Il dialetto è la nostra identità

Prosegue e s’intensifica la battaglia per conservare il vernacolo. «L’intento era ed è quello di trattenerlo nelle pubblicazioni», afferma a PANORAMA Gianna Mazzieri-Sanković, professore ordinario di Letteratura italiana e vicedirettore del Dipartimento di Italianistica presso la Facoltà di Filosofia di Fiume

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Il dialetto è la nostra identità
Gianna Mazzieri Sanković / Foto Ivor Hreljanović

Il dialetto fiumano è a rischio di estinzione. Se ne accorgono i parlanti, se ne accorgono i ricercatori. Perdere il dialetto significherebbe perdere l’identità degli italiani di Fiume, cittadini orgogliosi delle proprie origini, del retaggio culturale di cui sono portatori e che trasmettono alle giovani generazioni, non senza difficoltà.
Della questione se ne discute da tempo: ci sono state anche delle importanti iniziative volte al recupero dell’idioma, ma la realtà in cui viviamo testimonia del fatto che, nonostante gli sforzi profusi, il problema rimane. Ci vorrà ancora tanto impegno e soprattutto ricerca, recupero e studio per assicurare che la lingua, nostra e dei nostri nonni, venga mantenuta e tramandata. Ci serve anche la consapevolezza che senza il dialetto la nostra comunità non potrebbe essere quello che è oggi. La fiumanità non è solo l’esprimersi in dialetto, è una filosofia di vita, è un modo di approcciarsi al mondo e… se vogliamo è l’arte di sopravvivere adeguandosi a nuove e sempre diverse circostanze, senza scordarsi delle proprie origini e del proprio dialetto.
Ed è in questo contesto che si colloca il grande sforzo profuso dalla prof.ssa Gianna Mazzieri-Sanković, professore ordinario di letteratura italiana presso il Dipartimento di italianistica e cofondatrice nonché attualmente vice direttrice del Dipartimento, presso la Facoltà di Lettere e Filosofia di Fiume. L’abbiamo incontrata per raccogliere la sua testimonianza e per farci raccontare le iniziative, volte alla salvaguardia del fiumano, ma anche alla produzione letteraria dei suoi autori, che assieme ai suoi collaboratori sta portando avanti da decenni. Si tratta di una produzione critico-letteraria di tutto rispetto che può essere un’ottima base di partenza per future riflessioni e azioni concrete. Da fiumana “patoca”, figlia del grande giornalista fiumano Ettore Mazzieri, la sua opera non è solo legata a ricerche accademiche e pubblicazioni: il suo lavoro viene percepito come una missione, portata avanti con grandi energie e molta determinazione.

Doveroso confessare che l’intervista è stata condotta in fiumano, per poi essere “trascritta in italiano standard” per aiutare chi, non padroneggiando il dialetto, vorrebbe conoscere le sfide che si pongono di fronte ai parlanti e alla comunità. Iniziamo la nostra conversazione partendo da una breve carrellata sui due volumi curati dalla prof.ssa Mazzieri-Sanković e collaboratori dedicati appunto al fiumano e alla produzione letteraria, sia in versi che in prosa, di autori che hanno vissuto e operato in città, un recupero di preziose opere accompagnate da un’attenta analisi linguistico-sociologica e critica.
La prof.ssa Mazzieri-Sanković ci spiega: “L’idea della pubblicazione del primo volume nasce come risposta spontanea alla necessità di dare un taglio scientifico al discorso sul dialetto fiumano intavolato nel 2019. L’input è arrivato da una tavola rotonda organizzata il 3 aprile 2019 negli spazi della locale Comunità degli italiani in occasione della Settimana della cultura fiumana, promossa dal Consiglio della minoranza nazionale italiana della città di Fiume nella persona di Irene Mestrovich di Fiume e dalla Comunità degli italiani, un incontro che ha riscosso grande successo e tanto interesse tra i fiumani”.

