La Comunità degli italiani di Fiume ha da poco eletto il presidente più giovane della sua storia. Il 21 ottobre scorso il ventisettenne Enea Dessardo è subentrato alla guida del sodalizio di Palazzo Modello a Melita Sciucca, dimessasi a metà del suo secondo mandato per… “motivi personali” (l’ex presidente aveva annunciato la sua decisione il 3 settembre scorso e il 26 settembre scorso l’Assemblea del Circolo aveva preso atto della sua scelta al termine di una lunga discussione, non priva di polemiche). Ad eleggerlo alla guida del Comitato esecutivo della Comunità degli italiani fino alla fine dell’attuale legislatura (le prossime elezioni ordinarie sono previste nel 2026) è stata l’Assemblea comunitaria (composta da 29 persone) con 16 voti a favore. Nell’urna anche cinque schede nulle.
“Ringrazio tutti per la fiducia. Spero vivamente di fare bene il mio lavoro. Ringrazio anche quelli che hanno deciso di non votarmi o di astenersi. Vengo in Comunità da quando ero bambino e sono coinvolto anche emotivamente, motivo per cui ho accettato di subentrare alla presidente dimissionaria. Comincerò subito a lavorare e spero nella collaborazione sia dei membri dell’Assemblea che dell’Esecutivo, nonché di tutti coloro che avranno dei consigli da darmi”, aveva dichiarato Dessardo – che nel frattempo si è dimesso dal ruolo di vicepresidente dell’Assemblea della Ci di Fiume – alla collega Patrizia Chiepolo de “La Voce del popolo”, dopo aver ottenuto il nuovo incarico.
Enea Dessardo lo abbiamo intervistato negli spazi del bar Circolo, ma quando ci siamo recati a Palazzo Modello per incontrarlo lo abbiamo trovato al lavoro nel suo nuovo ufficio. Un ufficio dalla caratteristica peculiare, infatti dai due balconi lo sguardo poggia su un groviglio di arterie del centro: il Corso, via Ante Starčević, via Sokol kula, via Adamich, via Scarpa, via Matija Gubec, via Dei bottai (Bačvarska), uno scorcio di via Dei velai (Jedrarska) e persino scorci di via Ivan de Zajc e di via Milka Trnina.
Ha assunto le redini della Comunità degli italiani di Fiume in un frangente molto complesso in generale. Le sfide sono tante e non delle più semplici. Cosa l’ha spinto a imbarcarsi in questa impresa?
“Credo soprattutto la voglia di non rimanere da parte pur avendo delle idee in testa. Delle visioni su come dovrebbe funzionare la Comunità, su quali sono le cose che si potrebbero cambiare. Il desiderio di ricevere la possibilità di cercare di mettere in atto delle cose. Mi ha spinto la necessità – sia da parte della Comunità – che qualcuno continui un po’ con quello che aveva iniziato Melita Sciucca e il grande lavoro che ha fatto negli scorsi sei anni, ma anche – dal punto di vista mio interiore – il bisogno di mettermi ulteriormente a disposizione della Ci e di non rimanere un socio passivo dell’Assemblea, bensì di assumere un ruolo più attivo per quanto riguarda tutti gli aspetti della Comunità, anche quelli più complessi”.
«Vedo il bicchiere mezzo pieno»
La Ci di Fiume è sempre stata considerata il faro della Comunità nazionale italiana. Il periodo complesso che sta affrontando la indebolisce. Come commenta?
“Al contrario. Tutto quello che sta succedendo e che è venuto fuori ci ha permesso di godere di ulteriori opportunità di riflessione. Di vedere quali aspetti andrebbero modificati o integrati. Quali sono i nostri punti di forza e quali, invece, sono gli aspetti sui quali dobbiamo concentrarsi di più per migliorare ulteriormente. Credo che questa situazione si rivelerà molto fruttuosa per la Ci di Fiume. Insomma, vedo il bicchiere mezzo pieno”.
