Identità digitale europea: passaggio fondamentale

Con la Brexit, dal 1° febbraio 2020 la Croazia ha un eurodeputato in più, dodici in totale. Si tratta della fiumana Romana Jerković del Partito socialdemocratico. «Le priorità per il 2022? La costruzione di un’Unione sanitaria europea basata su programmi nazionali sanitari resistenti e resilienti. L’umanità si trova a un punto di svolta che definirà di gran lunga le vite di coloro che arriveranno dopo di noi»

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Identità digitale europea: passaggio fondamentale

Dal 1º febbraio 2020, in seguito alla Brexit, la Croazia ha un eurodeputato in più: Romana Jerković del Partito socialdemocratico (Sdp), che ha aderito al Gruppo dell’Alleanza progressista di Socialisti e Democratici al Parlamento dell’Unione europea. La prof.ssa Jerković è indubbiamente un personaggio interessante anche per le sue molteplici attività che riguardano sia il mondo accademico che la ricerca scientifica e, non meno importante, la politica. Di origini dalmate (la sua famiglia risiede nella penisola di Sabbioncello), fiumana d’azione, sta portando avanti un’importante carriera, o, come dice lei, ben tre percorsi professionali piuttosto diversi tra di loro.

 

Dopo essersi laureata in Medicina a Fiume, ha conseguito il dottorato di ricerca all’Università di Padova, presso il Dipartimento di Scienze biomediche/Istituto di biologia. Oggi si trova a dirigere l’Istituto di anatomia della Facoltà di Medicina del capoluogo quarnerino ed è titolare della cattedra di Anatomia e di alcune materie dei corsi post laurea di Biomedicina. Professore ordinario, partecipa a progetti di ricerca a livello nazionale e internazionale. Ha pubblicato numerosi lavori di ricerca, sviluppato un’importante carriera internazionale, sia in ambito scientifico che politico.

Oltre a ricoprire attualmente incarichi nel Parlamento europeo, ad essere attiva in seno all’Sdp sin dal 1999, è stata pure amministratore pubblico e tra l’altro vicesindaco di Fiume (2006-2009), nonché deputato al Sabor. Nel 2009 è stata insignita di un’alta onorificenza assegnata dal Presidente della Repubblica italiana, l’Ordine della stella della solidarietà italiana, e dal titolo di commendatore, assegnato a quanti abbiano acquisito particolari benemerenze nella promozione dei rapporti di amicizia e di collaborazione tra l’Italia e gli altri Paesi.

I riflessi della pandemia

Il suo mandato all’Europarlamento è iniziato proprio nel momento in cui è esplosa la pandemia. Suppongo che le sfide siano state molteplici…

“L’emergenza da coronavirus ci ha scosso profondamente, ha stravolto le nostre vite e ci ha posto di fronte a numerose sfide. E io non rappresento di certo l’eccezione. Inoltre, tutto ciò ha rallentato determinati progetti, altri sono stati di sicuro rinviati, ci sono state numerose incognite, l’Organizzazione mondiale della sanità, proprio all’inizio del mio mandato, ha dichiarato ufficialmente la pandemia, gli Stati hanno iniziato a chiudere i propri confini e le persone a lavorare da casa. La nostra attività all’Europarlamento si basa principalmente sul contatto interpersonale e invece tutto ciò che prima sembrava impossibile e mi riferisco alle trattative intorno alle leggi, ai dibattiti, serrati, nei vari Comitati condotti attraverso video applicazioni, sono diventati la nostra realtà, strumenti fondamentali per lo svolgimento del nostro lavoro.

È indubbio che le circostanze determinate dal coronavirus si sono riflesse anche sulle priorità politiche dell’Europa e di conseguenza anche sulla mia attività parlamentare. Per questo motivo, negli ultimi due anni, ho basato il mio programma sulla promozione della salute intesa quale valore fondante della società, sulla digitalizzazione, considerata motore di sviluppo della società e dell’economia, sull’aumento della consapevolezza su quelle che sono le conseguenze dei cambiamenti climatici. E, alla fin fine, posso dichiararmi soddisfatta dei risultati ottenuti, perché il lavoro al Parlamento è andato avanti senza grandi rallentamenti. Direi che tutti noi, a prescindere dal tipo di attività che svolgiamo, ci siamo dovuti adeguare a questo modo di operare. Sarebbe stato peggio fermarsi e attendere la fine della pandemia. Credo che ora siamo in grado di capire quanto sia stato importante riorganizzare il lavoro in fretta, a tutti i livelli”.

