Rifiuti problema o risorsa? Missione: impatto zero

L'economia circolare è un modello di produzione e consumo che implica condivisione, prestito, riutilizzo, riparazione, ricondizionamento e riciclo dei materiali e prodotti esistenti il più a lungo possibile. In questo modo si estende il ciclo di vita dei prodotti, contribuendo a ridurre i rifiuti al minimo

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Rifiuti problema o risorsa? Missione: impatto zero

In un mondo sempre più inquinato, la parola d’ordine è correre ai ripari. A patto che non sia già troppo tardi. Al giorno d’oggi se ne parla con crescente frequenza, soprattutto ad alte sfere governative, al fine di individuare una soluzione comune al problema del riscaldamento globale, che in climatologia sta a indicare il mutamento del clima terrestre sviluppatosi a partire dalla fine del XIX e l’inizio del XX secolo, e tuttora in corso, caratterizzato in generale dall’aumento della temperatura media globale e da fenomeni atmosferici ad esso associati, come ad esempio l’effetto serra di cui sentiamo costantemente parlare. In questo scenario preoccupante e per nulla promettente l’Unione europea (concretamente la Commissione guidata da Ursula von der Leyen) ha lanciato di recente la sua nuova grande sfida, il cosiddetto Green deal, che mira innanzitutto a migliorare il benessere delle persone. Quattro gli intenti chiave del documento: fare in modo che l’Ue diventi climaticamente neutra entro il 2050, proteggere vite umane, animali e piante riducendo l’inquinamento, aiutare le imprese a diventare leader mondiali nel campo delle tecnologie e dei prodotti puliti e, infine, contribuire a una transizione verde giusta e inclusiva.
Ridurre le emissioni
Diventare il primo continente a impatto climatico zero costituisce contemporaneamente la sfida più grande del nostro tempo. Neutralità climatica significa emettere meno biossido di carbonio ed eliminare dall’atmosfera quello emesso. Per farlo è necessario estendere ad altri settori il sistema di scambio di quote di emissione, che già aiuta l’Ue a ridurre le emissioni dei settori energetico e industriale. Lo sviluppo di fonti di energia più pulite e di tecnologie verdi ci consentirebbero di produrre, viaggiare, consumare e vivere rispettando di più l’ambiente. Occorre pertanto sviluppare un’economia realmente circolare e proteggere la biodiversità. Il Green deal europeo prevede un percorso per una transizione giusta e socialmente equa. È concepito in modo da non lasciare indietro nessun individuo e nessuna regione in questa grande trasformazione. Nell’ambito di un ipotetico (e utopico?) futuro sempre più green, che dovrebbe stimolare a una seria riflessione sull’atteggia-mento da adottare sin d’ora da parte di ciascuno di noi verso l’ambiente, il nostro pensiero va inesorabilmente alla sfera nazionale, in seno alla quale si sta ancora combattendo con alcuni aspetti fondamentali della materia in questione, come ad esempio con la gestione dei rifiuti, problema persistente che invece di essere ormai più che superato sta ancora creando scompiglio e diversi grattacapi.
Pompa magna

Il Centro regionale per la gestione dei rifiuti Marišćina nel circondario di Fiume sta dando del filo da torcere agli ambientalisti

La problematica riguarda i due Centri regionali per il trattamento meccanico-biologico dei rifiuti – Marišćina in zona Viškovo nel circondario di Fiume (aperto in pompa magna nel 2017, dopo una lunga serie di intoppi burocratici e le proteste degli abitanti del comune di Viškovo e abitati limitrofi) e Castion (Kaštijun) in Istria (divenuto operativo nel 2018), il cui buon funzionamento lascia ancora parecchio a desiderare – i quali sono ancor’oggi costante oggetto di attriti tra autorità governative locali e nazionali ed i cittadini, rappresentati nel primo caso dall’Unità di crisi ambientale (KESM) e nel secondo dall’associazione Istria verde con la sua iniziativa Čist zrak-duga ljubav (letteralmente Aria pulita-amore a lungo termine). Ne abbiamo parlato con Josip Katalinić, uno dei fondatori del movimento ambientalista di Marišćina, dopo la recente notizia secondo la quale il Tribunale amministrativo della Repubblica di Croazia ha annullato per la seconda volta, su denuncia della KESM, l’autorizzazione integrata ambientale (AIA) per l’operatività del Centro di Marišćina rilasciata nell’agosto del 2019 dal Ministero croato per la tutela dell’ambiente e l’energetica.
Piccola vittoria

