Maltrattata fraintesa sotto attacco

L’uso pubblico della storia e la fotografia come fonte storica. Un volumetto della Forum fa il punto su modi diversi di ricostruire e interpretare il passato

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Maltrattata fraintesa sotto attacco

Negli ultimi tempi si parla sempre più di frequente di “uso pubblico della storia” riferendosi ai richiamistorici, più o meno corretti, che si rinvengono negli interventi dei politici, e giunge, quindi, opportuno il libretto di Davide Conti, Sull’uso pubblico della storia, intervista a cura di Andrea Lucatello (Forum Editrice Universitaria, Udine 2021, pp. 120, 14 euro), la cui seconda parte, introdotta dall’intervento di Roberta Valtorta, storica e critica della fotografia italiana, Guardare la storia frontalmente, propone il catalogo della mostra alla Casa della Memoria di Milano (5 luglio-5 agosto 2018) Lapidarium, di Paolo Pandullo, raccolta di 18 fotografie dedicate a momenti cruciali delle vicende nazionali tra 1960 e 2001, che rientra nella nuova attenzione d’una storiografia sempre più pluridisciplinare per una fonte particolare come l’immagine nelle sue diverse forme.

 

Lo studioso, esperto di storia contemporanea e consulente delle Procure di Brescia e di Bologna per le stragi rispettivamente del 28 maggio 1974 e del 2 agosto 1980 – autore, tra l’altro, de L’anima nera della Repubblica. Storia del MSI (Laterza, 2013); Gli uomini di Mussolini. Prefetti, questori e criminali di guerra dal fascismo alla Repubblica italiana (Einaudi, 2018), e L’Italia di piazza Fontana (Einaudi, 2020) –, in questa pubblicazione sintetizza ed espone in maniera divulgativa, in forma di domande e risposte, adatta a un più largo pubblico, le questioni discusse nei lavori appena citati.

Davide Conti, storico, consulente della Procura di Bologna (inchiesta sulla strage del 2 agosto 1980), già consulente della Procura di Brescia (inchiesta sulla strage del 28 maggio 1974) e dell’Archivio storico del Senato della Repubblica. Tra le sue pubblicazioni: L’anima nera della Repubblica (Laterza 2013); Guerriglia partigiana a Roma (Odradek 2017); Gli uomini di Mussolini (Einaudi 2018) e L’Italia di Piazza Fontana (Einaudi 2020).

Tanti interrogativi

Si inizia, perciò, richiamandosi al Calendario civile. Per una memoria laica, popolare e democratica degli italiani, a cura di Alessandro Portelli (Donzelli, 2017), con il porre il problema del vuoto di storia e di memoria che si sta vivendo; seguono l’interrogativo relativo al fatto che in una repubblica come quella italiana, la cui costituzione è esplicitamente antifascista, s’assiste al permanere e al riemergere di iniziative che in una certamisura si richiamano all’esperienza del ventennio fascista.

Il tema è in qualche modo ripreso nella domanda successiva, relativa al ruolo avuto dall’amnistia Togliatti del 1946 nell’avvio della storia repubblicana. Preso atto poi di non aver fatto i conti con il fascismo, coprendo con il mito di “italiani brava gente” i misfatti del colonialismo italiano (su cui si veda Francesco Filippi, Noi però gli abbiamo fatto le strade. Le colonie italiane tra bugie, razzismi e amnesie, Bollati Boringhieri ed., 2021, che recensiremo prossimamente in questa sede), si chiede se vi siano altri episodi della storia italiana non esaminati in una prospettiva corretta.

Quale memoria

Si discutono quindi la celebrazione del Giorno della Memoria, denunciando l’omissione delle responsabilità della Repubblica di Salò e attribuendo tutte le colpe soltanto alla Germania nazionalsocialista (a proposito del quale si leggano Contro il Giorno della Memoria, di Elena Loewenthal, Add ed., 2014, ora ristampato, e Mai più! Usi e abusi del Giorno della Memoria, di Ugo Volli, Sonda ed., 2022); del Giorno del Ricordo (riguardo al quale si può vedere il saggio, polemico, di Eric Gobetti, E allora le foibe?, Laterza, 2020); la ricorrenza del 17 marzo per rievocare l’Unità d’Italia, e quella del 9 maggio (1978, allorché si rinvenne il cadavere di Aldo Moro, assassinato dalle Brigate Rosse) da dedicare alle vittime del terrorismo. Ricorrendo il centenario del Milite Ignoto (del quale tratteremo in uno dei prossimi fascicoli) e richiamandosi a un’osservazione di Adriano Prosperi sulla storia usata come una macchina per dimenticare e per dar forza solo alle cose da ricordare, si discute la proposta rivolta a tutti i Comuni italiani di assegnargli la cittadinanza onoraria.