L’Europarlamento in seduta a Strasburgo: «La pandemia e le altre emergenze hanno inciso anche sulle priorità della mia attività parlamentare. Mi sono focalizzata su salute, cambiamenti climatici e politiche digitali»

Salute, ambiente, nuove tecnologie

Quali sono gli organismi attraverso cui si articola la sua attività e quali i temi presenti nella sua agenda parlamentare?

“Mi sono focalizzata su salute, cambiamenti climatici e politiche digitali, tutti e tre argomenti molto importanti per la Croazia. In qualità di membro della Commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare (Envi) mi sono appellata ad una quanto più equa distribuzione del vaccino e a favore della sospensione dei brevetti, in modo da rendere possibile una maggior produzione di vaccini in minor tempo. Inoltre, la crisi da coronavirus ci ha rivelato quanto siamo dipendenti dall’importazione da paesi terzi di farmaci, materiale sanitario e attrezzature. Per evitare tutto ciò ho proposto che la produzione di farmaci venisse riportata sul territorio europeo, indicando pure la necessità di aumentare gli investimenti nella ricerca e nell’innovazione.

I miei interventi erano mirati pure a innalzare la consapevolezza sull’influenza, devastante, dei cambiamenti climatici, sulla necessità di ottenere quanta più energia da fonti rinnovabili, come pure sul fatto che la transizione verde debba essere giusta e socialmente accettabile. Ho cercato di indirizzare l’attenzione su una tra le più grandi sfide sociali in Europa, la povertà energetica, che incide direttamente sulla salute e colpisce circa 54 milioni di cittadini europei.

In qualità di membro della Commissione speciale del Parlamento Ue per la lotta al cancro (Beca) ho presentato degli emendamenti sulla necessità di un’alfabetizzazione in ambito sanitario, indirizzata alla prevenzione e ciò grazie a una relazione incentrata sul Piano europeo per la lotta contro il cancro che la Commissione ha approvato nel febbraio scorso.

Per quanto riguarda il mio coinvolgimento nella Commissione per l’industria, la ricerca e l’energia (Itre) sono stata nominata relatrice dell’Europarlamento per la Delibera sull’identità europea digitale. È molto importante sfruttare, a tutti i livelli, i vantaggi che ci offre la digitalizzazione. Ciò significa che ci dobbiamo confrontare in modo responsabile con tutte le sfide che ci arrivano dalle nuove tecnologie e dai nuovi modelli di business, da nuove necessità regolatorie, nonché con tutti i cambiamenti sociali che la digitalizzazione richiede. Il progresso di una società verrà misurato proprio in base alla sua capacità di far propri questi processi, di integrare nuove tecnologie, come ad esempio l’intelligenza artificiale, impiegata a beneficio della comunità allargata e dell’economia.

L’Europa aspira a guidare la transizione verso un futuro digitale e se la Croazia vuole utilizzare al meglio queste potenzialità, allora deve inserirsi in modo attivo nel processo in cui verrà modellato il futuro, e non certo osservare passivamente la nascita un un nuovo paradigma sociale ed economico. La digitalizzazione rappresenta un’occasione unica per agganciarci al resto dell’Europa, quella maggiormente sviluppata, un’occasione che non ci possiamo lasciar sfuggire”.

Il piano europeo di lotta contro il cancro. «Ben il 40% dei tumori può essere evitato, ciò significa che dobbiamo concentrare le nostre forze sulla prevenzione, iniziando dai più giovani. Agli inizi di quest’anno andrà in approvazione una Relazione che presenta una serie di iniziative per il rafforzamento della prevenzione, della diagnosi e della cura del cancro»

Avremo un Digital Identity Wallet

Ci può aiutare a capire, anche in considerazione del fatto che è stata nominata relatrice dell’Europarlamento, in quale modo l’identità digitale europea inciderà sulla vita dei comuni cittadini?

“Potrei paragonare il nuovo quadro per un’identità digitale europea con quello che in Croazia è il portale e-građani, attraverso cui i cittadini e i soggetti economici si registrano e confermano la propria identità, dopo di che ottengono l’accesso a servizi online molto diversificati. Con la nuova proposta di uno SPID europeo facciamo un ulteriore passo avanti, in modo da collegare tutti i portali nazionali, come lo è appunto e-građani, in una rete unica paneuropea, che darà la possibilità ai cittadini di accedere a servizi sia nel proprio Paese che all’estero. In tal modo il cittadino potrà richiedere documenti quali atto di nascita, patente guida, o la propria cartella clinica, attraverso un’applicazione mobile. Se, per fare un esempio, qualcuno che soggiorna all’estero avrà bisogno di assistenza sanitaria, potrà accedere alla propria cartella clinica attraverso alcuni clic.