Il nostro interlocutore, l’attivista dell’Unità di crisi ambientale Marišćina, Josip Katalinić

“Per noi è una vittoria, seppur piccola, ma comunque una vittoria. Significa che gli sforzi profusi stanno avendo effetto, ma purtroppo tutto rimane soltanto su carta. Siamo distanti anni luce da una vera e propria soluzione del problema, che per noi sarebbe rappresentata dalla chiusura dell’impianto. È d’altronde ciò che il ministro dell’Ambiente, Tomislav Ćorić, ha promesso di fare nel marzo del 2019, nel caso in cui non fosse stata risolta la questione dei miasmi, che il Centro di Marišćina produce ormai a frequenza quotidiana rendendo insostenibile la vita degli abitanti della zona. A quasi un anno dal nostro incontro, le esalazioni maleodoranti non sono sparite. L’impianto, però, è ancora operativo ed al Ministero tacciono. Non oso pensare che cosa succederà nei mesi estivi, con l’afa che ci sarà. Dite che ormai dovremmo averci fatto il callo?”, ha esordito il nostro interlocutore con una punta d’ironia, aggiungendo che “i problemi di Marišćina riguardano nella medesima misura l’impianto di Castion, con i cui ambientalisti gli attivisti della KESM sono spesso in contatto, anche per partecipare assieme ad azioni e colloqui comuni con le autorità”, ha detto ancora l’attivista. Premesso che la tecnologia usata dai Centri Marišćina e Castion (i primi due impianti di questo tipo, dei complessivi undici che la Croazia intende costruire sul territorio del Paese) dovrebbe essere il cosiddetto TBO (che sta per trattamento meccanico-biologico), ovvero il trattamento a freddo dei rifiuti indifferenziati (e/o residuali dopo la raccolta differenziata), che sfrutta l’abbinamento di processi meccanici a processi biologici quali la digestione anaerobica e il compostaggio, sembra – stando alle affermazioni di Katalinić – che qualcosa fin qui non funzioni e che l’intero sistema stenti a decollare.
Grosso giro d’affari?
“Ho paura che qui abbiamo a che fare con un grosso giro d’affari, impossibile da fermare – ha osservato l’ambientalista –. Quando nel 2007 la Croazia ha deciso di optare per questo tipo di tecnologia e gestione dei rifiuti, si è impegnata a produrre dagli stessi il cosiddetto RDF (refused derived fuel), ovvero il combustibile ottenuto dai rifiuti solidi urbani (e materiali assimilati) mediante opportuni trattamenti atti ad aumentarne il potere calorico e ridurne il contenuto dei metalli, vetri, inerti e materiale putrescibile”.

Foto: Goran Kovacic/PIXSELL

Combustibile
“L’idea era di estrarre dai rifiuti, dopo il tratta-mento TBO, determinati componenti da sotto-porre a incenerimento presso un cementificio, presumibilmente a titolo gratuito. La fabbrica con cui hanno inizialmente trattato l’affare è stata quella di Koromačno, che però non solo si è fatta pagare il servizio (30 euro a tonnellata), ma si è anche ritirata, praticamente dopo pochi mesi, dall’affare definendo i rifiuti di scarsissima qualità e dunque non idonei a produrre del buon carburante“.
Umido
“Un ruolo fondamentale in tutto questo ce l’ha la componente biodegradabile dei rifiuti, il cosiddetto umido, che alimenta il calore facendo sì che nel trattamento meccanico-biologico i rifiuti si secchino più velocemente. Dal momento in cui gli è andata male con Koromačno, ora stanno tentando di individuare altre soluzioni e di piazzare i rifiuti per la produzione di RDF altrove. Il prezzo di mercato, però, non è più 30 euro a tonnellata, bensì tra i 130 e i 150 euro, che rende tutto estremamente costoso”.
La Bosnia ci salverà?
“Da quanto abbiamo avuto modo di capire, ora stanno trattando con alcune imprese in Bosnia, dove i prezzi di mercato sono ancor sempre accettabili per gli standard croati. Stanno in pratica correndo ai ripari, dopo che i Centri Marišćina e Castion si stanno rivelando, purtroppo, un vero e proprio flop e ho paura che le conseguenze non si faranno attendere a lungo. Molto presto il problema si ripercuoterà sulle tasche dei citta-dini, che si ritroveranno a dover combattere con bollette astronomiche, necessarie per coprire le spese generate dal malfunzionamento dei due impianti. In attesa di trovare una soluzione per loro accettabile, che cosa stanno facendo nell’ultimo anno in seno al Centro Marišćina, e così pure al Castion? Interrano i rifiuti organici, che con l’andare dei giorni, in contatto con l’atmosfera, provocano esalazioni maleodoranti e nocive per la salute”, ha puntualizzato il nostro interlocutore, la cui associazione ambientalista KESM, promuove e sostiene da sempre il concetto Zero waste (Rifiuti zero), strategia di gestione dei rifiuti che si propone di riprogettare la vita ciclica dei rifiuti considerati non come scarti, ma risorse da riutilizzare come materie prime secondarie, contrapponendosi alle pratiche che prevedono necessariamente processi di incenerimento (spesso nocivi) o discariche, e tendendo ad annullare o diminuire sensibilmente la quantità di rifiuti da smaltire.