Lei vanta esperienze in realtà internazionali, una tra tutte l’ONU. Operare in questi contesti le ha fornito spunti sui quali far poggiare il nuovo corso amministrativo e organizzativo della Ci di Fiume?
“Ogni comunità ha le sue specificità: un luogo nel quale si riunisce un certo tipo di soci, di rapporti tra i tesserati, i suoi organi comunitari… Ogni presidente, ciascun socio che vuole fare qualcosa parte portando le proprie capacità e le proprie esperienze. Sono convinto che alcune delle esperienze che ho maturato in passato mi saranno d’aiuto. Ciò non vuole dire che in alcuni contesti non farò parecchio affidamento anche sui membri dell’Esecutivo, sui consiglieri dell’Assemblea e in definitiva su tutti i soci”.
La CI di Fiume per definizione è un’associazione. Accanto a questa sua attività è opportuno faccia anche politica e se sì in quale ambito?
“Dal mio punto di vista il compito principale della CI di Fiume è quello di fornire l’ambiente giusto per le attività, i programmi e i progetti che i soci vogliono portare avanti. Una volta che questo prerequisito è stato soddisfatto, in certe occasioni, quando opportuno, in coordinamento con gli altri organi stabiliti dalla legge croata e dal Trattato italo-croato sui diritti delle minoranze sottoscritto a Zagabria nel 1996, probabilmente c’è la possibilità che la partecipazione attiva della Comunità aiuti a raggiungere degli obiettivi condivisi”.
In vista delle amministrative
L’anno prossimo in Croazia si terranno le elezioni amministrative. A Fiume e nella Regione litoraneo-montana sono previsti i consiglieri della Cni che vengono eletti su liste partitiche o civiche. La Ci di Fiume, nella sua visione, come seguirà la campagna elettorale?”
La Comunità è l’insieme di tutti coloro i quali ne fanno parte. Non darà assolutamente alcuna indicazione di voto ai propri soci. Probabilmente inviterà tutti i membri a esercitare il diritto di voto inteso come dovere civico e morale. Come tutte le altre associazioni, seguirà con interesse gli avvenimenti che porteranno alle elezioni e i risvolti che scaturiranno dal voto”.
Come intende impostare il dialogo e la collaborazione con i consiglieri Cni eletti in Città e nella Regione?
“Uno dei punti di forza della CNI in generale, non soltanto a Fiume, consiste nel fatto che ci conosciamo un po’ tutti e che collaboriamo. Credo quindi che frequentando le attività e le manifestazioni che stiamo portando avanti e continueremo a proporre in Circolo ci sarà sicuramente la possibilità per affrontare certi temi con i nostri due rappresentanti. Bisogna però considerare che il sistema politico è regolato dalle sue logiche. Queste persone si sono candidate alle elezioni, hanno ottenuto la fiducia degli elettori ed è giusto che ora possano prendere delle decisioni secondo la propria coscienza. Dipende da loro, più che dalla mia volontà o dai miei desideri, se in certe occasioni vorranno consultare la Comunità o il corpo elettorale”.
E per quanto riguarda i Consigli della minoranza e le altre realtà istituzionali a partire dal Comites?
“Vedo innanzitutto la possibilità di agire in sinergia per portare avanti progetti comuni. Non credo che ci siano troppe sovrapposizioni e neppure punti nei quali si potrebbe andare in direzioni diverse. Dobbiamo dialogare per cercare di fare il bene dell’intera comunità”.
Come intende portare avanti la collaborazione e gli scambi con le associazioni degli esuli?