Tutto sarà più semplice e più veloce. Nello stesso modo sarà più facile e veloce aprire un conto bancario, oppure compilare un modulo per l’iscrizione a qualche università europea. Il procedimento di verifica dell’identità di una persona sarà più veloce grazie proprio a questi strumenti digitali avanzati. In tal modo verranno eliminate lungaggini burocratiche. E noi in Croazia sappiamo quanto sia serio il problema della proliferazione e della pervasività della burocrazia. Il fine ultimo di questa iniziativa è rendere quanto più sicura la nostra identità in un mondo virtuale, ma anche tagliare i costi amministrativi. Dunque … non vi rimane che preparare il vostro ‘portafoglio digitale’ (detto anche Wallet, ndr)”.

«Il calo demografico in Croazia è dovuto a più fattori, il primo è legato alla fuga all’estero delle giovani famiglie, il secondo è dovuto a politiche di governo che scoraggiano i cittadini»

Lotta contro il cancro, diamoci una mossa

I suoi interventi in sede di Commissione per la lotta al cancro sono stati seguiti con interesse. Quali sono le delibere e le indicazioni che su questo argomento sono state approvate? Glielo chiedo perché il Piano nazionale croato per la lotta contro il cancro è stato accolto più di un anno fa, ma da quel che ci risulta ben poco è stato fatto…

“Agli inizi di quest’anno andrà in approvazione una Relazione che presenta una serie di iniziative per il rafforzamento della prevenzione, della diagnosi e della cura del cancro, indicazioni rivolte pure al miglioramento della qualità della vita delle persone malate. Il Piano europeo per la lotta al cancro offre alla Croazia, come del resto agli altri paesi membri, l’occasione di sfruttare sapere e risorse finanziarie messe a disposizione, dando l’opportunità di intensificare la lotta contro questa malattia che troppo spesso porta via vite.

Ha notato bene, la Croazia ha approvato il Piano nazionale per la lotta contro il cancro, ma passi avanti per quanto riguarda le cure non sono visibili. Il Piano nazionale di screening per la scoperta precoce del tumore della cervice uterina, che, dopo poco tempo dal suo avvio, l’ex ministro Kujundžić ha abolito, non è stato ancora ripristinato dall’attuale autorità sanitaria. Lo screening per la scoperta precoce del tumore della cervice, iniziato nel lontano 1962 in Finlandia, oggi non è accessibile alle ragazze e alle donne che vivono in Croazia.

La disparità di accesso alla prevenzione non può avere alcuna giustificazione. Se teniamo conto del fatto che in Croazia il 6,8% del Pil viene indirizzato alla sanità, a cospetto di una media europea del 9,8%, come pure del fatto che i croati vivono in media 2,9 anni in meno della media europea, non è difficile concludere che i nostri cittadini non godono delle medesime condizioni in ambito sanitario di chi risiede in Paesi più sviluppati.

Cos’è che ci frena? Disponiamo di personale medico di qualità, però il sistema sanitario non permette loro di dedicare al paziente un’attenzione adeguata. Il più delle volte ciò accade anche per carenza di mezzi, ma anche a causa di un sistema male organizzato che si appoggia troppo alle cure ospedaliere e mette a disposizione poche risorse per la prevenzione. I problemi che sussistono sono numerosi: da un’insufficiente collaborazione intersettoriale, motivo per cui abbiamo un alto tasso di decessi per malattie che si potevano prevenire e curare, a una carenza di personale sanitario dovuto all’espatrio in altri Paesi dell’Ue.

Ben il 40% dei tumori può essere evitato, ciò significa che dobbiamo concentrare le nostre forze sulla prevenzione, iniziando dai più giovani. Preoccupa il dato che emerge dal report sullo Stato di salute e tutela sanitaria del 2019 stando a cui in Croazia i fattori di rischio derivanti dallo stile di vita e dal comportamento sono la causa di circa la metà dei decessi. Mi auguro che chi è al potere nel nostro paese sia in grado di riconoscere l’importanza del Piano europeo per la lotta al cancro e abbia sufficiente saggezza politica da applicarlo in favore della tutela dei propri cittadini”.