Foto: Nel Pavletic/PIXSELL

Ci attendono sanzioni?
“In questo senso, insistiamo sul compostaggio e sulla raccolta differenziata (anche) dell’umido, alla quale si attengono per il momento soltanto 163 città e comuni della Croazia, dei complessivi 535 che avrebbero l’obbligo di farlo – ha spiegato ancora Josip Katalinić –. Prenderò come esempio Fiume, che si rifiuta di introdurre nei nuclei domestici e nelle vicinanze dei condomini contenitori per l’organico – anche se il Dicastero croato di competenza li prevede –, con la scusa che c’è l’impianto di Marišćina che smaltirà tutto nella maniera più adeguata. Lo scenario a cui stiamo invece assistendo quotidianamente ci sta invece dimostrando il contrario. Dove sta l’inghippo? Probabilmente nel fatto che se un giorno iniziasse a funzionare il concetto Zero waste, impianti come quelli di Marišćina e Castion, ritenuti ormai obsoleti anche dall’Europa che aspira a un’economia circolare, non avrebbero più alcun senso. Se pensiamo che sono costati un occhio della testa e che con i rifiuti si può ancora guadagnare bene, è chiaro dove sta il trucco“. Una domanda, a questo punto, sorge spontanea: verrà la Croazia penalizzata da parte dell’Ue – che ha comunque cofinanziato la costruzione dei Centri Marišćina e Castion – per la malagestione dei rifiuti? Le sanzioni previste non sono da sottovalutare. Saranno un boomerang?
L’Europa aspira a diventare il primo continente al mondo a impatto climatico zero entro il 2050
Nell’aprile del 2018 gli Stati membri hanno approvato una serie di misure ambiziose per adeguare alle sfide future la legislazione dell’Ue sui rifiuti, nell’ottica più ampia della politica unionale di economia circolare, con le quali la comunità si pone in prima linea a livello mondiale nella gestione e nel riciclaggio dei rifiuti. Le nuove norme adottate in quell’anno rappresentano la normativa in materia di rifiuti più moderna al mondo, un campo in cui l’Ue sta dando l’esempio che altri dovrebbero imitare. Gli Stati membri si sono così impegnati a conseguire i seguenti obiettivi aumentando man mano il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti urbani. Entro il 2025 dovrà pertanto essere riciclato almeno il 55 p.c. dei rifiuti urbani domestici e commerciali. L’obiettivo salirà al 60 p.c. nel 2030 e al 65 p.c. nel 2035. Inoltre, il 65 p.c. dei materiali di imballaggio dovrà essere riciclato entro il 2025 e il 70 p.c. entro il 2030. Le nuove norme fissano anche degli obiettivi distinti per materiali di imballaggio specifici, come carta e cartone, plastica, vetro, metalli e legno. In virtù dei nuovi dispositivi del Consiglio europeo, lo smaltimento in discarica diventerà man mano un’eccezione, in quanto verrà limitata la quota di rifiuti da smaltire in discarica a un massimo del 10 p.c. entro il 2035. Ottimi esempi in questo senso sono forniti da Paesi quali Austria, Belgio, Danimarca, Germania, Olanda e Svizzera, che nell’anno di riferimento 2014 non hanno inviato praticamente alcun rifiuto in discarica, mentre Cipro, Croazia, Grecia, Lettonia e Malta hanno interrato più di tre quarti dei loro rifiuti urbani. Il pacchetto di norme del 2018 prevede inoltre che i prodotti tessili e i rifiuti pericolosi provenienti dai nuclei domestici dovranno essere raccolti separatamente entro il 2025, così come i rifiuti biodegradabili (organici-il cosiddetto umido), che potranno essere riciclati anche direttamente nelle case attraverso il compostaggio. L’obiettivo dell’Ue è ridurre gli sprechi alimentari del 50 p.c. In questo contesto, gli Stati membri dovrebbero diminuirli del 30 p.c. entro il 2025 e del 50 p.c. entro il 2030. Al fine di prevenire lo spreco di cibo, i Paesi Ue dovrebbero incentivare la raccolta dei prodotti invenduti e la loro redistribuzione in condizioni di sicurezza. Il fine ultimo è passare da un’economia lineare a un’economia circolare, che vuole ridurre al minimo i rifiuti, nonché riutilizzare, riparare, mettere a nuovo e riciclare materiali e prodotti già esistenti. Il passaggio a questo tipo di economia limiterà la pressione sull’ambiente e aumenterà competitività, innovazione e crescita, creando posti di lavoro.
