Antonia Blasina Miseri: un ritorno al servizio della comunità italiana

La presidente della Dante Alighieri di Gorizia insegna alla Facoltà di Pola dove ha avviato una serie di importanti iniziative: un chiaro esempio di attaccamento alla terra di provenienza della sua famiglia

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Antonia Blasina Miseri: un ritorno al servizio della comunità italiana

volte si fa strada il desiderio forte che un regista di fama internazionale si innamori delle storie istriane-fiumane-dalmate, quelle quotidiane, che di eccezionale hanno la condivisione di una tragedia epocale, dell’esodo e di nuovi confini, gli ennesimi, stemperata nelle storie minime ma forse anche per questo ancora più straordinaria.
Sedute a Rovigno al fresco di un gazebo in zona Lamanova (dal greco Lamnos Nova…, una storia nella storia) ne ragioniamo con Antonia Blasina Miseri, presidente del Comitato di Gorizia della Società Dante Alighieri, tra un prima e un dopo che si intrecciano e si amplificano in un’emozione senza tempo. Antonia, docente di inglese a Gorizia e di italiano alla Facoltà di Pola, Dipartimento di Italianistica, veniva a Rovigno già da bambina.
“Allora c’era ancora la stazione ferroviaria a Valdibora e lo zio Bože arrivava col carretto trainato da un asino per aiutarci con le valige. La casa doveva esser proprio in questa zona dove io e i miei fratelli trascorriamo ogni anno le vacanze. Un legame forte…ma per quanto ci si interroghi la periferia è talmente mutata. Chissà dove sarà stata la loro casa?… Mio padre è di Rabaz, la mamma di Selina di Orsera, un paesino nei pressi San Lorenzo del Pasenatico dove si parla il ciacavo icavo”.
Un’isola linguistica tra le tante che caratterizzano l’Istria, la rendono ricca ma anche povera perché spesso sono state utilizzate ad arte per tracciare barriere ed alimentare odi. Oggi stanno scomparendo in un turismo che macina ogni reperto storico sotto il cemento del guadagno.
“La mia famiglia, esule, ha trascorso nove anni nel campo profughi con i miei fratelli più grandi. Io sono nata a Gorizia, dopo che avevano deciso di rinunciare ad emigrare Oltreoceano. Mio padre era tornato a navigare. Era uno dei comandanti formatisi al Nautico di Lussinpiccolo. E noi ci siamo adeguati ai suoi spostamenti. Per un periodo siamo vissuti a Ravenna dove aveva sede la compagnia di navigazione, lì ho iniziato le elementari prima del definitivo rientro a Gorizia dove mia sorella era già andata sposa. Per me i traslochi sono vita normale…”.
Perché Rovigno?
“Perché ci sono tanti cugini con i quali coltiviamo i rapporti da sempre, gli zii, l’intreccio tra le nostre famiglie. I legami sono molto forti, un bisogno costante di ricomposizione. E poi, d’estate è bellissimo, ma venirci d’inverno non ha prezzo”.
Comodo per te che insegni alla Facoltà di Pola…
“Quello è venuto dopo o forse è stata la sequenza di un richiamo. Le lingue sono la mia passione, papà era poliglotta e ci ha trasmesso questo gusto della scoperta di altre culture, il piacere di assaggiare cibi diversi, la giusta curiosità nell’apprezzare le novità. Non a caso mi sono laureata in lingue e letterature straniere, anglistica e slavistica, a Udine. Con una borsa di studio poi ho approfondito il tutto presso l’Università di Zagabria negli anni Ottanta”.
Come è stata questa esperienza?
“Una delle più belle della mia vita. Zagabria è una città vivace e di grande cultura, con una incredibile popolazione di studenti, per cui la presenza di tanta gioventù la rende effervescente. C’erano sia l’apprendimento che tanti altri stimoli. Fantastico. A Zagabria ho conosciuto intellettuali croati ed ho partecipato a vari seminari e convegni a Pola, Osijek, Varaždin, Spalato, Zara e Ragusa/Dubrovnik, poi ho scritto per pubblicazioni in italiano, croato ed inglese. Nell’84, rientrata da Zagabria ho iniziato a lavorare nell’unica scuola in Italia in cui s’insegnava il serbo-croato, in quell’indirizzo commerciale in cui questa lingua era necessaria soprattutto per chi intendeva lavorare a Gorizia. Si chiamava: Istituto professionale per il commercio, ma quattro anni dopo venne tolta. Avendo fatto comunque l’esame di ruolo, sono passata ad insegnare l’inglese, ed ancora oggi è la mia materia allo Slataper. Negli ultimi anni si è palesata la possibilità di insegnare a Pola, come lettrice di lingua italiana. Così da un biennio conduco i laboratori linguistici presso l’Università “Juraj Dobrila”, Facoltà di studi interdisciplinari culturali italiani che prepara i futuri insegnanti, traduttori e giornalisti”.
Perché questa scelta?
“Una sfida. Nonostante tutte le difficoltà nel riuscire ad incastrare gli impegni, raggiungere l’Istria settimanalmente, ogni volta è un’emozione. Il mio lavoro è fatto con grande passione ed entusiasmo. Ho trovato un ambiente bellissimo anche perché i colleghi hanno visto in me la possibilità di una ventata di novità. Così mi hanno supportata quando ho proposto di aprire il centro certificatore PLIDA (Progetto Lingua Italiana Dante Alighieri) per le competenze in lingua italiana. E’ come il Cambridge per l’Inglese o il Goethe per il tedesco, l’Alliance per il francese e il Cervantes per lo spagnolo. Quindi per Pola un ruolo molto importante. Certifica, secondo il Quadro Comune Europeo per le Lingue, i sei livelli di conoscenza, dal livello A1 al C2 dove il C2 è la madre lingua, il livello più alto. Per ottenere la certificazione ci vuole un esame in cui si valutano le quattro abilità nella lingua: parlare, scrivere, leggere, ascoltare. Serve per accedere alle università italiane, per cercare un lavoro quale elemento importante del curriculum”.