Altri problemi affrontati sono quelli dell’imperversante revisionismo, che viene trasformandosi nella cosiddetta “cancel culture”; dell’estetizzazione della politica nella società negli anni Settanta, delle grandi riforme attuatrici di molti dei principi costituzionali e del tramonto del principio del conflitto, in larga misura sostituito dalla ricerca del consenso, e, almeno ufficialmente, da quello delle ideologie, in realtà presenti e dominanti come non mai, così come della categoria sociologica di “classe”.

Un aspetto metodologicamente importante è quello del rapporto tra storia e cinema – su cui si possono leggere le considerazioni didattiche del sottoscritto, di Italo Fiorin e Claudio Girelli, Cinema e storia, “Studi Goriziani”, n. 71, 1990, pp. 69-88, con ampia bibliografia tematica –, che spesso affronta argomenti d’estrema attualità, proponendoli all’attenzione d’un vasto pubblico, come nel caso dei film sui fatti di Genova del 2001 (Diaz. Non pulire questo sangue) e sulla vicenda Cucchi (Sulla mia pelle), mentre il quesito successivo riguarda l’evoluzione del concetto di spazio pubblico, entrato in crisi con l’avvento della rete e dei social, che, peraltro, non possono rimpiazzarlo efficacemente, essendo dei “non luoghi”, controllati da poteri monopolistici.

La presentazione del saggio di Davide Conti (edito da Forum, Udine 2021, pp. 120): «Maltrattata e fraintesa, la storia è sempre più sotto l’attacco di chi è pronto a crearsi un passato di comodo pur di legittimare le proprie visioni del mondo. È così che una politica della memoria, perlopiù fatta con leggi dello Stato, contribuisce a distorcere quell’identità simbolica che dovrebbe comporre sia il nostro calendario civile che gli spazi pubblici che abitiamo. Date, ricorrenze, monumenti, targhe e nomi di strade non sono neutrali e dovrebbero rispondere alla domanda sul senso che vogliamo dare alla nostra comunità. Il volume è accompagnato da alcune immagini tratte da Lapidarium, una ricerca di Paolo Pandullo sulle testimonianze pubbliche a ricordo delle tante vittime delle stragi italiane.»

Questioni cruciali

Spostando, poi, l’attenzione sulla questione di genere, ci si interroga sull’effettiva o meno emancipazione delle donne, non bastando singoli casi di successo sul piano politico di esponenti del gentil sesso (Merker, Tatcher, la Le Pen, la Meloni, Christine Lagarde, Ursula von der Leyen, Kamala Harris) per attestarne l’effettiva partecipazione paritetica generale, ciò così in Italia come altrove, meno che mai nel Terzo Mondo, dove l’emancipazione, tutt’al più, è meramente formale; proprio nell’ultimo “MicroMega+”, online, speciale bilanci e prospettive/2, l’articolo 2021: per le donne, quale bilancio?, della Tringali, fa il punto su un anno di accese battaglie delle donne per la conquista della parità effettiva.

Se, inoltre, nel secondo dopoguerra case editrici impegnate (si pensi solo a Einaudi, Feltrinelli, Il Mulino, Editori Riuniti) e televisione avevano fornito un effettivo ed efficace contributo all’alfabetizzazione, inclusa quella politica, ora c’è il vuoto, che si tratta di colmare quanto prima per la formazione delle nuove generazioni, anche se – questo il successivo tema affrontato – s’assiste a un proliferare di commemorazioni e di luoghi memoriali, con il connesso rischio di scadere nella mera ritualità, mettendo in crisi la più autentica conservazione della memoria. In un tale contesto si pone, perciò, la domanda sulla figura e sull’attuale ruolo sociale dello storico e sul suo apporto alla vita sociale. Sono, queste, come si vede, questioni cruciali riguardo l’uso pubblico della storia, messe correttamente a fuoco nella dialettica tra domande e risposte, nel complesso correlate tra loro, proponendo una riflessione organica in materia.

Stragi: Parlano le immagini

​La seconda parte del libro è introdotta dalle considerazioni della Valtorta (pp. 76-81), che, richiamandosi alla lezione dei grandi fotografi del Novecento, colloca la ricerca del Pandullo nella storia della fotografia documentaria, mettendone in rilievo l’impegno etico di denuncia delle pagine oscure della nostra storia recente, il tutto – confermato dalla scelta di stampe in bianco e nero – in maniera stringata e priva di retorica.