La professoressa Gianna Mazzieri Sanković e la giornalista dell'Edit Diana Pirjavec Rameša / Foto Ivor Hreljanović
La professoressa Gianna Mazzieri Sanković e la giornalista dell’Edit Diana Pirjavec Rameša / Foto Ivor Hreljanović

Parole e realtà

Il Dipartimento di Italianistica della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Fiume ha colto la sfida e riconosciuto la necessità di uno studio mirato a indagare l’idioma fiumano tra passato e futuro, considerata l’espressione naturale degli italiani della città di Fiume. Nel riconoscere il valore antropologico del dialetto viene progettato un percorso saggistico-scientifico e antologico. Il titolo del primo libro (del 2020) è Il dialetto fiumano/parole e realtà” seguito da un secondo tomo, Fiume nell’identità dialettale: il fiumano tra lingua e letteratura”. Editore di questi due preziosi volumi sono il Consiglio della minoranza nazionale italiana della Città di Fiume e l’Università degli Studi di Fiume/Facoltà di Lettere e Filosofia/Dipartimento di italianistica. Possiamo considerare queste pubblicazioni un’importante base scientifica, una raccolta di preziose opere di autori fiumani a partire da cui si potrà aprire un’ampia riflessione sulle prospettive di mantenimento in vita non solo del dialetto fiumano, ma di tutta la produzione in lingua italiana di autori legati alla città, dando spazio ad analisi e nuove ricerche.

Nella presentazione del primo volume Il dialetto fiumano/parole e realtà, la prof.ssa Mazzieri rileva: “La storia di un dialetto è pure storia di un’identità”. Partendo da questa considerazione ricorda che “trovandosi in una posizione geopolitica di confine il dialetto ha assorbito una notevole ricchezza linguistica, con non poche influenze (del resto reciproche) dal tedesco, dal francese, dall’italiano e dallo stesso croato”. (…) “A seguito del grande esodo del secondo dopoguerra, la popolazione italiana diviene minoranza nazionale e ciò incide anche nella lingua usata nella comunicazione quotidiana dei cittadini di Fiume. Il fiumano, dialetto di una città, viene relegato ad uno status minoritario e, per assurdo, diviene una lingua parlata da una minoranza, con una comunicazione delimitata alla famiglia e alla Comunità degli italiani. La fine del dialetto fiumano significherebbe qualcosa di più di una semplice perdita di una lingua: comporterebbe la perdita dell’identità di una comunità che, senza questa componente, non sarebbe mai più sé stessa. Implicherebbe la perdita del patrimonio culturale cittadino fatto di tradizioni, letteratura, credenze usi e costumi che, nel loro insieme formano l’identità di un popolo”, rileva la prof.ssa Mazzieri-Sanković.

Qualche anno fa la CI di Fiume ha ospitato un convegno scientifico internazionale incentrato sulla figura di Enrico Morovich organizzato con il patrocinio della Facoltà di Lettere e di Filosofia dell'Università di Fiume. Nella foto (da destra) Maja Đurđulov, Gianna Mazzieri Sanković, Coorina Gerbac Giuliano e Martina Sanković Ivančić / Foto Goran Žiković
Qualche anno fa la CI di Fiume ha ospitato un convegno scientifico internazionale incentrato sulla figura di Enrico Morovich organizzato con il patrocinio della Facoltà di Lettere e di Filosofia dell’Università di Fiume. Nella foto (da destra) Maja Đurđulov, Gianna Mazzieri Sanković, Corinna Gerbaz Giuliano e Martina Sanković Ivančić / Foto Goran Žiković

Pubblicazioni di grande importanza

La prima opera (a cura di Irene Mestrovich, Gianna Mazzieri-Sanković, Martina Sanković Ivančić e Corinna Gerbaz Giuliano) propone pure una preziosa parte antologica: la scelta viene indirizzata ad un numero limitato di autori di versi in vernacolo tra cui Zuane de la Marsecia (Mario Schittar), Arturo Caffieri (Rocambole), Cavaliere di Garbo (Gino Antoni), Oscarre Russi (Russeto), Egidio Milinovich, Ettore Mazzieri, Giacomo Scotti, Mario Schiavato, Aurelia Klausberger, Tiziana Dabović, Laura Marchig e Gianna Mazzieri-Sanković uniti ad alcune voci del Dizionario fiumano passato minimo di Ezio Mestrovich. Viene ristampata e riproposta pure la pubblicazione dal titolo El nostro dialeto del 1983, edita dalla Ci di Fiume, curata da Graziella Srelz e Maria Schiavato. La seconda parte introduce autori dialettali recenti. Si spera che nuove ricerche daranno vita a future pubblicazioni che abbracceranno tutto il lascito corposo (ancora inesplorato) della produzione letteraria in dialetto fiumano.