Riutilizzo e riciclaggio. Sì!
In virtù delle direttive europee, entro la fine del 2020 il 50 p.c. dei rifiuti domestici e simili devono essere preparati per il riutilizzo e riciclati, e il 70 p.c. dei rifiuti da costruzione e demolizione non pericolosi devono pure essere preparati per il riutilizzo e riciclati, dopo di che sottoposti ad altri tipi di recupero. Il Parlamento europeo, in un testo approvato il 4 aprile 2019, invita i Paesi membri a compiere maggiori progressi nella definizione di piani e progetti efficaci in materia di prevenzione, riutilizzo, raccolta differenziata e riciclaggio, in quanto essi sono fattori essenziali per ridurre l’impatto ambientale dei rifiuti, traendo benefici economici dall’economia circolare e migliorando l’efficienza delle risorse. Ritiene inoltre fermamente che i nuovi modelli incentrati sulla prevenzione, il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti debbano essere adeguatamente promossi e sostenuti al fine di stimolare in modo più efficace la transizione verso un’economia circolare, ma ricorda soprattutto, tra gli altri punti, che l’incenerimento (prassi a quanto sembra accolta dalla Croazia) continua a essere al penultimo posto della gerarchia dei rifiuti, secondo soltanto alla messa in discarica. Sostiene, infine, la Commissione nell’ambito delle procedure d’infrazione in corso nei confronti degli Stati membri che non rispettano la legislazione in materia di rifiuti.
In crescita la coscienza civica e ambientale?
Una delle città in cui l’importanza della raccolta differenziata sembra non avere ancora convinto del tutto i cittadini è Fiume, dove spesso e volentieri vengono violate le disposizioni della legge relative a un corretto sistema di riciclaggio. I cassonetti predisposti per la raccolta differenziata il più delle volte vengono riempiti in maniera inadeguata e vi finiscono anche componenti di rifiuti che non hanno a che vedere con le sezioni richieste. Un tipo di contenitore che, ai sensi della legge croata, nel capoluogo quarnerino, come in altre città e comuni dell’Anello fiumano, non è stato ancora introdotto, è quello destinato ai rifiuti organici, per la cui assenza il legislatore prevede multe dalle 300.000 alle 700.000 kune per le persone giuridiche addette al servizio. Ci siamo rivolti pertanto alla municipalizzata Čistoća per chiarimenti al riguardo, dalla quale ci è stato spiegato che “le componenti biodegradabili dei rifiuti vengono smaltite in maniera adeguata presso il Centro regionale per la gestione dei rifiuti di Marišćina (la legge prevede però che ogni condominio abbia a disposizione un cassonetto per l’umido, nda)”. Ci è stato riferito inoltre che “l’azienda sta puntando costantemente sulla sensibilizzazione dei cittadini verso la raccolta differenziata organizzando spesso attività promozionali e corsi educativi”. Uno dei problemi persistenti, secondo la Čistoća, è comunque rappresentato dal fatto che singole persone insistono nello scaricare oggetti ingombranti accanto ai cassonetti o in discariche abusive in giro per la città. “Le nostre iniziative stanno comunque avendo effetto e contribuiscono a una crescita, seppur lenta, della coscienza civica e ambientale”, assicurano infine dalla municipalizzata.
Ministero dell’Ambiente: «La Croazia è in regola»
Ci siamo rivolti al Ministero per la Tutela dell’ambiente e l’Energetica per capire meglio quanto il problema della gestione dei rifiuti a livello nazionale sia in regola con le direttive europee. “I Centri regionali per la gestione dei rifiuti Marišćina e Castion sono i primi impianti di questo tipo costruiti in Croazia e necessitano di tempo per… ingranare al meglio, anche in virtù del fatto che dovrebbero essere innanzitutto le unità di autogestione locale e i cittadini in sé a dover cambiare modo di pensare e a cambiare il proprio atteggiamento verso l’amministrazione dell’immondizia. Gli impianti sono stati edificati grazie ai fondi