
Con Final Fantasy X, pubblicato nel 2001 per PlayStation 2, la saga compie il suo primo passo nel mondo delle console di nuova generazione, e lo fa con una trasformazione che è al tempo stesso tecnica, narrativa e concettuale. Dopo il tributo nostalgico di Final Fantasy IX, Square abbraccia con decisione la modernità, introducendo personaggi interamente doppiati, ambientazioni tridimensionali in tempo reale e un sistema di combattimento rinnovato. Ma nonostante l’impatto visivo e sonoro senza precedenti, è ancora una volta il cuore della storia a colpire: Final Fantasy X è un racconto di fede e illusione, di cicli infiniti e desiderio di libertà, in cui l’eroismo si misura con la capacità di accettare l’inevitabile.
Tidus, il protagonista, si ritrova misteriosamente catapultato dal futuristico mondo di Zanarkand al continente mistico di Spira, un mondo tormentato da una creatura colossale chiamata Sin. La sua guida in questo nuovo universo è Yuna, giovane evocatrice che intraprende un pellegrinaggio sacro per sconfiggere Sin con l’ausilio dell’Invocazione Suprema, un atto che comporta la morte del proprio guardiano più vicino. In questo viaggio, Tidus incontra un cast di personaggi variegati e profondamente umani: Wakka, il giocatore di blitzball guidato da una fede semplice; Lulu, la maga segnata dalla perdita; Kimahri, il silenzioso protettore; Auron, l’enigmatico guerriero che conosce più di quanto lascia intendere; e Rikku, l’albhed ribelle che mette in discussione le regole di un mondo fondato sulla religione. Il mondo di Spira è profondamente segnato dal dogma di Yevon, una fede che giustifica il dolore con la promessa della salvezza, e che nasconde verità inquietanti sotto la sua superficie. A differenza delle ambiguità metanarrative di FFVIII o della cupa distopia di FFVII, qui il conflitto è tra rituale e ribellione, tra la volontà degli individui e le catene del credo. Tidus, outsider privo di legami con Spira, diventa così il catalizzatore della messa in discussione del sistema, incarnando il ruolo di eroe che osa infrangere il ciclo. Dal punto di vista del gameplay, Final Fantasy X segna l’abbandono dell’Active Time Battle in favore di un sistema a turni più semplice che permette al giocatore di pianificare con precisione le azioni grazie a una timeline visibile. A questa chiarezza strategica si aggiunge la possibilità di cambiare personaggi in battaglia in qualsiasi momento, rendendo la sinergia del party più dinamica e coinvolgente. Il sistema di sviluppo è affidato allo Sferografia, una mappa sferica che ogni personaggio percorre per apprendere abilità e incrementare le proprie statistiche. Più che un sistema di classi, si tratta di un percorso di evoluzione semi-libero, che combina la personalizzazione dei precedenti episodi con una forte coerenza visiva e tematica. Anche le invocazioni tornano, ma con una novità significativa: gli Eoni non sono più solo magie spettacolari, ma entità completamente controllabili in battaglia, con statistiche proprie e un ruolo strategico concreto. Questa centralità delle evocazioni riflette il peso che esse hanno nella narrazione: sono lo strumento ultimo del sacrificio, e al tempo stesso il simbolo della fede cieca in un sistema che perpetua la sofferenza. La regia del gioco, supportata dal doppiaggio (per la prima volta in un Final Fantasy) e da una colonna sonora che fonde temi tradizionali con nuovi arrangiamenti, riesce a trasmettere con forza le emozioni dei personaggi. Brani come “To Zanarkand” o “Suteki da ne” accompagnano momenti di struggente bellezza, rafforzando il senso di malinconia e di fine imminente che pervade l’intera avventura. L’amore tra Tidus e Yuna, al centro della vicenda, si sviluppa con naturalezza e dolore, culminando in una delle conclusioni più toccanti dell’intera saga. Final Fantasy X rappresenta un punto di svolta nella serie, non solo per le innovazioni tecniche, ma per la maturità con cui affronta temi come la religione, il sacrificio, la volontà individuale e l’impermanenza. In linea con l’approfondimento psicologico e simbolico iniziato da FFVI, X porta all’estremo la riflessione sull’identità e sul senso del viaggio: non più solo la lotta contro un nemico esterno, ma il lento e doloroso cammino verso l’accettazione della verità e della perdita. In un certo senso, Final Fantasy X chiude un ciclo. L’ultimo episodio sviluppato da Hironobu Sakaguchi prima della sua dipartita dalla Square, è anche l’ultimo Final Fantasy della “vecchia guardia”, e forse proprio per questo porta con sé un’aura di consapevolezza e commiato. Un’opera di transizione, che guarda avanti ma non dimentica ciò che è stata: una preghiera sussurrata nel vento, che ancora oggi risuona con forza nei cuori di chi ha avuto il coraggio di ascoltarla.
Con Final Fantasy X si conclude anche questa retrospettiva dedicata ai primi dieci capitoli della saga, un viaggio che ci ha accompagnato dalle origini 8-bit del Famicom fino alle maestose invocazioni digitali della PlayStation 2. Abbiamo osservato la serie crescere, mutare, contraddirsi e reinventarsi, mantenendo sempre vivo un cuore pulsante fatto di emozione, sfida e meraviglia. Da Firion a Tidus, passando per Cloud, Terra, Squall e Zidane, ogni protagonista ha portato con sé un riflesso del tempo in cui il gioco è nato, ma anche un frammento di un’umanità universale. Final Fantasy è un’eredità narrativa che parla di destino, coraggio, amore e perdita. E anche se il viaggio ora si ferma, le storie vissute lungo il cammino continuano a risuonare, come echi cristallini nel tempo.
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