W la libertà

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W la libertà

Se siete mamme felici, soddisfatte e la maternità è stata per voi l’esperienza più bella della vostra vita, lasciate perdere questo pezzo. In caso contrario, leggete e scoprirete che in Francia, già parecchi anni fa, una certa Corinne Maier ha scritto un libro davvero spietato sull’essere madri: “No kid. Quaranta ragioni per non avere figli” (in Italia tradotto da Bompiani nel 2008). Non a caso il campanello d’allarme è suonato in Francia, patria della rivoluzione, è proseguito in America, in cui, dove il titolo di studio di una donna è una laurea, non c’è l’ombra di prole, per affacciarsi timidamente in Italia.

Perché nel Bel Paese fa brutto dire che non si fanno figli, ci si deve ancora giustificare, non ci sono le strutture, manca il lavoro, non ci sono soldi per garantire un futuro degno di questo nome ai pargoli. Manca tutto, insomma, e ancora ci si deve giustificare. Figurarsi il caso della sottoscritta, in questo caso declassata a “mostro” dall’ipocrisia sociale, perché i figli non li ha mai voluti. Tranne una brevissima parentesi tra i 20 e i 21 anni in cui ho preso appena appena in considerazione l’idea, io figli non li ho mai voluti, li ho schifati tutta la vita e non me ne pentirò mai. Lo considero uno dei lussi pari a una biblioteca di libri rari o un’auto super potente.
L’autrice del libro “No kid” è madre di due bambini, quindi il libro è assolutamente super partes, ma fa un’analisi impietosa del diventare mamma, uno stravolgimento totale della vita e gli anni con i compiti. C’è una pagina in cui Maier si chiede perché debba passare ore a rompersi le palle per far fare i compiti ai suoi due figli, quando avrebbe potuto viaggiare, continuare a scrivere libri senza nessuna rottura di palle.

Accade

Ma chi gliel’ha fatto fare? Nessuno. Accade. Fare un figlio richiede una tale dose di energia che al solo pensiero di non dormire la notte, per me era persa già in partenza l’idea. Ma ancora prima di questo mi angosciavano i soldi. Inoltre, era un legame a vita, per me equivalente a una condanna a morte. Sarò esagerata, ma per me è così.
Un figlio è peggio di un diamante, è davvero per sempre. Da quando ero in prima elementare alla laurea con lode i miei genitori non sapevano nemmeno cosa studiavo, mai fatto un compito a casa con me né detto di leggere, di fare. Me la vedevo io. Solo il pensiero di mettere al mondo un asino mi faceva ribrezzo. Non avrò il senso materno, non ho nemmeno un briciolo di pazienza, men che meno a vederli a undici anni a lisciare con ‘sto dito lo smartphone, e a non leggere nemmeno un libro, a essere prepotenti con tutti perché i genitori, col senso di colpa che lavorano tutto il giorno, alla sera li lasciano fare tutto e quindi crescono dei figli tiranni, ma che modo è di allevare, di educare i figli? Sono all’altezza di farlo?
No. I bambini sono maleducati perché i genitori sono i primi loro ad essere dei gran ignoranti. È come il cane che si morde la coda. Nessuno si chiede se ce la farà anche economicamente, un figlio mica è un cane, tutti fanno il passo più lun go della gamba senza alcuna consapevolezza dei propri limiti. Che ci sono, come i debiti. Tutto si compra a rate, ma non la cultura. E allora la gente vivacchia, tira avanti, come sento dire, rassegnati, cupi, con figli cresciuti dai nonni, nel miglior caso, cresciuti di qua e di là se i genitori, poi, sono divorziati. Quando vedo bambini nei bar o nei ristoranti mi viene un fastidio che spesso mi fa cambiare tavolo, posto, addirittura caffè o ristorante stesso. Sto pagando un servizio, non voglio essere rotta le palle. Mi è sempre piaciuto essere chiara nella vita. Mi fanno ridere le vocine in falsetto di quelle della mia età nel vedere qualche piccolo in braccio o nel passeggino. Vecchie befane col rimpianto di non essere madri.

Amicizie alla prova

Ma per favore. Io ho perso anche un’amicizia perché avevo detto alla mia ex amica di non invitarmi a cena finché il figlio non fosse diventato più grande perché mi faceva schifo che avesse rigurgiti o cose del genere, e chi avrebbe mangiato più dopo uno spettacolo così bello? In Italia, tanti anni fa, alcuni ristoranti tra i più rinomati, vietavano l’ingresso ai bambini. Sono tosta, sì, sangue o altro affronto tutto, ma bambini sputanti no, per piacere.
Altro problema: vietato il turpiloquio. Sempre la mia ex amica mi aveva fatto notare che c’era suo figlio ed io avevo tirato una delle mie. Ho sempre amato le parolacce, rendono bene l’idea, esprimono i concetti alla perfezione, la gente così capisce, non me ne priverò mai, il bimbo era impegnato nei suoi giochi, non aveva nemmeno sentito, ma che razza di amica sei? Io sono un uomo mancato, ho la femminilità di un camionista, mi piace il basket, adoro il turpiloquio e dico quello che penso senza ipocrisie.
Alla larga da me, femmine miagolanti con prole al seguito. Io sono un lupo dei boschi, come lo sono stati i miei antenati. E anche se ululo spesso, ovvero mi arrabbio, possiedo il bene più prezioso, oltre all’istinto: la libertà.

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