dell’Unione europea e come tali, durante tutte le fasi del processo e prima della loro messa in funzione, sono stati sottoposti a una serie di controlli e verifiche. Attualmente, il Centro Marišćina è sotto costante sorveglianza da parte dell’Ispettorato di competenza e sono in atto determinate attività e interventi volti a risolvere in maniera quanto più rapida il problema dei miasmi. Si sta tentando in sostanza di ottimizzarne i parametri, che vengono rilevati con la dovuta frequenza – spiegano dal Dicastero –. Bisogna sottolineare che nessun sistema di gestione dei rifiuti in Croazia è in grado di poggiare esclusivamente sul funzionamento di impianti come quelli di Marišćina e Castion. L’attività degli stessi è proporzionale al grado di riciclaggio a livello locale, ovvero al funzionamento dei sistemi di raccolta differenziata – che deve assolutamente comprendere anche la componente organica – adottati dalle singole città e comuni, che servono a ridurre al minimo la quantità di rifiuti che poi finiscono nei suddetti impianti. Il Piano di gestione dei rifiuti della Repubblica di Croazia per il periodo 2017-2022 prevede che la quantità di rifiuti venga progressivamente ridotta raggiungendo il 10 p.c. (oggi a livello di Paese equivale al 66 p.c.), e allo stesso tempo insiste sul funzionamento ottimale della raccolta differenziata, in modo da sfruttare al meglio le componenti riciclabili. I due Centri – ai quali in ultima battuta deve arrivare la minima quantità di rifiuti – forniscono pertanto un contributo essenziale nel raggiungimento degli obiettivi che la Croazia si è posta. C’è ancora tanto lavoro da fare, ne siamo più che consapevoli. Bisogna pertanto insistere su una buona attività promozionale volta a educare a mano a mano i cittadini, sensibilizzandoli sull’importanza del riciclaggio. In questo contesto, il nostro Dicastero ha bandito un concorso pubblico per l’ottenimento di finanziamenti a fondo perduto dell’Ue che verrebbero spesi per una migliore applicazione della raccolta differenziata, assicurando al contempo attorno ai 55 milioni di kune per le necessità educative e informative. Le unità di autogoverno locale devono affrontare con serietà il problema dei rifiuti e capire l’importanza della raccolta differenziata, quanto sia ormai urgente applicarla nella giusta misura, anche in virtù del fatto che il legislatore ha messo a loro disposizione determinati strumenti per sanzionare coloro i quali non si attengono alle disposizioni legislative. Multe salate sono previste anche per le persone giuridiche, principalmente per le aziende municipali (anche nella persona di chi le guida) addette alla nettezza urbana. Certo, ci vuole del tempo affinché il meccanismo in sé cominci a funzionare senza intoppi. Per questo motivo, questo Dicastero incita spesso, con bandi di concorso e inviti pubblici, le amministrazioni locali invitandole a rispettare la legge, che è in assoluta armonia con le direttive europee. Per quanto concerne, infine, l’European Green Deal (EGD) – promosso l’11 dicembre scorso dalla Commissione europea –, il Ministero croato per la Tutela dell’ambiente e l’Energetica sta lavorando sulla stesura del cosiddetto “scenario zero“ per le emissioni, che servirà a valutare e a definire i futuri costi di applicazione delle misure europee. Il Green Deal prevede una tabella di marcia che comprende determinate azioni per stimolare l’uso efficiente delle risorse, grazie al passaggio a un’economia circolare e pulita, per arrestare i cambiamenti climatici, per mettere fine alla perdita di biodiversità e per ridurre l’inquinamento. Esso illustra inoltre gli investimenti necessari e gli strumenti di finanziamento disponibili e spiega come garantire una transizione giusta e inclusiva. Lo “scenario zero“ che questo Dicastero sta preparando servirà dunque all’Europa per definire l’importo dei fondi che sarà necessario stanziare, per le necessità transitorie, ai Paesi membri con Pil bassi, tra cui appunto la Croazia”.

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