“Con gli esuli c’è sicuramente un legame molto intimo e familiare. Ho parenti che vivono tra Torino e Genova e che tornano a Fiume ogni estate. L’occasione per imparare a conoscere meglio la realtà legata al mondo degli esuli l’ho avuta un anno, un anno e mezzo fa a Firenze, quando su delega di Melita Sciucca ho partecipato a un incontro dell’Associazione fiumani italiani nel mondo. Sono stato accolto molto bene. Per tante cose abbiamo interessi in comune. Credo che noi tutti vogliamo che la nostra storia sia più nota sia in Italia che in Croazia e Slovenia. Con gli esuli ci saranno sicuramente tante opportunità per fare dei progetti rivolti soprattutto ai giovani e che ci aiutino a curare i valori europei di condivisione e di unità”.
Ripartire da basi diverse
La sua nomina arriva dopo le dimissioni di Melita Sciucca che in sede di Assemblea ha parlato di un forte malessere provocato dai rapporti interni e dalle costanti critiche e contestazioni. Il disagio emerge anche dai toni e dal dibattito svoltosi nelle sessioni assembleari. Il clima evidentemente non è dei migliori. Quali saranno i primi passi che intraprenderà o che ha già intrapreso per riportare serenità a Palazzo Modello?
“In quest’ultimo periodo, la Comunità e l’Assemblea hanno ricevuto informazioni e hanno affrontato temi che prima non venivano trattati. Un’opportunità per parlare chiaramente, ad alta voce e per cercare il modo di andare avanti. Sono partito dal 22 ottobre con l’idea che, seppure le attività, i progetti e le manifestazioni continuino, un cambiamento al vertice può essere un’opportunità per tagliare con certi aspetti del passato, per ricominciare da capo ricostruendo su basi diverse. Intendo agire con tanta comprensione per tutti. Dare a ciascuno l’opportunità di dire la sua. Cercare di mediare tra le diverse parti – che esistono dappertutto, non solo in seno al nostro sodalizio –, cercando di trovare quel momento giusto di condivisione e convergenza”.
È stato presentato un nuovo organigramma. La strada è ora in discesa?
“Per certi aspetti sicuramente aiuterà. C’è sempre tanto da fare. Non possiamo assolutamente fermarci qui. Dobbiamo andare avanti”.
Sulla carta la Ci di Fiume conta migliaia di iscritti. Alle ultime elezioni, tenutesi nel 2022, l’adesione al voto si è arrestata al 5,36 p.c. Una delle percentuali più basse. Hanno votato 199 dei 3.715 aventi diritto. Come si è arrivati a questa situazione? Come intende muoversi?
“Sicuramente una delle priorità sarà quella di puntare su una comunicazione chiara, che raggiunga i nostri soci e li incentivi a partecipare alle nostre manifestazioni. Già prima di diventare presidente ero convinto che le nostre attività sono tantissime. Ora ne sono consapevole ancora di più. Inoltre, vogliamo riuscire a comunicare in modo chiaro ai nostri soci l’importanza di partecipare anche alla gestione dell’associazione stessa. O attraverso il voto o attraverso la partecipazione diretta nell’Assemblea, nell’Esecutivo, in seno alla presidenza. Vogliamo riavvicinare alle persone non solo la partecipazione alle attività, ma anche tutto ciò che riguarda la gestione della Comunità, invogliandoli ad assumere maggiori responsabilità. Responsabilità che da un lato rappresentano un onere, ma dall’altro offrono l’opportunità di promuovere nuovi progetti e iniziative”.
Uno dei temi che torna ciclicamente d’attualità è la sede della CI. Palazzo Modello è un simbolo, ma non sempre risponde a esigenze funzionali. Le opinioni si dividono. Qual è la sua?
“I simboli sono importanti”.
A quanto ammonta il budget annuale della CI di Fiume?
“Approssimativamente a 220mila euro”.
I fondi sono sufficienti? Quali sono le aspettative?
“L’ammontare delle risorse finanziarie di un’associazione si riflette sia nella quantità degli eventi proposti che nella loro qualità. Più che l’importo del budget, che dipende più da altri che dalla CI – per certi aspetti anche giustamente considerato che si tratta di fondi pubblici –, l’importante è stabilire come impiegare le risorse delle quali si dispone, su cosa puntare”.