Qualche tempo dopo viene pubblicato un secondo prezioso volume, sempre dallo stesso editore dal titolo Il fiumano tra lingua e letteratura (a cura di G. Mazzieri-Sanković e Maja Đurđulov). Il volume si apre con una parte saggistica in cui le ricercatrici fiumane Corinna Gerbaz Giuliano, Martina Sanković Ivančić e Dolores Miškulin si propongono di analizzare parte del ricco patrimonio letterario di Fiume affrontando, in un approccio critico, i testi di autori che si sono espressi in dialetto fiumano riportati nella parte antologica del volume. Segue un saggio di Kristina Blagoni in cui vengono analizzati alcuni aspetti del fiumano dal punto di vista lessicale. Nel secondo volume c’è un’antologia di autori contemporanei dal ’45 ad oggi, sia prosa che poesia e poi c’è una parte saggistica. E non manca una chicca che riguarda il recupero della tesi di laurea di Maria Bató, Il dialetto fiumano. Introduzione e fonologia” testo fino ad oggi difficilmente reperibile poiché stampato nel 1983 in un numero di copie limitate e ad uso interno dalla Comunità degli italiani di Fiume. Il saggio era stato tradotto in italiano dal francese dalla prof.ssa Maria Schiavato nell’ambito delle attività del Centro di Ricerche della C.I. di Fiume.

Gianna Mazzieri Sanković è considerata una delle massime autorità accademiche per quanto riguarda lo studio della lingua italiana e del dialetto fiumano in Croazia / Foto Ivo Hreljanović
Gianna Mazzieri Sanković è considerata nei circoli accademici una delle massime autorità per quanto riguarda lo studio e la divulgazione in Croazia della lingua italiana e del dialetto fiumano / Foto Ivo Hreljanović

Maria Bató, omaggio alle origini

“Maria Bató, di origini fiumane, nel 1933 discusse a Budapest una tesi di laurea sul dialetto fiumano, con relatore il linguista Carlo Tagliavini che dal 1928 al 1934 è stato professore di Filologia romanza presso l’Università della capitale ungherese. Sin dalla prefazione alla ricerca l’autrice, auspicando che il suo possa essere un apporto alla grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti, fa un appello per il recupero doveroso e l’elaborazione dei dialetti quale necessità impellente dato che la loro stessa esistenza è messa in forse… ed è bene ricordarlo siamo nel 1933! L’oggetto delle sue ricerche è il dialetto fiumano, la sua lingua materna che conosce sin dall’infanzia. Questo vive cambiamenti repentini per il fatto di esser la parlata in una città come Fiume, caratterizzata da una grande mescolanza di lingue e di popolazioni (che vivono in essa o vi confinano), ma soprattutto di essere un centro legato all’attività commerciale marittima e terrestre. Bató, sostenitrice delle origini italiane del dialetto fiumano, rileva che, nei secoli, per le ragioni summenzionate, al dialetto fiumano vero e proprio si sia sovrapposta una lingua comune, quella veneta, ed è difficile definire con precisione quando sia avvenuto questo mutamento.

Di fatto Bató, nello spiegare la metodologia adottata, precisa di aver deciso di intervistare abitanti fiumani tra i 44 e i 68 anni e di aver raccolto da loro le espressioni dialettali in due mesi di ricerca, usando il questionario di Karl Jaberg e Jakob Jud. Nella sua accurata e capillare trascrizione fonetica – ringraziando per l’apporto i signori A. Colazio (44 anni, nato a Fiume), L. Bernardelli (55 anni, nato a Fiume), A. Pouratich (68) e P. Grabovac (30 anni) tutti abitanti di Fiume – Bató tiene a precisare di aver attinto dal dialetto vivo prediligendo non quello delle giovani generazioni usato nella nuova parte della città, ma quello della Cittavecchia ritenuto più ‘schietto’ e antico” – si rileva nella ricerca.
Fa seguito la parte del volume intitolata Piccola antologia di poesie e prose in dialetto fiumano, che presenta una scelta di versi, prose nonché rubriche umoristiche scritte in dialetto fiumano dalla seconda metà del Novecento fino ai giorni nostri. Tra gli autori inseriti figurano: Giulio Bontempo, Lucifero Martini, Ettore Mazzieri, Marino Sfiligoi, Mario Schiavato, Fulvio Mohoratz, Ezio Mestrovich, Mario Simonovich, Nirvana Beltrame Ferletta, Tiziana Dabović, Laura Marchig e Milvia Medved.