Serve anche nelle richieste di cittadinanza italiana?
“Anche in questo caso è fondamentale. Per richiedere la cittadinanza italiana bisogna dimostrare di conoscere la lingua almeno a livello B1, è uno dei requisiti secondo la nuova Legge sulla cittadinanza, cosiddetta Riforma Salvini del dicembre 2018. Fino a qualche tempo fa, l’unico centro certificatore in Istria esisteva a Fiume presso il Comitato della Dante Alighieri, l’altro è a Capodistria, ma ora anche Pola è in grado di svolgere questo compito. Per il suo funzionamento viene formata una Commissione con responsabile, esaminatore e intervistatore”.
Il rapporto con la Facoltà, impressioni?
“Ho semplicemente recepito l’invito. Avevo letto sulla Voce del Popolo della mancanza di un lettore e mi sono proposta alla prof.ssa Eliana Moscarda, responsabile del Dipartimento. Ci eravamo già incontrate ad un convegno e lei ha reagito molto positivamente. Questo sarà il mio terzo anno. Lavoro con gruppi molto eterogenei, ragazzi che provengono da scuole e famiglie italiane, altri da famiglie croate che hanno studiato l’italiano come lingua straniera. L’impegno è forte. Cerco di motivarli, trovare nuove tecniche”.
Si tratta di un reale ritorno culturale al mondo dei tuoi genitori e avi? Lo consiglieresti ad altri tuoi colleghi che hanno radici istriane?
“Credo di fare qualcosa di positivo dal punto di vista della didattica mentre bisogna raggiungere un livello più alto nella linguistica, per veicolare un italiano di qualità. Mi rendo conto che esiste il rischio di un’assimilazione con il conseguente depauperamento della qualità della lingua, l’abbassamento del suo livello, diciamo che c’è molto da fare e se ci sono professionisti come me che appartengono a questa terra, il loro contributo sarebbe fondamentale nelle scuole di ogni ordine e grado”.
In che modo il tuo ruolo nella Dante Alighieri è legato alla tua presenza a Pola?
“Sono coordinatrice per l’area adriatico-balcanica per la diffusione della lingua e della cultura italiana. E quindi anche il mio coinvolgimento a Pola rientra in questa mia funzione. Lo considero un incarico importante perché divulgare la lingua e la cultura italiana nel mondo deve necessariamente passare attraverso la competenza di chi ha una lunga esperienza in questo campo perché si tratta di una materia delicata e di grande impatto. Cerco di coinvolgere sempre colleghi di provata esperienza che possono mettere a disposizione le proprie competenze specifiche. Anche a Gorizia ho istituito nel 2009 il Centro certificatore PLIDA presso la Dante, un anno dopo la mia nomina a Presidente. Sto lavorando con i vari comitati, quello di Zagabria, Sarajevo (con la recente presentazione di un documentario “In giro per l’Italia” realizzato dal comitato locale), Skopje, Tirana. E poi l’Argentina”.
Da dove sei appena rientrata da un incontro fondamentale…
“Ho partecipato all’83.esimo Congresso internazionale della Società Dante Alighieri inserita nella rosa dei relatori. Ho illustrato la nostra attività a Gorizia, città dall’identità plurale, a partire dal cartello quadrilingue all’entrata in città. Realtà multiculturale e multilinguistica che io cerco di promuovere con una trentina di eventi l’anno, creando sinergie con varie associazioni ed istituzioni locali”.
I campi d’azione sono tanti, qualche progetto da sottolineare per il futuro?
“Stiamo preparando la candidatura di Gorizia Capitale della Cultura 2025. Col Distretto culturale siamo stati a Fiume il 3 luglio scorso. Prossimamente saremo a Klagenfurt per altri contatti, anche lì opera una Dante Alighieri. Siamo quasi 500 comitati nel mondo, una rete incredibile. Solo in Austria ne contiamo 14. In Croazia 5. Nella Dante Alighieri voglio coinvolgere i giovani nell’ambito della convenzione per la Buona Scuola che prevede delle ore nell’alternanza scuola-lavoro. Nell’ambito della Formazione degli insegnanti, a Gorizia abbiamo avviato un corso per gli insegnanti della scuole della Slovenia dove s’insegna l’italiano. Anche a Pola mi sto occupando di formazione – il 25 e 26 aprile scorsi ho voluto coinvolgere la responsabile del PLIDA di Roma, Silvia Giugni, che ha tenuto un laboratorio di didattica di italiano, con un approccio molto dinamico”.
Da Gorizia al mondo potremmo dire…
“È vero, le cose che sperimento a Gorizia poi le propongo altrove. A Pola, grazie a quest’incarico, ho potuto portare i nostri intellettuali in occasione della Settimana della lingua italiana nel mondo – quest’anno a fine ottobre – professori universitari, studiosi. Nella mia testa non ci sono muretti o confini culturali, sempre curiosa alla ricerca di un reciproco arricchimento”.
Ma non finisce qui… Neanche la ricerca della casa della nonna a cui avevamo accennato all’inizio dell’intervista… Indaghiamo tra la gente che ha ancora memoria del posto. Ma dove abitavano i Cehić? Ci siamo: proprio nella casa di fronte al gazebo dove siamo sedute. Certo ora è completamente restaurata, ampliata, tirata a lucido, ma è questa, proprio sovrastante il lago che è stato interrato, riempito l’avvallamento, spianata la superficie. Sciolto l’arcano. Ci salutiamo commosse.

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