Inaugurando alla Scuola paritaria “Cristoforo Colombo” di Buenos Aires, in Argentina, la XXIV Settimana della lingua italiana nel mondo (SLIM), il vicepremier italiano e ministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, Antonio Tajani, ha dichiarato: “Mantenere viva la nostra lingua all’estero è fondamentale”. La SLIM 2024 (14 al 20 ottobre) è stata caratterizzata da eventi organizzati dalla rete diplomatico-consolare e dagli Istituti italiani di cultura, in collaborazione con i principali partner locali dedicati alla promozione linguistica. Il tema di quest’anno è stato “L’italiano e il libro: il mondo fra le righe”, con l’obiettivo d’indagare il legame tra lingua e letteratura nel contesto attuale, sottolineando il ruolo fondamentale del libro come strumento di trasmissione del patrimonio culturale, dei valori e dell’identità italiana.
Quest’importante contenitore culturale ha coinvolto, come da tradizione, in gran tono pure la Croazia e la Slovenia. Gli appuntamenti promossi nei due Paesi sono stati numerosi e di indubbio spessore. L’Istituto italiano di cultura di Lubiana e il Forum italo-sloveno, ad esempio, hanno presentato A cavallo del muro. I miei giorni nell’Europa dell’Est, l’edizione in lingua italiana dell’ultimo sforzo letterario del giornalista, politico, scrittore e docente universitario Demetrio Volcic (Lubiana 1931 – Gorizia, 2021), unica opera che questo iconico personaggio televisivo italiano ha scritto in sloveno, la sua lingua materna (il titolo originale è Iz ozadja. Novinarjev pogled na pol stoletja Vzhodne Evrope, Editoriale stampa triestina-Založništvo tržaškega tiska, 2020). La versione in lingua italiana (192 pagine) ha visto la luce nel 2023 per i tipi della palermitana Sellerio.
Il volume (disponibile anche in formato e-book) è stato curato dal giornalista e storico Paolo Possamai e da Livio Semolič, segretario regionale dell’Unione culturale economica slovena (Slovenska kulturno-gospodarska zveza-SKGZ) e si pregia della prefazione del giornalista e politico Jas Gawronski (già corrispondente della RAI da New York, Parigi, Mosca e Varsavia, ha lavorato per le reti Mediaset, è stato portavoce di Silvio Berlusconi premier, senatore ed europarlamentare, amico di lunga data di Gianni Agnelli…) e di cammei di Romano Prodi (già presidente del Consiglio dei ministri e presidente della Commissione europea) e Walter Veltroni (il cui nonno materno, il diplomatico Ciril Kotnik, già ambasciatore presso la Santa Sede durante la II Guerra mondiale, era sloveno).
L’autorevolezza bonaria
Questo memoir testimonia il lavoro eccezionale di giornalista che l’autore espletò negli anni della cortina di ferro. Volcic – alla direzione del TG1 dal 1993 al 1994 –, che molti ricorderanno nel ruolo di corrispondente da Mosca della Rai (spesso appariva sullo schermo indossando il colbacco, segnalando che a Mosca faceva freddo, non alludendo necessariamente alla temperatura atmosferica, nda), operò in condizioni difficili e delicate con puntigliosità e dedizione, garantendo credibilità al servizio pubblico, meritandosi il prestigio e la fiducia dei telespettatori.
Si tratta in pratica di un diario di viaggio di un osservatore nel continente della grande storia geopolitica. Le cronache degli anni da inviato nell’Europa dell’est, prima e subito dopo la caduta del Muro di Berlino, sono descritte attraverso aneddoti, paradossi e immagini grottesche. La prosa, poco appariscente, è intrisa di umorismo che realizza nel minimo il massimo di iconicità ed eleganza, rendendo lo stesso effetto autorevole ma bonario che Volcic trasmetteva dallo schermo televisivo.
La conferenza, introdotta dalla direttrice dell’IIC di Lubiana, Verena Vittur e da Juriji Giacomelli (presidente del Forum italo-sloveno), è stata moderata dal giornalista di Radio Capodistria, Valerio Fabbri. A parlare del libro e più in generale dell’eredità di Volcic sono intervenuti all’IIC Semolič e Possamai. Al discorso si sono successivamente uniti anche la vedova di Demetrio Volcic, Eduarda Roncaldier, e il figlio Alessandro (in sala pure il fratello di Demetrio Volcic, Alessando-Sašo).
A rivolgere un indirizzo di saluto ai presenti – tra questi il deputato della Comunità Nazionale Italiana alla Camera di Stato del Parlamento sloveno, Felice Žiža, il console generale d’Italia a Capodistria, Giovanni Coviello, il direttore dell’Ufficio lubianese dell’ICE-Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, Giacomo Ricciotti, Christiana Babić, direttrice dell’Edit di Fiume, il direttore e il presidente del Consiglio di amministrazione del Primorski dnevnik, rispettivamente Igor Devetak e Aleksander Koren, il giornalista, scrittore e diplomatico Bojan Grobovšek e altri –, sono stati l’ambasciatore d’Italia a Lubiana, Giuseppe Cavagna, e la sottosegretaria della Repubblica di Slovenia per gli sloveni d’oltreconfine, Vesna Humar (che ha tenuto il suo discorso alternando lo sloveno all’italiano).