Come risponde a chi fa presente che in passato quando il denaro scarseggiava le sale della CI erano piene di gente e che oggi la situazione è ben diversa?
“Anche a me, basandomi sull’osservazione delle vecchie fotografie, sembra che un tempo l’adesione era maggiore benché, dati alla mano, le disponibilità finanziarie erano inferiori. Bisogna tenere conto che i tempi sono mutati. La percentuale di italiani a Fiume in passato era più alta. Era più sentito il senso di comunità. Sono cambiate le tecnologie. L’impressione generale – anche mia, che sono nato nel 1997 e che forse non ho vissuto i tempi d’oro del Circolo, con le sale piene – è che per tutta una serie di circostanze sono state perse di vista alcune cose. Uno degli obiettivi che ci siamo posti è di ripartire dalle esperienze dei nostri nonni e dei nostri genitori. Generazioni che venivano qui per il gusto di stare in gruppo e di fare qualcosa assieme, a prescindere che si tratti di un’attività strutturata o meno. Insomma dobbiamo puntare a far considerare nuovamente il Circolo come la casa degli italiani di Fiume. Un luogo del quale si è onorati di far parte. Vogliamo riattivare i soci, risvegliare in loro il coraggio di dire: ‘Questa è anche casa mia, anche io desidero dire la mia, anche io voglio che si facciano delle cose’. Vogliamo poter attingere alla loro energia”.
Se le chiedo di definire il termine di volontariato cosa mi risponde?
“Mettere a disposizione le proprie energie, le proprie abilità e il proprio tempo per il bene comune. Ed è una cosa che funziona in tanti contesti. Io stesso, al di là della Ci, faccio volontariato in alcune associazioni. Non è assolutamente un peso. Anzi, mi diverte, perché incontro persone mosse dalla volontà di fare qualcosa di buono e di bello, che con il tempo magari diventano amici. Una delle sfide consisterà proprio nel creare un contesto analogo anche in seno al Circolo”.
Il Circolo organizza o collabora all’organizzazione di tantissimi eventi. È emerso dai dibattiti che ci sono opinioni diverse sull’opportunità di aprirsi e coinvolgere. Come intende muoversi per evitare i rischi derivanti dall’autoreferenzialità?
“Dobbiamo prendere coscienza della nostra forza e della nostra qualità. Molte volte tendiamo a denigrare il nostro e a dargli un significato negativo. Magari sorridendo su delle nostre iniziative, che in verità, se paragonate ad altri contesti, non solo della minoranza, ma anche della maggioranza sono di assoluto rispetto. Insomma, dobbiamo capire che possiamo offrire molto di più a tutta la cittadinanza. Il nostro sodalizio ha lanciato tre anni fa il Festival delle canzonette fiumane. Non sono un esperto di musica, ma non vedo perché a lungo andare non potrebbe raggiungere il MIQ (il Festival della musica dell’Istria e del Quarnero, nda) sul fronte del riconoscimento e dell’importanza per il territorio. Insomma dobbiamo prendere coscienza delle nostre qualità. Se vogliamo crescere non dobbiamo avere paura di mostrarci al pubblico e di esporci alle critiche. Da come la vedo io, anche in virtù dell’esperienza che ho maturato altrove, all’interno della Ci di Fiume e della Cni le potenzialità ci sono. Siamo noi che talvolta ci limitiamo a noi stessi”.
Mostrare il nostro patrimonio anche alla maggioranza
Le nuove generazioni di connazionali non devono affrontare i disagi legati alle barriere linguistiche e culturali. L’integrazione viaggia su livelli alti e il multiculturalismo e il multilinguismo sono la quotidianità. Si tratta di un limite o di un vantaggio per la Ci di Fiume?
