
L’anno entrante sarà l’ultimo del suo incarico a Capodistria per il console generale d’Italia, dott. Giovanni Coviello. Nell’intervista che ha voluto concederci in questo 2024 agli sgoccioli, fa il punto sull’anno che stiamo per lasciarci alle spalle e più in generale sulla sua permanenza in Istria come rappresentante dello Stato italiano, il suo primo incarico diplomatico dopo gli altri ruoli svolti come ufficiale della Guardia forestale, del Ministero degli Affari interni e del Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale.
Dunque dott. Coviello, che anno è stato il 2024?
“Siamo a fine anno e quindi e periodo di bilanci. Direi che il 2024 sia stato positivo. Da quando sono arrivato a Capodistria ho sempre notato, di anno in anno, un miglioramento delle nostre attività. Ritengo ciò sia importante, anche perché le iniziative sono state di qualità. Abbiamo sempre aggiunto qualcosa di nuovo. C’è stata grande collaborazione con le Comunità degli Italiani e con le CAN. Quasi tutti gli appuntamenti sono stati condotti in sinergia: dalla Festa della musica ad Ancarano, alle proiezioni di film italiani fatte a Isola, l’incontro con Paolo Mieli sempre a Isola, la Settimana della cucina italiana a Capodistria e anche a Pirano, dove il 2 giugno abbiamo festeggiato la Festa nazionale italiana. Ciò mi ha fatto molto piacere. Devo citare, ovviamente, anche il lavoro svolto nel Goriziano, perché non dimentichiamo che la giurisdizione del Consolato arriva sino a Caporetto, dove ogni anno vengono commemorati i caduti delle guerre. Con Gorizia e Nova Gorica ci sarà modo di collaborare nell’ambito del programma per la Capitale europea della Cultura 2025. Cito ancora i contatti con i Comuni della regione, dove il Consolato ha sempre partecipato ogni volta che partecipavano interpreti italiani. Un esempio su tutti il Festival del Litorale. Ho capito quanto la cultura italiana da queste parti sia apprezzata anche dalla maggioranza”.
Recentemente è stato ricordato il 70º del Consolato Generale d’Italia a Capodistria. Quale ruolo ha svolto nella sua lunga storia e quale ruolo sta svolgendo attualmente? Un tempo eravamo abituati ad associare il suo ufficio al disbrigo per le pratiche dei permessi di soggiorno in Italia per motivi di lavoro o di studio. Quali sono, invece, le formalità che di solito sbrigate adesso?
“Sono passati tanti anni dall’istituzione del Consolato. È l’unica rappresentanza diplomatica italiana costituita in seguito ad un accordo internazionale, ossia dal Memorandum di Londra. L’intento era di chiuderla rapidamente, lasciando aperto soltanto il Consolato di Fiume. Poi visto la piega che presero gli eventi storici, con l’esodo, la missione del Consolato nel 1955, guidato all’epoca da Guido Zecchin, fu quella di tutelare sia le persone che lasciavano la Jugoslavia, ma soprattutto quelle che rimanevano. La preoccupazione principale fu di non far scomparire la lingua italiana, di non far chiudere le scuole di lingua italiana, opponendosi anche alle lezioni bilingui. Erano altri tempi, quando i sorrisi per i diplomatici – come scrisse Zecchin – erano pochi. Fortunatamente gli anni sono passati, si è giunti all’indipendenza della Slovenia, alla sua inclusione nell’Unione europea. Il ruolo del Consolato resta legato al sostegno alla popolazione italiana in questa zona. Lo si fa in maniera diversa, considerando che fortunatamente non ci sono più i visti da rilasciare con la scomparsa dei confini. Il compito dei nostri uffici resta il rilascio di passaporti e carte d’identità ai nostri connazionali. Organizziamo le operazioni di voto in sede per chi lo desidera. Il compito centrale resta sempre la salvaguardia della cultura italiana, anche in collaborazione con le scuole, estremamente importanti per evitare l’assimilazione”.
In questi oltre tre anni la sua presenza è stata apprezzata in varie situazioni e da varie istituzioni. Ha avuto modo di collaborare con enti e amministrazioni comunali regionali. Quali rapporti ha instaurato a livello locale?
“Ho cercato di essere molto presente sia alle iniziative delle Comunità degli Italiani, proprio per far sentire la presenza della Nazione Madre, ma anche a quelle promosse dalle autorità locali e dai Comuni in particolare. Devo dire che ho instaurato ottimi rapporti con i quattro sindaci, da Ancarano sino a Pirano. Tutte le nostre richieste sono state recepite. A settembre abbiamo rinnovato per altri cinque anni in contratto di locazione per lo stabile che dal 1957 è la nostra sede, senza alcun problema, anche perché Capodistria ci tiene ad avere qui il Consolato. I rapporti sono stati curati adeguatamente con la presenza e il dialogo. Mi fa piacere constatare che sono giunti a ottimi livelli. Ne sono scaturiti sinergie e rispetto reciproco”.