Palazzo Modello / Foto Željko Jerneić
Palazzo Modello, sede della Comunità degli Italiani di Fiume / Foto Željko Jerneić

Creare un «serbatoio»

Abbiamo di fronte a noi il risultato di uno sforzo editoriale impegnativo. Quale il compito che vi siete assegnate?
“L’intento era ed è quello di trattenere il dialetto nelle pubblicazioni. Una volta all’anno viene pubblicata ‘La Tore’, rivista curata dalla locale Comunità degli italiani che dà spazio anche al dialetto, ma non posso non notare che non abbiamo più rubriche umoristiche, in genere dialettali nei nostri media. Per questo motivo abbiamo deciso di creare un ‘serbatoio’ e fungere da depositari di tutte quelle testimonianze scritte che riguardano il fiumano e la produzione letteraria in dialetto, riproponendo autori antichi che hanno operato a cavallo tra il ’700 e l’800, come pure gli autori che hanno prodotto le loro opere dopo il 1945.

E qui non posso che citare Tiziana Dabović e Laura Marchig, due contemporanee che cercano di scrivere quanto più in dialetto fiumano anche se in effetti quello che ci arriva è qualche silloge sparsa, qualche raccolta pubblicata nell’Antologia di ‘Istria Nobilissima’, ma poi il tutto non viene diffuso come meriterebbe. La scarsa diffusione e la mancata fruizione di questi testi all’interno delle nostre istituzioni scolastiche porta a una mancata valorizzazione degli autori dialettali e, secondo me, questo è un grave problema. Dobbiamo, invece, diffondere e valorizzare queste opere. Qualcosa però l’abbiamo ottenuto. Essendo membro della Commissione per la maturità di Stato sin dagli inizi, ovvero dal 2004, posso confermare con piacere che siamo riusciti ad inserire alcuni dei nostri autori nel programma dell’Esame della maturità di Stato. Gli autori connazionali devono essere letti alla scuola media superiore ma, in effetti, dovrebbero essere letti anche alla Scuola elementare… poi dipende dal singolo docente, dalla classe che ci si trova davanti, dal livello di conoscenza della lingua”.

Organizzare corsi specifici

Ha mai pensato, nel dover correre ai ripari, di promuovere dei corsi di dialetto?
“Sono dell’idea che si debbano organizzare, sia all’interno della Comunità che in seno alle scuole. Anche perché ci sono dei dubbi di tipo linguistico/fonologico che vengono a me come a tanti altri parlanti il dialetto… e sarebbe bene chiarire. Sono in atto al momento delle contaminazioni ben visibili. Non voglio in nessun caso fare la purista, ma se confrontiamo i nostri autori e il loro dialetto con il vocabolario del Samani, si notano delle differenze. Nulla di grave, ma secondo me all’interno della Comunità degli italiani ci dovrebbe essere un gruppo di fiumani e persone che scrivono in dialetto, che sono interessate al dialetto, in grado di mettere in piedi un circolo… un cenacolo in cui approfondire certi argomenti. Credo sia necessario istituire un gruppo di lavoro che discuta, legga, che si allarghi alle generazioni più giovani. Creare cioè un circolo in cui vengono affrontati alcuni dubbi relativi al fiumano, dubbi in cui io stessa mi imbatto a volte scrivendo in dialetto i testi delle mie canzoni. E poi ci vorrebbe qualche rubrica dialettale, per esempio a Radio Fiume o sui media… in fondo in passato trasmissioni simili ce ne sono state.
Nel comunicare con i connazionali osservo l’interferenza della lingua italiana: mancano parole in dialetto in grado di esprimere concetti nuovi… Noto sempre di più la presenza del congiuntivo nell’italiano parlato dai nostri connazionali, una volta i fiumani ricorrevano spesso al condizionale, mentre oggi adoperano molto il congiuntivo e da qui si vede l’influenza di altri dialetti dell’istroveneto. Noi continuiamo a registrare e raccogliere tutto quello che esiste. E confidiamo nei nostri ragazzi, sia coloro che vivono sul territorio che quelli che sono andati in giro per il mondo ma che mantengono un legame con la nostra Comunità. Io sono ottimista, ma è un lavoro molto difficile e la realtà in cui operiamo è ben diversa da quella della mia gioventù, per non parlare di quella dei nostri genitori. Non è facile destreggiarsi, per mantenere vivo il fiumano”.

