Il futuro dei media è digitale

Neven Kepeski spiega quali sono le sfide contro le quali i media cartacei stanno combattendo

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Il futuro dei media è digitale
Neven Kepeski. Foto Ivor Hreljanović

Quando si fanno delle previsioni sul futuro si rischia sempre di fare dei discorsi teorici. Vale lo stesso per il futuro dei media. Partendo dai dati si possono però fare delle considerazioni sulla situazione attuale e su come si sia giunti a essa nel corso degli ultimi anni. Ebbene, partiamo dal fatto che in tutto il mondo si leggono sempre meno giornali cartacei. I dati parlano chiaro, c’è un calo costante, con gli unici due stati che si salvano da quest’ondata estremamente negativa che sono Germania e Giappone, pur avendo anche loro statistiche sfavorevoli per quel che riguarda la carta.

Partendo da queste constatazioni Neven Kepeski ha tratto una serie di considerazioni estremamente interessanti, che ha presentato al pubblico in occasione di una lezione organizzata dalla Biblioteca civica di Fiume.
Il relatore ha ammesso come sia al momento molto difficile prevedere quello che succederà a lungo termine con i mezzi d’informazione, sia perché potrebbe sempre capitare un evento imprevisto, come il Covid ad esempio, che va a stravolgere le logiche di mercato o anche la società, sia perché non è ancora del tutto chiaro quali saranno le influenze dell’intelligenza artificiale nei vari campi di attività umana, giornalismo compreso, né tanto meno quali saranno le contromisure che si deciderà di prendere per preservare i processi creativi e le forme di espressione.

Quel che è certo è che oggi viviamo in un mondo in rapida evoluzione e soltanto i media che sapranno adattarsi a questi cambiamenti avranno qualche possibilità di sopravvivere. Secondo Kepeski uno degli esempi più emblematici è dato dal New York Times, che tutti noi conosciamo come uno dei giornali più famosi al mondo. Facendo un’analisi del fatturato dell’azienda ci si accorge però che a partire dal 2023 il NYT incassa di più grazie agli abbonamenti digitali, legati prevalentemente a una serie di videogiochi disponibili sul loro sito, che in base ai proventi di attività legate al giornalismo, vendita di giornali compresa. “Forse per questo sono una delle poche case giornalistiche a non essere in perdita”, ha affermato Kepeski.

Ma questo che significa? Che di per sé il giornalismo non può più venir considerato un’attività redditizia in nessun caso, indipendentemente dalla qualità dei giornalisti e delle notizie? Secondo il relatore non è necessariamente così, ma bisogna capire quali sono esattamente i lettori e cosa interessa loro. “Viviamo in un mondo in cui ci sono troppe notizie. Siamo bombardati da notizie in ogni momento della nostra vita. La maggior parte di esse, però, sono del tutto irrilevanti per noi”, ha affermato Kepeski.

Quasi tutti i giornali e le riviste che hanno ancora un loro pubblico affezionato si occupano in modo specifico di un settore. Danno alle notizie un taglio particolare, quasi personale e pongono una grande attenzione nella verifica delle fonti. “Ecco, questo è uno dei modi nei quali i media potrebbero competere con l’intelligenza artificiale. Con la specificità e con la garanzia di veridicità”, ha affermato Kepeski.

Il futuro dei media si delinea dunque come un panorama dinamico e in continua trasformazione, guidato da innovazioni tecnologiche sempre più rapide, nuove abitudini del pubblico e sfide etiche inedite. Nel 2025, la fruizione dei contenuti è dominata dai video brevi, veicolati da piattaforme come TikTok e YouTube Shorts, che stanno ridefinendo le modalità con cui le persone – soprattutto le generazioni più giovani –, scoprono, condividono e consumano informazione e intrattenimento. Queste piattaforme, grazie a sistemi algoritmici avanzati, offrono esperienze iper-personalizzate, rendendo i contenuti sempre più cuciti su misura per ciascun utente. La stragrande maggioranza dei media tradizionali sono invece lontani mille miglia da tutto ciò.

Parallelamente, l’intelligenza artificiale ha assunto un ruolo centrale non solo nella distribuzione, ma anche nella creazione dei contenuti stessi. Assistenti e generatori basati su AI producono testi, immagini, video e suoni con una rapidità e una qualità che fino a poco tempo fa sembravano impensabili. Questo ha reso possibile un nuovo tipo di interazione tra pubblico e media, aprendo la strada a contenuti più coinvolgenti e accessibili. Tuttavia, la stessa tecnologia che alimenta questa rivoluzione sta anche generando nuovi problemi: i cosiddetti contenuti “slop”, ovvero materiali prodotti in massa da intelligenze artificiali senza supervisione umana, stanno invadendo la rete, abbassando la qualità dell’informazione e creando un ambiente sempre più confuso in cui distinguere il vero dal falso diventa complicato.

Questo scenario alimenta una crisi di fiducia verso i media tradizionali. Sempre più utenti si dimostrano scettici nei confronti delle istituzioni giornalistiche e degli strumenti di verifica dei fatti, mentre le grandi piattaforme tecnologiche sembrano arretrare rispetto alla responsabilità di contrastare la disinformazione, preferendo delegare la moderazione ai meccanismi della comunità o all’automazione. Di fronte a questa sfiducia crescente, alcuni operatori si stanno reinventando, cercando nuove forme di trasparenza e coinvolgimento diretto del pubblico, ma la strada resta lunga.

Anche il mondo della pubblicità sta cambiando: oggi le campagne sono sempre più costruite su misura, interattive e profondamente integrate nei contenuti, con l’obiettivo di creare un’esperienza immersiva e rilevante per ogni singolo utente. L’AI in questo ambito non è solo un supporto, ma spesso è l’architetto dell’intera strategia di comunicazione, capace di ottimizzare in tempo reale le performance e adattarsi ai comportamenti delle persone.

Secondo Kepeski c’è anche un fenomeno di ritorno al cartaceo tra i più giovani, che lo vedono come una forma di sicurezza. “Considerando però i costi del tutto, l’unica possibile strada è quella digitale. La carta, oltre a costare molto di più non ha più quel valore aggiunto e non viene seguita, anche per motivi di comodità. In futuro inoltre sarà sempre più così, perché le nuove generazioni saranno disabituate a tutto ciò”, ha concluso il relatore.

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