Meteo ballerino? Vi spiego i perché…

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Meteo ballerino? Vi spiego i perché…

Il tepore della bella stagione, poi le piogge e il fresco e quindi di nuovo il caldo e l’afa, e così a ripetizione. Ormai è un gesto quasi automatico svestirsi e subito dopo ripescare maglioncini e K-way dall’armadio. Se l’estate scorsa era stata contrassegnata dal caldo torrido, quest’anno i mesi estivi si presentano alquanto ballerini. Una situazione decisamente inattesa dal momento che ci eravamo ormai rassegnati al caldo infernale. Condizioni atmosferiche anomale non stanno però interessando solamente le nostre latitudini, anzi, buona parte dell’Europa è alla prese con temperature ben oltre la media del periodo. In particolare la Scandinavia si è ritrovata a boccheggiare con la colonnina di mercurio che è schizzata oltre i 32 gradi al Circolo polare artico, senza contare l’emergenza degli incendi che non ha risparmiato nemmeno la Lapponia, la casa di Babbo Natale! E non si è trattato neppure di un fenomeno isolato: il caldo anomalo ha infatti colpito anche il Nord America, la Russia, la Thailandia, il Giappone… È evidente che il Pianeta si trova in balia dei cambiamenti climatici e anche il clima mite e temperato, tipico del “nostro” Mediterraneo, si sta tropicalizzando sempre di più, con conseguenze a lungo termine ancora tutte da studiare e verificare. Per fare il punto su questa strana estate e su cosa ci riserverà il futuro in termini climatici, siamo andati a scomodare il meteorologo abbaziano Igor Horvat, una delle voci più amate di Radio Fiume nei due appuntamenti quotidiani riservati alle previsioni meteo.

Ondate di calore brevi

Igor, partiamo proprio da quest’estate: giugno e luglio ce li aspettavamo decisamente più arroventati.

“Diciamo che sono stati nella media. Il bacino del Mediterraneo sta vivendo un caldo decisamente meno intenso rispetto ad altre annate in cui l’alta pressione africana dominava per settimane. Stiamo vivendo un clima piuttosto mite, senza particolari eccessi e con la sensazione di afa meno presente rispetto al recente passato. Questo perché le brevi ondate di calore sono state puntualmente smorzate da perturbazioni atlantiche”.

Sbaglio o sono mancati un po’ i bollenti anticicloni nordafricani, i cugini di “Caronte”?

“Più che altro è mancato l’anticiclone delle Azzorre. L’alta pressione azzorriana è infatti quella che fa da scudo contro le infiltrazioni di correnti umide e fredde di matrice atlantica. In altre parole, la sua assenza ha praticamente spianato la strada a fronti perturbati. Va tuttavia sottolineato che negli ultimi 15-20 anni abbiamo assistito a un cambiamento dei meccanismi dinamici delle masse d’aria che hanno comportato condizioni atmosferiche nuove alle quali non eravamo abituati, ma con cui ora ci troviamo a convivere”.

Colpa del riscaldamento globale?

“Esatto e in questo caso gran parte della responsabilità ricade sull’uomo. Le nostre attività hanno riscaldato l’atmosfera modificandone la composizione, provocando di fatto un cambiamento del suo comportamento. Oggi infatti l’atmosfera è molto più imprevedibile rispetto a prima e molto spesso noi meteorologi dobbiamo fare i conti con situazioni finora sconosciute”.

Da Ferragosto pochi estremi

Torniamo un attimo al presente. Cosa indicano i modelli per la seconda metà di agosto?

“Il mese in corso trascorrerà sicuramente all’insegna del caldo estivo, tuttavia non si scorge all’orizzonte una figura anticiclonica che possa stazionare troppo a lungo come avvenuto a inizio agosto. Vivremo dunque delle ondate calde più brevi e con temperature non estreme”.

Chi, come me, ha programmato le proprie ferie per settembre secondo te ha fatto bene?

“In base alle proiezioni attuali settembre dovrebbe essere nella media, ma visto l’andamento di quest’estate è meglio prenderle con le molle”.

Quindi le proiezioni sul prossimo inverno non te le chiedo nemmeno?

“Siamo ancora troppo lontani anche se chiaramente i modelli sono già disponibili. La tendenza è quella di inverni piuttosto miti con sfuriate fredde solamente nell’ultima parte della stagione, come nel caso di ‘Burian’ dello scorso febbraio”.

A proposito del famigerato Burian: credi che con i cambiamenti climatici il gelido nucleo di aria siberiana in futuro potrebbe tornare a farci visita più spesso?

“Non lo possiamo sapere, ma certamente non è un’eventualità da escludere”.

Quanta attendibilità hanno le previsioni stagionali a lungo termine?

“La tecnologia nel campo delle previsioni ha fatto passi da gigante e anche i modelli matematici sono sempre più elaborati e precisi, ma nonostante ciò credo che non saremo mai in grado di arrivare a un’attendibilità a lungo termine del 100%. Questo perché ci sono un’infinità di variabili in gioco, alcune ancora sconosciute, difficili da inserire nei modelli matematici. Ma anche se fosse, bisogna comunque tenere presente che la matematica la sua interpretazione sono un conto, la realtà fisica è un altro”.

Perché i fenomeni sono diventati sempre più estremi?

