Pola, Fiume e Dalmazia a rischio allagamento

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Pola, Fiume e Dalmazia a rischio allagamento

L’innalzamento del livello dei mari dovuto allo scioglimento dei ghiacci, da cui non è escluso l’Adriatico, parimenti al riscaldamento globale cui l’uomo non ha trovato rimedio dopo aver combinato un patatrac rischia di provocare un autentico caso che potrebbe risultare con l’allagamento di parte della costa adriatica: dal Quarnero e l’Istria fino in Dalmazia.
Fra non tanto tempo, se la situazione non subirà un repentino miglioramento, potrebbero finire sotto l’acqua Traù, Salona, i Castelli spalatini, lo stadio Poljud, il palazzo di Diocleziano, la stazione dei treni… ma la situazione più delicata riguarda la valle della Narenta (Neretva). In caso di innalzamento del livello del mare di 4 metri sparirebbero Opuzen, Metković, Ploče e perfino Čapljina, in Bosnia. Più a sud finirebbe sott’acqua il nucleo dell’antica Dubrovnik, al nord toccherebbe a Fiume e Pola. A volerla buttare sul ridere, per sdramatizzare, se, stando alla teoria sull’evoluzione dell’uomo in parte, milioni e milioni di anni fa eravamo pesci prima di evolverci in scimmie, oggi la storia si potrebbe ripetere e torneremo tutti in acqua.
Al di là degli inutili e facili allarmismi dei soliti urlatori del male di turno, è un SOS che va preso con il massimo della serietà perché il livello dei mari potrebbe salire molto più rapidamente del previsto, con un aumento entro il 2100 compreso fra i 75 e i 190 centimetri. Il dato viene affermato in una ricerca pubblicata su “Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS)”, a firma Martin Vermeer del Politecnico di Helsinki e Stefan Rahmstorf del Potsdam Institute for Climate Impact Research, in Germania, basato sull’analisi delle temperature globali e del livello del mare negli ultimi 130 anni. In questo studio si dice che dal 1990 il livello del mare è salito di 3,4 millimetri all’anno, il doppio della media del ventesimo secolo. Anche se questo tasso di crescita restasse stabile, alla fine del ventunesimo secolo si otterrebbero 34 centimetri.
I dati indicati nell’analisi stanno a dimostrare chiaramente di quanto sia diventato caldo il clima; parallelamente causa lo scioglimento dei ghiacci tanto più rapidamente sale il livello del mare. Se vogliamo prevenire una crescita galoppante del livello del mare, dobbiamo fermare quanto prima il riscaldamento globale.
La relazione fra la “velocità” di salita del mare e temperatura globale era già stata indicata da Rahmstorf in un articolo su “Science” nel 2007, ma ora Rahmstorf e Vermeer hanno raffinato le equazioni di quello studio per ottenere una maggiore aderenza del modello alla realtà e aggiunto una serie di dati sperimentali fra cui misurazioni da satellite.
I risultati mostrano che anche nel caso di uno scenario con emissioni di gas serra relativamente ridotte, tali da portare a un aumento di 2°C alla fine del secolo, l’aumento del livello del mare supererebbe il metro. Lo scenario peggiore considerato (con un incremento di 4°C) porterebbe a oltre 1,4 metri di aumento. Considerando i margini di incertezza legati al modello, la stima finale porta poi a un aumento del livello del mare compreso fra 75 centimetri e 1,9 metri.
Questo aumento rappresenta circa triplo rispetto a quello che era stato stimato nel quarto rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) nel 2007, che non contemplava appieno gli effetti della perdita di ghiacci da parte della Groenlandia e dell’Antartide. Appare invece conforme ai risultati ottenuti con metodologie differenti da altri recenti studi. Un aumento del livello del mare di questa entità, sottolineano i ricercatori, rappresenterebbe una grave sfida per l’esistenza stessa non solo di piccole isole, ma anche di molte grandi città costiere.
