Decentramento? Solo se accompagnato da riforme

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Decentramento? Solo se accompagnato da riforme

In Croazia si parla di decentramento solo quando è tempo di elezioni. Eppure misure in favore del decentramento amministrativo sono previste dalle numerose riforme che il Governo, prima o poi, dovrà realizzare se vuole assicurare al Paese prospettive, sviluppo, stabilità economica.

Quando si discute di decentramento si va molto spesso incontro ad un’infinita polemica su modalità, tempi, priorità, copertura finanziaria. Ma da qualche parte bisogna pur iniziare e individuare una base di partenza che permetta poi, a chi governa, di formulare progetti dettagliati e condivisi. Per questo motivo il ruolo dei ricercatori, di coloro che studiano le politiche pubbliche e propongono soluzioni, è fondamentale. Non meno rilevante è il compito dei pubblici amministratori i quali, testimoni preziosi di quanto stia accadendo sul campo, giorno dopo giorno, sono costretti ad affrontare situazioni difficili, talvolta anche bizzarre. Ci sono piccoli Comuni che, pur di assicurare l’assistenza sanitaria ai propri cittadini, mettono a disposizione di un medico, che non si trova, sia l’ambulatorio che una casa per abitare e, nonostante ciò, non riescono a individuare un candidato disposto a trasferirsi, in provincia o su qualche isola. Ma vale anche per gli insegnanti, per tutta una serie di professioni, come per esempio il veterinario, senza di cui la vita, nelle aree agricole, diventa impossibile. Questo perché ci troviamo di fronte ad uno sviluppo “diseguale” in un Paese in cui tutto ruota intorno alla capitale ed eventualmente coinvolge altri tre o quattro grandi centri urbani.

Un processo che procede per inerzia

Vedran Đulabić, professore associato presso il Dipartimento di Scienze Amministrative della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Zagabria, ha presentato di recente a Fiume i risultati dell’inchiesta tra gli amministratori di Città e Comuni realizzato tra l’ottobre del 2017 e il gennaio di quest’anno dal “Centro per la democrazia e il diritto Miko Tripalo” grazie al sostegno della Friedriche-Ebert Stiftung, come pure dall’Associazione della città.
La ricerca è basata sul presupposto che il decentramento sia un processo che non viene condotto in modo strategico, ma quasi per inerzia, e che le unità dell’autogoverno locale, causa l’impossibilità di controllare tale processo, non traggono grandi benefici dalla sua attuazione. Il sondaggio ha esaminato le opinioni dei responsabili delle unità locali sul processo di decentramento relativo alle aree amministrative quali istruzione, salute, assistenza sociale, sicurezza antincendio, permessi di edificazione e attività di manutenzione pubblica delle strade.

Responsabilità e competenze

A prendere parte allo studio è stato il 43 p.c. di tutte le unità dell’autogoverno locale della Repubblica di Croazia (163 Comuni – il 38 p.c. del totale – e 74 Città – il 58 p.c. del totale). Delle unità locali di autogoverno che hanno partecipato all’indagine, il 58 p.c. non ha decentrato le proprie attività in alcuna area di propria competenza, solo l’1 p.c. degli amministratori ha adottato il decentramento nel settore sanitario, il 5 p.c. in quello dell’assistenza sociale, l’8 p.c. nella pubblica istruzione, il 28 p.c. nella tutela antincendio, e un considerevole 58 p.c. non ha assunto alcuna competenza relativa al decentramento.
Per quali motivi le unità amministrative sono restie a intraprendere questa via? Le risposte fornite sono piuttosto indicative e testimoniano del fatto che i piccoli Comuni non hanno le capacità e le risorse necessarie per portare a termine questi impegni. Infatti, il 34 p.c. sostiene di non essere in grado di assumere nuove funzioni amministrative proprio per mancanza di risorse, il 9. p.c. dichiara di non aver alcun interesse a farlo, visto che con ciò aumentano le spese complessive del comune, il 10 p.c. è soddisfatto della possibilità che queste funzioni vengano assolte dall’amministrazione regionale, il 43 p.c. critica lo Stato centrale e sostiene che il Governo e i rispettivi Ministeri non abbiano in nessun modo offerto ai comuni la possibilità di intraprendere il decentramento. A ciò si aggiunge un 15 p.c. di malcontento per il fatto che il Governo centrale non dimostra interesse a realizzare il passaggio di competenze e responsabilità. Il 5 p.c. dichiara inoltre di non essere a conoscenza di che cosa significhi decentralizzare, mentre un considerevole 8 p.c. tira in ballo argomentazioni generiche.

