Il Sindacato vuole le carte in tavola

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Il Sindacato vuole le carte in tavola

POLA | Chiedono di incontrare il premier, nessun altro se non il primo ministro. Non vogliono sentir parlare di viceministri o chi per essi, non si accontentano più di vaniloqui e false promesse, non tollerano oltre la lenta agonia senza speranze. “Se il cantiere vivrà o perirà dev’essere il primo ministro a dircelo chiaro e tondo, senza tergiversare. Non hanno che da dircelo – così Rajko Kutlača, uno dei leader del Sindacato dell’Istria, del Quarnero e della Dalmazia. – Devono esprimersi, devono comunicarlo a chiari termini: se vogliono salvare l’industria o no, e come pensano di farlo. Vogliamo le carte in tavola, l’ora dei sotterfugi è finita. Non abbiamo tempo per attendere oltre. Anche una risposta negativa sarà una risposta: tutto purché l’agonia abbia fine, perché gli operai hanno esaurito le ultime scorte di pazienza”.

In tre in conferenza stampa per formulare l’ennesimo appello al buon senso del governo: Rajko Kutlača, Marina Cvitić e Fabricio Kalčić. Lo scenario che ipotizza Marina Cvitić è tutto fuorché ottimista. “Il piano di ristrutturazione fa la spola da Pola a Zagabria in entrambe le direzioni, ma senza risultati: per forza, se il governo non partecipa alla sua stesura, ma si limita a bocciare il documento per poi dirottarlo alla Commissione europea come se la cosa non lo riguardasse. Non hanno inviato rappresentanti nel Comitato di controllo, non hanno influito sulla composizione del Consiglio d’Amministrazione, non si fidano dell’amministratore delegato, ma non ne cercano un altro. Non prendono parte alla pianificazione dei processi di ristrutturazione aziendale: in breve, se ne infischiano”.
In condizioni di generale noncuranza, la via del risanamento appare quanto mai lontana, impossibile. Colpevoli, per i sindacalisti, anche il governo locale e quello regionale. Una dozzina d’anni fa la compagine al governo in Istria parlava di “trasferire il cantiere fuori dal porto di Pola”. “Trasferire dove? Chiudere sì, e ora si vede a che pro”, ha concluso Marina Cvitić. “L’aut aut che ci costringe a scegliere tra un imprenditore sospetto di speculazione immobiliare e transazioni finanziarie internazionali al limite della legalità e il fallimento, è una disgrazia che finirà per mandare in liquidazione anche quel poco d’industria che ci rimane, l’industria che esporta e gonfia il PIL, l’erario, i bilanci degli enti locali e regionali.

Gli operai se ne vanno…

In verità, il conto alla rovescia è già iniziato, sostiene il rappresentante sindacale in azienda, Fabrizio Kalčić: “Gli operai qualificati se ne stanno andando uno a uno, e siamo a quota 500. Un centinaio sono stati assunti per rimediare al deficit, ma siamo sempre sotto di 400 operai rispetto a prima. Se ne vanno seguendo la logica secondo cui è meglio cercare lavoro all’estero subito, piuttosto che aspettare che la nave coli a picco, perché poi la concorrenza sarà troppo elevata e le possibilità di rifarsi un’esistenza quanto mai difficili”, ha concluso il sindacalista.
Cos’altro aggiungere? Il 15 ottobre è giorno di paga. Qualcuno è sicuro di percepire il prossimo stipendio?

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