Altrettanto costante è stata la sua partecipazioni alle iniziative della CNI. Come giudica il lavoro svolto dalle varie CAN, Comunità degli Italiana e dall’Unione Italiana?
“I contatti con le istituzioni della CNI sono sempre più stretti. Ho voluto che la mia presenza al loro fianco sia costante. La figura del console non è vista solo come il responsabile di un’erogazione di servizi, ma come un segno della vicinanza della Nazione Madre. Recandomi nelle Comunità ha colto la loro soddisfazione per la presenza del Console italiano. Devo dire che tutte le CI, le CAN e l’Unione Italiana fanno delle attività molto belle, interessanti per cui non ha avuto difficoltà ad interfacciami con queste iniziative. Volevo citare l’importante mostra organizzata a Roma con la CAN Costiera e la Biblioteca centrale “Srečko Vilhar”, per far conoscere il lascito della famiglia Grisoni e le figure di altri intellettuali giustinopolitani. Con essi si fa conoscere nella capitale italiana anche Capodistria e l’intera regione. Anche qui c’è stata una stretta collaborazione con tutti i soggetti coinvolti, il che mi ha fatto molto piacere”.
Grande ci è sembrato il suo impegno per mantenere vivi il ricordo storico in queste terre, per la cura della lingua italiana e la promozione delle tradizioni culturali italiane. Può illustrarci qualche iniziativa che ha promosso in questi campi?
“Ritengo che anche la sola presenza del console italiano stimoli il bilinguismo. Stimola la componente maggioritaria a usare la lingua italiana. Questa è sempre tenuta in gran conto nelle manifestazioni ufficiali. Ho cercato con il consulente pedagogico per le scuole italiane, di mantenere alto il livello della lingua italiana. Oltre ai seminari per i docenti in autunno e primavera, l’ultimo è stato fatto a Matera, si promuovono eventi anche in loco con conferenze, dibattiti, lezioni. Si è tentato diciamo cosi di alzare l’asticella, perché l’insegnamento della lingua è importante e va mantenuto vivo, anche nell’ottica della tutela del bilinguismo sul territorio. Ufficialmente mi sento di poter dire che il rispetto c’è anche se all’atto pratico riscontriamo problemi come quelli degli odonimi, dove c’è stata un’applicazione non corretta delle norme sul bilinguismo. Dipendono da interpretazioni lasciate a singoli o istituzioni che sono errate e spesso vengono prese fuori dal territorio, nella capitale Lubiana dove non sempre viene compresa l’essenza di questo territorio. Però ritengo che le istituzioni, l’Unione Italiana e le CAN stiano lavorando bene come progetti come l’Interreg Cross term oppure il funzionamento dell’Ufficio per il bilinguismo della Costiera che operano per mantenere il bilinguismo in binari giusti, nel rispetto tra l’altro della Costituzione slovena”.
Svestiti i panni ufficiali di rappresentante diplomatico dell’Italia in queste terre, come ha vissuto la prima parte del suo incarico nelle nostre città?
“Ho vissuto benissimo la permanenza in regione. Infatti, non si tratta solo di poter lavorare bene, ma anche di godere della bellezza dei territori. Sin dalla prima impressione che ho avuto in Istria, pur non conoscendola, ho capito che qui si vive bene. Poi ne ho avuto la conferma. Le sue bellezze naturali sono grandissime e si va in pochi chilometri dal mare alle montagne dell’interno. Consiglierei l’Istria e la fascia costiera a chi sta studiando dove fissare la propria dimora”.
Spesso l’abbiamo salutata con piacere come ospite nelle varie Comunità degli Italiani, dove non ha esitato a prendere parte alle loro iniziative. Quali ricordi serberà delle ore passate assieme ai connazionali istriani?
“Sarà un ricordo molto bello. Le invitate sempre a non disperdere questo patrimonio di cui sono depositarie, a non lasciare che piccole diatribe, certe piccole incomprensioni, compromettano i rapporti. Le diversità di vedute è bene che ci siano, ma a volte si scade in confronti che dividono. Questo è un peccato. Gli italiani qui sono pochi e la loro Comunità deve essere coesa se vuole portare avanti la propria storia negli anni”.
Infine, signor console generale, se lo desidera le lasciamo ancora la parola per un augurio di buone feste.
“Approfitto certamente per rivolgere un augurio in questo mondo dilaniato dalle guerre. Noi qui siamo lontani, sembriamo in un’oasi felice, ma non siamo troppo distanti da quello che succede in Ucraina o in Medio Oriente. Voglio augurare a tutti i connazionali di passare le feste in pace con le proprie famiglie, rivolgendo un pensiero anche a chi vorrebbe stare in pace, ma non lo può fare in questo momento. Speriamo che il 2025 sia per tutti un anno che ci porti una sola cosa: la pace”.
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