Le foto, accompagnate da più o meno ampie didascalie e dall’indicazione delle dimensioni, sono disposte in ordine cronologico, a partire dal 1° luglio 1960 a Reggio Emilia, dove in seguito alle proteste in piazza contro il congresso del Movimento sociale a Genova cinque dimostranti sono uccisi dalla polizia. Si prosegue con il 20 ottobre 1962 a Verona, Stazione Porta Nuova (nessuna lapide), con un morto in seguito all’esplosione d’una bomba nel deposito bagagli. Il 12 dicembre 1969 a Milano c’è la Strage di piazza Fontana, con 17 vittime e 84 feriti, e con il conseguente strano decesso di testimoni per suicidio o infortunio, ricordando, però, anche una serie di contemporanei attentati a Roma alla Banca Nazionale del Lavoro, all’Altare della Patria e al Museo del Risorgimento.

Milano, 12 dicembre 1969, Strage di piazza Fontana

Sempre a Milano, il 15 dicembre 1969, Giuseppe Pinelli, il ferroviere anarchico arrestato in seguito all’attentato di piazza Fontana, muore precipitando da una finestra della questura, durante un interrogatorio.Il 22 luglio 1970 a Gioia Tauro si consuma la Strage della Freccia del Sud (nessuna lapide), quando una bomba esplode sui binari, provocando il deragliamento del treno e causando 6 morti e 72 feriti, mentre il 27 settembre del medesimo anno in uno strano incidente stradale perdono la vita cinque giovani anarchici calabresi, da tempo impegnati in un’attività di controinformazione in merito. Il 12 dicembre dello stesso anno, a Milano, a Saverio Saltarelli è letale un candelotto lacrimogeno lanciato nello scontro tra manifestanti e polizia durante il corteo per il primo anniversario della strage di piazza Fontana.

Il 17 maggio 1973 a Milano avviene la cosiddetta Strage della questura, durante la celebrazione della morte del commissario Calabresi, assassinato un anno prima, quando un falso anarchico, stipendiato dal Servizio Informazioni Forze Armate (SIFAR), lancia una bomba a mano, provocando 4 morti e 46 feriti. L’anno seguente, il 28 maggio, Brescia è teatro della Strage di piazza della Loggia, provocata da una bomba fatta esplodere durante una manifestazione contro il terrorismo organizzata dai sindacati, mentre i colpevoli, di estrema destra, arrestati, muoiono in circostanze strane. Sempre nel 1974, il 4 agosto, a San Benedetto Val di Sambro, la Strage dell’Italicus, dovuta all’esplosione d’una bomba a orologeria, che provoca 12 morti e oltre 100 feriti.

Mancano i crimini delle BR

Nell’aprile 1975, durante gli scontri acuitisi a Milano, il giorno 16 viene ucciso da un neofascista lo studente Claudio Varalli, mentre il 17 scoppia una manifestazione contro la sede del MSI, da cui pareva provenissero gli assassini di Varalli, e una jeep della polizia travolge Giannino Zibecchi. La dodicesima fotografia ci riporta a Brescia, il 16 dicembre 1976 (nessuna lapide), dove una bomba esplode in piazza Arnaldo, causando la morte d’un passante. Il 18 marzo 1978 a Milano, Fausto e Iaio, due giovani d’un Centro sociale, impegnati nella lotta contro gli spacciatori di eroina, vengono uccisi in circostanze rimaste oscure. Il 2 agosto 1980 a Bologna, Strage della stazione: una valigia piena di esplosivo deflagra uccidendo 85 persone e ferendone 248.

Strage di Bologna

Il 22 dicembre 1984 a San Benedetto Val di Sambro, Strage del Rapido 904, provocata da un ordigno esplosivo radiocomandato collocato in un vagone, fatto brillare all’ingresso d’una galleria, a poca distanza dal luogo dell’attentato del 1974, perdendo la vita 16 passeggeri, mentre 266 sono feriti. Nel 1992 uno degli imputati è ucciso, mentre un altro ferito in un agguato. Ci spostiamo poi a Firenze, il 17 maggio 1993, per la Strage di via dei Georgofili: una bomba esplosa uccide 5 persone; 27 luglio 1993, Milano, Strage di via Palestro, dove una bomba scoppia davanti al Padiglione d’Arte Contemporanea, causando 5 morti, tra cui 4 vigili intervenuti in seguito a una segnalazione di fumo sospetto in un’auto in sosta. Infine, 20 luglio 2001 a Genova, Carlo Giuliani viene ucciso da un colpo di pistola d’un carabiniere durante i disordini nelle drammatiche giornate del G8.

Gli scontri durante il G8 di Genova

​Questa tragica sequela di eventi criminali, riuniti in un’organica rievocazione, contribuisce a porre in evidenza una pagina sanguinosa, forse troppo presto rimossa, di quella che è passata alla storia come la Prima Repubblica, a rendere più completa la quale, però, sarebbe stato opportuno ricordare anche i crimini perpetrati dalle Brigate Rosse e dal terrorismo di certa estrema sinistra.

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