«Purtroppo in Croazia il deficit di legalità, o la sua assenza, è socialmente accettato. Basti pensare che annualmente “spariscono” più di 60 miliardi di kune all’anno, il che equivale alla metà del Bilancio dello Stato»

Cittadini scoraggiati

Vorrei portare l’attenzione sulla situazione demografica, sul calo delle nascite e sull’emigrazione che impoverisce ulteriormente la Croazia. Ha un’opinione in merito all’iniziativa del premier Andrej Plenković il quale propone di devolvere a ciascuna famiglia che decida di rimpatriare un importo di 200.000 kune?

“Il tentativo di Plenković, volto a riportare coloro che se ne sono andati dalla Croazia è tragicomico. Oltre alla corruzione, la demografia rappresenta uno dei maggiori problemi per il nostro Paese. Registriamo un calo di nascite e al contempo, soprattutto in questi due anni di pandemia, abbiamo avuto un aumento dei decessi. E ciò non solo a causa del coronavirus, ma perché i cittadini non riescono ad accedere in tempo alle cure mediche di cui hanno bisogno, soprattutto i pazienti affetti da neoplasie. Si fanno sempre meno figli per due motivi.

Il primo è legato all’espatrio delle giovani famiglie, il secondo è dovuto a politiche di governo destimolanti. È molto difficile decidere di allargare la propria famiglia o mettere al mondo il primo figlio in condizioni in cui non si può fare affidamento ad un posto di lavoro fisso, in cui la paga è bassa, in cui per iscrivere il proprio bambino all’asilo bisogna ricorrere a ‘raccomandazioni’… In Croazia l’accesso alle visite mediche specialistiche è sempre più difficile…

Scoraggia pure il fatto che alcune apparecchiature radiologiche, come è il caso del Centro clinico ospedaliero di Zagabria Rebro, hanno all’incirca trent’anni, si guastano spesso ed è sempre più difficile reperire pezzi di ricambio. Sono questi alcuni dei motivi per cui chi trova il coraggio, chi vanta un buon grado d’istruzione, chi è altamente qualificato o aspira a un posto di lavoro che all’estero viene giustamente valorizzato, come adr esempio le infermiere, oppure gli operatori nel settore edile, fa le valige e se ne va.

Le persone rinunceranno alla fuga all’estero solo nel momento in cui l’apparato statale si metterà a servizio e lavorerà a favore dei cittadini, solo quando valori come l’onestà e la moralità verranno apprezzati, quando la polizia non si presenterà più per prelevare ex ministri, quando per ottenere un lavoro sarà sufficiente presentare il proprio curriculum vitae e dimostrare il proprio sapere”.

Sul futuro del Partito socialdemocratico croato: «L’opinione pubblica è ormai stanca dei confitti nell’Sdp. Mi auguro che in futuro ci sia posto anche per coloro che sono stati espulsi o che hanno abbandonato il partito. Per recuperare credibilità, abbiamo bisogno del coinvolgimento di intellettuali della sinistra, di giovani qualificati che hanno nel cuore la socialdemocrazia e abbracciano idee di sinistra»

Carenza di strategie e trasparenza

Si ritiene soddisfatta dei programmi che la Croazia ha presentato nell’ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr)? Il governo è riuscito a mettere in evidenza progetti validi che potranno essere realizzati appieno?

“Se devo giudicare in base a quelli che sono i programmi presentati fino ad ora non posso certo dichiararmi ottimista. Prendiamo un esempio, molto importante, l’agricoltura. Lo Stato ha stimolato programmi nell’ambito della produzione agricola per un valore che supera i 50 miliardi di kune. E cosa abbiamo ricevuto in cambio? Un aumento delle importazioni e un calo della produzione. Il fallimento di piccole e medie imprese agricole. Terreni agricoli sempre meno coltivati. Quando poi guardiamo al settore dell’energia la situazione è simile. Importiamo circa il 50% del nostro fabbisogno energetico invece di esportare.

E sebbene ci sia la possibilità di ottenere ingenti mezzi, a causa una mancanza di programmi o programmi che non sono validi, rischiamo di perderli. E se anche l’Ue decidesse di allungare i tempi per l’accesso ai mezzi per la ricostruzione, gran parte di questi non arriveranno a destinazione o forse anche li dovremo restituire. Saranno pochi i programmi in grado di superare i severi criteri dell’Ue, e ancor meno quelli che verranno realizzati. E sarò così fino a che a gestire questi interventi saranno persone incapaci, oppure coloro che invece di indirizzare i soldi nei progetti li impiegano a proprio uso e consumo. Temo che il caso dell’ex ministra Žalac o dell’ex ministro Tolušić non siano un ammonimento sufficiente.

