Tutti hanno bisogno d’amore

Abbiamo visitato la Casa per la rieducazione dei bambini e dei giovani di via Vukovar, che da ormai settant’anni, offre supporto psicologico ai suoi assistiti

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Tutti hanno bisogno d’amore

Dan Pursuit, direttore dell’Istituto per il controllo della delinquenza della California del Sud, in un’intervista ha dichiarato che “Tutti i bambini indossano un cartello con la scritta ‘Voglio essere importante!’. I problemi nascono quando nessuno legge questa scritta”. Ed è proprio così. Tutti i bimbi hanno diritto e bisogno d’amore, di cure, di gentilezza, di credere nei sogni e nel futuro, di imparare, di capire, di crescere in armonia con sé stessi e con l’ambiente che li circonda. L’affetto dei genitori è il primo diritto di un bambino, sin da prima della sua nascita. Un diritto talmente ovvio, ma anche, purtroppo, così frequentemente violato da famiglie disfunzionali in cui i comportamenti tossici, gli abusi, i conflitti, si manifestano continuamente, tanto da indurre i bambini a ritenere che siano la normalità. Crescono, così, con una visione distorta delle relazioni interpersonali, dell’indipendenza e dell’amore. Tagliare i ponti e lasciare la propria famiglia può essere in molti casi l’unica soluzione possibile per ritrovare sé stessi e uscire dal circolo vizioso di comportamenti errati appresi. Ma farlo non è semplice, soprattutto per i bambini.

Una grande sfida educativa

Ce ne ha parlato Dina Šverko, psicologa di professione, da tre anni e mezzo direttrice della Casa per la rieducazione dei bambini e dei giovani di Fiume che, in una bella villa adibita a centro rieducativo in via Vukovar, accoglie bimbi e adolescenti in forte difficoltà esistenziale, familiare, sociale fin dal 1952, anno d’apertura dell’Istituto riabilitativo maschile per minori unitosi, sette anni dopo, a quello femminile che, nel 2001, ha assunto l’odierna denominazione.

“L’Istituto accoglie minori e adolescenti, nella fascia d’età compresa tra i 7 e i 18 anni compiuti, sia maschi che femmine, attraversati da abbandoni, traumi, rotture, disagi, fallimenti o violenze familiari”, ha esordito la responsabile dell’Ente, rilevando che le loro storie sono complicate, difficili, molto spesso tristemente intrappolanti, fragili. Non è, pertanto, facile rispondere sempre in modo adeguato ai loro bisogni, che sono diversissimi. “Il nostro compito è quello di assicurargli un’adeguata accoglienza (nel caso degli immigrati anche un’integrazione), una valutazione/diagnosi e la necessaria assistenza professionale, ponendo particolare attenzione all’attuazione dei programmi di prevenzione, ovvero al lavoro con i ragazzi che corrono un maggiore rischio di sviluppare problemi di comportamento e adattamento alle norme sociali, in modo da eludere loro eventuali istituzionalizzazioni future nel caso di intensificazione degli stessi. Lo facciamo in quattro strutture separate, due situate in via Vukovar, una in via Čandek e un’altra, presa in affitto, nel rione di Viškovo, dove ne abbiamo acquistata un’altra e in cui risiedono le ragazze più grandi, tra i 16 e i 18 anni d’età le quali, coordinate dagli educatori, si gestiscono per lo più autonomamente. Presso le stesse determiniamo pure gli obiettivi terapeutico/riabilitativi che si intendono raggiungere con l’inserimento nonché, in relazione ad essi, se si prevede un’inclusione per un programma di breve termine/temporaneo o di medio/lungo termine di tipo terapeutico comunitario. I ragazzi frequentano regolarmente le scuole elementari e medie di Fiume, con l’obiettivo di integrarli completamente nella comunità, senza alcun tipo di stigmatizzazione, di farli vivere come tutti gli altri. Partecipano volentieri alle tante attività che organizziamo, come ad esempio il piantare gli alberi, la pulizia ambientale, il verniciare le mura, oppure ad altre, nelle varie associazioni dove fanno volontariato. Sono bravissimi”.