Incomprensibile «anonimia»
L’ultima parte della conferenza è stata dedicata alle domande e riflessioni del pubblico. Tra gli interventi più interessanti quello di Bojan Grobovšek, già corrispondente della RTV slovena e del quotidiano Delo da Vienna, primo incaricato d’affari dell’Ambasciata di Lubiana in Austria, primo ambasciatore sloveno a Varsavia, incarico che successivamente ha ricoperto anche a Buenos Aires e a Berna, nonché ex presidente della Società slovena per i rapporti internazionali. Grobovšek, che pur scusandosi per il suo “italiano arrugginito” si è espresso in modo ineccepibile, ha ringraziato gli organizzatori della serata per il contributo dato alla promozione di un grande personalità “che per mentalità forse è più mitteleuropea che slava o italiana”, grande giornalista, che in Slovenia “non era è non è conosciuta”. Un’incomprensibile “anonimia”, anche considerato il ruolo di Volcic non solo nell’approvazione delle Norme per la tutela della minoranza linguistica slovena della Regione Friuli Venezia Giulia (la legge 38 del 23 febbraio del 2001, che ha ottenuto luce verde al Parlamento di Roma praticamente in “zona Cesarini” della XIII legislatura, al termine di una sorta di braccio di ferro tra i senatori Giulio Camber e Demetrio Volcic), ma anche nell’avvicinamento di Lubiana all’Unione europea (europarlamentare dal 1999 al 2004, nella veste di relatore per l’ingresso di dieci nuovi Paesi nell’Ue seguì con particolare attenzione il dossier connesso alla Slovenia).
Un debito da ripagare
Jurij Giacomelli, presidente del Forum italo-sloveno, co-organizzatore della serata, che nell’ottobre del 20016 aveva voluito, sempre all’Istituto italiano di cultura a Lubiana, un incontro con Volcic (intervistato per l’occasione dal giornalista triestino Bojan Brezigar) ha condiviso l’opinione che a Lubiana esiste ancora una sorta di debito nei confronti del noto giornalista e politico. “C’impegneremo a lavorare affinché questo debito sia ripagato”, ha annunciato Giacomelli, augurandosi di poter fare affidamento in questa missione sulla collaborazione di partner di spessore, inclusa la Società slovena per i rapporti internazionali.
Dalle pagine di quest’opera, emerge una fotografia e una testimonianza del lavoro eccezionale di giornalista che Volcic espletò, garantendo al servizio pubblico della Rai prestigio e autorevolezza, regalando ai lettori una lezione di storia, quella della seconda metà del ‘900, nella quale Volcic spazia da Vienna a Berlino, da Mosca a Varsavia, da Budapest a Praga a Bucarest, spingendosi in Giappone e Cina. Senza dimenticare il suo legame con il Friuli Venezia Giulia e, in particolare Gorizia. Vesna Humar, sottosegretaria per gli sloveni d’oltreconfine.
La vedova Eduarda Roncaldier, riconoscente a tutti coloro i quali hanno partecipato all’organizzazione della presentazione del libro di suo marito a Lubiana (“Mi ha fatto molto piacere. È stata un’occasione bellissima, ho visto tanto affetto. Fino a che si parla di una persona questa non muore”), ci ha svelato che i ricordi più belli sono quelli legati al periodo trascorsa a Mosca: “Aveva l’ufficio in casa e io potevo sbirciare, sentire, vedere le persone”. Alla domanda come si sarebbe posto Demetrio nei confronti dei rapporti odierni tra Mosca e Kiev, ha risposto che le opinioni di suo marito non erano influenzate dall’umore. “Avrebbe approfondito la cosa. Aveva sempre la necessità di vedere le ragioni di uno e dell’altro”.
“Demetrio Volcic è stato una figura importantissima. E questa serata ci ha dato il modo di ricordare il ruolo che ha avuto sia nell’approvazione della legge a tutela della Comunità slovena in Italia sia nel processo di adesione della Slovenia all’Unione europea”, ha dichiarato la sottosegretaria della Repubblica di Slovenia per gli sloveni d’oltreconfine, Vesna Humar. “È stato una figura politica molti importante, ma soprattutto un personaggio che ha saputo riflettere il XX e il XXI secolo, su questa Europa certe volte dolorosa, ma al contempo meraviglioso”.“Come c’insegna – ha concluso – dobbiamo sempre avere gli occhi, gli orecchi e gli orizzonti aperti. Credo che ci sia sempre bisogno di apertura mentale, di renderci conto che pur essendo il nostro un Paese di dimensioni non grandi, esiste un pensiero e una cultura slovena anche al di fuori dei nostri confini. Che ci sono tantissime slovene e sloveni che hanno saputo farsi un nome nel mondo, arricchendo la nostra identità collettiva con nuova conoscenza e cultura”.
