Recandoci al lavoro, passando accanto alla Casa della salute in Mlaca a Fiume abbiamo deciso di bussare alla porta dell’ambulatorio per la somministrare del vaccino anti-influenzale. Giunti in redazione abbiamo pensato d’informare le colleghe che ci siamo vaccinati: “Salve. Venendo al lavoro mi sono fatto l’‘antigripica’”. Il nostro annuncio ha suscitando il sorriso delle persone presenti e qualche commento… bonario legato al ricorso a una parola nuova di zecca. La sera stessa abbiamo usato la medesima parola anche a casa. Pure in questo caso i presenti hanno dato a intendere d’aver compreso il significato del neologismo, senza bisogno di ulteriori delucidazioni.
Pensa e ripensa ci è sorto il dubbio d’aver coniato (successivamente, preparando questo articolo, abbiamo scoperto che in commercio, anche in Paesi romanzi, esiste un farmaco per la cura dei sintomi influenzali o da raffreddore a base di paracetamolo denominato Antigrippine) un nuovo termine del lessico del dialetto fiumano. Considerando il processo di coniazione e inserimento di nuove parole nei dialetti, “antigripica” sembra avere le caratteristiche per essere considerata una new entry della parlata fiumana. Vediamo perché.
“Antigripica” risponde all’esigenza di un termine specifico per indicare la vaccinazione contro l’influenza in un contesto italofono, ma influenzato dalla parola croata gripa (influenza). È quindi immediatamente comprensibile per i parlanti bilingui. La struttura della parola rispetta le regole di formazione del dialetto e risulta facilmente integrabile. Rispecchia, infatti, un prestito ben adattato.
Derivata dall’unione del prefisso “anti-” con la radice croata -gripa – in realtà si tratta di un prestito dal francese: “grippe” (avoir la grippe, ovvero avere l’influenza) – e il suffisso italiano “-ica”, questa parola è un candidato ideale per l’arricchimento del fiumano. L’adozione del termine non solo risponde a una necessità linguistica locale, ma rispetta anche la struttura morfologica del dialetto.
Inoltre, seguendo l’analogia italiana di “antirabbica” (vaccinazione contro la rabbia), “antigripica” è coerente con la formazione morfologica italiana e funziona bene anche in fiumano. Con il tempo, se continuerà a essere usata tra i fiumani per riferirsi alla vaccinazione anti-influenzale, potrebbe diventare una parola comune del lessico dialettale. Insomma, se il termine prenderà piede, potrà considerarsi parte dell’evoluzione del dialetto fiumano, esattamente come avviene per i neologismi della lingua italiana standard.
Arricchimento lessicale.
L’arricchimento lessicale è un fenomeno vivace che risponde alle esigenze di ogni parlante. Che sia nella lingua nazionale o in un dialetto, la nascita di nuove parole segue logiche comuni, adattandosi però al contesto e alla cultura che le adotta. Ma come si formano le nuove parole e quali criteri devono soddisfare per essere ufficialmente riconosciute?
Nelle lingue standard, come l’italiano, i neologismi emergono spesso per descrivere innovazioni tecnologiche o sociali e tendono a rispondere a tre criteri fondamentali: la necessità di un termine per indicare un concetto nuovo, la diffusione dell’uso e la capacità di adattarsi alla lingua di arrivo. Ad esempio, parole come “smartphone” e “influencer” sono entrate nell’uso comune per via dell’ampia diffusione e della capacità di soddisfare una precisa esigenza comunicativa. Le parole, prima di entrare nei dizionari ufficiali, vengono monitorate nel tempo. Devono mostrare una certa stabilità d’uso e rappresentare un contributo distintivo, ossia colmare un vuoto lessicale. Solo allora, con una certa resistenza alla “decadenza della moda”, i dizionari ne riconoscono ufficialmente l’esistenza.
Nei dialetti, il processo è simile ma con alcune particolarità. In questo caso il neologismo rispecchia spesso realtà specifiche della cultura locale. I dialetti si arricchiscono attingendo a fonti vicine, come lingue ufficiali o lingue straniere vicine. Nel caso del dialetto fiumano parlato nel capoluogo quarnerino, il retaggio romanzo si combinano con prestiti attinti storicamente dal croato (in particolare dal ciacavo), dallo sloveno, dal tedesco e dall’ungherese. Dopo la fine della Seconda guerra mondiale, con l’esodo, si registra una crescente contaminazione da parte dell’italiano standard e dialettale, dell’inglese, del portoghese e dello spagnolo.
L’esempio del termine “antigripica” mostra quanto i dialetti possano essere strumenti dinamici di espressione, capaci di adattarsi al cambiamento pur restando fedeli alla loro identità. Sia nelle lingue nazionali sia nei dialetti, dunque, la coniazione di nuove parole rivela il potere della lingua – uno dei più importanti strumenti identitari – di rispondere alle sfide e alle trasformazioni della società, evolvendo con essa.
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