Arbitrato. Gli esperti ieri a confronto

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Arbitrato. Gli esperti ieri a confronto

BRUXELLES | A Bruxelles si è svolto il primo dibattimento legato all’esposto presentato dalla Slovenia nei confronti della Croazia alla Commissione europea. L’udienza, che si è svolta a porte chiuse, è durata circa due ore e mezza. Dopo l’incontro nessuno ha voluto sbilanciarsi troppo. Un fatto quest’ultimo comprensibile, in quanto il dibattimento si è svolto a livello tecnico e giuridico, per cui era difficile attendersi che i partecipanti all’incontro tenutosi nella sede della Commissione europea a Bruxelles si sarebbero lasciati andare a giudizi di stampo politico. Le due parti chiaramente hanno difeso, durante il dibattimento, le ben note rispettive posizioni, che rimangono molto distanti fra loro.

Articolo 259

Il procedimento, lo ricordiamo, è stato avviato nel marzo scorso da Lubiana – che si è richiamata all’articolo 259 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea – in segno di disappunto per la mancata attuazione da parte di Zagabria della sentenza della Corte d’arbitrato sul contenzioso confinario. Alla riunione di ieri non hanno partecipato né il ministro degli Affari esteri sloveno, Karl Erjavec, né il suo omologo croato, Marija Pejčinović Burić. Al dibattimento, nel corso del quale la materia è stata analizzata dal punto di vista tecnico, i due Stati erano rappresentanti da esponenti governativi di secondo piano.
Dal punto di vista sloveno, la Croazia, rifiutandosi di riconoscere la decisione comunicata lo scorso 29 giugno dalla Corte permanente d’arbitrato (CPA), avrebbe infranto il diritto comunitario. A sua volta la Croazia ritiene di non essere tenuta a riconoscere un procedimento (l’arbitrato) che considera compromesso dal modus operandi sloveno. Zagabria, lo ricordiamo, si è ritirata dall’arbitrato nel luglio del 2015. Una decisione presa all’unanimità dal Sabor, a causa dei contatti tra l’allora rappresentante sloveno nella commissione arbitrale istituita in seno alla CPA, Jernej Sekolec, e la dipendente del ministero degli Esteri di Lubiana, Simona Drenik. In seguito allo scoppio del cosiddetto scandalo telefonico, portato alla luce dalla stampa, si erano dimessi entrambi. Ad ogni modo, il 17 aprile scorso la Croazia ha inviato a Bruxelles una lettera nella quale ha argomentato le sue azioni. La diplomazia croata ha respinto l’ipotesi di aver infranto il diritto comunitario.
In base all’iter stabilito dall’acquis communautaire, in seguito a mozioni analoghe a quella presentata in questo caso dalla Slovenia, la Commissione europea ha tre mesi di tempo per assumere una posizione ufficiale. 

Possibile la denuncia alla Corte UE

A quel punto, qualora la Commissione non dovesse intervenire, la Slovenia sarà legittimata a rivolgersi alla Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE) nel tentativo di far valere le sue ragioni. Uno scenario, questo, definito rischioso dal Delo. Stando al quotidiano di Lubiana tale eventualità risulterebbe invisa sia alle istituzioni europee sia agli altri Paesi membri dell’UE. Lo stesso presidente della CGUE, Koen Lenaerts, ha lasciato intuire che potrebbe trattarsi di una via sbagliata.
A differenza di Lubiana, che insiste per l’attuazione della decisione della CPA, Zagabria preme affinché la disputa sia risolta a livello bilaterale. Stando alla decisione della CPA, il territorio sloveno risulterebbe più piccolo di circa due chilometri quadrati. D’altro canto, Lubiana si è vista aggiudicare circa tre quarti del Golfo di Pirano, ma non l’accesso diretto al mare aperto. A causa del contenzioso le relazioni diplomatiche tra la Slovenia e la Croazia si sono deteriorate fino ad arrivare ai minimi storici. Lubiana ha ostacolato il processo di adesione di Zagabria all’OCSE. Inoltre, la Slovenia ha minacciato di ritardare l’ammissione della Croazia nello Spazio Schengen. A passarsela peggio di tutti in questo frangente sono probabilmente i pescatori istriani abituati a calare le reti nel Golfo di Pirano. Nei mesi scorsi quelli croati sono stati multati dalle autorità slovene e viceversa i loro colleghi sloveni sono stati sanzionati dalle istituzioni croate.

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