Un lascito prezioso
“Sono un normale italiano che per decenni ha conosciuto l’al di là del muro, della cortina, grazie alle parole, grazie allo sguardo e alle orecchie di Demetrio Volcic. Gli dobbiamo molto perché ci ha raccontato la verità con grande grazia e con grande apertura mentale. E in quell’epoca di confrontazione non era una cosa facile né scontata. Demetrio Volcic ha anche un altro aspetto molto importante, era uno dei preziosissimi ponti, degli anelli di congiunzione, dei fili che intessono indissolubilmente i due lati di un confine che piano piano, e meno male sta sparendo. Vedo in tutto questo un lascito molto prezioso”, ha dichiarato l’Ambasciatore italiano a Lubiana, Giuseppe Cavagna.
“Un’assoluta icona. È stato un grande italiano, un grande sloveno. Un italiano appartenente alla Comunità slovenofona. Da parlamentare europeo, agli inizi degli anni 2000 si è occupato del dossier di facilitazione dell’adesione della Slovenia all’Ue. È un esempio di quanto le persone di confine hanno aiutato a creare una vicinanza sempre più forte tra i nostri Paesi”, ha rilevato l’ambasciatore.
Il valore dell’apertura mentale
“Demetrio Volcic è stato una figura importantissima. E questa serata ci ha dato il modo di ricordare il ruolo che ha avuto sia nell’approvazione della legge a tutela della Comunità slovena in Italia sia nel processo di adesione della Slovenia all’Unione europea”, ha dichiarato la sottosegretaria della Repubblica di Slovenia per gli sloveni d’oltreconfine, Vesna Humar. “È stato – ha proseguito – una figura politica molti importante, ma soprattutto un personaggio che ha saputo riflettere il XX e il XXI secolo, su questa Europa certe volte dolorosa, ma al contempo meraviglioso”.
“Come c’insegna Demetrio Volcic dobbiamo sempre avere gli occhi, gli orecchi e gli orizzonti aperti. Credo – ancora la sottosegretaria Humar – che ci sia sempre bisogno di apertura mentale, di renderci conto che pur essendo il nostro un Paese di dimensioni non grandi, esiste un pensiero e una cultura slovena anche al di fuori dei nostri confini. Che ci sono tantissime slovene e sloveni che hanno saputo farsi un nome nel mondo, arricchendo la nostra identità collettiva con nuova conoscenza e cultura”.
Un Tarzan silenzioso
Per Paolo Possamai curiosità, disincanto e ironia sono tre parole che descrivono molto bene la personalità e il carattere di Demetrio Volcic: “I termini disincanto e curiosità contengono molto della sua anima e del suo modo di stare rispetto alla vita e non soltanto alla professione. La curiosità è l’opposto di superficialità, mentre disincanto richiama al suo interno le parole incanto, incantesimo e canto. Il cuore di tutte queste parole è canto. Il canto, lo testimonia Ulisse che con il canto delle sirene deve fare i conti, è una forma di fascinazione. Demetrio come Ulisse aveva messo i tappi di cera e non si faceva affascinare da niente. Di primo acchito partiva con la domanda e pertanto non si è mai iscritto a nessun club, tranne a quello degli apoti cioè di coloro che non se la bevono”.
“Un’altra parola che lo descrive – ha proseguito il direttore editoriale di Nord Est Multimedia, giornalista e storico – è ironia, che lui declinava in tutte le sue forme. In primo luogo verso sé stesso e quindi l’auto ironia. L’ironia è vicina al disincanto, ma non è per niente parente del cinismo. Lui, quando si racconta, si prende sempre con disincanto. Si prende con le molle dell’ironia e per tanto il libro, e questa è una scelta di Livio Semolič e mia, inizia con la scansione dei suoi scoop mancati, perché lì dentro c’è un pezzo della sua anima. Lui non è il classico giornalista che veste i panni di Tarzan che urla nella foresta tutta la sua straordinaria qualità. Non ne ha bisogno, perché la sua qualità parla per lui”.
Un narratore disincantato, curioso e lucido
“Il libro presentato questa sera rappresenta uno spezzato della sua personalità, in particolare del suo vissuto da giornalista, ma anche personale. Secondo il mio punto di vista, il racconto dei suoi anni e della sua infanzia a Lubiana è estremamente significativo per capire ciò che poi Demetrio, Dimitrij, Mitja Volcic è diventato. Un personaggio a livello internazionale, sia come giornalista sia come politico. Ma, soprattutto, un personaggio disincantato, che aveva una grandissima curiosità nei confronti di tutto, con quel giusto distacco che gli faceva vedere le cose in modo molto chiaro”, ha dichiarato Livio Semolič.
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