Le previsioni degli scienziati sono tutt’altro che ottimistiche e dicono che il mondo in base alle ipotesi più ottimistiche fino al 2100 a questo ritmo sarà più caldo di 3°Celsius, mentre stando a PNAS l’innalzamento del livello dei mari varierà fra 4,3 e 9,9 metri. Con l’approssimarsi della scadenza per i lavori della COP24 che si terrà in Polonia, a Katowice (3-4 dicembre 2018), continua ad umentre la frequenza degli allarmi lanciati da scienziati e ricercatori di tutto il pianeta su pericolosità dei livelli di emissioni e le inerenti conseguenze sull’ambiente. Il primo a lanciare l’allarme è stato il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, dichiarando: “Il cambiamento climatico si sta muovendo più velocemente di noi”.
Il report di IPCC ci informa che la temperatura media globale sta crescendfo molto più velocemente di quanto previsto dalla COP21 di Parigi: il Mar Glaciale Artico potrebbe rimanere senza ghiaccio marino in estate. Per questo i ricercatori hanno teorizzato la necessità di adottare misure ancora più restrittive, per limitare il riscaldamento globale a 1,5°C invece che a 2°C, prima che sia troppo tardi. Risulta a questo punto che la COP21 di Parigi è stata troppo ottimista. E quindi ora si presenta l’inderogabile necessità di introdurre misure più restrittive e limitare il riscaldamento globale a 1,5°C (invece che a 2°C, come era stato previsto a Parigi). Ciò potrebbe avere ripercussioni positive non solo sotto il profilo della sostenibilità, ma anche dal punto di vista sociale e geopolitico. Non è quanto lo dice una ricerca scientifica (anche se alcuni Paesi, USA in primis, si ostinano a negare il rapporto di causa ed effetto tra i cambiamenti climatici e le emissioni di sostanze inquinanti come la CO2), ma in effetti sarà la base su cui dovranno discutere i leader mondiali che alla prossima COP24.
Purtroppo a far gelare il sangue nelle vene di tutti è arrivata in anticipo la risposta dei ricercatori: gli effetti dell’aumento delle temperature medie nella maggior parte delle terre emerse e degli oceani, degli estremi di caldo nella maggior parte delle regioni disabitate, delle forti precipitazioni in diverse regioni, della probabilità di siccità e carenza di precipitazioni in alcune regioni.
E infine il Mar Glaciale Artico (i cui cambiamenti sono fondamentali non solo per la sua funzione di regolatore delle temperature globali, ma anche per l’impatto su tutti gli altri mari dal punto di vista della salinità e per molti altri motivi, compreso quello meteo) potrebbe rimanere senza ghiaccio marino nell’estate 2019. Con un riscaldamento globale di 1,5°C le barriere coralline (micro-ambiente importantissimo) diminuirebbero del 70-90%; ma con un aumento di 2°C scomparirebbero del tutto (probabilità del 99%). Sulla terra gli impatti su biodiversità ed ecosistemi, comprese perdite di specie ed estinzioni, si prevede che saranno più bassi a 1,5° di riscaldamento che a 2°. La conseguenza è quella che da anni ripetono molti ricercatori. I rischi legati al clima per salute, mezzi di sostentamento, sicurezza del cibo, fornite d’acqua, sicurezza umana e crescita economica si prevede che aumenteranno con un riscaldamento a +1,5° e saliranno ulteriormente a +2°. Risultati impressionanti, che sorprendono chi si occupa di ambiente fino a un certo punto, perché non fanno altro che confermare gli allarmi lanciati negli anni da centinaia di studi.
Sulla rivista Nature Climate Change qualche settimana fa i ricercatori hanno dimostrato che esiste un legame tra emissioni di CO2 e percentuali di elementi nutritivi in alcuni alimenti. Lo studio dice che elevate concentrazioni di CO2 causerebbero un calo dei livelli di ferro, proteine e zinco in ben 225 alimenti. Il report ha valutato le conseguenze che queste modifiche nelle colture potrebbero avere sulle popolazioni: ben 151 Paesi. Poiché nei prossimi 30-80 anni le concentrazioni di gas serra nell’atmosfera hanno la tendenza ad aumentare dagli attuali 400 ppm si potrebbe passare a 550 ppm (fino a pochi mesi fa 400 ppm era considerato un limite invalicabile!), il contenuto di proteine, ferro e zinco di molte colture principali, come grano e riso, diminuirà di una percentuale variabile tra il 3 e il 17%.
Se uniamo questo aspetto all’annunciato aumento della popolazione globale e alla percentuale di sprechi di cibo, oggi largamente diffusa in tutto il pianeta, non possiamo se non essere preoccupati. Molto…

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