«Non potrò staccarmi del tutto da Fiume»

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«Non potrò staccarmi del tutto da Fiume»

Per aver promosso con successo la cooperazione economica tra gli imprenditori italiani e quelli fiumani. Questa, in sintesi, la motivazione della Targa d’Oro “Stemma della Città di Fiume” conferita quest’anno al console generale d’Italia, Paolo Palminteri, nell’ambito delle festività patronali del capoluogo del Quarnero. Classe 1975, nato a Taranto, arriva da una terra che storicamente ha avuto proficui contatti, intense relazioni artistiche, oltre che scambi economici e di popolazioni con la costa orientale dell’Adriatico, in primis la Dalmazia. Laurea in Giurisprudenza all’Università degli Studi di Perugia e master in International Affairs all’Istituto per gli Studi di politica internazionale (ISPI) di Milano, entra in carriera diplomatica nel 2001, lavorando alla Farnesina nel campo della Cooperazione allo Sviluppo, prima di andare in missione all’estero. Ha prestato servizio in qualità di vicario dell’ambasciatore e capo dell’Ufficio commerciale a Helsinki (2004 – 2008) e presso l’Ambasciata a Zagabria (2008 al 2012). Dall’ottobre 2013 è stato a capo dell’Ufficio I, con competenze per le politiche di sviluppo dell’Unione europea, contribuendo al semestre di Presidenza italiana del Consiglio UE in questo settore. È console generale a Fiume dal 24 agosto 2015.

La sua candidatura al premio annuale della Città di Fiume è stata avanzata dalla Camera regionale d’economia, con il sostegno della Facoltà di Lettere e Filosofia, dell’Accademia di management PAR, della Scuola media superiore italiana, dell’Ospizio intestato a Madre Maria Crocifissa Cosulich, dell’EDIT, dell’Associazione degli imprenditori italiani in Croazia (AIIC), del Policlinico Rident e di Erik Fabijanić (presidente dell’Assemblea della Regione Litoraneo-montana). Una proposta che trae spunto dal suo significativo apporto “alla promozione della diplomazia economica e della cooperazione bilaterale”, nonché i risultati “eccellenti” finora conseguiti appunto nel campo della promozione delle relazioni tra gli imprenditori fiumani e i partner dall’Italia. “Il suo contributo si riflette in tutte le sfere della vita pubblica, in particolare nei settori dell’economia, della scienza, della cultura, dell’assistenza sociale e dell’istruzione – si legge nel testo di accompagnamento –. Con il suo arrivo al Consolato generale a Fiume, il signor Paolo Palminteri, ha significativamente migliorato la cooperazione economica, creando nuove opportunità di collaborazione tra istituzioni e singoli”.

In particolare, si rileva il legame instaurato tra la Camera regionale d’economia e l’Associazione degli imprenditori italiani in Croazia, avviato proprio sulla spinta del console generale Palminteri. Inoltre, sulla scia dello spirito di grande e consolidata amicizia tra Italia e Croazia, ha incoraggiato la visita di alti funzionari e uomini d’affari provenienti da Italia e prontamente appoggiato le iniziative economiche della camera d’economia. Una conferma degli ottimi rapporti instaurati tra le due istituzioni si è avuta con la terza edizione della Fiera del Franchising 2017, con l’Italia come Paese partner. Oltre alle attività economiche, si fa riferimento a manifestazioni nel campo culturale e scientifico, tra cui le Giornate della cultura e della lingua italiana.

Assiduo frequentatore del Teatro nazionale croato “Ivan de Zajc”, dellle tribune del Rijeka calcio, oltre che ovviamente delle istituzioni della Comunità nazionale italiana a Fiume, in Istria e in Dalmazia, l’intervistiamo all’indomani del primo tentativo, fallito, di formare un Governo Movimento 5 Stelle – Lega, l’affidamento di un incarico di “emergenza” a Carlo Cottarelli, con un’atmosfera da crisi istituzionale e la prospettiva di nuove elezioni.

Che cosa rappresenta per lei questo riconoscimento?

“Sono molto orgoglioso di essere stato selezionato e innanzitutto di essere stato proposto da un ente importante come la Camera d’economia di Fiume, con il sostegno non soltanto del mondo dell’imprenditoria, ma anche da più parti, sia politiche che della cultura. Sono riconoscente a chi mi ha proposto, a chi ha appoggiato la mia candidatura e ai consiglieri municipali che l’hanno votata. Ritengo che questo sia un premio per tutto il Consolato, quindi anche per tutti i miei collaboratori, per tutto ciò che in questi tre anni abbiamo cercato di costruire sul territorio, non solo a Fiume ma anche in Istria e Dalmazia. Sono veramente grato di questo riconoscimento, che acquista un significato ancora maggiore perché non arriva a scadenza del mandato, come una sorta di ‘liberazione prima della partenza’”.