L’Hdz ha come fine ultimo mantenersi al potere e servirsi dello Stato come fosse il proprio bancomat. La Croazia non ha un approccio strategico, ben pianificato, rivolto allo sviluppo dello stato. E quando non è ben chiaro ciò che si vuole, o non esistono finalità ben definite, misurabili, realizzabili, ben pianificate nel tempo, allora non è possibile cambiare la società in meglio”.

La corruzione rappresenta un grosso problema. È il motivo per cui il nostro paese perde il 13,5% del Pil, ovvero 8,5 miliardi di euro. Il che la colloca la Croazia tra i paesi più problematici tra i 27. Come porre fine a tutto ciò e in quale modo garantire la trasparenza, soprattutto negli appalti pubblici?

“Quando costruisci una casa su fondamenta marce, di solito crolla. L’Hdz ha ‘costruito’ la Croazia abolendo, sin dagli inizi degli anni Novanta, valori e criteri, dichiarando pubblicamente che questa era un ‘suo bene’, ponendo un segno di eguaglianza tra sé e lo Stato. Il messaggio lanciato dal potere era piuttosto chiaro: in Croazia si poteva rubare legalmente, e chi lo faceva sapeva di poter godere della protezione del partito o da una parte dell’apparato statale condiscendente.

Purtroppo in Croazia il deficit di legalità, o la sua assenza, è socialmente accettato. Basti pensare che annualmente ‘spariscono’ più di 60 miliardi di kune all’anno, il che equivale alla metà del Bilancio dello Stato. L’Hdz tollera la corruzione perché su di essa ha costruito tutto il sistema. Numerose sono le istituzioni nel cui operato si è infiltrata la corruzione, presente in tutti i segmenti dello stato e della società. Se venisse fatta un’accurata analisi sullo stato patrimoniale di alcuni singoli e sul modo a cui sono arrivati a questi beni, probabilmente numerosi ‘potenti’ rimarrebbero privati di gran parte del loro patrimonio, e molti finirebbero anche in carcere.

In quale modo risolvere il problema? In ogni caso non è facile. Però delle soluzioni ci sono e ci arrivano dalle leggi che devono venir applicate. Una soluzione sarebbe anche la riforma di tutto il sistema giudiziario. Bisogna abolire l’intoccabilità dei giudici, ottenere un consenso circa l’obbligo dei politici di lasciare i propri incarichi nel caso in cui si presenti anche un minimo dubbio sul loro coinvolgimento in attività corruttive, a prescindere se si tratti di un milione, 100 milioni o 10 mila kune. Ben due presidenti tedeschi si sono dovuti ritirare perché esisteva il dubbio su un loro coinvolgimento in attività corruttive. Uno è riuscito a dimostrare in tribunale che i dubbi erano infondati, ma non è mai rientrato in politica. La corruzione si può e si deve contrastare, in fondo l’essenza della politica è essere onesti”.

Verso il Decennio digitale europeo con nuovi strumenti, come lo SPID: è un wallet digitale messo a disposizione di cittadini, residenti e imprese che si basa sulle identità digitali nazionali e ha l’obiettivo di semplificare la fruizione dei servizi di tipo pubblico e privato sia online che offline in tutta Europa. Disponibili su app e altri dispositivi permettono: l’identificazione online e offline; la memorizzazione e lo scambio di informazioni fornite da governi (nome, cognome, data di nascita, nazionalità); la memorizzazione e lo scambio di informazioni fornite da fonti private affidabili; l’uso delle informazioni come conferma del diritto di risiedere, lavorare o studiare in un determinato Stato membro. L’identità digitale europea può essere utilizzata per richiedere certificati di nascita, certificati medici o segnalare un cambio di indirizzo; per aprire un conto bancario, presentare la dichiarazione dei redditi, fare domanda per l’università (nel proprio paese o in un altro Stato membro), conservare una prescrizione medica che può essere utilizzata ovunque in Europa, dimostrare la propria età, noleggiare un’auto, fare il check-in in un hotel o richiedere un prestito bancario. L’obiettivo è passare dall’attuale 60% a un 80% nel 2030 di cittadini in grado di utilizzare la propria carta d’identità elettronica (eID) nazionale a livello transfrontaliero

Superare le spaccature

La socialdemocrazia in Europa sta recuperando. La conferma arriva anche dalle recenti elezioni in Germania. Ma come la mettiamo con i socialdemocratici in Croazia? Quanto le spaccature all’interno dell’Sdp hanno indebolito il partito e leso la sua credibilità?