“Semplicemente perché l’atmosfera è molto più turbolenta rispetto al passato. Ciò è dovuto a una maggiore concentrazione di energia intrappolatasi in seguito all’inquinamento. Bombe d’acqua, intensa attività elettrica e scariche di fulmini, formazione di ‘supercelle’ temporalesche, trombe d’aria e altri fenomeni violenti ne sono il risultato”.

La Scandinavia a luglio ha sofferto un caldo eccezionale…

“La colpa è stata di un vasto campo anticiclonico che si è spinto molto più a nord rispetto al normale. Il gioco delle basse pressioni ha permesso l’ingresso a quelle latitudini dell’anticiclone delle Azzorre, alimentato da aria rovente di origine sub-tropicale. A peggiorare la situazione c’è stato poi un altro fattore: mentre da noi di notte arriva il buio e la temperatura scende un po’, al nord il sole in questo periodo dell’anno non va praticamente mai a dormire col risultato che tutto resta uguale. Non è la prima volta che capita, ma in virtù dei cambiamenti climatici in atto questo quadro potrebbe ripetersi con una cadenza molto più frequente”.

Gli accordi di Parigi sul clima prevedono di contenere l’aumento della temperatura media globale al di sotto di 2 gradi centigradi rispetto ai livelli pre-industriali entro il 2100. Secondo te ciò è fattibile o è più che altro un tentativo un po’ disperato destinato a fallire?

“Direi la seconda. Purtroppo ormai è troppo tardi e anche se con una bacchetta magica dovessimo ridurre a zero tutte le emissioni, non saremmo comunque in grado di contenere l’aumento. Sia chiaro, i cambiamenti climatici ci sono sempre stati, ma si è sempre trattato di processi estremamente lenti. Negli ultimi 150 anni l’azione dell’uomo li ha accelerati sensibilmente. Più che le emissioni di CO2, ora il problema maggiore è rappresentato dal rilascio di metano provocato dallo scioglimento del permafrost nelle regioni artiche in quanto si tratta di un gas serra quattro volte più inquinante rispetto al CO2. In futuro quindi non ci rimane che cercare di ridurre per quanto possibile le emissioni e abituarci ai cambiamenti climatici”.

Correnti oceaniche, attenti

Di recente abbiamo letto che la temperatura della superficie dell’Atlantico settentrionale sarebbe diminuita di 2 gradi e che ciò potrebbe attribuirsi a un indebolimento della corrente del Golfo. Se ciò venisse confermato, quali conseguenze potrebbe avere sul clima in Europa?

“Una domanda pertinente più per un oceanografo che per un meteorologo… Ad ogni modo una cosa è certa: il rallentamento delle correnti oceaniche non è mai un buon segno. Gli oceani sono sistemi molto complessi e soprattutto estremamente dinamici. Se le correnti dovessero arrestarsi, un’immensa quantità di materiale organico andrebbe a posarsi sul fondo da dove poi verrebbero rilasciate enormi quantità di gas serra che inevitabilmente condizionerebbero la vita sulla terraferma”.

Oscillazione Nord Atlantica

Spesso sentiamo parlare di El Niño e la Niña. Cosa sono questi due fenomeni e come influenzano il clima sul nostro pianeta?

“Sono manifestazioni periodiche che provocano rispettivamente un forte riscaldamento e raffreddamento del Pacifico centro-meridionale e orientale. Questi provocano inondazioni nelle aree direttamente interessate, ma anche siccità nelle zone più lontane da esse e altre perturbazioni che variano in base alla loro manifestazione. I Paesi che si affacciano sul Pacifico e che dipendono dall’agricoltura e dalla pesca ovviamente ne sono i più colpiti. Tuttavia, per noi è molto più interessante la cosiddetta Oscillazione Nord Atlantica, caratterizzata dalla fluttuazione ciclica della differenza di pressione a livello del mare tra l’Islanda e le Azzorre. Si tratta tuttavia di un fenomeno ancora relativamente sconosciuto e oggetto di vari studi”.

Desertificazione

Un’altra delle conseguenze dei cambiamenti climatici è la cosiddetta desertificazione del Mediterraneo. Quale potrebbe essere lo scenario futuro in Croazia?

“Si tratta di un processo causato e accelerato dalle attività umane. Essa porta alla degradazione del suolo, alla scomparsa della biosfera, quindi flora e fauna, e infine alla trasformazione del paesaggio in deserto o semideserto. Tra le principali cause troviamo la deforestazione, incendi, siccità, urbanizzazione, cementificazione, inquinamento delle falde acquifere e altri ancora. Le aree più esposte sono il Nord Africa e l’Europa meridionale, mentre al momento il discorso non riguarda direttamente la Croazia: più che il deserto, tra 30/50 anni potremmo ritrovarci una vegetazione molto simile alla Grecia”.

Media, megafono della paura

Caldo infernale e freddo polare: ormai i media ci bombardano con titoloni che sembrano terrorismo meteorologico. Com’è cambiata la percezione delle persone nei confronti della meteorologia?

“Purtroppo i media per arraffare qualche click o vendere qualche copia in più tendono a trasformare eventi normali in qualcosa di eccezionale. Un fenomeno che ha preso piede in tutto il mondo, però il problema alla fine è che la gente se la prende con i meteorologi quando in realtà sono i media a ingigantire il tutto”.

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