Luogo del buen retiro

Pare di capire che a Fiume si sia trovato piuttosto bene.

“Mi sono trovato più che bene, benissimo. È una dimensione perfetta per me. Venivo da Roma, città che lavorando è impossibile godere. Già al primo impatto con Fiume ho percepito una qualità della vita diversa, meno frenetica, più tranquilla sotto tanti punti di vista. La bellezza dei posti, le persone che ho conosciuto, straordinarie, hanno contribuito a fare di quest’esperienza, anche sotto l’aspetto professionale, sì un incarico di grande responsabilità ma anche veramente molto interessante, che va ben oltre la gestione dell’offerta dei servizi consolari”.

“Ho molti amici alla Facoltà di Giurisprudenza, che si adopera per la diffusione della cultura italiana, in questo caso di quella giuridica, organizzando anche dei corsi giuridici in italiano da molti anni. Questi rapporti di amicizia si sono sviluppati e mi è venuta voglia anche di ricominciare a studiare. Attualmente sto facendo un dottorato di ricerca in Diritto internazionale, con una tesi sulle immunità degli organi stranieri. Anche questo fatto dimostra che mi trovo bene qui, ed è forse anche un altro modo, inconscio, per assicurarmi una scusa per tornarci abbastanza spesso anche quando dovrò cambiare sede”.

“Il rapporto con le Comunità degli Italiani, con tutte le espressioni della minoranza autoctona arricchisce tantissimo questa missione e fanno sì che gli anni trascorsi qui siano davvero molto belli. Troppo belli, perché purtroppo nel nostro lavoro bisogna cambiare incarico, volenti o nolenti. In questo caso sarà molto doloroso. Ma proprio perché non riuscirò a staccarmi completamente da Fiume, ho immaginato di non andarmene del tutto, lasciando cioè un punto d’appoggio dove tornare se non altro per le vacanze, un piccolo appartamento che possa diventare il mio buen retiro anche quando sarò altrove”.

Nella motivazione del premio, si riconosce il suo ruolo nella promozione degli scambi e delle relazioni tra gli imprenditori italiani e quelli di Fiume. Quali sono i settori di maggiore interesse, da una e dall’altra parte? Ci sono degli spazi di manovra per fare ancora di più in questo ambito?

“Ce ne sono sicuramente. La crisi economica dalla quale stiamo ancora uscendo in Italia ha ridotto la capacità di proiezione internazionale delle imprese italiane, soprattutto di quelle piccole e medie, che sono quelle che guardano con più interesse a quest’area. Mi riferisco a quelle del Friuli Venezia Giulia e del Veneto. Adesso che il ciclo economico è espansivo, le opportunità aumentano. Nei rapporti con gli imprenditori italiani ho visto da un lato un grande asset, un punto di forza di questi territori nella diffusa conoscenza della lingua italiana, oltre che nel fatto che qui, rispetto ad altre parti della Croazia, le autorità locali sono riuscite a creare delle condizioni abbastanza favorevoli per gli investimenti. La burocrazia in Croazia rappresenta un peso notevole per le imprese, però le autorità locali cercano, nei limiti del possibile, muovendosi sempre nell’ambito delle leggi vigenti, di facilitare il più possibile gli investimenti dall’estero e soprattutto dall’Italia, che è un mercato, un’economia complementare con quella croata. In più, l’Associazione degli imprenditori italiani in Croazia, pur avendo sede a Zagabria, da un paio d’anni guarda con sempre più attenzione all’area quarnerina e all’Istria. E quindi anche questa è un’occasione da cogliere per il business italianop. Tra l’altro, la Città di Fiume sta creando un business cloud nell’ambito delle iniziative per Capitale europea della cultura 2020 proprio per legare cultura e sviluppo dell’imprenditorialità”.

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Il progetto Fiume capitale europea della cultura 2020, che coinvolge anche la Comunità italiana che vive in questa città, sta dunque acquistando corpo. Il Consolato generale è coinvolto?

“Senz’altro il Consolato deve partecipare a quest’iniziativa, come deve farlo l’Unione Italiana. Da un lato perché è una grande vetrina, dall’altro lato perché è un’opportunità per recuperare agli occhi della maggioranza, soprattutto, la cultura di Fiume e l’apporto che hanno dato alla città la cultura italiana e gli italiani. Il fatto che sia stato scelto come tema ‘porto delle diversità’ e il fatto che tra gli obiettivi che si perseguiranno vi sia quello delle radici della città di Fiume sono tutte grandissime occasioni che ci possono consentiranno di evidenziare come la storia di questa città sia anche e soprattutto italiana”.