Dev’essere una grande sfida educativa. “Lo è. Trattasi di un lavoro creativo quotidiano, che si declina in attività individuali e di gruppo che cerchiamo d’inserire in cornici di senso, prima che di regole. Attualmente, l’Istituto è in fase di deistituzionalizzazione, grazie al sostegno del Ministero del Lavoro, del Sistema pensionistico, della Famiglia e della Politica sociale, nonché di due progetti europei, “Amo la mia casa”, cofinanziato con i mezzi del Fondo europeo per lo sviluppo regionale e “Comunità per un nuovo inizio”, cofinanziato con i mezzi del Fondo sociale europeo”, ha spiegato Šverko.

La direttrice e psicologa, Dina Šverko

Vite da giostra

Che cosa vuoi fare da grande? È una delle domande che abbiamo posto ad alcuni dei ragazzi, incontrandoli dopo il nostro colloquio con la responsabile dell’istituto. “Vorrei ritornare da mia madre e fare il cuoco”. È così che Riko (il nome è fittizio, come gli altri che abbiamo dato ai nostri giovani interlocutori, tutti minorenni, per garantirne l’anonimato), 14 anni, zagabrese, da tre anni in struttura, sogna il suo futuro da adulto. Fiume gli piace, ha tanti amici, frequenta la SE “Podmurvice” dove va abbastanza bene (gli piace soprattutto l’informatica) e l’interazione con le educatrici funziona, ma il cuore è inquieto, palpita e non si dà pace. Nel tempo libero gioca ai videogiochi, il resto non lo interessa molto. Per fortuna ci sono il mare, dove va a “nuotare come un pesciolino” e la speranza d’entrare in una squadra di calcio.

Senada e Karla sono presso l’istituzione da rispettivamente 4 e 2 anni, convivono nell’appartamento di Viškovo dove, insieme ad altre 6 coinquiline “imparano” la vita seguite da una brava educatrice. Senada ha 18 anni, è di Koprivnica, ed è innamorata di Fiume, dove vorrebbe restare e dove, rileva, è rinata, innanzitutto per il mare e i tanti turisti che la visitano. Considerato che la sua figura professionale è quella di aiutante cameriera, le piacerebbe tanto imparare la lingua inglese. “Ho anche svariati interessi – ci ha spiegato –, faccio molto sport, soprattutto atletica (a livello agonistico) e sono nel gruppo delle Majorette”, ci ha confidato.

Anche Karla frequenta la struttura ed è molto contenta. “La scuola è ottima. Il 12 marzo saranno due anni che sono qui e, dopo un periodo in cui ho cercato di orientarmi, di capire la situazione, di conoscere meglio le ragazze, mi sono inserita molto bene. L’unica cosa che, ogni tanto, mi confonde, sono i cambiamenti, in quanto spesso arrivano nuove coinquiline. Mi piace, però, il fatto che facciamo presto amicizia e ci aiutiamo a vicenda. Una delle cose che preferisco è passeggiare per il Corso, fermarmi a bere un caffè con gli amici e godermi la città”, ci ha raccontato con un disarmante sorriso. Dario invece è fiumano, in istituto da un anno. Frequenta la prima classe della Scuola media per l’architettura e l’artigianato, vorrebbe diventare un bravo ceramista e per lui “tutto è OK”. Non ha alcun dubbio, il suo futuro è decisamente legato a Fiume dove, come l’amica Karla, gli piace farsi qualche giretto.

Anche Tin si trova nella struttura da un anno. “Sono di Karlovac e sono arrivato in quest’istituto il 12 febbraio del 2021. Precedentemente ero inserito nella Casa per l’infanzia e l’adolescenza di Laurana. Qui sto bene, i ragazzi sono molto cari. Ho vissuto di tutto, tanti cambiamenti, la mia vita è una giostra”, ha raccontato con aria consapevole e matura, nonostante i suoi 14 anni. Sogni nel cassetto? “Inizialmente pensavo d’iscrivere l’Accademia di Polizia ma, considerando tutto quello che sta succedendo nel mondo, ho cambiato idea e ora mi piacerebbe fare l’elettricista. Per il momento intendo rimanere a Fiume ma, tra una decina d’anni, mi vedo negli Stati Uniti”.

Sognano tanto, i ragazzi ospiti della Casa per l’educazione dei bambini e dei giovani di Fiume, nonostante l’amore mancato, l’autostima ferita, il cuore spezzato, e sperano ancora in un futuro e in persone migliori, come quelle che li ospitano e che si prodigano, giorno dopo giorno, a giustificare la grande scritta colorata sul muro dell’edificio “Tutti hanno bisogno d’amore”.

Alcuni degli assistiti della Casa per l’educazione dei bambini e dei giovani

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