C’è un’iniziativa istituzionale in cui si chiede la tutela del dialetto fiumano…
“La Comunità degli italiani, sostenuta dal Consiglio della minoranza, ha chiesto la tutela del dialetto fiumano considerato come patrimonio immateriale della Repubblica di Croazia. La richiesta è ora a Zagabria e si spera che gli organi competenti si esprimano in merito quanto prima. Il fiumano è una lingua in potenziale via d’estinzione. Ci sono fattori che lo preannunciano. Una lingua per esser considerata viva, deve essere usata in vari contesti. Se nell’uso e nello studio di una lingua è auspicata un’immersione nella sua pratica, realizzabile con facilità trascorrendo alcuni giorni/mesi in qualsiasi regione in cui sia parlata, questo non risulta possibile per il fiumano.
Il luogo del suo uso è infatti ristretto a una municipalità, o meglio ad alcune centinaia di parlanti rimasti in città, o trasferitisi, per motivi oggettivi, in periferia ma in ogni caso integrati nel tessuto maggioritario croato per tutte le relazioni pubbliche quotidiane ed anche lavorative, a meno che non si tratti di qualche dipendente delle istituzioni della Comunità nazionale italiana. E anche in queste ultime la situazione peggiora di giorno in giorno in quanto al momento delle assunzioni si considera solo l’uso della lingua italiana e non il fatto di appartenere o meno alla minoranza, e di conoscere il dialetto del luogo, cosa che considero assurda, e forse anche interpretata a mio avviso male!
Come si fa ad insegnare una poesia o un canto in dialetto se non lo si conosce? Come si fa a trasmettere un’identità se non si nutre una certa sensibilità nei confronti della stessa? Indipendentemente dalle circostanze storiche, la fine del dialetto fiumano significherebbe qualcosa di più oltre alla perdita di una lingua: comporterebbe la perdita dell’identità di una comunità che senza questa componente, non sarebbe mai più sé stessa. Implicherebbe la scomparsa di un patrimonio culturale fatto di tradizioni, letteratura, credenze, usi e costumi che, nel loro insieme, formano l’identità di un popolo”.

Il Dipartimento di Italianistica dell'Ateneo di Fiume opera nell'ambito della Facoltà di Lettere e Filosofia (FFRI) la cui sede si trova nel Campus universitario di Tersatto / Foto Željko Jerneić
Il Dipartimento di Italianistica dell’Ateneo di Fiume (UNIRI) opera nell’ambito della Facoltà di Lettere e Filosofia (FFRI) la cui sede si trova nel Campus universitario di Tersatto / Foto Željko Jerneić

Possiamo spendere qualche parola sull’attività del Dipartimento di Italianistica?
“Siamo stati fondati nel 2011 e poi nel 2014 è partito anche il corso di laurea magistrale così i nostri studenti hanno potuto fare tutto il percorso senza interruzioni. Siamo un Dipartimento a laurea combinata, abbiamo un piccolo calo di iscrizioni, comunque si parla di una ventina di matricole iscritte alla triennale, ma in realtà tutte le facoltà umanistiche ne risentono visto che, al momento, sono molto richiesti gli indirizzi scientifici. Abbiamo ragazzi di vari profili tra cui gli studenti che arrivano dai nostri licei e che sono interessati alla lingua e alla letteratura italiana. Quest’anno abbiamo iscritto studenti che arrivano dal Liceo di Fiume e Rovigno, in anni precedenti abbiamo avuto studenti che arrivavano da Pola o da Buie. Accanto a questi abbiamo allievi che hanno terminato la verticale croata e che arrivano da Karlovac, Varaždin, anche se la maggior parte proviene dall’Istria, per esempio da Albona dove hanno alle spalle 12 anni di italiano come L2, e dunque un buon italiano. Lo stesso vale per ragazzi che non hanno fatto la verticale italiana e che arrivano da Umago e Rovigno, e pure costoro hanno una buona padronanza linguistica. Poi ci sono studenti che partono da zero, e qui ci vuole tenacia, anche se hanno la possibilità di appoggiarsi a una lettrice di madrelingua e ore aggiuntive di conversazione, per cui a costoro viene data l’opportunità di arrivare ad un certo livello. Poi dipende dall’individuo…”

