Da Parenzo a Parenzo. Un anno in giro per i mari

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Da Parenzo a Parenzo. Un anno in giro per i mari

E’ partita il 17 giugno da Parenzo la pazzesca impresa ideata e programmata dallo skipper zagabrese Saša Fegić. Di cosa di tratta? È un giro del mondo che solcherà i tre Oceani e che ha in mente di superare tre Capi, uno più temibile dell’altro: Buona Speranza, Leeuwin e Capo Horn. È quello che in genere viene definita l’impresa della vita, quella per cui uno skipper vive, e spiega le vele affinché il vento le gonfi, si può dire che questo sia il senso del veleggiare dello stare in mare: libertà, sfida con Nettuno, abilità. Fegić col suo equipaggio (poco meno di 15 uomini, non tutti subito e dall’inizio ci sarà una specie di alternanza, di alternative perché pochi possono permettersi di allontanarsi dagli impegni di lavoro per un periodo così lungo) da Parenzo non farà rotta a ovest, ma al contrario si dirigerà a est, dove nessun velista croato aveva mai osato. I mari più burrascosi, più inospitali e meno frequentati dai tragitti delle navi sono quelli dell’emisfero sud che confinano con le immense distese ghiacciate dell’Antartide…

Punto Nemo

Capo Horn, Capo di Buona Speranza e Capo Leeuwin sono da sempre considerati i “Capi” dei continenti che guardano verso Sud. Ognuno di questi posti può raccontare terribili tempeste e orrendi naufragi, come anche scoperte che hanno cresciuto l’arte di navigare. Ma nelle 28mila miglia da coprire c’é pure il “punto Nemo” o Polo dell’inaccessibilità ossia il punto del continente, in questo caso, antartico, più lontano da qualsiasi linea costiera.

Everest del mare

Lo skipper zagabrese lo definisce il Monte Everest della vela. Il sogno di tutti i marinai, spesso l’incubo di chi l’ha visto dal mare. È Capo Horn. L’avamposto del continente americano, che in realtà è una piccola isola facente parte del Cile, doppiato la prima volta nel 1616 dall’esploratore olandese Willem Schouten, che la chiamò così in onore della propria città natale (Hoorn). Il suo nome evoca tempeste e naufragi, onde enormi e venti impetuosi, nonché temperature polari e la costante presenza di iceberg alla deriva che si staccano dal vicino continente antartico. Queste condizioni estreme hanno messo a dura prova tutti coloro che si sono avventurati a quelle latitudini.
Il Capo di Buona Speranza è erroneamente considerato il punto più meridionale del continente africano, già dal nome preannuncia una zona di acque “poco ospitali” per la navigazione. In realtà, il punto più meridionale del continente non è Capo di Buona Speranza ma Capo Agulhas, posto a circa 30 miglia più a Sud. In questa zona l’Oceano Atlantico incontra l’Oceano Indiano, e le loro acque, caratterizzate da correnti e temperature differenti, creano condizioni meteo marine molto spesso difficili.
Capo Leeuwin è la punta più a sud-ovest dell’Australia, sebbene il continente più a est del Capo si estenda ulteriormente verso sud, a partire dalle isole di Saint Alouarn, che si trovano a sud-est. Leeuwin in olandese significa “Leonessa”, il nome di un vascello che navigò nei suoi pressi nel 1622. I registri di bordo vennero persi, ma le coste circostanti compaiono in una mappa del 1627, sebbene il Capo non vi sia identificato.

Carretta restaurata

Fegić sarà al timone di Hir3, un 10 metri del tipo CAT 34, imbarcazione leggendaria che si è fatta già valere nei progetti in cui a capo c’era Mladen Šutej un altro velista zagabrese. Così per Hir3 è la terza grande impresa. “Ho acquistato Hir3 quando l’imbarcazione era abbandonata a Orsera – ricorda Fegić – a dimora presso il porticciolo di Parenzo grazie ad Alfredo Mendiković, all’epoca presidente della società velica Horizont. È lì che ho iniziato il primo restauro. La mia esperienza in mare è notevole, ho fatto l’Adriatico più volte su e giù, più di 4mila miglia da Trieste a Dubrovnik, però esiste sempre il desiderio di spingermi più in là, di alzare l’asticella, e trovare una nuova sfida con sé stessi. Dal momento dell’acquisto dell’imbarcazione la circumnavigazione del globo era un’idea che mi frullava per la testa”. Grazie a una campagna di crowfunding lo skipper zagabrese ha raccolto i mezzi per un ulteriore restauro di Hir3, completato questa volta a Lussinpiccolo; è fondamentale prima della partenza per la circumnavigazione soprattutto perché Hir3 al momento dell’acquisto era letteralmente abbandonato e lasciato al degrado, frustato dalle intemperie del tempo, all’attracco a Orsera. Ogni tanto gli addetti del Marina gli davano un’occhiatina da vicino: alle funi, espellevano l’acqua, così non è affondato, ma all’interno ra tutto devastato, il motore era andato, in cabina c’erano 300 litri d’acqua, muffa, l’impianto elettrico “partito” le batterie fuori uso, i canapi distrutti e le sartie arrugginite. Dagli oblò c’erano infiltrazioni d’acqua e infine lo scafo era ricoperto di alghe. 
Brevemente detto versava in uno stato pietoso… Oggi Hir3, dopo vari ritocchini, ha un valore di 20mila euro circa. Non è un’imbarcazione ultra-tech, ma ha un’anima, è tenace, pronta alle sfide più ardue.

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