“La socialdemocrazia ha subito una bocciatura, soprattutto in Europa, nel momento in cui Tony Blair ha promosso la così detta terza via, quale contrappeso al neoliberalismo, abbracciando di fatto un liberalismo economico aggressivo e tradendo in tal modo i principi dello stato sociale. La differenza tra socialdemocratici, popolari e liberali a quel punto si è sciolta. Furono accettati quei postulati sociali ed economici che stavano alla base di un capitalismo selvaggio, motivo per cui gran parte del corpo elettorale di sinistra, deluso, decise di non aderire più alle elezioni.

E i socialdemocratici sono rimasti lì a guardare con le mani incrociate. Probabilmente qualcuno ricorderà che una decina, forse anche quindici anni fa il gruppo di cui faceva parte pure l’Sdp in seno al Parlamento europeo, inviò una lettera aperta parlando di crisi della socialdemocrazia. A questa richiesta d’aiuto nessuno riuscì a trovare una risposta adeguata. E non bisogna dimenticare che ai socialdemocratici spetta quotidianamente il dovere di occuparsi di coloro che vivono del proprio lavoro, e non solo di farsi avanti prima delle elezioni.

Per quanto riguarda le fratture in seno al Partito socialdemocratico croato, tutti coloro che sostengono che dalla rottura ne siamo usciti più forti, sbagliano di grosso. Con i conflitti mai nessuno ci ha guadagnato, e ciò vale pure per l’Sdp. L’aver espulso numerosi parlamentari, membri del partito, non ha di certo aiutato a rafforzare la sua credibilità. L’opinione pubblica è ormai stanca dei confitti nell’Sdp, i nostri elettori sono delusi da questa politica basata sull’incoerenza, dal revanscismo, da un programma poco chiaro, dai messaggi ambigui che vengono lanciati, per non parlare dell’inattività e del fatto che l’Hdz in determinati frangenti ha dimostrato di essere socialmente più sensibile di noi.

Mi auguro che dalla recente rottura saremo in grado di trarre degli insegnamenti, iniziando ad operare nell’interesse dei cittadini. Se ci riusciremo questo sarà l’inizio di un processo di rinnovamento e consolidamento, sia del partito che della socialdemocrazia in Croazia. L’Sdp deve essere quella forza che unisce, che ha la capacità di collegare chi promuove idee progressive e socialdemocratiche, a prescindere da piccole differenze di impostazione che possono esistere.

Voglio sperare che in futuro nell’Sdp ci sia posto anche per coloro che di recente sono stati espulsi, come pure per quei socialdemocratici sinceri che nell’ultimo decennio e passa hanno abbandonato il partito. Questo sarà il segno più tangibile che il partito sta recuperando. Per realizzare ciò abbiamo bisogno del coinvolgimento di intellettuali della sinistra, persone pensanti e con grande esperienza, giovani qualificati che hanno nel cuore la socialdemocrazia e abbracciano idee di sinistra. Non disponiamo di molto tempo, ma non perdo l’ottimismo”.

Lotta contro il cancro: «Ben il 40% dei tumori può essere evitato, ciò significa che dobbiamo concentrare le nostre forze sulla prevenzione, iniziando dai più giovani. Agli inizi di quest’anno andrà in approvazione una Relazione che presenta una serie di iniziative per il rafforzamento della prevenzione, della diagnosi e della cura del cancro»

Quali saranno le priorità per quanto riguarda la sua attività parlamentare in questo 2022?

“Le priorità rimangono sempre le stesse e riguardano la costruzione di un’Unione sanitaria europea basata su programmi nazionali sanitari resistenti e resilienti, in cui ambito i cittadini si possano avvalere di uguali diritti e uguale accesso ad una tutela sanitaria di qualità. Poi rileverei il mio impegno per una transizione digitale giusta in cui i posti di lavoro dei cittadini saranno protetti e quello in favore della battaglia per contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici, favorendo la presa di coscienza di quanto pericolosi questi siano per il pianeta in cui viviamo. L’umanità si trova ad un punto di svolta che definirà di gran lunga le vite di coloro che arriveranno dopo di noi. Le decisioni che noi oggi prendiamo riguardano i nostri figli, nipoti e pronipoti. Ed è per questo che spesso mi chiedo: che tipo di mondo vogliamo lasciare ai nostri posteri?”.

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