Forza Fiume. E lo sguardo vola diritto al 2020

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Forza Fiume. E lo sguardo vola diritto al 2020

Con l’avvicinarsi dell’appuntamento del 2020, anno in cui il capoluogo del Quarnero sarà “Capitale europea della cultura”, riemerge la questione del bilinguismo. Purtroppo, questo importante argomento, supportato dalla locale Comunità italiana, da partiti che operano a favore del ripristino dell’identità fiumana, multiculturale e multilingue, da associazioni della società civile, da tutti i connazionali, soprattutto quelli anziani che non hanno dimenticato la violenza con cui nell’ottobre del 1953, quando Trieste fu assegnata all’Italia, in una sola notte vennero prese a sassate e distrutte tutte le insegne bilingui della città, suscita ancora molta, troppa tensione politica.

La terribile notte d’ottobre del ’53

Gli italiani che furono testimoni di quel gesto intimidatorio, che cancellò tante speranze diffondendo paura e amarezza tra le file della popolazione, non è andato mai giù né mai è stato dimenticato. Prima di ciò il bilinguismo a Fiume era una realtà di fatto. Anzi, nella sua storia la città non è stata solo bilingue, infatti non si è sottratta al plurilinguismo, perché multiculturale era la sua identità di fondo. Ma oggi, ad un passo dal recupero, perlomeno parziale, della toponomastica italiana l’argomento crea ancora incomprensioni e discrepanze, soprattutto nei rapporti con l’amministrazione cittadina e in primo luogo con il sindaco Vojko Obersnel che, pur dichiarandosi disposto ad introdurre in centrocittà degli “odonimi”, non vuol sentire parlare di bilinguismo diffuso a tutte le istituzioni municipali.
Ed in questo contesto di dialogo, che a momenti però assurge a vero e proprio “confronto”, che possiamo collocare il recente convegno “Le città multilingui – la diversità e la convivenza quali modi di vita” organizzato congiuntamente dalla Lista per Fiume, dalla Comunità degli Italiani del capoluogo quarnerino e dall’Associazione European Free Alleance, che raggruppa partiti regionalisti vicini alla sinistra europea e rappresentata da Wouther Patho che vive e lavora nell’area fiamminga del Belgio.
All’incontro, moderato dal presidente dell’Assembela della CI di Fiume Moreno Vrancich, hanno preso parte numerosi ospiti tra cui il vicepresidente del Sabor, Furio Radin, la Preside del Dipartimento di italianistica della Facoltà di Filosofia di Fiume, Corinna Gherbaz Giuliano, il presidente di Lista per Fiume/Lista za Rijeku, Danko Švorinić, e Laura Marchig della medesima formazione politica, Marin Corva presidente della GE dell’UI, Oskar Skerbec vicepresidente del Consiglio municipale di Fiume, Melita Sciucca presidente della CI .

