterizza la violenza contro le donne come una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione (Art. 3 lett. a). I Paesi dovrebbero esercitare la dovuta diligenza nel prevenire la violenza, proteggere le vittime e perseguire i colpevoli (art. 5). Il documento è il primo trattato internazionale a contenere una definizione di genere. Ma a suscitare le maggiori polemiche è stato il concetto di genere che, secondo i detrattori della Convenzione, inficerebbe i tradizionali ruoli sociali. Infatti nell’art. 3, lett. c), il genere è definito come “ruoli, comportamenti, attività e attributi socialmente costruiti che una determinata società considera appropriati per donne e uomini”. Inoltre, il trattato stabilisce una serie di delitti caratterizzati da violenza contro le donne. Gli Stati dovrebbero includere questi nei loro codici penali o in altre forme di legislazione o dovrebbero essere inseriti qualora non già esistenti nei loro ordinamenti giuridici. I reati previsti dalla Convenzione sono: la violenza psicologica (articolo 33); gli atti persecutori – stalking (art.34); la violenza fisica (art.35), la violenza sessuale, compreso lo stupro (Art.36); il matrimonio forzato (art. 37); le mutilazioni genitali femminili (Art.38), l’aborto forzato e la sterilizzazione forzata (Art.39); le molestie sessuali (articolo 40). Infine, la Convenzione prevede anche un articolo che prende di mira i crimini commessi in nome del cosiddetto “onore” (art. 42).
Il Ministero della Demografia e delle Politiche sociali ha sottolineato ieri che per l’attuazione nella prassi della Convenzione è necessaria un’attività sinergica di tutti i dicasteri, dei competenti organi statali e delle organizzazioni della società civile.

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