“Rispondo citando l’atto secondo-scena seconda dell’Amleto, nel quale William Shakespeare scrive che ‘non c’è nulla di buono o cattivo al mondo se il pensiero non lo fa tale’. Se noi vogliamo interpretare il passare del tempo, il mutamento del contesto nazionale e internazionale e i cambiamenti tecnologici come qualcosa di deleterio che a lungo termine porterà all’estinzione della Cni e della Comunità, allora succederà proprio questo. Se invece vogliamo riscoprire le possibilità che oggi abbiamo per valorizzare di più quello che sono la nostra storia, la nostra tradizione e il nostro modo d’interpretare e di vedere il nostro mondo, nato dall’insieme di maggioranza e minoranza – che sono in stretto contatto l’una con l’altra –, allora vedremo l’avvenire in modo più positivo. In tale caso spiccheranno, in un contesto globale, l’importanza di poter avere diversi punti di vista e interpretare le cose in un’ottica non più mono-nazionale, ma aperta”.
Numerosi avvocati, diplomatici, dentisti, giudici, imprenditori, ingegneri, manager, medici, politici, professori universitari… pur non avendo alcun legame con la Cni hanno frequentato le nostre scuole e di conseguenza anche il Circolo. Tantissime di queste persone hanno smarrito il legame con il sodalizio. Cosa si può fare per tentare di riaccendere la fiamma?
“Dobbiamo avere ben chiaro che la Ci di Fiume è in primo luogo uno spazio pensato affinché i connazionali abbiamo un luogo nel quale incontrarsi, portare avanti iniziative tese alla tutela e alla valorizzazione delle nostre tradizioni, dell’italiano, del dialetto e della nostra storia. D’altro canto si perde una grande occasione se tutto questo viene fatto solo per noi stessi, senza mettere in mostra il nostro patrimonio anche alla maggioranza. Abbiamo più da offrire e da ricevere che da perdere includendo chi è ben intenzionato. Dobbiamo puntare sull’informazione e non avere paura di accogliere chiunque desideri includersi nelle nostre attività. Ci sarà un motivo se da millenni la cultura romana e italiana sono state un faro per il mondo occidentale. Le persone che hanno frequentato le nostre scuole hanno dei ricordi molto positivi del contesto nel quale sono cresciuti. Di solito sono molto bendisposti e aperti nei confronti della Comunità di Fiume e della Cni”.
Nazioni Unite e Unione Italiana
Enea Dessardo è nato a Fiume nel 1997. È stato allievo della Scuola elementare italiana “Gelsi” e alunno della Scuola media superiore italiana di Fiume. Prima d’iscriversi all’Università degli Studi di Trieste (ha seguito i corsi di laurea in Scienze internazionali diplomatiche e in Diplomazia e cooperazione internazionale) ha frequentato pure il Liceo classico “Paolo Diacono” di Cividale del Friuli. Insegna al Liceo di Fiume dal 2020 (dal 2022 è uno dei “prof” di geografia).
Da alcuni anni riveste il ruolo di sostituto del Giovane delegato della Croazia alle Nazioni Unite. Nel 2021 è stato eletto nel Comites della Circoscrizione consolare di Fiume. Nel 2022 è stato eletto nell’Assemblea dell’Unione italiana. Alle elezioni minoritarie svoltesi in Croazia nel 2023, è stato eletto sia nel Consiglio della minoranza nazionale italiana della Città di Fiume che in quello della Regione litoraneo-montana.
I membri dell’Esecutivo
Nel corso della seduta del 21 ottobre scorso l’Assemblea della Comunità degli Italiani di Fiume ha nominato anche i membri del Comitato esecutivo che affiancheranno Enea Dessardo nella gestione degli affari e nell’organizzazione delle attività del Circolo. Si tratta di Rina Brumini (vicepresidente), Marisa Gruden, Irene Mestrovich, Ornella Sciucca, Elvio Baccarini e Federico Guidotto. Un esecutivo rimasto per cinque sesti immutato rispetto a quello guidato precedentemente da Melita Sciucca. La new entry è Elvio Baccarini, subentrato a Norma Zani che ha scelto di non ricandidarsi.
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