Tentativo coraggioso

La battaglia per il ripristino delle tabelle bilingui (bilinguismo parziale nel senso dell’introduzione di alcuni odonimi), portata avanti dalla Comunità degli Italiani di Fiume e dall’attuale dirigenza, è un tentativo coraggioso per riannodare il filo del dialogo. Non si tratterà di una cartellonistica ufficiale dello Stato, perché servirebbe un intervento legislativo e ministeriale, ma è comunque un segnale estremamente positivo per quegli italiani che si sono visti per decenni negare il riconoscimento pubblico dell’identità, anche italiana di Fiume.
Le città multietniche sono presenti in numerose aree di confine in Europa. È un dato di fatto che ci aiuta a capire che non siamo da soli e non chiediamo l’impossibile. Intrecci di culture e multiculturalità non sono solo il passato di questa città, rappresentano anche il suo futuro, ed è questa la carta su di cui si sta giocando.
Il sindaco Obersnel sostiene a chiare lettere: “Il bilinguismo a Fiume non è ufficiale”. Il suo ragionamento si potrebbe sintetizzare così: se siamo una città multiculturale e multietnica come bisogna trattare le altre minoranze presenti sul territorio? Ammette che le istituzioni della CNI, in primo luogo scuole in tutta la loro rete, la CI, il Dramma Italiano (scordandosi di menzionare l’Edit) godono dell’appoggio dell’amministrazione municipale. In Consiglio un posto è assicurato per il rappresentante italiano, ci si può rivolgere all’amministrazione pubblica in italiano e ricevere la risposta in italiano. Poi Obersnel tira fuori anche la questione dei numeri e qui… la Comunità italiana avrebbe tanto da controbattere ma non è il caso di aprire il vaso di Pandora in questo momento in cui la politica croata è in ebollizione e i partiti populisti e nazionalisti stanno forzando la scena politica croata presentando proposte in Parlamento che né sono democratiche né hanno a che vedere con il rispetto di valori come quelli che a Fiume riescono a sopravvivere da secoli.
A Fiume viene concessa la possibilità di richiedere la carta d’identità bilingue e di potersi avvalere di uno sportello italiano presso la Questura di Fiume, ma quest’ultima conquista è il risultato di un accordo con il Ministero degli interni, qui il Comune non c’entra per niente.
In questa città si sono incontrate e scontrate tante diversità e tante culture e non per nulla si presenta all’appuntamento del 2020 con lo slogan “Il porto delle diversità”. Uno slogan azzeccato. Speriamo però che in questa mega-operazione culturale la componente italiana riesca ad essere rappresentata al meglio.

Tra cultura e politica

Per il vice presidente del Parlamento croato e deputato della CNI al Sabor, Furio Radin, il bilinguismo ha anche una dimensione politica, o meglio ha una dimensione sia politica che culturale e vive nel profondo dell’animo di questa città. “Basti pensare alla tifoseria del Rijeka che alle partite scandisce ‘Forza Fiume’, e nessuno ne fa un problema” – ha rilevato Radin. “Non si toglie nulla a nessuno se i toponimi vengono indicati in più lingue, o se ci si avvale della possibilità di comunicare in più lingue a livello ufficiale. Quando a Fiume verranno introdotti i toponimi in lingua italiana ci occuperemo di politica e di cultura, allo stesso tempo. A Zagabria, nella città alta, senza particolari delibere le insegne sono bilingui, in croato e in tedesco, si tratta di un’iniziativa comunemente accettata. Il bilinguismo a Fiume potrebbe essere importante non solo per la minoranza, che in questo momento non c’è l’ha, ma deve essere ed è un problema che deve essere recepito anche dalla maggioranza. Non è necessario ricorrere a dieci lingue, la tabella può essere bilingue Rijeka/Fiume” – sostiene Radin citando Alessandro Damiani che nei suoi scritti ha sempre sostenuto che Fiume è stata ‘ab ovo’, ovvero sin dalle sue lontane origini multiculturale. “I cittadini di Fiume hanno il diritto alla propria cultura, ovvero alle proprie culture visto che la città è fatta di diverse componenti culturali di cui va tenuto conto” – ha rilevato Radin. Ha citato pure l’Istria indicandola come “un esempio di come vada affrontata in modo istituzionale e giuridico la questione del bilinguismo”. Radin ha ricordato che “esistono trattati internazionali in cui si stabilisce che il bilinguismo applicato alla ex zona B può essere esteso in tutte quelle aree in cui vive la popolazione italiana. E, dunque, anche a Fiume”. Tale constatazione ha innervosito un po’ il sindaco di Fiume, Vojko Obersnel, il quale è rimasto fermo sulle posizioni di partenza. Scene a cui abbiamo assistito anche in passato.
Da rilevare che al convegno ha preso parte pure Nenad Čanak, presidente della Lega dei socialdemocratici della Vojvodina. Sparuto il pubblico. Peccato, l’occasione per dialogare su questi importanti argomenti andrebbe sempre colta.

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