Promuovere e valorizzare l’idioma a tutti i livelli

Mi risulta che ci siano degli insegnamenti in cui viene affrontato l’argomento del bilinguismo…
“I corsi che facciamo all’interno del nostro Dipartimento sul bilinguismo ci aiutano ad affermare la ricchezza che questo rappresenta, soprattutto nei bambini. Il ragazzo che porta in sé più lingue, più culture e più identità ha uno sviluppo cognitivo superiore rispetto ai monolingui, e ciò è stato dimostrato scientificamente. Un bambino bilingue difficilmente si rivelerà con la crescita come una persona omofoba. Nella società di oggi con tutti i nazionalismi e tutte le guerre che ci circondano, il nostro bambino accettando sin dalla nascita più lingue risulta automaticamente più aperto. L’individuo bilingue si affaccia alla vita con con un maggior bagaglio culturale e più ricchezza esperenziale, ma tutto ciò avviene in maniera naturale, senza che il ragazzo faccia alcuno sforzo. Queste persone sono più propense ad aprirsi all’altro e sono più flessibili, più bravi a risolvere certi problemi di matematica, anche in modo più rapido perché la loro mente è preparata ad avere interferenze sin dalla tenera età. Io provengo da una famiglia in cui entrambi i genitori erano italiani per cui ho dovuto imparare il croato. L’ho fatto giocando con i miei coetanei nel cortile o alla scuola di musica… e comunque il contesto in cui ho socializzato è stato bilingue. È necessario far capire a chi vive in un matrimonio misto che se parli in fiumano al tuo bimbo questo non è un affronto al tuo compagno, che magari il dialetto non lo parla. Purtroppo non tutti ne sono convinti, ci sono situazioni in cui il connazionale si adegua alla lingua della maggioranza oppure decide, per il bene coniugale, sempre che il coniuge lo accetti… di parlare in italiano e non in dialetto. E secondo me questo è un grande problema.

Forse l’italiano ha più sbocchi, forse la conoscenza della lingua si può monetizzare meglio… ma il fatto è che la nostra identità è rappresentata dal fiumano e va assolutamente tutelata. Come fare? In ogni caso bisogna discuterne quanto più, magari organizzando tavole rotonde, sensibilizzando i giovani visto che ci sono sempre più matrimoni misti. Per insegnare il dialetto fiumano nelle scuole dovremmo avere un quadro docente sufficientemente preparato. Ma essendo il mondo della scuola in crisi per mancanza di quadri… la vedo dura. Nelle scuole italiane arrivano in molti casi docenti che non sono fiumani ma che lo hanno appreso in seguito. Trovare qualcuno che insegni il fiumano sta diventando difficile. Per fortuna in certe scuole è stato attivato un corso di dialetto fiumano. Ma solo il gruppo di fiumano non basta. Dovrebbe essere inserito nel programma didattico come lo è il ciacavo nelle scuole croate. Non dobbiamo mai dimenticare che il fiumano è la lingua italiana di Fiume”.

Una volta laureati quali sono gli sbocchi professionali per gli italianisti?
“Tantissimi. Gli italianisti sono ricercati in zona, ci sono le scuole che richiedono supplenze per le nostre scuole, oppure scuole croate che richiedono insegnanti di italiano, poi lavorano nel settore delle traduzioni, italianisti disoccupati non ce ne sono in regione. Iniziano a lavorare già al quinto anno. Speriamo che continui. Inoltre, vorrei ricordare che i docenti del Dipartimento di italianistica sono tutti di madrelingua, oppure a un buon livello di madrelingua. E poi facciamo affidamento anche sui professori dall’Italia e cerchiamo di dare spazio al nostro dialetto, con un corso di fiumano e dialettologia alle Magistrali e con uno dedicato alla letteratura della Comunità nazionale italiana”.