Non è un’operazione semplice

Bisogna rilevare che la trasmissione di competenze dal centro alla periferia non sia un’operazione né semplice né tanto meno facile. Comporta anche dei costi che non sono indifferenti. Ed è questo uno dei motivi, o forse il motivo principale per cui anche chi può evita di farlo. Nel valutare la distribuzione delle responsabilità e delle competenze nel settore della salute, la maggior parte delle unità di autogoverno locale (41 p.c.) afferma di non disporre di sufficiente esperienza per attuare politiche del genere.
Nel campo dell’istruzione, invece, le unità di autogoverno locale hanno più esperienza; quindi il 52 p.c. delle stesse valuta l’attuale ripartizione delle responsabilità e delle competenze in modo positivo e soddisfacente. Un terzo dei dirigenti intervistati (il 32 p.c.) non vuole assumere funzioni decentrate in nessuna delle aree amministrative summenzionate. Secondo le unità di autogoverno locale il sistema di finanziamento è ancora inadeguato, le risorse a disposizione sono scarse e la regolamentazione giuridica è insoddisfacente. Tutti si dicono consapevoli dell’impulso positivo che potrebbe derivare dal decentramento, ma non hanno certezze sulle modalità con cui questo dovrebbe realizzarsi.
Il problema del decentramento preoccupa gli amministratori che, lentamente, stanno formulando, in base alla propria esperienza, delle priorità in base a cui iniziare questo importante processo. Tra le numerose domande del questionario rivolto ai Comuni vi è uno che andrebbe considerato basilare per chi decide di intraprendere il processo di decentramento. La domanda apparentemente semplice è: da dove iniziare? Le risposte ottenute confermano che gli amministratori locali hanno individuato il punto di partenza. Il decentramento dovrebbe riguardare in primo luogo (lo sostiene il 72 p.c. degli intervistati) la soluzione del problema dei beni dello Stato che vengono gestiti male e le cui competenze andrebbero trasmesse alle unità locali. Si tratta di ville, palazzi, residenze fatiscenti, alberghi lungo la costa, immobili lasciati in balia al degrado. Un patrimonio che fa gola a molti, ed è forse per questo che l’attuale Governo piuttosto che decentrare ha costituito un Ministero, quello appunto per la Gestione dei beni statali, che però ottiene scarsi risultati. Anche lo sviluppo economico andrebbe concertato con le istituzioni locali, questa la posizione del 66 p.c. degli intervistati. Il 52 p.c. reputa fondamentale lo smaltimento dei rifiuti (52 p.c.) e richiede maggiore autonomia nelle decisioni che coinvolgono il settore turistico. Il decentramento, altro dato importante, dovrebbe comprendere da subito il settore dell’agricoltura. Questa priorità viene supportata dal 68 p.c. degli intervistati. Le autonomie locali insistono nell’ ottenere un maggior ruolo nelle politiche di tutela ambientale (50 p.c) e una maggiore influenza nel monitorare il traffico in transito.

Fiume panorama

Storia infinita

“Solo il 6 p.c. delle unità amministrative ha deciso di decentrare: si tratta delle grandi città e dei centri amministrativi regionali. In questo momento la Croazia ha 576 unità amministrative locali. In molti sostengono: sono troppe! Il processo di decentramento è stato avviato a cavallo tra il 2001 e il 2002… i risultati di questo impegno sono qui sotto i nostri occhi. Non abbiamo ottenuto grandi risultati perché non sono state attivate quelle istituzioni che avrebbero dovuto accollarsi la competenza della gestione decentralizzata”- ci spiega il prof. Vedran Đulabić.

Chi potremmo indicare quale responsabile?

“Da una parte lo Stato, che non ha realizzato tutti quei presupposti necessari per portare a termine l’importante progetto. Infatti dalla nostra inchiesta risulta che un terzo degli intervistati sostiene di non voler assumere le funzioni e l’onere del decentramento perché non ha le risorse per farlo. La domanda che ci dovremmo porre e se, considerato l’attuale contesto organizzativo e strutturale delle unità amministrative locali, sia possibile realizzare il decentramento. Probabilmente questo potrebbe essere solo parziale, il che non soddisferebbe le aspettative. La nostra ricerca è importante perché ci fornisce degli input in base a cui programmare numerose attività e proposte”.

