Uscire dagli schemi del ‘900

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Uscire dagli schemi del ‘900

Con l’ascesa del Governo giallo-verde in Italia si è ricominciato in alcuni ambienti a riutilizzare la vecchia contrapposizione fascismo e antifascismo. Una pratica in uso anche all’interno della sinistra slovena che spesso si serve di queste categorie per etichettare tutti i fenomeni di destra. Ma ha senso nel Duemila utilizzare ancora questi schemi? E soprattutto è giusto e utile farlo con movimenti che si definiscono e vengono definiti sovranisti e populisti? Alberto De Bernardi, professore di Storia contemporanea all’Università di Bologna e presidente di Refat, Rete internazionale per lo studio dei fascismi, autoritarismi, totalitarismi e transizioni democratiche, pensa proprio di no.“Come ho scritto nel mio ultimo libro ‘Fascismo e antifascismo’, credo che l’attuale populismo di destra abbia poco a che fare nella sua concezione ideologica e anche nelle sue pratiche politiche con il fascismo. Questo ovviamente non significa che come in tutte le culture politiche di destra nel populismo non ci siano degli elementi tipici della tradizione culturale fascista europea come il nazionalismo, l’antisemitismo e il razzismo che dalla fine dell’800 hanno attraversato le due guerre ricomparendo periodicamente sotto forme diverse”.

Quando si parla di fascismo oggi allora cosa si deve intendere?

“Nella cultura politica della sinistra italiana, e non solo,c’è una ricorrente attitudine, che io ritengo sbagliata, nel confondere o meglio nell’utilizzare il termine fascista per definire tutto ciò che sta alla destra estrema dello schieramento politico come se tutto ciò che sta a destra è un continuo ritorno del fascismo mussoliniano. Io invece ritengo che non sia corretto utilizzare questa parola per gran parte dei fenomeni di destra odierni”.

In qualche modo è forse una forma di pigrizia l’utilizzo di queste due categorie.

“È indubbio che in Italia vi è stata anche nel dopoguerra una tradizione neofascista e quindi è chiaro anche che negli anni della Repubblica il termine fascismo è stato utilizzato per definire alcuni comportamenti politici di destra. Anche oggi ci sono dei gruppi come CasaPound che si rifanno al fascismo e che si definiscono tali, ma questa etichetta non può essere sicuramente usata per definire la Lega di Salvini e tutti quei fenomeni di populismo di destra che sono presenti in Italia in Europa”.

Il peccato originale dietro alla indubbia difficoltà nella quale versa attualmente la sinistra sta quindi nella sua incapacità a trovare forme nuove per affrontare fenomeni politici nuovi.

“Secondo me continuare ad utilizzare la dicotomia fascismo e antifascismo per spiegare la storia d’Italia è un elemento negativo, che non ci permette di capire i processi di cambiamento in corso in Italia e in Europa in questa fase di globalizzazione anche politica. Ritengo che la sinistra dovrebbe trovare altre parole, senza dimenticare che la Repubblica italiana si fonda sull’antifascismo, e capire che essere antifascisti oggi significa difendere i valori della democrazia liberale, e per fare questo è necessario capire il nuovo paradigma politico nel quale ci ritroviamo a vivere e a partire da questo inventarsi nuove categorie”.

Quali sono, però, queste nuove categorie e come si potrebbe definire questa nuova destra populista?

“Innanzitutto, esiste una parola che oggi è ritornata al centro della riflessione storica e politologica: il populismo. Si tratta di un atteggiamento culturale e politico che ha una lunga tradizione. Inventato nella Russia di fine 800; è poi ritornato ‘di moda’ nella storia americana e del Sud America. Si tratta della convinzione che il popolo debba intervenire direttamente nelle politiche di uno stato e da ciò nasce il rifiuto dell’intermediazione ed il conseguente ricorso immediato all’azione popolare che è ormai un must della destra populista, ma non solo. Questa stessa concezione è, infatti, presente anche nel Movimento 5 Stelle. Inoltre, nel populismo ci sono sempre delle motivazioni di sinistra, rendendolo così più trasversale. Oggi secondo sarebbe meglio parlare piuttosto di ‘avversari della democrazia liberale’ e i cosiddetti ‘l’antifascisti’ dovrebbero assumere la democrazia liberale come l’orizzonte per rifondare la loro vocazione politica. Di fronte a questo cambiamento globale complessivo radicale nello scenario politico, però, le sinistre fanno fatica a rinnovare il loro linguaggio ed a capire la complessità dei processi in corso, che non possono essere interpretati con le categorie che ci giungono dalle tradizioni socialiste e socialdemocratiche, per non parlare poi di quelle comuniste. Oggi a sinistra c’è una difficoltà enorme a fare questo. Manca uno sforzo di comprensione della originalità di queste nuove forze che stanno scendendo in campo, dietro le quali ci sono le vecchie forze reazionarie che hanno sempre avuto un ruolo della politica e nella società europea anche nella seconda metà del Novecento, che in questa fase, però, rivestono un ruolo marginale. Il populismo sovranista si basa sulla visione della sovranità della nazione, sulla chiusura verso i migranti e verso tutto ciò che in qualche modo viene vissuto come una minaccia della stabilità interna delle nazioni; ma soprattutto il populismo-sovranismo a livello europeo è un movimento che rifiuta la democrazia liberale. Possiamo vedere questo in Russia, Polonia o l’Ungheria dove si sta mettendo in pratica la teoria della ‘democrazia illiberale’. In questi paesi, infatti, continuano ad esserci il parlamento e le dinamiche proprie della democrazia moderna ma il tutto è in realtà controllato da poteri forti centralizzati che in qualche modo assorbono la dialettica democratica tra società civile e politica. In questo quadro la sinistra europea per riprendersi deve per prima cosa difendere i valori della ‘democrazia liberale’, che tradizionalmente era considerata un avversario delle socialdemocrazie ed iniziare, quindi, ad applicare schemi molto diversi da quelli della sinistra tradizionale”.

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