Bilinguismo, cogliere l’attimo

La Comunità degli Italiani ha promosso un’iniziativa tesa al recupero del bilinguismo visivo. Che cosa ne pensa?

“Penso che anche questa sia una buona opportunità. I segnali di apertura che ha dato il sindaco vanno colti e bisogna fare in fretta. La mia opinione è la politica dei piccoli passi sia quella opportuna per ottenere di più, viceversa volere tutto e subito rischia di farci rimanere con un pugno di mosche in mano. Sono del parere di cercare di ottenere adesso quello che il sindaco sembra già disposto a concedere, ma ciò non significa abbandonare l’idea di ulteriori ampliamenti dei diritti in futuro – che tra l’altro sono riconosciuti dal diritto internazionale, dal trattato bilaterale tra Italia e Croazia sulla tutela della minoranza italiana –, ma perseguirli in un secondo momento. Tra l’altro, la Società di Studi Fiumani a Roma ha già praticamente realizzato il lavoro, con il bellissimo volume di Massimo Superina, ‘Stradario di Fiume. Piazze vie, calli e moli dal Settecento ad oggi’. Basterebbe individuare dei criteri che siano storicamente giustificabili e il libro di Superina ha già la soluzione a tutto. Un bilinguismo in tutta la città, però, provocherebbe conseguenze un po’ paradossali, cioè avremmo a Sušak nomi italiani dove non ci sono mai stati. Quindi, bisognerebbe analizzare anche il contesto storico dei vari quartieri che oggi compongono Rijeka – Fiume e che nel passato non erano caratterizzati da una presenza della cultura italiana, per evitare di chiedere cose che non possono essere realizzate”.

La Farnesina, in collaborazione con altri ministeri italiani e istituzioni, ha avviato un progetto di promozione integrata dell’Italia denominato “Vivere all’italiana”, che comprende gastronomia, lingua, cultura, ora anche il cinema. Il Consolato generale di Fiume vi partecipa con numerosi contenuti. C’è interesse per il “Vivere all’italiana”?

“Diciamo che qui il ‘vivere all’italiana’ è già molto diffuso, per cui sfondiamo una porta aperta. Questo da una parte facilita la nostra azione, dall’altra parte la rende paradossalmente più difficile perché dobbiamo riuscire a trovare degli aspetti del vivere all’italiana meno noti. Il che non è sempre facile, perché soprattutto in quest’area la maggioranza conosce benissimo tutti gli aspetti dell’Italia e gli influssi, gli scambi culturali dall’una e dall’altra parte sono notevoli. Quindi, il Consolato da questo punto di vista non ha vita facile. In questi anni abbiamo organizzato un programma molto ampio, di una decina di eventi l’anno, per quanto riguarda la parte culturale nel mese di ottobre e da due anni a questa parte anche nell’enogastronomia cercando appunto di portare delle eccellenza meno conosciute. Il ‘vivere all’italiana’ io l’interpreto come dedicato principalmente alla maggioranza, perché quanto più la cultura italiana si diffonde tra la maggioranza tanto più la Comunità nazionale gode di autorevolezza di un riconoscimento. Quest’anno, tra l’altro c’è l’anniversario rossiniano. Su Rossino, abbiamo in mente una mostra di tre pittori per unire un artista della comunità italiana autoctona, un artista croato e un artista dall’Italia”.

Abbiamo parlato di “Vivere all’italiana”. Che cosa apprezza maggiormente del “vivere alla croata”?

“Una domanda interessante. Devo ammettere che io mi sento praticamente come se fossi in Italia. C’è una tale commistione delle culture italiana e croata che mi è veramente impossibile distinguere l’una dall’altra. Oramai anche quando parlo con i miei amici in Italia infilo spesso due-tre parole in croato, dico ‘dobro, dobro’ e loro mi chiedono che cosa significhi. Piano piano ho scoperto alcuni aspetti della cultura croata che sono assolutamente misconosciuti in Italia, come ad esempio lo scrittore Miroslav Krleža o l’opera che mi è piaciuta moto nella versione italiana del dramma ‘La rappresentazione dell’Amleto nel villaggio di Merduscia di Sotto’ di Ivo Brešan, o ancora ‘Ero il Buffone’ di Jakov Gotovac o la musica non sacra di Ivan de Zajc. Ignoravo che esistesse una produzione operistica croata. Peccato che non si trovino registrazioni”.