Secondo lei esiste la volontà politica di decentrare?

“Sinceramente direi di no, ma ciò non significa che noi non dobbiamo parlare di decentramento, indicare la strada che comunque andrebbe perseguita e le soluzioni che andrebbero adottate”.

Quali potrebbero essere queste soluzioni…?

“In Croazia possiamo contare su 120 centri urbani grazie a cui costruire le unità amministrative locali. Abbiamo inoltre 4 grandi città, Zagabria, Fiume, Osijek e Spalato: questi sono i veri grandi motori di sviluppo. E su di questi motori vanno costruire le unità regionali e poi, ad un livello inferiore, quelle locali.”

Bilinguismo e potenzialità delle minoranze

Se anche decidessimo di ridisegnare la mappa amministrativa dello Stato, seguendo proprio la logica delle quattro grandi città intese come motori di sviluppo, di quanto tempo avremmo bisogno?

“Questo non è un processo che si realizza in velocità. I tempi non sono brevi. Bisognerebbe indire anche nuove elezioni a livello locale. Ma se proprio vogliamo definire l’arco di tempo necessario… direi che si tratta di un periodo che va dai 5 ai 10 anni”.

Quale potrebbe essere il ruolo delle minoranze nel processo di decentramento?

“Le minoranze sono un elemento specifico della Croazia. A livello di autonomie locali in questo momento esistono per esempio i Consigli delle minoranze attraverso cui vengono realizzati i diritti delle stesse. Questo assetto dipende dalla struttura amministrative del territorio di riferimento che, in ogni caso, deve collaborare con le minoranze del territorio. Le minoranze non rappresentano alcun ostacolo all’affermazione del decentramento. Il decentramento è un’importante presupposto per mettere le minoranze nella condizione di dare massima espressione di se stesse e del proprio potenziale. Ci sono unità locali che già applicano il bilinguismo, come nel caso di alcuni Comuni dove la seconda lingua è l’italiano, oppure quelle in cui si usa la lingua ceca… Non avrebbe senso realizzare il bilinguismo su tutto il territorio nazionale. Ma laddove vive una minoranza, come quella italiana o quella ceca è giusto, ed è un bene che il bilinguismo venga applicato. In tal modo teniamo conto della presenza di una determinata minoranza sul territorio dove questa vive, realizza le proprie necessità, siano culturali, linguistiche o di altro genere”.

Innovazione: una priorità

Di recente Đulabić, interpellato dalla rete “Al Jazeera Balkans”, ha cercato di spiegare la mancata realizzazione della riforma del settore pubblico: “La riforma dell’Organizzazione dello Stato dovrebbe essere una delle nostre priorità nazionali. Ad esempio, l’OCSE ha recentemente lanciato un’iniziativa di ampio respiro per promuovere e sostenere l’innovazione nel settore pubblico. Il progresso tecnologico ha rivoluzionato le nostre vite, l’amministrazione statale e la pubblica amministrazione in genere non la seguono sufficientemente. Così siamo entrati nel 2018 e non ci siamo liberati ancora del timbro… nemmeno questo siamo riusciti a risolvere! La questione del timbro è un esempio di come l’amministrazione non sia in grado di tenere il passo con i tempi, è la dimostrazione che questa funziona in base a metodologie del 18.esimo secolo.
La società contemporanea è andata molto più avanti: usiamo l’internet banking, facciamo acquisti online e vendiamo pure in rete, ordiniamo prodotti da terre lontane che arrivano a destinazione senza alcun problema. E poi c’è la nostra amministrazione che si comporta come se questi progressi tecnologici non fossero mai avvenuti. Richiedono ai cittadini di presentarsi allo sportello muniti di documenti di identificazione grazie a cui compilano moduli online: richieste, ricorsi… Queste operazioni il cittadino le potrebbe fare direttamente dal proprio salotto. I nostri problemi non sono necessariamente legati alla politica, ma alla conoscenza di tecnologie moderne e ad una migliore gestione della cosa pubblica”, conclude Đulabić.

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