Recentemente le è stato assegnato il Premio città di Fiume… Nella motivazione sta scritto “per il contributo eccezionale alla ricerca scientifica internazionale, alla promozione e alla popolarizzazione della ricca eredità letteraria e linguistica di Fiume e nello specifico, vengono rilevati progetti dedicati allo scrittore, saggista e poeta Osvaldo Ramous, come pure l’implementazione dell’umanistica digitale nelle attività scientifico formative del Dipartimento”…
“Mi ha fatto tanto piacere e ringrazio chi mi ha candidata, vale a dire la Comunità degli italiani e il Consiglio della minoranza italiana, ho avuto il sostegno dalla prof.ssa Patrizia Pitacco dell’Agenzia per l’educazione e la formazione della repubblica di Croazia per il mio contributo alla Maturità di stato, dalla capo Dipartimento Corinna Gerbaz e da Damir Grubiša con cui ho collaborato per la traduzione del recente volume su Ramous. È un premio importante di cui vado orgogliosa”.

Il sindaco Marko Filipović e la presidente del Consiglio municipale del capolupgo quarnerino consegnano il premio Cittć di Fiume alla prof.ssa Mazzieri Sanković
Il sindaco Marko Filipović e Ana Trošelj, presidente del Consiglio municipale del capoluogo quarnerino consegnano il premio Città di Fiume alla prof.ssa Mazzieri Sanković / Foto Goran Žiković

«Noi rimasti ne siamo i depositari»

A chi lo vorrebbe dedicare?
“Alla mia famiglia, perché se sono quello che sono è grazie al fatto che sin da bambina mi sono stati trasmessi i valori di questa città e se sono una dei rimasti, come lo sono stati i miei genitori, è proprio per questo contatto viscerale con la nostra realtà, con la città, la sua storia, la sua letteratura. Avrei anche potuto scegliere di andarmene, non l’ho fatto perché solo qui mi sento a casa. Un premio importante, questo, per la motivazione, quella di aver coltivato il patrimonio culturale della nostra città a cui mi sono dedicata negli ultimi quarant’anni attraverso la ricerca. Ci sono ancora tante cose da tirar fuori, valorizzare e far conoscere. Dobbiamo tener conto che esiste anche una parte della popolazione che non conosce la lingua italiana e quando noi facciamo un discorso teorico sul dialetto e sulla letteratura fiumana del secondo Novecento viene riscontrato grande interesse anche tra i croatisti perché tante sono le cose che non conoscevano della nostra città. Il premio riflette la mia identità e quella della mia famiglia che mi è stata sempre da esempio e supporto… un esempio che ho trasmesso ai figli e ora alla nipotina”.

Il mondo degli esuli, che si prende cura dell’identità fiumana, ha perso o sta perdendo il dialetto, soprattutto le seconde e le terze generazioni…
“Abbiamo problemi da entrambe le parti, sia tra gli esuli che tra i rimasti. I rimasti hanno il problema dell’immersione in una nuova realtà linguistica tra l’altro di una lingua diversa, una lingua slava, mentre le giovani generazioni degli esuli che vivono in Italia hanno pure problemi. Per non parlare di coloro che vivono nel Canada o nelle Americhe. Noto che tra coloro che vivono in Italia sono pochi ad aver mantenuto il dialetto in famiglia, si sono adeguati all’italiano standard o addirittura all’italiano regionale del territorio in cui vivono, lo hanno ammesso loro stessi.
Fulvio Mohoratz, quando veniva a fare le conferenze in fiumano, diceva che la situazione è complicata. Poi anche le sue figlie, come ha raccontato, nate dal matrimonio con una polesana e un fiumano hanno retto, ma i loro figli non parlano il dialetto fiumano. Pochissimi esuli parlano il dialetto fiumano in famiglia, quindi si sono praticamente omologati all’italiano standard. In America o in Australia la seconda generazione parla inglese e se parlano italiano è la lingua italiana standard, non sicuramente quella fiumana. Io ho la fortuna che mio fratello Gianni, nato dal primo matrimonio di mio papà, emigrato in tenera età assieme alla madre in Australia, ha continuato a parlare in dialetto. Io con lui parlo in fiumano e devo dire chesi esprime bene… ma i suoi figli non lo parlano. E quando nostro padre Ettore incontrò i nipoti rimase dispiaciuto per il fatto di non poter comunicare con loro in fiumano. Non smetterò mai di ricordare che noi qui a Fiume siamo i depositari del dialetto. Tutelare l’italiano è in ogni caso più facile, perché alle spalle abbiamo uno Stato con 60 e più milioni di abitanti, una cultura mondiale, e poi esistono circoli italiani nel mondo, ci sono, per esempio, i Comites, il problema, invece, è rappresentato daldialetto: nel momento in cui esce da Fiume è perso. Motivo per cui dobbiamo concentrarci sulla promozione e la valorizzazione.
In tal senso risulta importante il Festival delle canzonette fiumane, su cui dobbiamo lavorare anche in futuro, dargli maggior visibilità. Sarebbe auspicabile che Radio Fiume trasmettesse qualche canzone… sento le mie canzoni di più a Radio Istra o Radio Pola… Non ci dobbiamo limitare a qualche notiziario in italiano bensì inserire qualche rubrica dialettale, come è stato fatto in passato. Pensiamo a quelle curate da Ettore Mazzieri. Purtroppo, le registrazioni della rubrica dialettale ‘Tomaso Ficanaso’ fatte per Radio Fiume sono state cancellate. Se si lascia passare troppo tempo, se non si comunica, rischiamo di perdere una fetta di identità”.