Extra UI nulla salus

In questi due anni avuto modo di conoscere in maniera più approfondita anche la Comunità nazionale italiana. È cambiata la sua opinione iniziale?

“Vedendola più da vicino, ho colto tutta una serie di sfumature diverse. Ma il giudizio assolutamente positivo che avevo prima è rimasto. Vi sono persone dal valore straordinario, che si impegnano di tutto cuore per lo sviluppo di questa Comunità. In tante località dell’Istria e in questa zona – non voglio nominare nessuna per non fare torto alle altre –, ho visto persone che mettono a disposizione il loro tempo, la loro inventiva, la loro passione per lo sviluppo della Comunità. Tuttavia, è mio pare che la nostra Comunità non sfugga a una tendenza, presente a livello nazionale e a livello europeo, di disgregazione. Sempre più vengono dimenticati i motivi dello stare insieme e prendono piede degli atteggiamenti di ostilità nei confronti di altri appartenenti alla stessa Comunità che arrivano a essere anche verbalmente molto violenti. Una tendenza disgregatrice è un pericolo mortale, lo è per tutti i Paesi dell’Europa, per le società europee, però per una minoranza con numeri così ridotti diventa veramente un pericolo esiziale. Questi ultimi venti in Croazia, portati dal referendum sulla legge elettorale, dimostrano che non vi è diritto che possa considerarsi acquisito per sempre. E una Comunità che è divisa al suo interno è una Comunità più facile da colpire. Non è sufficiente che si ricompatti davanti a un eventuale attacco dall’esterno, dev’essere compatta nella sua vita di tutti i giorni. Non so se è esagerato, ma mi sento di parafrasare le parole di San Cipriano, che diceva ‘extra ecclesiam nulla salus’. Dunque, extra UI nulla salus, ossia non c’è salvezza senza una rappresentanza unica. Nessuna Comunità potrebbe reggere, né le piccole e neppure le grandi, che forse cullano l’idea che con una maggiore autonomia avrebbero maggiori capacità d’azione. A mio avviso, senza una rappresentanza unica nei confronti della Croazia e dell’Italia, questa Comunità non durerebbe molto, diventerebbe assolutamente ininfluente, perderebbe l’autorevolezza che ha oggi. Il collega serbo, arrivato appena un anno fa, la prima cosa che mi di disse è stata: ‘beato te che hai l’Unione Italiana, noi siamo tanti e tutti frastagliati e in lotta l’uno contro l’altro, quindi non contiamo nulla’. Ecco, quello che è assolutamente da evitare è la serbizzazione della Comunità italiana. Dobbiamo assolutamente rimanere uniti e lo dico anche nell’ottica delle elezioni che ci saranno fra qualche settimana. Chiunque vinca queste elezioni dev’essere riconosciutoi da tutti come legittimo rappresentante di tutta la Comunità e tutti devono dare il proprio contributo all’interno dell’Assemblea, dalla Giunta, nel rispetto dei differenti ruoli. Ci sono poi all’interno dell’Unione Italiana gli strumenti democratici per far valere eventuali idee terze sullo saviluppo di questa Comunità. Non vorrei che alcune Comunità si ponessero al di fuori della vita dell’Unione Italiana”.

Oltre all’unità della CI è importante anche il sostegno dall’Italia. Un po’ di preoccupazione la destano determinati cambiamenti e la situazione molto particolare che si sta vivendo…

“Il cambiamento nella legge regionale del Friuli Venezia Giulia sicuramente ha contribuito ad acuire tensioni che già sotto traccia esistevano tra l’Unione Italiana e l’Università Popolare di Trieste, in cui tutti e due gli enti vogliono che sia riconosciuto il loro ruolo nella gestione del futuro di questa Comunità. Le modifiche alla legge regionale rischiano di far perdere la coerenza nell’intervento italiano in senso lato, quel coordinamento garantito dal Comitato composto da ambasciatori, consoli, rappresentanti della Regione, del Comune di Trieste, del Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale e dell’Università Popolare di Trieste che davano delle linee guida entro le quali le proposte dell’Unione Italiana si dovevano muovere. Ad esempio, il Comitato di coordinamento già da diversi anni, su impulso del mio ex capo Emanuela D’Alessandro (ex ambasciatrice a Zagabria, oggi consigliere diplomatico del presidente italiano Sergio Mattarella, ndr) aveva terminato i finanziamenti per le escursioni delle Comunità degli Italiani in Italia per ragioni sia di merito che di opportunità. Ora vedo che con il finanziamento regionale si ritorna a questo tipo di attività”.
“In generale, il sostegno a questa Comunità dal punto di vista politico non è venuto meno da nessun partito. La CNI rimane un interesse trasversale perché a mio avviso è l’interesse nazionale a sostenere sia questa Comunità sia politicamente sia finanziariamente. È interesse dell’Italia che qui si continui a parlare italiano, che si coltivi la cultura italiana, un elemento che facilita molto i rapporti bilaterali con la Croazia, che sono in continua espansione. E una parte del merito va sicuramente a voi”.

C’è stato un periodo in cui le procedure per il riacquisto della cittadinanza italiana hanno assorbito forse la maggior mole di lavoro del Consolato. Continuano ad arrivare richieste di questo tipo?

“Nel frattempo si è verificato il soprasso delle richieste di cittadinanza per matrimonio rispetto a quelle ai sensi della Legge 124/2006, che prevede il riconoscimento della cittadinanza italiana a favore dei connazionali in Istria, Fiume e Dalmazia. Richieste che erano in ordine delle migliaia, adesso sono un centinaio l’anno. Dunque, non è più l’attività principale anche se prevalente, perché a questa Comunità abbastanza grande, che si attesta sulle 17mila persone, dobbiamo erogare tutti quei servizi che solitamente fornisce il Consolato e che in Italia vengono solitamente svolti da diverse amministrazioni”.

“Tra le tendenze, c’è anche un fenomeno che per ora è piccolo, ma che potrà crescere, relativo ai trasferimenti dall’Italia in queste aree. Si tratta di persone che non necessariamente hanno contatti o legami con la Comunità autoctona, ma semplicemente si trasferiscono dalle regioni limitrofe perché il costo della vita qui è più accessibile, è più piacevole vivere in riva al mare. Arrivano perlopiù dal Veneto e dal Friuli Venezia Giulia che si stabiliscono soprattutto in Istria”.

SOS Consolato, estate «calda»

SOS Consolato: quali sono le principali richieste d’aiuto?

“Durante la stagione estiva ne riceviamo tantissime, perché la nostra competenza si estende su tutta la costa croata dell’Adriatico e quindi, con oltre un milione di turisti che arrivano in vacanza, c’è bisogno di assistenza di ogni tipo. Un collega greco ha scritto un libro divertente sulle richieste più improbabili che ha ricevuto dai suoi connazionali. Devo dire che anche a noi ogni tanto arrivano domande che lasciano un po’ perplessi e devo dire c’è una grande differenza tra l’atteggiamento che hanno i membri della Comunità italiana residente e i turisti che vengono dall’Italia. I primi sono collaborativi quando cercano un servizio del Consolato, i secondi arrivano già spazientiti, benché se hanno perso il documento o l’hanno lasciato a casa non è certamente colpa nostra. Quella dell’ingresso senza documento è la fattispecie più frequente. Penso che a molti sfugga il fatto che la Croazia sia nell’Unione europea ma che non faccia ancora parte dell’accordo di Schengen, quindi pensano di poter circolare anche in Croazia così come vanno in giro per l’Italia, con la patente. Naturalmente, i croati alle frontiere si rendono conto che non si tratta di pericolosi terroristi e fanno sempre entrare i turisti italiani. Poi, visto che i controlli al reingresso in Schengen sono più rigidi, devono venire qui in Consolato per risolvere i loro problemi. Durante le ultime due settimane di luglio e le prime settimane di agosto davanti alla nostra porta ci sono grandi file… Ci sono poi anche casi molto più difficili e tristi da gestire, fino ai decessi o al ricovero in ospedale, incidenti. Purtroppo nel periodo estivo capita anche questo. L’anno scorso abbiamo avuto a Spalato molti turisti preoccupati per gli incendi e il fumo che arrivava anche nelle zone centrali della città. Abbiamo cercato di far fronte anche a quest’emergenza. Fortunatamente, i livelli di sicurezza su tutta la costa croata sono molto buoni, la collaborazione con le autorità locali è ottima e abbiamo una rete onoraria e di corrispondenze consolari che aiuta moltissimo. Con tutti questi fattori fino ad adesso siamo riusciti a gestire abbastanza bene anche eventi ad alto rischio come l’Ultra Music Festival di Spalato o le due settimane di agosto sull’isola di Pago, che ci danno moltissimo lavoro e preoccupazioni. Siamo sempre raggiungibili 24 ore su 24. Colto l’occasione per ringraziare tutti i miei collaboratori, che rinunciano alle vacanze nel periodo estivo. Certo, se stai a Fiume magari non è una rinuncia poi molto dolorosa, ma comunque non vanno in ferie e sono sempre disponibibili, ogni giorno, dalla mattina fino a tarda sera senza sosta”.

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