Il Liceo, ovvero la Scuola media superiore italiana di Fiume / Foto Goran Žiković

Far leva sul binomio Scuola-Comunità

Con i miei figli… in fiumano
“Non potei parlare con i miei figli se non in fiumano, anche se sono professore di lingua italiana la mia lingua è il fiumano e io con loro parlo in fiumano. Ciò nasce in me spontaneo, ma vedo però che nelle giovani generazioni non è così, anche alla luce delle infiltrazioni che, diciamolo chiaramente, ci sono sempre state. Le contaminazioni, nota bene, sono state sempre una delle caratteristiche dei dialetti. Noi, alla fin fine, dobbiamo constatare che in questo momento, alla generazione giovane non rimane altra possibilità che comunicare in casa, in Comunità, durante le riunioni o in occasione di qualche attività in Comunità. Capita che comunichiamo con chi ci è vicino come dialetto nell’istroveneto parlato in Istria, ma questo è un dialetto diverso. Noto nelle poesie dei nostri autori dialettali fiumani molte infiltrazioni degli altri istroveneti. In un certo senso è normale che sia così, ma d’altro canto si perde la nostra parola perché continuerò a ribadirlo: il fiumano è ad un passo dall’estinzione!”.

In quale misura i docenti delle nostre scuole hanno il tempo per impegnarsi nell’ambito dell’educazione all’identità?
“Va fatto, soprattutto attraverso quelle che sono le materie identitarie: lingua e letteratura italiana, storia, geografia, cultura musicale e artistica. Di recente è stata istituita al liceo una nuova materia ‘Scuola e Comunità’, per me chi tiene questi corsi/insegnamenti nelle nostre scuole dovrebbe promuovere oltre al discorso dell’inserimento dell’individuo nel tessuto sociale pure il discorso dell’identità italiana e quindi, appunto, del rapporto con la Comunità e le istituzioni italiane in loco. Direi che in passato questa è stata una questione rimasta purtroppo relegata al singolo, alla sua capacità di gestire il fondo ore e i contenuti.
La legge sull’istruzione nella lingua delle minoranze prevede che il 25% dei contenuti delle materie umanistiche/identitarie riguardi la cultura nazionale minoritaria, ma quando i docenti vengono impiegati in una scuola della Cni viene loro consegnato il programma ministeriale croato in cui questi contenuti non figurano. Volendo li si può inserire, anzi sarebbe doveroso farlo, ma alcuni docenti ribadiscono che ciò va a discapito del programma che poi i ragazzi devono presentare alla maturità di Stato, e che sicuramente per le materie identitarie non è diverso dalle scuole della maggioranza. Bisognerà lavorare per trovare il modo di assicurare ai ragazzi la possibilità di parlare a scuola anche di cultura e identità”.

Bandiera fiumana
Il Tricolore storico fiumano / Foto Željko Jerneić

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